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Autore: TheHeartIsALonelyHunter    25/03/2014    2 recensioni
Era un gioco quasi divertente, tante volte l’aveva compiuto, sorridendo nelle notti contro la bocca di Cedric e sfregando i palmi lungo i suoi fianchi sinuosi.
Passava lentamente le dita sulla mano dell’altro, in maniera quasi casuale (perché non doveva capire), fingendo un’altra stretta, poi il pollice scivolava automaticamente verso l’anulare, alla ricerca dell’anello, con fare estremamente tattico.
[Prima classificata al contest "Harry falls in love" indetto da dio-niso]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Cedric Diggory, Harry Potter
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Premessa: La storia è ricollegata alla mia OS "Tonight and the rest of my life" in quanto riprende un What if? che avevo introdotto lì: Cedric è sopravvissuto all'Avada Kedavra (perdendo però la mano sinistra), Amos è morto nella Seconda Guerra Magica e Cedric e Harry si sono messi insieme.
La frase finale è ripresa dal libro "Hunger Games-Il canto della rivolta" (rimaneggiata naturalmente un po').


Era un gioco quasi divertente, tante volte l’aveva compiuto, sorridendo nelle notti contro la bocca di Cedric e sfregando i palmi lungo i suoi fianchi sinuosi.
Passava lentamente le dita sulla mano dell’altro, in maniera quasi casuale (perché non doveva capire), fingendo un’altra stretta, poi il pollice scivolava automaticamente verso l’anulare, alla ricerca dell’anello, con fare estremamente tattico.
A quel punto era così concentrato che sarebbe stato impossibile non notare le sue sopracciglia aggrottate o i suoi occhi fissi sulla mano dell’altro, e considerando che Cedric gli era a due centimetri dal viso era praticamente impossibile non notasse il giochetto che stava compiendo.
Gli stringeva la mano nella sua e la allontanava con un sorriso, riportandola lentamente sul letto e sbruffando sulle sue labbra.
“Dio, se sei seccante” sussurrava Harry, ma non aggiungeva altro: Cedric gli tappava subito la bocca con un lento bacio, avvolgendogli il corpo con le forti braccia e annullando quei due centimetri che ancora li separavano.
“Mi spieghi lo scopo di questo giochetto?” gli chiese una notte, curioso, stringendolo un po’ di più al petto muscoloso e strisciando più vicino a lui nelle lenzuola.
Harry sorrise, iniziando a giocherellare coi capelli ramati dell’altro con la mano destra e cercando con la sinistra la mano del ragazzo. In maniera quasi casuale.
“Perché voglio assicurarmi che non sia falso” spiegò semplicemente, alzando le spalle e passando dai suoi capelli alla fronte alta. Col pollice poi, arrivò al mento, e glielo sfiorò con un brivido: sembrava un gesto quasi proibito, per il modo semi timoroso con cui lo fece.
Cedric intercettò la sua sinistra e la depositò, impaziente, sul letto.
Harry sbuffò, indispettito.
“Uno cerca di fare il romantico…”
Cedric ridacchiò e gli accarezzò delicatamente il viso, facendogli alzare il mento di modo che lo guardasse negli occhi.
“Perché dovrebbe essere falso, Harry?”
Lui sospirò e commentò, con un tono tra il sarcastico e il timido:
“Ci hai messo dieci anni per farmi la proposta… Direi che è più che lecito che mi preoccupi un pochino”.
A quel punto, Cedric ridacchiò e disse, la voce impastata dal sonno:
“Guarda che potevi farmela anche tu la proposta, Harry”.
Lui  esclamò, sardonico e accennando un sorriso:
“Ti devo ricordare che è l’uomo a farla?”
Cedric sbuffò sul suo collo niveo e sussurrò, curioso:
“E tu cosa saresti, scusa?”
Harry alzò le spalle e terminò brevemente:
“Allora diciamo che volevo che fossi tu a farlo”.
Cedric si lasciò scappare un lieve sorriso mentre Harry gli carezzava con l’anulare i contorni del viso, con la delicatezza di uno scultore che carezza la sua opera dopo averla terminata.
Nella penombra poté notare con chiarezza il filo d’oro che risplendeva sul suo dito, le lettere incise sulla superficie che poteva distinguere chiaramente. Coincidenza che Harry avesse usato quello specifico dito?
