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Autore: Jay_Myler    01/04/2014    14 recensioni
«Ammettilo Fionna…» continuò a schernirla il ragazzo, mentre le lasciava prendere un attimo di respiro; lui non respirava da circa un secolo, ma se voleva continuare a stare con lei, ogni tanto doveva farle recuperare ossigeno.
«Ammettilo.»
La sua voce diventava più insistente, più bassa e penetrante, ogni volta che diceva quella semplice parola
Genere: Fantasy, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: BMO, Cake, Fionna, Gommorosa/Gumball, Marshall Lee
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
- Questa storia fa parte della serie 'Adventure time... portami via!'
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«Cake, sai che ora è?»
«È l’ora dell’avv…»
«Fionna, ehi Fionna ci sei?» Cake le stava strattonando delicatamente un braccio, mentre la ragazza, con la faccia appoggiata sul palmo della mano e mezza distesa sul tavolo, la fissava senza in realtà vederla davvero.
«Forza dolcezza, batti un colpo se ci sei.» le intimò la sua inseparabile gatta bicolore.
A riportarla alla realtà però fu la voce del principe Gumball.
«Fionna, ti stiamo per caso annoiando?»
Riprendendosi di scatto e facendo saltare un paio di biscotti dal tavolo, la biondina si drizzò rapidamente sulla sedia, scostandosi la lunga cioccia di capelli biondi dal viso e arrossendo in volto per essere stata scoperta in flagrante.
«Oh, niente affatto Gumball, per niente.» disse enfatizzando la sua menzogna con un sonoro sbadiglio che poco si addiceva ad una ragazza; ma lei non era una ragazza come tutte le altre, era un’avventuriera in carne ed ossa, un’eroina in cerca di mirabolanti avventure, ardue e temerarie ed ora invece si trovava a partecipare ad un thè pomeridiano al palazzo reale. Il principe Gumball era molto carino ed allo stesso tempo così noioso che avrebbe preferito la compagnia del Lich. Foreste tenebrose, paludi infestate, deserti incontaminati, quella era la vita che faceva per lei e che avrebbe trovato sicuramente in qualsiasi altra zona della terra di AAA. L’unica cosa che riusciva a pensare era:
Noia totale e senza via di scampo!
Gumball era fatto completamente di gomma rosa, morbido e setoso, lo percepiva perfino da lontano, ed in quel momento avrebbe dato qualsiasi cosa per poter diventare piccina piccina e dormire tra i suoi rosa, profumati e morbidi capelli zuccherosi; Cake le aveva detto di mettersi in ghingheri per quel thè con il principe, ma si sentiva a disagio indossando gonne e vestiti ampi e scomodi, così rimase con il solito completino, maglia a tre quarti di maniche azzurra e gonna blu, con le calze bianche al ginocchio, e due strisce dello stesso azzurro della maglia, scarpe nere e comode. Il suo inseparabile zainetto verde era posato nell’ingresso della sala. Erano anni che non c’era più niente di avventuroso da fare, lei era cresciuta in tutto quel tempo, ma la sua mente era rimasta ai bei ricordi giovanili di avventure fantastiche. Forse crescendo aveva perso anche la fantasia che rendeva uniche tutte le sue avventure per quanto bizzarre o minuscole. Cake non era cambiata di una virgola, tranne per il fatto che era diventata mamma di cinque splendidi cake-iridelli (così li chiamava Fionna) e moglie di Lord Monochromicor, un magico iridello completamente nero con cui si frequentava già da tanto tempo.
Matematico!
Per una micia così speciale doveva esserci un altrettanto essere magico e speciale per lei.
Ormai non era più una bimbetta spensierata di dodici anni in cerca di avventure, era nel pieno dell’età adulta, le aveva ricordato Cake prima di uscire; ma per lei erano passati solo i suoi primi venti anni di vita e non si sentiva troppo vecchia per rincorrere l’avventura e prendere a calci nel sedere i cattivi di turno; purtroppo AAA non le dava più modo di cercare nuove avventure da affrontare, erano circa tre anni che non c’era stato nessun movimento sospetto, nessuna chiappetta da prendere a calci e perfino la regina di ghiaccio sembrava aver perso ogni voglia di rapire i principi del regno. Ormai è anziana – aveva esordito il principe visti i sospetti non rapimenti della regina e da allora AAA aveva perso tutta la magica avventura che la contraddistingueva. Cake l’aveva rassicurata che nuove avventure sorprendenti le sarebbero capitate ora che era cresciuta, con un fare complice e strizzandole l’occhio, ma di queste avventure non si vedeva nemmeno l’ombra.   
