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Autore: ABCris    06/04/2014    5 recensioni
Era stata tutta colpa del gatto.
Per colpa sua, del gatto che Belle aveva trovato da cucciolo randagio sulla strada e che aveva voluto a tutti i costi portare a casa ed adottare, lei e Rumple avevano trascorso quella terribile permanenza a casa Blanchard.
Ma cominciamo dal principio...
Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era stata tutta colpa del gatto.
Per colpa sua, del gatto che Belle aveva trovato da cucciolo randagio sulla strada e che aveva voluto a tutti i costi portare a casa ed adottare, lei e Rumple avevano trascorso quella terribile permanenza a casa Blanchard.
Ma cominciamo dal principio: una mattina di maggio, un giorno come tanti altri, Rumple si era svegliato per primo nel loro letto matrimoniale. Si era stiracchiato, si era rigirato un po’ tra le coperte, aveva cercato a tentoni le pantofole sul tappetino e si era alzato. Belle dormiva ancora, ma era presto e non c’era motivo di svegliarla. Rumple aveva comprato il giorno prima lo sciroppo d’acero e gli ingredienti per preparare i pancake, così quella mattina pensò che sarebbe stato carino da parte sua se avesse preparato lui la colazione e gliel’avesse portata nel letto. Pancake, caffè, succo d’arancia e una bella ciotolina di frutta.
Così, soddisfatto del suo piano, Rumple si alzò, si infilò la vestaglia e scese fischiettando le scale verso il piano di sotto. Era ancora mezzo addormentato e si era distratto a guardare una rivista che si era portato dietro dal bagno, così non poté prevedere quello a cui stava andando incontro. Non si fermò, non rallentò nemmeno; semplicemente, da qualche parte tra il terzo e il primo gradino, sentì il proprio piede sprofondare nell’acqua gelida, perse l’appoggio e cadde giù.
Riemerse dall’acqua sputacchiando, con tutti i capelli appiccicati sulla fronte e senza avere la minima idea di quello che era successo.
«Belle!» gridò istintivamente, poi si ricordò che sua moglie era ancora addormentata e decise di non dire più niente e di cercare di risolvere la situazione per conto suo.
Ebbene, la situazione era questa: l’intero piano terra della loro abitazione – e cioè la cucina, il soggiorno, lo studio, il bagno per gli ospiti, l’ingresso, tutto, assolutamente tutto il piano terra – era allagato da venti centimetri di acqua buoni. Rumple se ne stava seduto alla base delle scale in mezzo a tutto quel disastro, cercando di raccapezzarsi e di capire che cosa fosse successo.
Attorno a lui galleggiava capovolto il cesto di vimini delle riviste, e gli utensili da cucina, i telecomandi e le sue riviste di antiquariato stavano navigando placidamente verso la sala da pranzo.
Michonne, il gatto nero di Belle – il gatto che era la causa di quella catastrofe –, era bagnato fradicio ed era abbarbicato al bracciolo della poltrona. Soffiava furibondo, tirando zampate a ogni cosa che, galleggiando, si avvicinava alla sua postazione.
Rumple finalmente si riscosse e si tirò fuori dall’acqua. Borbottando ingiurie tra sé e sé e reggendosi tra le mani l’orlo della vestaglia, si addentrò a passi larghi tra le acque che invadevano le stanze alla ricerca dell’origine dell’allagamento. Ormai il suo progetto di cucinare una bella colazioncina per Belle era andato miseramente in frantumi. Anzi, poteva dirsi fortunato se non si sarebbe beccato un raffreddore a forza di girare così per la casa, in mutande e tutto bagnato. Chissà che cosa ne avrebbero detto i vicini se l’avessero visto passare davanti alla finestra.
Uno zampillio interruppe le sue elucubrazioni; veniva dal bagno degli ospiti, più precisamente da dietro alla lavatrice. Il gattaccio maledetto doveva aver tirato via a zampate il tubo dell’acqua dalla sua posizione sul retro dell’elettrodomestico. Rumple si maledisse quando si ricordò di aver acceso lui il dannato affare la sera prima in modo da avere il suo completo migliore bello lavato e pronto per essere steso ad asciugare quella mattina.
Per farla breve, il parquet del piano terra era irrecuperabile. I tappeti erano da buttare, tutti ammuffiti e puzzolenti in modo inimmaginabile. I venti centimetri inferiore di ogni mobile o genere di arredamento posseduto da Rumple e Belle erano fradici e irrecuperabilmente gonfi.
