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Autore: LaGraziaViolenta    30/03/2014    16 recensioni
Stufi dei soliti cliché di Harry Potter? Annoiati marci dalle fantastiche avventure sentimental-sessuali di tre generazioni di Serpeverde? Vi sentite smarriti e frustrati di fronte a dei Grifondoro codardi e dei Corvonero dal QI in singola cifra?
Serena Latini è quello che fa per voi. Le avventure di una sfigata Tassorosso alle prese con incantesimi, fanfiction, pony, cucina inglese e delle sue relazioni coi figli dei personaggi che tanto abbiamo apprezzato.
Zuccherosità, storielle amorose e di amicizia, figure da quattro soldi e battute demenziali attendono una povera Tassorosso made in Italy.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Dove Serena scopre gli stupefacenti effetti dell'alcool. Mi raccomando, bevete con moderazione e abbiate pietà del vostro fegato.



Con uno schiocco ruppi il guscio di cioccolato fondente. Sulla lingua si diffuse il sapore dolciastro del liquore e un attimo dopo arrivò anche il caldo. Masticai il boero e la ciliegia si mischiò ai frammenti di cioccolato. Appallottolai la carta con un fruscio e la gettai giù dalle scale.
«Forse stiamo esagerando» bisbigliò Albus.
«Ma figurati.»
«È il secondo sacchetto di cioccolatini che facciamo fuori.»
Guardai la plastica stropicciata dei due sacchetti e i boeri superstiti buttati sul gradino. Poi guardai le carte appallottolate sparse per le scale. In fondo al pianerottolo ce n'era un mucchietto consistente.
Una fitta alla tempia mi riportò alla realtà. Che mi aveva chiesto? Se ne avevamo mangiati troppi? «Naaah. Non sono mai troppi.»
Albus prese un altro boero e lo scartocciò. «Hai ragione.»
«Ah-ha!» Mi sfuggì un sorrisetto. Gli diedi un paio di colpi col gomito. «Vedi che piacciono anche a te?»
«Mai detto il contrario.» Albus sogghignò.
Appoggiai i talloni sul gradino di sotto e stiracchiai le gambe. «La torre di Astronomia è davvero poco frequentata, la sera. Però dopo dovremo comunque tirare su le cartacce, sai? Non credo che voi maghi inglesi facciate fuori boeri tutti i giorni.»
«Ma io ho una ragazza italiana che si fa mandare i cioccolatini alcolici da casa, quindi posso farmeli fuori tutti i giorni.» Albus strinse gli occhi e fissò qualcosa in fondo alle scale, poi il suo viso di distese. «E sono inglese.»
«Che presuntuoso che sei.» Presi un altro boero e lo scartai. «Sei una serpe.» La mia battuta mi parve davvero divertente. Dire serpe a un Serpeverde! Ridacchiai.
«È alla Joy che hanno sbagliato Casa, allora» disse Albus.
Non risposi e mi cacciai in bocca il boero. Anziché morderlo lasciai che il cioccolato amaro si sciogliesse sulla lingua.
«È stata davvero... Be', non posso definirla. Posso dire che è stata un'idiota? Se l’è presa per una scemenza.»
Un certo sentore di ingiustizia misto a irritazione mi bruciò in gola insieme al liquore. «Sono i tuoi parenti ad essere dei ficcanaso. Se ci fosse il G.U.F.O. in Ficcanasaggine l’avrebbero passato tutti con Eccezionale.»
«Esiste un esame che Rose non passi con Eccezionale, per caso?»
«Ecco, appunto.» Piegai le gambe e appoggiai i gomiti sulle ginocchia. Probabilmente se qualcuno fosse arrivato sul pianerottolo e avesse guardato su mi avrebbe visto le mutande. Be', chissenefrega. Jeanie la Macellaia e Serena la Camionista. Suonava bene. Improvvisamente mi venne in mente Lowell e il nostro giochino delle citazioni. Mi venne voglia di cantare. «The Earth began to cool, the autotrophs began to drool, Neanderthals developed tools, we built a wall, math, science, history, unraveling the mysteries, that all started with the big bang! "Since the dawn of man" is really not that long...»