Dai suoi sei anni in più, il principe Gumball non sembrava così diverso da lei; lui era sicuramente di indole più calma e morigerata ed aveva un fisico snello e statuario, mentre lei era leggermente tozza ed alquanto burrosa rispetto alle principesse delle favole che le raccontavano da piccola. Crescere faceva schifo, ecco tutto: una volta al mese aveva le sue cose, il seno prosperoso era strizzato nella maglietta azzurra, creando una protuberanza non indifferente che le creava più noia che altro ed adesso era costretta a sorbirsi gli estenuanti discorsi politici del principe.
«E con questo è tutto.» esordì il ragazzo alla fine di un interminabile discorso sulle esigenza monetarie dei Dolcibotti.
«Pietà.» strascicò a mezza voce l’ex avventuriera.
«Prego?» chiese il principe senza aver afferrato le di lei parole.
«Ottimo thè, davvero… zuccheroso.»
«Ma Fionna, non l’hai nemmeno assagg…» Fionna mise una mano sulla bocca di Cake che non riuscì a finire la frase.
Senza degnarle di un minimo d’attenzione a quello che gli dicevano, Gumball mise a volo un pacco nelle mani della ragazza.
Fionna, sempre sul chi vive, stava per gettarlo a terra e calpestarlo per evitare spiacevoli sorprese, ma prima che potesse anche solo sperare di farlo il ragazzo la prese sotto braccio e l’avvicinò a sé.
«È un regalo per te.» disse con le guance leggermente più rosa del solito.
Titubante, con ancora i riflessi pronti a gettare a terra quel pacco se si fosse rivelato pericoloso, lei lo aprì davanti ai suoi amici; un tripudio di celeste satinato le stava per far lacrimare gli occhi.
«Un… vestito?» chiese lei tenendo con due dita quel enorme lenzuolo tutto pizzi e fiocchi.
«Esatto; è un capolavoro della sartoria moderna, vedi le cuciture, ammira l’abbinamento di colori e il pizzo sapientemente usato.» le illustrò con fare di chi ne sapeva.
Cake allungò la un braccio fino ad arrivare a quei due metri di distanza che la separava dai due ragazzi, per toccare il tessuto lucente.
«È la cosa più liscia che abbia mai toccato.» disse con i lacrimoni di chi ha trovato dopo anni la sua ragione di vita.
Gumball si avvicinò all’orecchio della ragazza, con fare delicato e silenzioso che quasi la colse di sorpresa:
«Senza che te lo dica ovviamente ci sarai arrivata già da sola no?» le chiese con un soffio di voce in modo quasi impercettibile anche per lei. Fionna sentì caldo per la prima volta nella giornata.
«C-cosa?»
Il principe stirò le sue labbra in un dolce sorriso e la fissò intensamente negli occhi.
Cake a pochi metri da loro continuava ad accarezzare la liscissima seta del vestito, ipnotizzata però nel guardare fissa i due.
«Davvero non ci sei arrivata?»
La ragazza non riuscì a trovare nemmeno la voce per rispondere.
«Te lo dirò io allora.» continuò a dirle con il medesimo sorriso che gli increspava le labbra.
Cake spalancò gli occhi per non perdersi nulla.
….
«L’ho ideata e realizzata io questa meraviglia! Disegnato, scelto i tessuti, cucito e rifinito. Non è la cosa più graziosa che tu abbia mai visto? Spero che un giorno te lo metterai e mi farai contento eh! Ah…» disse senza prendere fiato il ragazzo. «Questi sono per voi.» disse mettendole uno scatolo rose nella mano libero della ragazza.
«Sono dolcetti casalinghi; li ho fatti ovviamente io! Io consiglio sempre quello rosa a forma di cuoricino; è buono quanto bello! A presto ragazze!» e senza aggiungere altro, saltellando ogni tre passi, si congedò da loro.
Cake rimase un attimo in silenzio, interdetta dalla scena che i suoi occhi avevano appena visto.
Fionna era rimasta una statua di sale.
«E quello è il ragazzo che ti piace.» scandì lentamente la gatta ad un tavolo di distanza dalla sua compagna d’avventura.
«Piaceva.» constatò quasi sollevata, mentre riponeva l’abito nella sua scatola.
