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Autore: Melinda Pressywig    20/03/2014    10 recensioni
"Ricordo perfettamente il giorno in cui mia madre mi regalò la prima macchina fotografica."
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premessa:
Questa storia partecipa al Contest Emozioni al primo sguardo di FairLady sul forum di EFP.
Dovevo scrivere una storia ispirandomi ad un immagine in particolare. Ed ecco cosa ne ho ricavato. 
Sono riuscita a concretizzare ciò che la foto mi ha suscitato. Spero sia di vostro gradimento.


 


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I Ricordi in una Foto







 
Ricordo perfettamente il giorno in cui mia madre mi regalò la prima macchina fotografica. Era il 17 novembre del 1979, il giorno del mio settimo compleanno. Lei, a quei tempi, era una giovane fotografa di grande talento. Scattava fotografie per passione, e ogni tanto riusciva a venderne alcune a qualche rivista o giornale. 
Le sue foto erano particolari: sapevano catturare l'attenzione e raccontare una storia. Sapeva esaltare un momento immortalandolo nel gesto di un secondo. Si concentrava soprattutto sulla vita delle persone, rubando le loro espressioni, i loro gesti, le loro emozioni. Anche quando le capitava di fotografare delle modelle, su commissione, lei le ritraeva nella loro semplicità di essere donne. Quando doveva fotografare un luogo o un paesaggio, lo ritraeva in prospettiva, rendendolo meno reale di quanto già apparisse. In quelle foto c'era una filosofia di vita ben diversa dagli standard comuni, e sarebbe stata la sua inconfondibile firma che l'avrebbe resa famosa negli anni a venire. 
Ma in quel periodo, la sua gioia più grande ero io, Selene: una bambina gracile, dai capelli castani, tagliati a caschetto. Occhi neri come la pece, un sorriso vispo e tanta curiosità. Quel sabato pomeriggio, aveva deciso di donarmi la sua vocazione e trasmettermi la stessa passione che l'aveva smossa a sua volta. 
Era una giornata senza sole, coperto da pesanti nuvole basse nel cielo autunnale. Tirava una leggera brezza gelida che faceva stringere quasi tutti nei cappotti e negli spessi maglioni di lana. Mia madre mi aveva portato su quella lunghissima passeggiata costruita in legno, situata vicino al lungomare della vecchia città in cui abitavamo. Sembrava infinita; le assi di legno delineavano decine di piccole vie da percorrere. C'erano anche dei lampioni alti, bianchi, a forma di uncino, che l'abbellivano come fossero colonne di marmo. Ogni cento metri, sul lato destro, vi erano dei locali di ristoro, costruiti anch'essi in legno d'acero, con le vetrate ampie e le insegne colorate. Erano tutti aperti e servivano cioccolate calde e gelati alla crema per i più temerari. Ricordo che ci eravamo fermate anche noi, in un bistrot chiamato Silk and Wonderful, e avevamo ordinato un waffel con così tanto cioccolato da riempirci una piscina. Ci eravamo sedute ai tavoli esterni, sulla piccola piattaforma sul mare, e respiravamo la salsedine nel vento che ci sferzava il volto. Per me era già un giorno speciale anche così.
Mentre gustavo avidamente il dolce, mia madre frugò nella sua grossa borsa in pelle marrone e ne tirò fuori un pacchetto regalo: aveva la carta a righe verdi e gialle e un fiocco rosso a coronare la composizione. Me lo porse con un fiero sorriso e mi disse: «Buon compleanno! Forza, aprilo!»
Quando lo aprii vi trovai un oggetto a me conosciuto. Era una macchina fotografica degli anni sessanta, in buono stato e funzionante. A vederla sembrava nuova di zecca. L'obiettivo era lucido, il rivestimento ruvido. Il grosso pulsante dello scatto, il quadratino del flash. Lo strumento compatto in cui avveniva la magia era in mano mia. 
I miei occhi da bambina brillarono entusiasti. Ne desideravo tanto una, perché volevo essere come mia madre. La ringraziai abbracciandola forte e le diedi uno schioccante bacio sulla guancia, al profumo di cioccolato. Era felice di avermela regalata, aveva messo da parte i risparmi per comprarla, e mi aveva raccomandato di farne buon uso e trattarla come un tesoro. 
«Faremo tante foto insieme. Sarai sempre al mio fianco ed io ti insegnerò la tecnica... Sei d'accordo?».
Io avevo risposto con un squillante che aveva fatto voltare una coppia di ragazzi al tavolo vicino. 
Lei ridacchiò fra sé e poi mi disse:
«Adesso vieni, andiamo a scattare la tua prima foto! Ce la scatteremo a vicenda. Ti va?». 
La proposta era allettante. Sarebbe stato un momento celebrativo del mio compleanno e della sua transizione. Io avrei imparato cosa significa fotografare e lei sarebbe stata fiera di me. 
Mi fece mettere in posizione, in mezzo alla passerella, attorniata dai passanti. Pareva quasi un gioco.
«Ora stai ferma lì in piedi. Tieni le gambe leggermente divaricate e fai quello che faccio io!»
Lei si inginocchiò, inquadrandomi con la sua inseparabile macchinetta. Io la imitai. 
Misi l'occhio in quel minuscolo quadratino distorto e l'indice sul pulsante, pronta a premerlo. 
«Al mio tre, la scattiamo insieme, sei pronta?».
Sì, ero pronta. Pronta a guardare il mondo da un obiettivo. 
Vedevo la figura di mia madre lontana, giovanissima. Vestita con un paio di jeans blu classici, e un maglione largo e lungo. Più il giaccone che strusciava il legno. La borsa anch'essa poggiata a terra. I suoi capelli, ricci e biondi, protetti da un cappello scuro in testa. I lineamenti del viso non si vedevano, ma era bellissima e aveva gli occhi neri come i miei. «Tre, due, uno...». Ed entrambe scattammo la foto.
Ricordo distintamente il rumore che fece quell'oggetto tra le mani. Come se qualcosa avesse bloccato il tempo. Ero solo una bambina, ma avevo capito subito quanto fosse importante. Avevo provato il brivido di una fotografia.  
Vidi mia madre alzarsi con un sorriso soddisfatto. Sapeva come le foto fossero uscite alla perfezione. La mia e la sua. «Sei stata bravissima!» mi disse. Poi venne verso di me e mi abbracciò, dicendomi che da quel momento avrei potuto fotografare qualunque cosa mi ispirasse e che al ritorno avremmo sviluppato il mio primo rullino nella camera oscura. Suonava un po' come un'avventura ed io accettai all'istante. 
Fu un pomeriggio pieno di scatti e visioni. Andammo in spiaggia, andammo nel centro città. Nel parco. In piazza. Fotografai oggetti, insegne, negozi, altri bambini, alberi, cani, un signore anziano che dava da mangiare ai piccioni. Mi divertiva essere come mia madre. E quel giorno fu il compleanno migliore della mia infanzia.    
Ancora oggi, conservo gelosamente quella macchina fotografica nel baule dei ricordi, insieme agli album stracolmi di foto che ho scattato nel corso degli anni. Non dimenticherò mai quello che mia madre fece per me. Grazie a lei coltivai l'essenza del tempo che non muore mai, intrappolato in un riquadro indelebile.









































 
Spazio Autrice
Ciao belli, grazie a chi ha letto. Fatemi sapere cosa ne pensate in una recensione, sarebbe stupendo! 
Un saluto - Melinda  Pressywig 
 
E dunque sono arrivata quarta!  *-*

 
  
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