Quando Belle si svegliò, una mezzora più tardi, Rumple aveva già chiamato l’idraulico e il carpentiere; era in piedi accanto alla finestra del soggiorno con una pentola in una mano e una scodella nell’altra e stava cercando di svuotare a mano la stanza.
«Ehm, Rumple, tesoro?» lo chiamò, ferma in piedi sul terzo scalino delle scale.
«Non guardare me!» esclamò Rumple. «È stato il tuo gatto. Te l’avevo detto io che ci avrebbe portato guai l’adottare un randagio: ha giocato con il tubo della lavatrice fino a che non l’ha staccato e ha fatto allagare la casa. E poi non contento ha mangiato metà della mia prima edizione dell’enciclopedia degli Antichi Manufatti Magici. E l’ha vomitata tra le sue palle di pelo.»
«Sono sicura che non l’ha fatto apposta» disse Belle con il suo solito sorriso.
Rumple borbottò qualche lamentela a mezza voce. Mise giù pentola e scodella e andò a prenderla in braccio per trasportarla sullo sgabello della cucina. Qui Belle sedette con le ginocchia strette a sé, osservando una melanzana che galleggiava pacifica vicino al frigorifero, mentre Rumple le preparava e le metteva sul piatto il bacon e la pancetta.
Due ore dopo l’idraulico e il carpentiere si stavano affaccendando in giro per la casa e Rumple e Belle si erano vestiti e avevano preparato una valigia veloce con le cose che sarebbero state loro indispensabili per il seguente paio di giorni.
«Bene» disse Belle, in piedi sul vialetto d’ingresso. «Dove andiamo adesso?»
Rumple, ancora un po’ arrabbiato, diede un’ultima occhiata alla sua povera casa, poi sospirò e guardò la strada oltre il cancelletto d’ingresso. Aveva una valigia e un borsone sotto braccio e teneva stretto contro al petto il gatto nero di Belle.
«Immagino che potremmo provare a chiedere ospitalità per qualche giorno a Regina.»
E così si incamminarono e provarono ad andare da Regina. Si inerpicarono fino a casa sua, attraversarono il giardino, salirono sul portico e bussarono alla porta. Regina aprì loro con un misto di curiosità ed esasperazione sul volto. C’era un gran rumore proveniente dalla sua cucina e lei aveva tutta la camicia sporca di zucchero a velo.
«Oh» disse. «La famiglia Rumplestiltskin in campeggio. Che cosa posso fare per voi?»
«La nostra casa si è allagata» disse Belle con una smorfia. «Dobbiamo stare via per qualche giorno e ci chiedevamo se tu per caso potessi…»
«Assolutamente no» esclamò Regina.
«Ma…» Rumple e Belle si scambiarono un’occhiata piena di delusione.
Regina fece un passo fuori sul portico, si socchiuse la porta alle spalle e indicò casa sua dietro di lei.
«Voi non capite» disse a basa voce. «Mia madre è venuta a trovarmi per il ponte del primo maggio; lei, Emma e Henry stanno cucinando frittelle alla mela da tutta la mattina. Ho la cucina che sembra che ci sia stato dentro un terremoto: mia madre fa cadere tutto quello che tocca.»
«Oh!» esclamò Rumple, che aveva una vaga idea di che cosa fosse capace Cora Mills.
«E non è tutto» aggiunse lei. «Temo che anche Tink si sia offerta di raggiungerci prima di pranzo.»
«Oh» ripeté Rumple. «In tal caso comprendiamo.»
«Mi dispiace.»
«Non ti preoccupare» la rassicurò Belle. «Cerca di divertirti almeno un po’ con la tua famiglia, però.»
 
Così Regina tornò in casa sua e Belle e Rumple furono di nuovo per la strada. Vagarono in lungo e in largo per tutta Storybrooke, bussarono ad ogni porta: Hook, Archie, Granny – che aveva le camere al completo –, Brontolo, la fata turchina, tutti e sei gli altri nani: niente.
Era ormai l’ora di pranzo e il gatto di Belle stava cominciando a dare notevoli segni di impazienza quando i due si guardarono e si arresero a cedere all’evidenza.
«Dobbiamo andare da loro» sospirò Belle.