Pochi anni prima i sei anni di differenza erano un enorme ostacolo per la loro relazione, lo sapeva lei e glielo aveva ripetuto più volte il principe che non voleva accollarsi la responsabilità di una ragazzina sveglia ma ancora mentalmente piccola, oltre al già oneroso carico che portava avanti ogni giorno governando Dolcelandia.
Aspetta – le diceva Cake – e vedrai che con l’andare avanti del tempo, lui cambierà idea.
Fionna si era fatta una mezza idea di come Gumball avesse potuto cambiare idea, ma non come l’aveva intesa tempo prima la sua sorellona Cake.
Fionna ripose la scatola con il vestito in un mobile dietro di lei, cercando di scordarsi al più presto quel trionfo di pizzo e di femminilità che le avevano appena regalato; sotto lo sguardo accusatorio di Cake che invece non vedeva l’ora di vedere la sua sorellina crescere e sembrare una donna qual era diventata.
«Scappa dal castello, scappa dal castello.» si ripeteva per aumentare il ritmo del passo ed uscire al più presto di là. Cake la prese in groppa e si raddoppiò di volume, in modo da poterla trasportare come un vero cavallo in piena regola; la ragazza si faceva cullare dal movimento ondulatorio della gatta, che con incedere sicuro la cullava tra il suo folto e morbido pelo.
«Cake, svegliami quando siamo arrivate a casa.» le disse prima di chiudere gli occhi e schiacciare un pisolino.
 
Poke poke.
Poke poke.
«Smettila Cake.» si lamentò girandosi dall’altro lato.
Poke poke.
Un dito continuava a punzecchiarla senza sosta.
«Cake, shhhto dommendo.» biascicò nel sonno.
Continuava a sentirsi punzecchiata sulla spalla.
E ancora.
E ancora.
Ora con più insistenza.
Ora con più forza.
Prima che potesse urlarle contro qualcosa, un suono basso pauroso le sconvolse le budella.
Fionna aprì gli occhi che sembravano incollati dal sonno.
«Marshall Lee che cosa vuoi?» chiese noncurante vedendo il vampiro a mezz’aria che le fluttuava in testa.
«Con i capelli al vento sei molto più carina sai; ogni tanto è bello vederti senza quel buffo cappello in testa.»
Marshall Lee sapeva fin troppo bene che era da tanto tempo che non indossava il suo cappellino con le orecchie da coniglio, ma anche con capelli liberi la ragazza preferiva portarli legati alti.
«E senza il solito completo da combattimento, devo dire che non sei niente male.»
Senza connettere ancora bene cosa stesse succedendo, Fionna lo ignorò infilandosi nelle profondità più oscure delle coperte.
«Tratti così tutti i tuoi amici?»
«Marshall!» sbuffò solamente ad alta voce.
Cake apparve all’improvviso accanto a loro, ed allungandosi abbastanza da avere un faccia a faccia con il ragazzo lo guardò con aria torva.
«Tu non mi piaci.» Lo guardava malamente.
«Nemmeno tu sei il mio tipo Cake.» rispose con nonchalance il ragazzo continuando a stare sospeso in aria.
«Esci dalla camera di Fionna.»
Senza nemmeno dargli il tempo di ribattere, lo prese per l’orecchio e lo portò fuori; da sotto le coperte Fionna sentì solo le lamentele del ragazzo trascinato via di lì, mentre si lamentava che un re, quale era lui, non poteva essere trattato in quel modo.
Avere il ragazzo in camera sua una volta non era una novità, era praticamente la prassi, ma si parlava di anni prima, quando lei era ancora un’avventuriera in piena regola di tredici anni, noncurante della propria e altrui privacy; ma ora le cose era un pochino diverse, Marsh era un ragazzo vecchio circa un secolo sicuramente, ma esteriormente poteva avere l’età di Gumball; lei ormai era una ragazza ventenne ed una presenza maschile nella sua camera la metteva a disagio.
Capperetti, la fortuna era dalla sua; Cake le aveva messo il suo pigiama prima di metterla a letto ed era l’ultima cosa che voleva vedesse Marshall.
«Cosa c’è che non va?» sentiva la voce del ragazzo dal piano di sopra.
«Fionna è una ragazza ormai, devi lasciarle il suo spazio; non sta bene entrare in camera di una donna senza il suo permesso.»
«Ma stava dormendo!»
«Per l’appunto, stava in pigiama!»
La sua Cake aveva sempre la risposta pronta.
«Non sarà un pigiamino rosa con i coniglietti a spaventarmi; ho un centinaio di anni sulle spalle, sai quanti pigiami ho visto?»