Albus arricciò il naso. «Non sei la Shields, eh. Lei sa cantare.»
Intrecciai le dita e fissai le cartacce sul pianerottolo. Mi balenò in mente il viso di Lowell, capelli neri, pizzetto, occhiali e sorriso. Al centro commerciale non aveva dato peso al malumore di Jeanie, come se fosse poca cosa. Forse dovevo fare così anch'io? La gola mi si strinse e improvvisamente la mia bocca divenne secca. «Non pensavo che Jeanie se la sarebbe presa in quel modo. Cioè, io quel dannato bigliettino gliel'avevo nascosto per non offenderla.» Strinsi le labbra e guardai Albus. «Ma tu, che cavolo vai a dire alle tue cugine che mi è arrivato un bigliettino con insulti in rima? E quella Rossella o come si chiama...»
Albus arrossì. «Roxanne.»
«Sì, quella. Ecco, conoscerò mai tutti i tuoi parenti o dovrò guardarmi le spalle per tutta la vita?»
Albus sorrise e alzò le sopracciglia scure. «Cos'è, vuoi già essere presentata in famiglia?»
«Tanto tutta la tua famiglia sembra già conoscermi. Mancano giusto i tuoi, credo, ma a questo punto non ne sarei più tanto sicura.»
Albus scartocciò un altro boero e lanciò la carta giù nel pianerottolo. «Oh! Ha superato la tua!»
Presi subito un altro boero e lo scartai, giusto solo per non dargli quella soddisfazione. Appallottolai la carta e la lanciai con forza giù dalle scale. Superò la carta di Albus e sbatté contro il muro. «L'orgoglio Tassorosso, gente! Applauso!»
«Ti batterei in un secondo, se non avessimo finito i cioccolatini.»
Feci girare il boero sulla lingua, poi lo ruppi. «La prossima volta ci sarà la rivincita.»
«Spero proprio che la prossima volta non sia in occasione di un altro litigio con una tua amica. Non avrei mai creduto di vederti strafatta di cioccolato e liquore.»
«Neanch'io.» Mandai giù il cioccolatino. Probabilmente quei due sacchetti di boeri erano la più grande quantità di alcool che io avessi mai ingerito. Dicevano che l'alcool rendeva audaci. «Spiegami un po' come fa Rossana a conoscermi, su.»
«Roxanne» mi corresse ancora Albus. Stese una gamba e appoggiò il piede un gradino più sotto. «Non sono io il ficcanaso della famiglia, io mi faccio i fatti miei. É Rose che all'inizio era tutta emozionata per aver trovato nuove amiche. La Shields e te, suppongo.»
Rose doveva sentirsi davvero sola se considerava me già un'amica. Non le avevo mai confidato nessun pensiero, né l'avevo mai cercata. Poverina.
«Be', avrai capito che tipo è Rose, sarà stata tutta entusiasta e ne avrà parlato con le altre cugine...»
Din din din. Campanello d'allarme. «Perché, quante cugine hai?»
Albus si grattò la tempia. «Parliamone in un altro momento, ti prego.»
Strinsi le labbra. Promemoria per me: chiedere delle cugine dopo la mia missione.
«Comunque, ecco, probabilmente lei ne avrà parlato a Roxanne, così quando lei ti ha vista deve averti riconosciuta. Tu le hai detto del bigliettino...»
«Io non ho mai detto a nessuno del bigliettino!»
«Sì, be', deve aver capito che qualcosa non andava e deve aver chiesto informazioni a Rose.» Albus abbassò gli occhi sui gradini di pietra. Tirò su la gamba e appoggiò i gomiti sulle ginocchia. «E quando Rose mi ha chiesto se tra noi andava tutto bene e che eri preoccupata io ho risposto che forse era per la storia del bigliettino...»
Guardai la rampa di scale. Le torce mandavano bagliori aranciati e facevano luccicare le carte di plastica. «E poi l'ha detto a Chelsea, che l'ha detto a Jeanie.»
«Così pare.»