«Ma io non voglio!» si lamentò Rumple.
«Dobbiamo, Rumple. Dove possiamo andare altrimenti?»
Lui grugnì.
«Sarà solo per qualche giorno» continuò lei e gli sistemò i capelli con una carezza. «Andiamo, non potrà essere così terribile!»
«Fidati, sono già stato a casa loro quando tu eri in visita ai tuoi genitori la scorsa Pasqua: mi hanno fatto mangiare vegetariano per una settimana.»
«Ci sono anche io questa volta: saremo due contro due. Andiamo.»
Andarono, e un quarto d’ora dopo erano sotto alle finestre di casa Blanchard, affranti, preoccupatissimi, soprattutto Rumple. Belle continuava a baciarlo e ad accarezzarlo nel tentativo di fargli coraggio: Rumple era letteralmente terrorizzato.
«Ma certo che possiamo ospitarvi a casa nostra!» esclamò Mary Margaret, entusiasta. «Tutto il tempo che vorrete! Per noi sarà un piacere: ci siamo solo noi in questa grande casa da quando Emma e Henry hanno traslocato più in giù sulla strada.»
Aprì loro la porta e lei e David li attesero in cima alle scale, abbracciati e sorridenti, ordinatissimi come se avessero passato tutta la mattina davanti allo specchio. Rumple deglutì a disagio; Mary Margaret non faceva che guardarlo con sguardo affettuoso – dopotutto era sempre il nonno di suo nipote, faceva parte della famiglia – e sorridere.
Mostrarono loro le camere.
«Tu, Belle, dormirai qui: è la camera in cui dormiva Emma quando viveva qui» disse Mary Margaret. «E per te, Rumple, abbiamo il divano del soggiorno. È molto comodo, niente molle che sporgono.»
«Ma come, aspettate» la interruppe lui. «Pensavo che io e Belle avremmo dormito assieme.»
Mary Margaret lo guardò senza capire.
«E che bisogno ce n’è?» disse. «Abbiamo spazio per tutti, non c’è bisogno che vi stringiate. Ti assicuro, Rumple, che quel divano è davvero comodissimo.»
«Ma a noi piace stringerci» disse Belle precipitosamente.
«E la mia schiena potrebbe risentirne se dormissi sul divano» aggiunse Rumple, appoggiandosi con enfasi sul suo bastone.
«È un divano fantastico» disse David, battendogli la mano sulla spalla. «Vedrai, domani mattina ti sveglierai fresco e riposato come mai prima d’ora.»
«Assolutamente» sorrise Mary Margaret.
E così fu deciso: Rumple e Belle avrebbero dormito separati. Avrebbero fatto colazione alle sette in punto ogni mattina – cereali biologici, crusca e latte di soia – e il pranzo sarebbe stato alle dodici. La cena era fissata per le sette; ognuno di loro aveva dieci minuti precisi di acqua calda a disposizione in tutta la giornata.
«Potete scegliere se dedicarli tutti quanti alla doccia o se suddividerli un po’ per la mattina e un po’ per la sera» spiegò loro David.
«Noi di solito li suddividiamo» disse Mary Margaret, poi fece a Belle l’occhiolino e le disse a bassa voce, come se le stesse facendo una confidenza:  «Ma a volte quando voglio proprio rilassarmi li uso tutti per la doccia e uso anche un paio dei minuti a cui poi devo rinunciare il giorno dopo. Piccole pazzie!»
Belle combatté l’istinto di indietreggiare e le restituì quello che sperò fosse un sorriso convincente.
«Eh già» disse. «Piccole pazzie proprio!»
 
Quella sera Rumple era inconsolabile: era preoccupato che qualcuno dei suoi libri d’incantesimi si fosse danneggiato quando l’acqua aveva allagato lo studio, gli mancava la sua casa, voleva il suo divano, il suo film con i popcorn e Belle avviluppata nella coperta accanto a lui, voleva Belle con lui nel suo letto.
E invece tutto quello che aveva era la faccia tonda di Mary Margaret che sovrastava l’insalatiera che conteneva tutta la loro cena.
Mangiarono perdendosi in lunghe e inutilissime chiacchiere sulla pace nel mondo e sulla strabiliante capacità di David di trovare Mary Margaret in meno di trentacinque secondi – si erano addirittura cronometrati – ovunque fossero, non importava se fosse notte o giorno, buio o luminoso, deserto o affollato.