Fionna non sentì la risposta, se c’era stata, di Cake, ma guardandosi allo specchio capì che Marshall almeno su una cosa ci aveva preso: il suo pigiama era rosa, ma non era esattamente il pigiama di cotone che indossava da piccola e che Marshall aveva già visto tempo addietro.
Questo era più… velato.
Era più… femminile; più da donna adulta.
Era un regalo che le aveva fatto il principe Gumball per il suo compleanno e con questo ho detto tutto!
L’imbarazzo che aveva avuto scartando quel babydoll semitrasparente le era sparito nell’istante stesso in cui si era ricordata l’amore del principe verso le cose carine e femminili; l’unica cosa che doveva aver pensato quando gliela aveva incartato era stata che era davvero una cosetta graziosa per dormire.
Ancora arrossiva se pensava che quel regalo le era stato fatto da un ragazzo; meglio evitare di pensare al completo che le aveva fatto il principe Fiamma. Così tanti principi e così poche principesse; da donna si sentiva circondata di attenzioni da tutti quei ragazzi che la trovavano un’alternativa interessante alle noiose e classiche, rare, principesse.
Almeno Marshall era coerente; la veniva a cercare ma non aveva mai voluto una principessa al suo fianco… da quel che ne sapeva non aveva mai cercato nessuna in generale. Non conosceva il suo tipo di donna.
Ma perché pensava a queste cose ora?
Delle voci presero ad urlare proprio sotto la sua finestra; non riusciva a capire chi stesse urlando in modo così sgraziato, ma di tanto in tanto riusciva a sentire qualche parolaccia ben scandita che era il marchio di Marshall. Si affacciò alla finestra e vide una scena alquanto insolita, ma non del tutto estranea: Gumball e Marshall Lee stavano litigando animatamente. Cercando di non far rumore aprì la finestra della sua camera, sporgendosi un po’ alla volta sperando di non essere vista e di cogliere almeno qualche frammento del loro discorso.
«…permetti…» disse la voce accusatoria di Gumball.
Parolacce di Marshall in risposta.
Ma non riusciva ancora a vederli da lì, così si sporse un altro pochino, uscendo con tutto il busto fuori dalla finestra; così potevano vederla anche loro, ma erano così intenti a litigare e Cake così occupata a cercare di metter pace che nessuno la notò mezza di fuori appoggiata alla balaustra.
«Non ti mettere in mezzo Marshall Lee o te ne pentirai!»
«Ah, ma davvero e cosa vorresti fare, gommetta da strapazzo?»
I due si lanciavano sguardi di fuoco, ma ancora non capiva il motivo del litigio.
«Io sono il regnante di Dolcelandia!»
«Io appartengo alla Notte Sfera.» rispose sicuro di sé Marshall.
«Rimango un principe!» Gumball si stava alterando come non mai; non lo aveva mai visto così fuori di sé, nemmeno quando si arrabbiava anni prima con lei per i guai che causava, urlava in quel modo.
«Io sono un re. Battuto.»
Più il vampiro lo rispondeva in modo diretto e pacato più il principe perdeva la calma e iniziarono una lotta verbale a chi urlava di più.
«La volete smettere di urlare come degli ossessi sotto casa mia?» la voce a risuonare in tutta la vallata questa volta fu di Fionna, che esasperata da quei due che continuavano a sbraitare aveva deciso di mettere lei fine una buona volta a quell’assurdità.
Tutti e tre, Cake compresa alzarono lo sguardo in contemporanea per vedere chi avesse così tanto fiato in corpo da urlare più forte di loro; i due ragazzi sbiancarono e poi arrossirono tutto d’un colpo, Gumball abbassò all’improvviso la testa mentre Marshall, stranamente con le guance lievemente arrossate – ma doveva essere una sua impressione, alla fin fine era morto! – le fischiava in segno d’approvazione mentre le faceva segno con il pollice all’insù.
Fu la voce di Cake quella della ragione, che la fece concentrare sul vero, esistenziale problema.
«Signorinella, entra immediatamente dentro e mettiti qualcosa addosso di presentabile!»
Sciabolette, si era affacciata con ancora addosso quel ridicolo vestitino da notte che le avevano regalato; rientrò senza aggiungere altro, con una fretta inaudita solo per non farsi vedere rossa come un peperone e sperò che l’immagine di una Fionna in tenuta notturna sparisse immediatamente dalle teste dei due ragazzi.