Il biondo alzò un angolo della bocca osservandolo come fosse stato il suo tesoro più prezioso: un anellino di una semplicità disarmante, una sottilissima fede dorata sulla cui superficie era inciso in uno stile elegante e sobrio “Cedric: sempre e per sempre”. Il suo era identico, ma il nome era quello del compagno.
“Ci pensi, Ced?” gli bisbigliò Harry, scivolando lievemente sul letto facendo frusciare le lenzuola sotto di lui.
“Domani a quest’ora saremo sposati…”
Il ragazzo indugiò qualche momento sulla parola, lisciandola ben bene, con una delicatezza tale che all’altro scappò una risatina.
Il biondo gli strinse la mano minuta tra le sue, più grandi e più forti, e posò un bacio lieve sui loro palmi uniti. Gli sembrò di vedere Harry tremare a quel contatto, ma molto probabilmente era stata solo una sua impressione.
“Domani a quest’ora incomincerà il nostro futuro” sussurrò, carezzandogli ancora il palmo e indugiando sulla fede dorata, esaminandola in ogni suo più piccolo dettaglio, passando il dito sulla superficie liscia come a volerne imparare la consistenza.
Harry ritrasse la mano deciso, facendogli una linguaccia divertita.
“Eh, no, caro mio! Se io non posso tu non puoi!”
Cedric sbuffò.
“Mi sembra giusto…” commentò solamente.
 
Era un gioco che andava avanti da giorni, settimane, mesi, un gioco quasi divertente per quanto era ripetitivo.
Ricercava, quasi con disperazione, il cerchio dorato al dito dell’altro, tra un gemito e l’altro, mentre le lenzuola scivolavano lentamente giù dai loro corpi e del letto ben fatto rimaneva ben poco.
La sua mano era diventata sempre meno circospetta, sempre più disperatamente attaccata a quell’appiglio, a quell’ancora di salvezza, e i suoi movimenti sempre meno casuali.
Cedric continuava a riportare la sua mano sul materasso, perentorio, e Harry non riusciva mai a capire come facesse ad avvertire, in quella sua salita lenta alla mano dell’altro, la sua ricerca di quell’oggetto, l’odissea che avrebbe potuto portarlo a casa.
Fatto stava che, a un anno di distanza da quella notte in cui, con un sorriso, aveva scostato la sua mano da lui per poi immergerla nei suoi capelli ramati, Harry aveva continuato a cercare, a tentoni, l’anellino, con una foga che eguagliava o addirittura superava quella con cui lo baciava nelle notti buie.
“Mi spieghi perché lo fai?” chiese Cedric, il tono calmo e rilassato mentre Harry gli appoggiava la testa al petto e lasciava che gliela carezzasse affettuoso. Era una sensazione così calda e rassicurante che avrebbe potuto e voluto restare così per sempre.
“Perché mi fa sentire sicuro” bisbigliò Harry, affondando le sue mani nel torso nudo dell’altro e perdendosi nel suo odore dolciastro. “Mi fa sentire sicuro che tutto quanto sia finito…”
Cedric gli sollevò il viso con un dito, di modo che potesse guardarlo, e gli posò un lievissimo bacio sulla guancia, lasciando passare l’altra sua mano sui suoi fianchi madidi di sudore.
“Ma è finita, Harry” disse semplicemente Cedric, bisbigliandoglielo nell’orecchio. “La Guerra è finita, le battaglie sono finite…”
Harry si aggrappò con tale foga alle sue spalle che per un istante l’altro rimase senza fiato. Ma non disse nulla: gli cinse anche lui il corpo con le due braccia e lasciò che si poggiasse nell’incavo della sua spalla.
“Non ti sarà più tolto nulla, Harry, mai più…” continuò il biondo, continuando la sua stretta.
“Non dovrai più aver paura, Harry, mai più…”
Il moro sospirò, e Cedric avvertì il suo sospiro freddo sulla pelle nuda.
“Abbiamo un futuro davanti…” sussurrò il ragazzo, iniziando a staccarsi da lui. Harry parse intensificare la stretta, ma dopo poco Cedric era a pochi centimetri da lui e lo fissava negli occhi verdi, sorridendo sicuro.
Harry scosse la testa lievemente, con un gesto tanto infantile che per alcuni istanti Cedric ne fu intenerito.
“Dammene la certezza…” bisbigliò solamente, guardandolo con occhi imploranti.
