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Autore: 13Sonne    07/07/2008    4 recensioni
Ko Rah è una ragazza asociale, poco incline al contatto umano: Al Aki è suo fratello maggiore, leggermente eccentrico ma allegro ed espansivo.
Insieme decidono (o, per meglio dire, Aki decide) di iscriversi ad un torneo insieme ad altri milioni di partecipanti: il premio finale è la realizzazione di un desiderio.
"Non farmi scegliere fra me e il mio desiderio. Lo sai che non avrei dubbi."
Genere: Generale, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Lari Ko Rah

???

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Cercando nella mia storia potreste trovare milioni di ragionevoli motivi per cui ho fatto ciò che ho fatto.
Dimenticateli.

 

Dopo pochi secondi riapre gli occhi, lentamente, come se avesse dimenticato il perché di un simile gesto.
Grosse gocce di pioggia atterrano sul suo volto, formando quelle lacrime che non accennano a nascere nei suoi occhi. Gli incisivi sono appoggiati al metallo della pistola e può già sentire il sapore della polvere da sparo lungo la gola.
Deglutisce a fatica, sente le mani tremare: sa di avere paura, ma sa anche che quel sentimento non è altro che il suo istinto di sopravvivenza. Non è una vera emozione, quella.
Chiude di nuovo le palpebre, questa volta per sempre.

 

Non mi ha spinto nessuno. Nessuna memoria è colpevole di quel gesto, nulla mi ha portato a fare una cosa del genere.
Ho scelto. Tutto qua.

 

Il rumore dello sparo confonde i suoi ultimi istanti di vita: in poco meno di un secondo mille frammenti di pensieri gli passano per la mente, tutti assieme. In nessuno di questi può trovare la minima traccia di senso di colpa.