«E aveva addosso il mio regalo per il suo diciottesimo compleanno!» sentì esordire il principe, senza però ostentare la sfrontatezza che aveva usato prima, ma anzi, con un velato senso di vergogna nella voce, per averle notato il capo di vestiario – che poco la vestiva.
Si sfilò di dosso quel leggero pezzo di stoffa e si infilò un top ed un pantaloncino – tenuta casalinga che sottolineava la sua rassegnazione al non vivere più magiche avventure - e scalza scese al piano di sotto per recuperare le scarpe che Cake le aveva lasciato all’ingesso – come sempre, che strano vizio.
«Marsh? Cake?» chiamò a gran voce una volta scesa dalla scala.
Nessuna risposta; di contrario sentì solo un brusio.
Scese la seconda scala e avvicinandosi alla porta sentiva le voci sempre più chiare, nitide e distinte; ma non capiva ancora in pieno i discorsi che si stava scambiando a voce alta ed anche abbastanza alterata.
Si infilò le scarpe in meno di un secondo e si precipitò fuori per trovarsi in mezzo a tre sguardi diversi: Cake la guardava con apprensione, proprio come avrebbe fatto la mamma; Gumball evitava il diretto contatto con i suoi occhi, a malapena riusciva a vedergli le ciglia, tanto che aveva il capo chinato e Marshall… la fissava ambiguo, come ci si aspetterebbe da un tipo losco come lui.
«Almeno non urlate più.» disse con un fil di voce la ragazza in mezzo a quel silenzio appena calato ed imbarazzante.
«Mi fa piacere vederti in altri abiti oltre il classico completo celeste.» apprezzò Marshall guardando il top che le calzava a pennello e che metteva in risalto ogni sua curva, mentre la prendeva sotto braccio «Ho apprezzato anche prima, alla finestra; una scena davvero interessante…»
«Mi fa piacere che ti sia piaciuto e che indossi un mio regalo abitualmente.» lo interruppe Gumball, prendendo la ragazza per l’altro braccio libero che aveva.
«Ehm…» Fionna si sentiva in mezzo a due fuochi accesi che stavano per bruciarla lì all’istante, mentre i due se la contendevano strattonandola prima da un lato, poi dall’altro come un’inerme bambola di pezza.
Nemmeno quando usciva con il principe Fiamma si sentiva bruciare così tanto al tocco di una mano sul suo braccio.
Marshall finse di non vedere Gumball e continuò a parlare alla ragazza come se fossero solo loro due.
«… ma devo dire che ho apprezzato molto di più quel tuo leggero pigiamino quando eravamo da soli in camera tua, poco prima che ci disturbassero.»
Che bugiardo, lui non le aveva visto niente quando erano da soli in camera sua, lei era barricata sotto le calde coperte del suo letto!
«Cosa ci facevi in camera di Fionna? Maledetto!»
E così iniziarono di nuovo a punzecchiarsi e a litigare, con lei in mezzo, senza via di fuga.
“Voglio tornare al castello a sentir palare di cose noiose… Voglio tornare al castello a sentir palare di cose noiose… anche dal Maggior Menta, da Cannello, da chiunque!” pensò esasperata la ragazza.
La velocità di pensiero di Fionna raggiunse l’apprensione quasi morbosa nei suoi confronti di Cake, che divise i due ragazzi allontanandoli l’uno dall’altro e dalla sua sorellina.
«Ora basta!» ma a parlare non fu Cake.
«Basta o vado a prendere la spada e vi caccio via… a tutti quanti!» intimò la ragazza spostandosi i capelli lunghi tutti da un lato. «Non vi sopporto più, se dovete battibeccare andate da un’altra parte! E tu…» indicò il principe Gumball. «Tu e il tuo gusto per i fronzoli e le cose rosa potete tornarvene al castello, ora! Abbiamo parlato per un pomeriggio intero quindi ho ricevuto la mia dose gommosa più che abbondantemente!» Gumball non cercò nemmeno di ribattere qualcosa, si sentiva così abbattuto, che si costrinse senza troppa fatica a girarsi sui tacchi e tornare da dove era venuto.
«Ed invece tu, Marshall Lee il Re dei Vampiri» lo chiamava così solo quando era molto arrabbiata «Tu beh… tu sei… un pervertito!» gli gridò con quanto fiato avesse in corpo finendo per arrossirgli proprio in faccia.
Marshall abbassò lo sguardo, c’era qualcosa nella sua espressione che non aveva mai visto, che fosse senso di colpa? Le si avvicinò senza dire nulla, le prese una mano tra le sue, e la guardò negli occhi.
