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Autore: MireaAzul    28/03/2014    7 recensioni
13 Settembre 2013: un'intelligentissima ragazza di nome Penelope si trasferisce a Pasadena, per poter lavorare alla teoria delle stringhe presso il California Institute of Technology. Ma cosa succederebbe se il trasferimento la portasse a vivere di fianco ai quattro uomini più sexy che abbia mai conosciuto?
PARALLEL UNIVERSE dove Penny è la nerd, mentre Sheldon, Leonard, Howard e Rajesh i bellocci di turno! Cosa ne salterà fuori?
Genere: Comico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Introduzione dell’autrice
Buongiorno mondo! Aahh eccoci finalmente al settimo capitolo (‘: Quello di oggi sarà un pochino più corto degli altri, ma questo è giustificabile dal fatto che è una specie di “ponte” tra la prima parte della ff (dove Penny era appena arrivata) alla seconda, nella quale la nostra protagonista inizierà ad avere un po’ più di confidenza con questo misterioso universo delle relazioni sociali, lol. Ringrazio chi sta recensendo, chi segue e anche i lettori anonimi! Grazie di cuore ^^ Va beh, buona lettura, a settimana prossima! (:
 
 
 
 
Le ci volle qualche momento per capire che nessuno aveva bussato alla porta, ma che era l’emicrania che continuava a farle pulsare la testa. Penny era ridotta ad uno straccio quella mattina, si alzò al solito orario per vedere se sarebbe riuscita ad andare al lavoro, ma non riusciva a stare in piedi e, suo malgrado, decise di restare a casa. Si ricordava ben poco della sera precedente, e non faceva altro che darsi della stupida; avrebbe dovuto ascoltare Amy invece che fare l’oca giuliva e bere. Come se non bastasse, si sentiva avvilita e a disagio per un qualcosa che proprio non riusciva a mettere a fuoco. Decise di non farci caso, si fece una camomilla e si sdraiò sul divano; in quel momento si sentì parecchio sola, avrebbe voluto qualcuno che le cantasse la canzoncina che le cantava sempre la madre quando stava male. Come per rispondere a quella chiamata, qualcuno bussò veramente. Non se la sentiva di farsi vedere in quello stato, così rimase zitta, aspettando che lo scocciatore se ne andasse, ma questo bussò di nuovo.
« Non sto bene, andate via! » cercò di urlare, ma le bruciava da impazzire la gola e tutto quel che ne uscì fu un rantolo sgraziato. Sentì la porta di casa aprirsi e i passi di qualcuno entrare, finché questo qualcuno, che non era poco di meno che Sheldon, le si mise di fronte.
« Qui ci siamo dati alla pazza gioia, ieri sera » fece una risata cristallina, e in un momento diverso da quello pure lei avrebbe riso, ma la sensazione di disagio che aveva provato qualche momento prima ritornò, più forte. Tentò di non farci caso e si limitò a guardarlo in cagnesco, sorseggiando la camomilla.
« Comunque, sono venuto perché, puntuale come sei, mi sembrava strano non vederti già pronta. E anche per... » sembrò a disagio pure lui, il che non fece altro che farla andare in paranoia. « Anche per chiederti di non dire a nessuno ciò che è successo ieri, sulla pista da ballo »
“No un momento... cos’è successo sulla pista da ballo?”
Penny lo guardava confusa, ponendosi mentalmente questa domanda, e lui sembrò leggerle nel pensiero.
« N-non ti ricordi? Sul serio, eri veramente così ubriaca? » lui era tra l’incredulo e il divertito, lei avrebbe voluto sprofondare. Anche se non le era stato ancora svelato il mistero.
« Anche se fosse? Mi vuoi dire cos’è successo? »
A quella domanda, l’amico divenne serio e silenzioso, i loro sguardi si sorreggevano a vicenda e la tensione era palpabile nell’aria. Sheldon fece per aprir bocca e dire qualcosa, ma la richiuse subito. Passarono gli attimi e veramente Penny era sul punto di mandare a quel paese il mal di testa e mettergli le mani attorno alla gola per farlo cantare.
« Sheldon, di solito mi reputo una persona paziente, ma tu stai... »
« Ieri ti ho baciata » disse lui tutto d’un fiato. E il tempo parve fermarsi, lui che la guardava ansioso di una sua reazione, e lei con lo sguardo perso nel vuoto, che faceva rammenda mentale degli avvenimenti svoltisi la sera precedente. Ma la ricerca fu infruttuosa.