Con la punta del piede diedi un colpetto a una cartaccia. La pallina rotolò giù per qualche gradino. «Pensavo che le cose che dicevamo tra noi, ecco, rimanessero tra noi.»
Assaporai il silenzio pieno di senso di colpa che seguì la mia frase. Di una cosa, almeno, avevo avuto una conferma: Jeanie era una manipolatrice di prima categoria. Alla fin fine lei e l'alcool qualche segno su di me l'avevano lasciato.
«Magari sono stato ingenuo in questa occasione» disse Albus, «ma se tu avessi detto subito alla Shields e alla Joy del bigliettino, tutto questo non sarebbe successo.»
Intrecciai le dita. «Forse dobbiamo ancora imparare a comportarci come si deve.»
«La Shields si è arrabbiata?»
«Non ho ancora avuto occasione di parlare con lei.» Strinsi le dita finché non le sentii farmi male. «E francamente ho paura di quel momento.»
«Secondo me prima lo fai meglio è» disse Albus. Mi appoggiò una mano sulla spalla. «Penso che lei capirà le tue motivazioni.»
«Lo spero.» Guardai la schiera di cartacce sparse sui gradini. Sorrisi. «Sai che una volta io e Chelsea ci siamo rifugiate qui?»
Anche Albus sorrise. «E da chi vi nascondevate, di preciso?»
In realtà è stata un'idea di Chelsea per dimostrare la mia teoria secondo la quale la torre di Astronomia era il luogo preferito per le coppiette per pomiciare ed eventualmente copulare, ma alla fine ci siamo ritrovate a parlare di te e della probabilità che tu mi baciassi. Una vampata di calore mi salì su fino al viso. Serena, la ragazza in fiamme. «Da nessuno, in realtà. Volevamo solo fare una scemenza e l'abbiamo fatta.»
«Mi stai dicendo che tu sei una ragazza da colpi di testa? Non ci crederei nemmeno se me lo dicesse Merlino in persona.»
Il bollore in faccia divenne insopportabile. «Ti dico che è così.»
Il sorriso di Albus divenne un ghigno. «Dai, dimmi la verità.»
Guardai Albus, e nonostante mi sentissi in imbarazzo mi venne da ridere. Ero una pessima bugiarda. «Ti dico che è la verità, questa.»
Un dito di Albus si infilò fra le mie costole e lanciai uno strillo acuto.
«Dì la verità, perché tu e la Shields eravate qui, eh?» Con una manata Albus fece andar giù per qualche gradino le confezioni vuote di boeri e puntò l'indice minaccioso verso di me. «C'era qualche altro motivo, non è vero?»
«Ma no!»
«Sì invece!» Albus mi pungolò ancora e io strillai, ma in realtà mi veniva da ridere. Mi ritrassi e Albus si avvicinò, il dito ancora puntato verso di me. Finii attaccata al muro gelato. «Smettila!»
«Non la smetto finché non mi dici la verità! Dai, le cose che ci diciamo tra noi rimangono tra noi...»
Manipolazione della Mente: c'è qualcuno che la fa meglio di te. O almeno, questo era quello che lui credeva. «Ma io non ho niente da dire!»
«Non mi hai convinto» disse Albus. Mi infilò un altro dito tra le costole.
Strillai. «Ehi, piano! Fa male!» Il muro gelido mi stava congelando la schiena.
«Sai perché non ti credo?» disse Albus. «Perché ho una sorella e una marea di cugine femmine. E so benissimo che quando si rintanano a confabulare è perché stanno per combinare qualche cosa.»
Touché. Albus era più sveglio di quanto sembrava. Nonostante la mia schiena fosse così gelata da farmi quasi male i palmi delle mani erano sudati. Li appoggiai sulla gonna per non farli vedere. «I-io non sono una delle tue cugine, eh!»
«Lo so» fece Albus.
Sbattei le palpebre e fissai Albus. Il suo viso era illuminato dal fuoco delle torce. Abbassai gli occhi sui gradini di pietra. Cosa significava quella frase? Era un'inversione di marcia? Mi credeva? Provai una fitta di senso di colpa unita a un senso di sollievo. Forse era quello che si chiamava “emozioni contrastanti”. Però se mi credeva davvero era ok.