«Scusami Fionna.»
Cake sbarrò gli occhi dalla sorpresa.
Fionna anche.
«Ma sai, mi piaci tanto e sai cosa mi piace di te?»
Fionna con la bocca ancora spalancata dalla sorpresa fece di no con il capo.
«Beh…» disse il ragazzo arrossendo «Questo…»
Le diede una palpata al seno.
In due secondi netti Marshall si ritrovò senza capire cosa era successo, a terra e con un occhio nero.
L’unica cosa che vide fu Fionna andarsene in casa di gran carriera mentre lo chiamava in tutti i modi prima di sbattergli la porta in faccia.
Che bel caratterino aveva quella ragazza.
 
 
Marshall prese a bussare alla porta; Fionna seduta sul divano che stritolava in un abbraccio mortale BMO che per fortuna non aveva bisogno d’aria, e Cake che andava avanti ed in dietro indecisa se andare alla porta o meno.
«Io lo odio!» continuava a ripetere ad intervalli regolari la ragazza, mentre alla porta il ragazzo continuava a bussare imperterrito scandendo ogni battito con il nome della ragazza; ma aspettò dieci minuti prima che una Cake del tutto spazientita andasse ad aprirlo.
«Marshall vattene, Fionna non vuole vederti.»
«Ma… Fionna.» Marshall si sporse in avanti cercando di raggiungerla, ma Cake gli si parò avanti per arrestare la sua avanzata.
«Senti vampirello svolazzante, tu non ci piaci, non ci sei mai piaciuto.» esordì Cake senza tanti giri di parole.
Fionna sapeva che quella non era la verità, a lei piaceva stare in compagnia di Lee, ma in quel momento lo avrebbe affettato con la sua spada in tante piccole striscioline pallide.
 «Quindi vedi di sgomberare l’uscio della nostra porta e di portare quel…» ma Fionna non sentì la continuazione del discorso della sua gatta, perché se ne salì i camera sua sbattendo una simil-porta di legno che aveva fatto mettere Cake per darle un pizzichino in più di privacy; la chiuse mettendoci il blocco, in modo che nemmeno Cake potesse entrare.
Voleva stare da sola.
Poi sentì la porta d’entrata sbattere e nulla più; il silenzio.
«Ti odio Marshall Lee, Re dei Vampiri… vampiri stupidi!»
«Non tutti i vampiri sono stupidi…»
Fionna si voltò di scatto e lo vide lì, a pancia in su a fluttuare sul suo letto, con l’occhio nero che gli aveva fatto poco prima ben in vista; si era gonfiato a tempo di record.
«Vattene via Marsh.» disse senza scomporsi, né alzarsi, né urlare né strepitare.
«Fionna…» Marshall le si avvicinò, poggiandole una mano sul viso.
La sua mano era più gelida della dimora della Regina Ghiaccio, ma senza sapere il perché là dove la toccava, sulla guancia, Fionna si sentiva morire dal caldo.
«Ti ho detto di andartene; o sei qui per farti fare nero anche l’altro occhio?»
«Beh dovrei prima palparti una altro po’ prima di farmi ridurre a zero la vista, non credi?»
La ragazza si voltò di spalle e si liberò dal gelido tocco del ragazzo.
«Battuta inappropriata…» si disse tra sé e sé il ragazzo. «Io non volevo farmi fare un occhio nero da te…»
Fionna sbuffò sardonica; non aveva scelto le parole più adatte per incominciare il discorso.
«Non così almeno!»
Parole sbagliate, per la seconda volta.
«Vattene Marsh.»
«No.»
«Vattene!»
«Perché dovrei andarmene, mi hai appena chiamato Marsh, quando sei incavolata con me non mi chiami Marsh, ergo… non sei incavolata.»
«No, Marshall Lee non sono incavolata con te; sono inviperita, sono nera, sono furente con te!»
Fionna iniziò a ricambiare il suo sguardo, con il suo fisso negli occhi rossi e penetranti del ragazzo che fino a quel momento si era sentita addosso come lame pungenti.
I loro volti distavano pochi centimetri l’uno dall’altro.
«Sei rossa in viso.»
«Smettila di cambiare discorso.»
«Non è scomodo?»
«Che!?»
Marshall Lee non si scompose e per la seconda volta le fece la stessa domanda.
«Non è scomodo? Dove stai seduta intendo.»