« Ma... Sheldon, ne sei...? »
« Sicuro? Sì Penny, le tue labbra erano soffici e inesperte, come potrei sbagliarmi? Labbra così le provi una volta sola nella vita »
Avrebbe potuto reagire in migliaia di modi diversi, magari qualcun altro al posto suo si sarebbe agitato, o rimasto deludo da un primo bacio la cui unica consapevolezza fosse la parola dell’amico, ma non lei. Lei proprio no, non poteva sottostare a quelle primitive sceneggiate da adolescente, lei era Penelope Callaway, un genio della fisica teorica, e avrebbe affrontato quella situazione dalla donna adulta quale era.
« Ok Sheldon, non lo dirò a nessuno. Ma... voglio parlarne di nuovo con te, quando tornerai a casa dal lavoro, questa sera »
Lui sembrò essersi tolto un peso dal cuore, perché l’ansia di qualche momento prima si affievolì, così la ringrazio per la promessa, la salutò e uscì di casa.
Donna matura, sì... Ma chi voleva prendere in giro? Appena sentì la macchina dei due vicini uscire dal loro quartiere, Penny scoppiò a piangere. Pianse perché non avrebbe voluto tutto ciò, perché per quanto fosse affezionata a Sheldon non era a lui che voleva dare il suo primo bacio. E cosa avrebbe detto di lei Rajesh, in quel momento, dopo la promessa che era decisa a rispettare? E Amy? Non poteva di certo biasimarla se non le avrebbe più rivolto la parola. Si era appena fatta degli amici, aveva ricominciato una nuova splendida vita, ed eccola lì, a rovinare tutto con un’azione che neanche si ricordava di aver compiuto. Senza ritegno scendevano le grosse lacrime a rigarle le guance arrossate, dalla gola in fiamme uscivano singhiozzi strozzati incomprensibili perfino a lei stessa. Si accucciò e cinse le piccole ginocchia con le braccia, inzuppando anche i pantaloni del pigiama. Le spalle avrebbero potuto tremare ancor più forte se due possenti e familiari braccia non le avessero fermate in tempo.
« Hey Penny, calmati! Che cos’è successo? »
A lei non serviva alzare lo sguardo per capire chi fosse corso in suo aiuto, quella voce era quella che meglio si ricordava, anche se in quel momento avrebbe voluto chiunque tranne che lui.
« LEONARD V-VATTENE VIA! » strillò, e invece che ricevere la solita freddezza, la stretta sulle sue esili spalle si rafforzò.
« N-non ti voglio qui... vattene, s-sto male, oggi non vado a-al lavoro... »
« Penny, guardami. » e lei lo fece, alzò gli occhi su Leonard, e nonostante fosse senza occhiali e con gli occhi appannati, era abbastanza vicino da poterlo guardare bene; aveva indosso un accappatoio rosso la cui utilità probabilmente era quella di coprire la propria nudità, i bei capelli ricci era tutti tirati all’indietro e... potesse venirle un colpo. Pure lui indossava degli occhiali!
« E quelli c-cosa sono?... »
Le sorrise complice e... imbarazzato? Lo aveva fatto imbarazzare? Il mondo non aveva più un suo equilibrio.
« Mi hai scoperto. Purtroppo la mia vista non è delle migliori, e di solito uso lenti a contatto. Ma quando sto male non posso e sono costretto a usarli »
Vedendolo conciato in quel modo, a Penny sembrò addirittura un nerd come lei, e le fece tenerezza.
« Vuoi dirmi cosa ti è successo? » il suo tono era basso, pacato e rassicurante, ma a quella domanda lei riabbassò il viso e gli occhi le si riempirono di nuovo.
« Niente che tu possa sapere »
I ruoli si erano invertiti, in quegli attimi era lei ad essere distaccata mentre lui cercava in tutti i modi di avere approcci con l’amica.
« Penny... qualsiasi sia il motivo, piangere non risolverà nulla »
Non ottenendo risposta, portò due dita sotto il suo mento e le alzò il viso, sorridendole di nuovo. Il cuore di Penny fece una capriola; era totalmente diverso dal Leonard che era convinta di conoscere, quel suo sorriso era allegro e mostrava i denti candidi dell’uomo, quegli occhiali gli rendevano gli occhi sottili più del solito, e dentro di essi vide quel bagliore castano che scorse anche il giorno che si erano incontrati. Non avrebbe mai voluto mostrarsi così debole davanti a qualcuno, soprattutto davanti a colui che in quel momento la guardava con tanto affetto, ma non resistette, e in preda ad un’altra crisi di pianto gli gettò le braccia attorno al collo.