«Senti, Serena...»
Ti crede. Tranquilla. Ti crede. Non ti metterà più quel dannato dito nelle costole. «Dimmi.»
«Posso baciarti?»
Il cuore mi saltò in gola e mi mozzò il fiato. Improvvisamente realizzai che eravamo seduti vicini, soli, su una scalinata isolata dal mondo. E lui era così vicino che potevo contare le ciglia dei suoi occhi.
Mi costrinsi a inspirare. Nella luce soffusa mi sembrò di vedere il rossore invadere il viso di Albus. Abbassò lo sguardo e si tirò indietro.
«Va bene.»
Gli occhi di Albus saettarono verso i miei. Avevo ancora il cuore che batteva a mille e il groppo in gola. Mi accorsi che stavo ansimando.
Ok. Come non detto. Il panico mi invase. Non ne ero in grado. Abbassai gli occhi e strinsi le ginocchia tra le mani. I palmi erano appiccicosi e gelati. «Solo che... Ecco, non l'ho mai fatto con nessuno, non so come si fa, e... Sarei imbranata di sicuro... E...»
«Non fa niente.»
Guardai Albus. Era ancora rosso, ma mi fissava. Scivolò più vicino a me e sentii la sua gamba premere contro la mia. Quando si avvicinò il cuore accelerò il battito. Chiusi gli occhi.
La sua mano gelata si posò sulla mia guancia. Rabbrividii, poi sentii le sue labbra sfiorarmi. Istintivamente tirai la testa indietro, e un secondo dopo le sue labbra tornarono sulle mie. Poi la sua mano scivolò via lasciando il freddo sulla mia guancia.
La prima cosa che rividi furono gli occhi verdi di Albus. Un secondo dopo mi resi conto del suo sorriso appena accennato.
Ok. Così questo era un bacio. Tanta ansia, tanto nervosismo, e poi... Boh. Niente di tremendo. Non mi pareva che stessimo rischiando di rotolare giù dalle scale per l'esplosione di passione senza limiti.
C'era qualcosa che non andava.
Il sorriso di Albus si allargò un po'. «Posso dartene uno serio?»
Mi strinsi nelle spalle e mi morsi un labbro. Be', dopotutto non era un grande sacrificio. Se era questo che i fidanzati volevano dalle fidanzate, non era niente di così terribile e incontrollabile. Se serviva a farlo contento... «Ok.»
Ancora col sorriso sulle labbra Albus si avvicinò a me. Chiusi di nuovo gli occhi.
Le sue mani fredde si posarono sulle mie guance e mi trattennero. Le sue labbra tornarono sulle mie.
Ancora.
E ancora.
Appena le mie labbra si separarono la sua lingua le sfiorò. Scattai indietro, ma le sue dita fredde mi trattennero e dietro di me incontrai solo il muro gelato. Poi capii cosa stavo facendo io e perché Albus mi seguiva anche se io arretravo. Stavo accarezzando la sua lingua con la mia. E sentivo il dolce del liquore nella sua bocca.
Albus allentò la presa e mi lasciò le labbra. Riaprii gli occhi.
Sbattei le palpebre più volte per rimettere tutto a fuoco. Avevo ancora la bocca aperta e non controllavo il mio respiro. Albus sorrideva come prima, ma alla luce delle torce mi sembrò di vedere una vivacità diversa nel suo sguardo. La massima felicità che gli avessi mai visto in faccia. «Questo è un bacio.»
Rimasi a fissarlo. Non riuscivo a far ripartire il cervello. Sbattei le palpebre, ma continuai a vedere il viso felice di Albus. «Sai di liquore.»
Un secondo dopo mi sentii un'idiota. Non ero capace di dire altro?
Albus sollevò le sopracciglia. «Anche tu, sai?»
Strinsi le labbra. Non riuscii a trattenere un sorriso. Forse era per questo il motivo che nei festini dei Serpeverde c'era sempre l'alcool?

  
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