Fionna abbassò lo sguardo, i suoi capelli sfiorarono il viso di Marshall e fissò la porta sulla quale si era seduta.
«E mi sembra anche abbastanza instabile come base d’appoggio.» continuò lui.
«Già.» rispose la ragazza atona senza sapere dove volesse andare a parare.
«Dammi la mano.» le disse.
«So alzarmi da sola, se voglio.»
Marshall continuava a fissarla senza cambiare espressione o tono, ma continuando a porgerle la mano; Fionna dopo un po’ accettò e gliela strinse. Il ragazzo la tirò su come un piccolo fuscello e la mise a sedere sulle sue gambe.
«Va meglio?»
Fionna si limitò ad annuire con la testa e si sentì avvampare ancora di più.
«Adesso tocca a te, Fi.»
Lei lo sapeva, c’era qualcosa sotto quella strana gentilezza da parte di Marshall, voleva qualcosa, faceva sempre le cose per un tornaconto personale, mai per gentilezza.
«Cosa vuoi?» gli chiese senza espressione.
Quasi si era scordata perché era arrabbiata con lui; a fluttuare nel vuoto, sulle sue gambe, con un strano tepore che sentiva provenire dal corpo freddo del ragazzo si sentiva meno incavolata, più rilassata. Stavano così vicini, a stretto contatto, che quasi aveva voglia di rimanere così per l’eternità.
Beh Marshall avrebbe potuto farlo…
Si vide riflessa negli occhi rossi come rubini del ragazzo, vide i suoi capelli biondi tutti sfatti, i vestiti scombinati ed il viso andarle in fiamme; forse era il colore degli occhi del ragazzo a farglielo sembrare, ma aveva la certezza di essere rossa in viso, visto l’imbarazzo nel quale si trovava. Non seppe se il ragazzo lo fece a posta o fu lei a perdere l’equilibrio, ma si sentì mancare l’appoggio sopra il quale era seduta ed istintivamente si aggrappò al ragazzo, buttandogli le braccia al collo e stringendosi al suo petto.
«Ammettilo…» le disse il ragazzo; il loro viso ben più che vicino… i loro nasi che si sfioravano, il suo sguardo perso nel rosso più intenso che avesse mai visto.
«Perché non l’ammetti? Sei innamorata di me
Capperetti.
Era solo una sua impressione o il viso di Marshall, già così vicino, si stava accostando sempre di più a lei? No… no… non era possibile, era solo la sua immaginazione… forse perché era lei che voleva farlo…. Che voleva baciarlo insomma.
Matematico!
Squittì una vocina nella sua testa.
No, Fionna – si ripeteva in testa – lui non vi piace.
A te e a Cake? – le domandò la stessa vocina.
Esatto!
Ma è a Cake che non piace Marshall Lee, tu non ti sei mai espressa.
Lo so, ma… è strano….
«Marshall…»
Il ragazzo si limitò a continuarla a fissare negli occhi, così chiari quanto limpidi, proprio come lei in quel momento che gli risultava un libro aperto.
Fionna iniziò ad avvicinarsi sempre più alle labbra di Marshall, schiudendo leggermente le sue e chiudendo gli occhi man a mano che si avvicinava.
Che ansia… ci voleva tutto questo tempo per un bacio?
Non aveva mai baciato prima d’ora, ma non credeva ci volesse poi così tanto.
Aprì gli occhi e vide Marshall che si ritraeva di scatto all’indietro, per la prima volta forse, arrossendo in volto un po’ anche lui.
Qualcosa le salì su; pensò fossero i pasticcini che aveva mangiato nel pomeriggio, ma era qualcosa di gran lunga peggiore rispetto a dolcetti non digeriti: era la vergogna. Lei si era lasciata intortare da quello stupido ed aveva fatto la figura da ragazzina idiota che per altro era stata rifiutata.
Vergogna, vergona, vergogna, voglio sparire, voglio sparire – chiuse gli occhi, recitando queste parole come un sorta di augurio, ma non sparì affatto, anzi sentiva sempre più pressante l’idea di stare nella stessa stanza del ragazzo che aveva appena rifiutato di baciarla e per di più stava anche seduta sulle sue gambe. 
Oltre al danno, la beffa; sentiva il rossore sul suo viso diventare sempre più acceso e permanente.
Quel pallone gonfiato era tutto parole e niente fatti; arrivati al dunque si era tirato indietro e lei era sembrata una povera stupida in cerca di affetto.