« Sono così s-stupida... »
« Non è vero, sei la persona più intelligente che io conosca »
« Qui non si parla di formule m-matematiche o di scienza... Nella vita, questa di tutti i giorni... io... s-sono un disastro... » nel dire questo, sentì una mano di Leonard percorrerle delicatamente la schiena, facendole, possibile? delle coccole. Solo allora si rese conto di essere abbracciata alla persona che più bramava in quel periodo della sua vita, e poco a poco tornò ad essere quella di sempre, imbranata, timida e di poche parole. Si staccò dalle sue braccia e non osò guardare il suo viso di nuovo, non osava rivolgere i propri occhi verso il migliore amico di Sheldon.
“- Leonard adora Amy, con lei è un vero zuccherino
- Vuoi dire che c’è qualcuno in questo dannato mondo con cui Leonard non fa lo stronzo?
- Fai conto che Amy ha occhi solo per Sheldon dall’esatto momento in cui l’abbiamo conosciuta, è l’unica ragazza che ha qualche possibilità di far svegliare fuori quel poveretto di un attore, ed essendo lui il migliore amico di Leonard, è ovvio che la tratti con i guanti!”
Penny si alzò dal divano, e con gli occhi fissi sulla moquette, indicò la porta col dito.
« Vattene, Leonard »
Non seppe come la stesse guardando, e provava così tanto disgusto verso sé stessa che non lo volle neanche sapere. Avrebbe voluto sprofondare nel pavimento, togliersi quel fardello dal cuore, e persino il brutto pensiero di tornare ad essere senza amici le attraversò la testa.
« Penny, io... »
« VATTENE »
Le guance le tornarono rigate di leggere gocce salate, e pregò che l’altro non opponesse ulteriore resistenza. Passarono gli attimi e finalmente lo sentì alzarsi in piedi e camminare, lontano da lei.
« Mi dispiace » le disse, prima di chiudere la porta di casa. Lei non seppe cosa volesse dire con quelle due parole, si sarebbe posta quel quesito un’altra volta, perché le troppe lacrime versate e il mal di testa opprimente la fecero piombare tra i morbidi cuscini, e Morfeo la prese tra le sue braccia.
***
Si risvegliò verso sera, la testa un po’ meno dolorante e le guance secche da lacrime lasciate lì ad asciugarsi da sole. Rintontita, allungò il braccio per prendere il telefono per guardare l’ora, e vide che il display era invaso da messaggi e chiamate perse di Bernadette. In un primo momento non ci diede molto peso, ma poi le venne in mente un’idea; se rischiava di perdere gli amici per ciò che aveva fatto con Sheldon, forse lei sarebbe stata l’unica a restare. Dopotutto, Bernadette aveva visto Amy solo due volte, non doveva niente a nessuno e l’unica cosa che la collegava al gruppo di amici era la propria attrazione per Howard. Spinta da questi pensieri, decise di inviarle un messaggio. Ci mise molto a pensare al contenuto, e alla fine glie ne inviò uno molto semplice.
“Ciao Bernie, scusa se non ti ho risposto, ma a causa della serata di ieri non me la sono sentita di venire al lavoro. A proposito di ieri, devo dirti una cosa importante. Non mi pare il caso di scrivertela via messaggio. Te ne parlerò domani. Buona serata”
Pochi secondi dopo l’invio, l’altra le aveva già risposto, sorprendendo la scienziata.
“Ok ma così mi tieni sulle spine!!! A domani!!!”
Lasciò il telefono sul divano e andò in cucina nel vano tentativo di mangiare qualcosa, a lo stomaco era ancora chiuso, quindi si limitò ad una tazza di latte caldo. Erano le 18:40 e Sheldon non era ancora tornato dal lavoro. Penny voleva vederlo per parlare dell’accaduto, e l’attesa non faceva altro che farle cambiare idea poco a poco; non aveva la minima idea di che cosa dirgli perché neanche si ricordava di averlo baciato, e poi se le avesse chiesto perché avesse tutti quei sensi di colpa, avrebbe dovuto rivelargli la promessa fatta a Rajesh riguardo a Amy. Lei non sapeva mentire, e al diavolo le stava venendo un’altra crisi di pianto!
Lo aspettò per ora, vide la casa riempirsi di ombre mentre il sole calava, non sentì nemmeno la sua auto percorrere la strada per il parcheggio, o la porta dell’altro appartamento aprirsi. Confusa e sconsolata, se ne andò a letto preso, perché voleva essere bella carica per la giornata di lavoro del giorno dopo, e dimenticarsi di tutti i problemi.
Almeno mentre dormiva.
  
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