Il biondo parve riflettere per alcuni istanti.
Poi, senza dire nulla, si sfilò la fede dal dito e gliela posò sul palmo della mano.
Harry rimase un istante interdetto a guardarla, stupito dal gesto, e poi tornò a fissare lui.
“Vedi?” sussurrò Cedric, sorridendo. “Siamo sposati, Harry. Tutto è finito. Voldemort non c’è più. Non c’è più nessuno che ti minacci”.
Gli si avvicinò lentamente, posandogli una mano sulla guancia bianca.
Poteva sentire il respiro di Harry rompersi sulla sua pelle, e i suoi occhi verdi che lo fissavano con un’espressione tra lo stordito e il gioioso.
Sapeva che non aveva mai davvero superato tutto. Sapeva che non avrebbe mai smesso di sentirlo agitarsi nel sonno sussurrando il nome di chi non c’era più, sapeva che non avrebbe mai smesso di abbracciarlo e baciarlo per tentare di far calmare quel respiro troppo affannoso
Lo sapeva sin troppo bene, ma lo aveva accettato.
Lo aveva accettato sin dalla prima volta, in fondo, dalla prima notte in cui le loro labbra timide si erano unite tremanti, quelle di Harry ancora caste, le sue forse un po’ meno ma non per questo non sorprese dalla nuova esperienza.
Lo aveva accettato tutte le altre volte, quando, guardandolo con occhi vacui, era venuto a cercarlo, sussurrando frasi sconnesse, tentando di dare senso a un pensiero e a un mondo che, in fondo, di senso ne aveva ben poco.
Lo aveva accettato quando l’aveva sposato quella che sembrava una vita prima, .
Lo aveva accettato col suo coraggio di Grifondoro e le sue umane debolezze, con le sue lacrime e le sue risate, con quelle giornate sì e quelle no.
E in fondo, non aveva avuto anche lui bisogno di un appiglio a cui aggrapparsi quando il peso di tutto ciò che era stato l’aveva schiacciato irrimediabilmente?
Non aveva chiesto anche lui, tante volte, troppe volte, sostegno a quelle braccia mingherline e a quelle labbra sottili, tentando di dimenticare il volto di suo padre mentre gli diceva addio?
Un giorno, lo sapeva, il ricordo di tutto ciò che era stato avrebbe fatto meno male, la ferita sarebbe stata meno dolorosa da sopportare, e lui sarebbe stato accanto a Harry per poter costruire un futuro.
Insieme.
Cedric unì le sue labbra a quelle di Harry, con una lentezza quasi studiata, avvicinandosi un po’ ogni secondo che passava.
Sentì Harry indugiare per un istante sul suo anulare, e poi la fede scivolare silenziosa al suo posto.
Il biondo sorrise, perché sapeva che aveva capito.
 
Aveva smesso di cercarla.
Inizialmente aveva iniziato evitando di toccare le sue mani, tenendosi lontano anche dalla tentazione di poter cercare ancora quel sottile filo d’oro, tentando di resistere alla convinzione che quell’anello non ci fosse, che tutto quello non fosse reale, che in quel letto, con lui, non ci fosse suo marito.
Poi, lentamente, aveva ricominciato a perlustrare le sue mani, a toccare ogni singolo dito, ad unire le sue articolazioni a quelle di Cedric, ad aggrapparsi ad esse possessivamente, inizialmente con timidezza, come chi ha imparato da poco a camminare, e poi sempre più sicuro.
Ora l’abitudine era sparita, sostituita da quella di Cedric di sussurrargli, nell’orecchio, tutto ciò che aveva: la lista iniziava con Ron e Hermione e finiva con lui, e Harry si chiedeva se sarebbe mai riuscito a capire quale dei due fosse più importante.
Sussurrava mentre lui tremava tra le sue braccia, ansimando e tentando di riprendere aria tra un bacio e l’alto, aspettando trepidante che Cedric si unisse di nuovo a lui.
E allora Harry Potter si ripeteva tutto ciò che aveva nella mente: la lista iniziava con Ron e Hermione e terminava con Cedric, che però, lo sapeva, sarebbe sempre stato più importante, lo volesse o no.
Era come un gioco. Ripetitivo. Quasi noioso, dopo più di dieci anni.
Ma esistevano giochi molto peggiori a cui giocare.
  
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