Marshall vide che Fionna era diventata rossa peggio di prima, persino più rossa di quando l’aveva vista in “pigiama”.
Sorrise malizioso, aveva avuto quello che voleva.
«Fionna…»
La ragazza si mise le mani in faccia, come se la cose potesse renderla invisibile ai suoi occhi.
«Fionna!» Gli aveva dato le spalle, girandosi con il viso dall’altra parte, ma sempre seduta in braccio a lui.
«Fionna… lo ammetto, mi sono innamorato di te.»
La ragazza saltò, ancora in braccio, girandosi di colpo; proprio la reazione in cui sperava il ragazzo, che prontamente la baciò senza darle il tempo di scansarsi.
Fu un bacio stranamente dolce, appassionato ma dolce; l’amore che diceva di provare nei suoi confronti Fionna lo sentì tutto in quel bacio, sentì il desiderio del ragazzo, l’affetto che provava nei suoi confronti, l’immensa sfacciataggine che aveva nell’insinuare la sua lingua tra le sue labbra.
L’aveva fatto, l’aveva baciato.
Il suo primo bacio…
Al suo primo ragazzo…
La sua prima dichiarazione ricevuta…
«Ammettilo Fionna…» continuò a schernirla il ragazzo, mentre le lasciava prendere un attimo di respiro; lui non respirava da circa un secolo, ma se voleva continuare a stare con lei, ogni tanto doveva farle recuperare ossigeno.
«Ammettilo.»
La sua voce diventava più insistente, più bassa e penetrante, ogni volta che diceva quella semplice parola.
«Ammettilo.»
Prese a baciarla sul collo, alternando ogni tanto qualche leggero morso, evitando di morderla con i suoi lunghi ed appuntiti canini; il respiro di lei ancora affannoso gli dava un certo brivido lungo la schiena che lo faceva sentire ancora vivo.
«Ammettilo.» insistette dandole un morso che le lasciò un piccolo segno sul collo, facendole uscire una gocciolina di sangue; Fionna sussultò quando il ragazzo le leccò via dal collo quel poco di sangue che le era uscito, senza accorgersene le uscì un piccolo gemito delicato ma ancora non gli dava la risposta che voleva sentire.
«Ammettilo.» era quasi stanco di ripetere all’infinità quella parola che quasi stava perdendo senso.
La sua mano gelida si infilò sotto la maglietta, un brivido scosse anche la ragazza che sussultò sopra di lui; leggero come una piuma la portò sul letto e lì la adagiò come un vero principe fa con la sua principessa, per poi posarsi sopra di lei, a contatto diretto, dopo un secolo, con un vero materasso sul quale non si riposava da troppo.
Senza chiederle il permesso le tolse la canotta; la ragazza era stranamente collaborativa.
Non se ne rendeva conto Fionna, ma aveva già ammesso da tempo di essere innamorata di lui, quando si era avvicinata per la prima volta alle sue labbra.
La mano candida le scivolo attraverso i seni; lì c’era un caldo che nemmeno da vivo aveva mai sentito.
«Dovrei farti anche l’altro occhio nero per questo.» disse ridendo la ragazza.
Marshall sorrise; in altre circostanze glielo avrebbe fatto e basta.
«Fionna, ammettilo una buona volta che sei innamorata di me… o altrimenti continuo su questa strada.» le disse mentre le sfilava con una maestria mai vista i pantaloncini.
«Non dici nulla?» le chiese sardonico, mentre continuava a provocarla.
Fionna si limitò a sorridergli e ad accennare un no con la testa, mentre sentiva i baci lascivi di Marshall scenderle giù per il collo; con una mano tra i suoi capelli lo stringeva a sé, come se volesse sentirlo sempre di più suo, sempre di più su di lei.
«Magari più tardi.» ridacchiò la ragazza, prima di tuffarsi di nuovo nel vortice di baci appassionati del suo ragazzo.
 
 
C. Jay Myler
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N.d.A.
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Scusate ma dovevo scrivere ciò.
Adoro Marceline e Marshall Lee la sua versione maschile mi ha fatto letteralmente impazzire!
Mi sono segretamente e follemente innamorata di sta coppia, Fionna e Marshall Lee, fin da quando ho avuto il primo fumetto di Adventure Time con Fionna e Cake; non so, mi attirano come amanti, penso che siano fatti per stare insieme.
Il povero Finn bidonato da PG (Principessa gran spocchiosa Gommarosa) è stato vendicato da Fionna!
Vendetta!
Sayonara!
 
  
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