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Prologo

Ovvero

La prima, impietosa impressione di
madamoiselle Ko Rah ed herr Al Aki

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Aprì gli occhi, trovandosi a fissare la parete della sua stanza che ancora era in ombra. Alle sue spalle il sole filtrava dalle tende, riscaldandole la schiena: il pigiama di flanella intrappolava quel calore e lo rendeva persino insopportabile.
Si distese sulla schiena, mugugnando qualcosa di intelligibile, finendo così per fissare la lunga fila di orsacchiotti seduti sulla mensola appena sopra il suo letto.
Quella mattina non aveva voglia di alzarsi o di togliersi dalla luce del sole, anche se cominciava ad odiare il caldo con tutta se stessa: per una volta le sarebbe piaciuto poter rimanere nella sua stanza a non fare nulla per tutto il giorno.
“Coco, sto per entrare. Sei presentabile?”
Sentita la voce appena fuori dalla sua camera lei alzò la schiena di scatto, sfigurandosi il volto in una smorfia di fastidio: se per il nomignolo affettuoso o per la voce in se, quello non era comprensibile.
Aprì la bocca per rispondere al fratello ma le parole le morirono in gola quando questo aprì la porta, tenendo in equilibrio con una mano un vassoio che doveva contenere la sua colazione: un pane, piccolo e tondo, e una tazza fumante che, probabilmente, conteneva del latte.
Il ragazzo le sorrise allegramente, senza curarsi dello sguardo infastidito di lei.
“Ben svegliata, Coco! Pensavo che oggi volessi dormire fino a mezzogiorno!” cinguettò il ragazzo appoggiando il vassoio sul comodino accanto al letto di lei.
L’occhio sinistro della ragazza ebbe un tic improvviso, segno evidente di quanto trovasse seccante essere li in quel preciso istante. Le sole parole bastavano ad irritarla: tanto per dire, di solito lei era quella che si svegliava presto e lui quello che poteva arrivare a dormire fino al pomeriggio.
Tuttavia era un particolare irrilevante se confrontato con la reazione che il tono di voce del ragazzo le procurava: tale infondata allegria forse non era fuori luogo, ma di sicuro riusciva ad urtarle i nervi come poco altro.
“Ho già preparato i bagagli ieri sera, sai, ho preferito rimanere leggero quindi ho preso solo un po’ di vestiti e, uh, del cibo e, bhè, altre, uh, cose da viaggio, sai, uh… cose… tipo,” il ragazzo cominciò a balbettare agitando la mano sinistra, senza avere la minima idea di come finire la frase, “uh… cose… da viaggio. Importanti. Da viaggio.”
Il sospiro che la ragazza si lasciò sfuggire ricordò leggermente un ringhio.Immagino di si.”
Poi prese il pane e ne strappò un morso con i denti, cominciando a masticare lentamente.
“Eeesattamente!” esclamò il ragazzo, soddisfatto. La sorella lo scrutò di sottecchi, continuando a masticare: per quanto il fratello usasse abitualmente fare cose del genere, lei ancora trovava strano il modo in cui, quando era soddisfatto di qualcosa, pronunciava le parole. In una sola parola (come quel ‘esattamente’ di poco prima) passava da un tono normale ad uno più basso di voce per poi di nuovo normale, in uno strano vocalizzo: il risultato, se non proprio inquietante, lasciava sempre chiunque piuttosto spiazzato.
“La carrozza dovrebbe passare fra un’ora e qualcosa, quindi, sai, abbiamo il tempo per visitare Maali e Venner. Devo ringraziarli per averci aiutato negli ultimi anni e… bhè, tu devi ringraziare Livet per averti dato quel… coso. E, uh, che altro?”
La ragazza ingoiò il boccone, trattenendosi dal far notare al fratello che avrebbe dovuto avere un po’ più di rispetto per il ‘coso’, visto che era stato il principale motivo per cui non si era già suicidata per la noia.
“…Nient’altro. Rimango affascinato dalla perfezione della mia pianificazione della mattina!"
Lei grugnì, trattenendosi per la seconda volta dal rendere noto al fratello quanto lo trovasse irritante, e cominciò a sorseggiare il latte caldo.
Non le piaceva particolarmente, il latte. Aveva un gusto strano- ma d’altronde era il miglior modo di cominciare la giornata, visto che dava abbastanza energia e riempiva lo stomaco fino al pranzo.
Il ragazzo prese a giocherellare con una ciocca dei propri capelli, avvolgendola e lisciandola con le dita. “Già già. Per pranzo probabilmente saremo ancora in viaggio, ma ho fatto dei panini. Rimarrai sorpresa dalla bontà di quei panini.” Si voltò verso di lei, sfoggiando un sorriso maniacale che andava da un orecchio all’altro. “La tua lingua fuggirà per potersi unire in matrimonio con uno di quei panini!”
La ragazza trangugiò l’ultimo sorso di latte, appoggiando poi la tazza sul vassoio. “Esci dalla mia camera.”
“Eh?”
chiese il ragazzo, voltandosi verso di lei con uno sguardo interrogativo.
“Esci dalla mia camera.”
Ci mise pochi secondi per capire che il fratello non avrebbe accennato a muoversi, ma compreso ciò le saltarono istantaneamente i nervi.
“Esci. Dalla. Mia. Camera!”
Il ragazzo emise un grido portando istintivamente le braccia al petto prima di scattare in piedi e fuggire dalla stanza.
Appena il fratello chiuse (o per meglio dire, sbatté) la porta, la ragazza ricominciò a mangiare il pane, nuovamente rilassata. Odiava che un’altra persona all’infuori di lei stesse nella sua camera per più di due secondi: era una cosa che aveva ripetuto (spesso anche strillato) al fratello più volte, ma questo sembrava sempre non ricordarselo.
Digrignò i denti, arrivando alla conclusione che, molto probabilmente, lo faceva solo per infastidirla.
La porta della camera si aprì di nuovo, formando un piccolo spiraglio da cui il fratello guardava dentro. Lei lo fissò, momentaneamente troppo sorpresa per avere una qualche reazione.
“Il, ehm, vassoio, lo, uh, lo porti in cucina?” chiese lui, balbettando a metà fra l’imbarazzato e il terrorizzato.
La ragazza sospirò, facendo poi un impercettibile movimento con la testa che il fratello decise di prendere per un ‘sì’.
“Sparisci.”

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Note d'Autore: Uh, non so cosa dire. Questa storia mi intriga parecchio. Stavo pensando a dei personaggi per un Gdr e mi è venuto fuori... questo. Ah, mia dolce dolce ispirazione!
Oh, il titolo. Dovete sapere che Los è tedesco. Los, da solo, vuol dire "via"... in inglese viene meglio: "go". Los alla fine di una parola vuole invece dire "senza".
Il senso di tale parola nel titolo? Capirete a tempo debito!

  
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