Belle annuì a intervalli regolari tutto il tempo, sperando di dare l’impressione di essere molto interessata; Rumple non si impegnò nemmeno.
Dopo cena Mary Margaret accompagnò Belle in camera sua e le mostrò gli asciugamani e tutto il necessario. Rumple venne con loro e per tutto il tempo tenne Belle stretta, abbracciandola da dietro, solo per il gusto di vedere un po’ di indignazione nello sguardo di Mary Margaret. La donna tuttavia era molto gentile e non disse nulla a riguardo, nemmeno quando lui cominciò a baciare insistentemente Belle sul collo mentre lei cercava di spiegarle dove poteva trovare un’altra coperta in caso avesse avuto freddo.
«Allora» disse Mary Margaret alla fine, con un sospiro di esasperazione. «Qui abbiamo finito. Adesso, Rumple, se mi fai la cortesia di scollarti un attimino da Belle ti faccio vedere dove puoi trovarli tu i tuoi asciugamani.»
«Torno dopo» sussurrò Rumple nell’orecchio di Belle. «Ah, sì, Mary Margaret, arrivo subito! Grazie!» E di nuovo sottovoce a Belle: «Non ti addormentare eh, mi libero di loro e torno qui più in fretta che posso.»
Belle soffocò un risolino.
«Sbrigati, però» disse e lo sfiorò con un bacio sulle labbra.
Mary Margaret era uscita dalla stanza e batteva nervosamente il piede per terra, guardando l’orologio, alzando gli occhi al cielo e cercando di non prestare attenzione alle risatine e ai sussurrii che provenivano dall’interno. Rumple la raggiunse di corsa e si chiuse la porta dietro alle spalle, lasciando Belle da sola.
Qui Belle si preparò per la notte e, un po’ stanca e scombussolata per gli avvenimenti della giornata, si infilò sotto alle coperte con il suo gatto nero al fianco, e spense la luce. Poteva vedere una striscia di luce filtrare da sotto alla porta della sua camera da letto e sentiva delle voci soffocate provenire dal soggiorno; avrebbe dovuto aspettare ancora un po’. Forse David aveva ricominciato a raccontare a Rumple di quella volta che aveva trovato Mary Margaret in appena diciotto secondi quando lei si era persa al centro commerciale di Boston, prima ancora che lei si accorgesse di essersi persa, in effetti. Forse gli stava parlando di quella volta che…
«Eccomi!»
La porta si spalancò e si richiuse immediatamente; Belle si alzò a sedere sul letto, abbagliata dalla luce improvvisa. Rumple indossava soltanto i boxer e una maglietta; si infilò sotto alla coperta e scacciò il gatto con un gesto seccato della mano.
«Sciò! Bestiaccia, hai già fatto abbastanza danni per oggi.»
«Rumple!» protestò Belle, ma non fece in tempo a finire di pronunciare il suo nome che le labbra di Rumple si posarono sulle sue.
Lo stregone aveva tutta l’aria di essere molto esigente quella sera.
Non che Belle si facesse pregare, comunque.
Le mani di Rumple avevano appena iniziato a farsi strada sotto alla sua maglietta quando la porta si spalancò e la luce entrò nella stanza, abbagliandoli tutti.
«No!» esclamò Rumple.
Si lanciò di lato e sgusciò via dalle coperte, atterrando a pancia in giù sul tappetino accanto al letto, nascosto alla vista di chiunque fosse entrato dalla porta.
Questo chiunque era, naturalmente, Mary Margaret. La donna si era ricordata all’ultimo di certi scaccia-sogni fatti a mano che voleva assolutamente che Belle tenesse appesi sopra al letto mentre dormiva. Entrò sovrappensiero senza bussare e fece in tempo a vedere solo uno sbuffo sollevare le lenzuola e la faccia arrossata e molto spettinata di Belle riemergere col respiro corto.
«Oh» mormorò. «Non ti avrò per caso svegliata?»
«A dire al verità sì, Mary Margaret, mi ero appena addormentata.»
«Strano, a me sembri molto sveglia.»
«No, no, ti assicuro che dormivo.»
Mary Margaret esitò. «Bene… Comunque, volevo solo farti vedere questi scaccia-sogni. Posso venire io ad appenderteli lì sul letto, se vuoi, così non ti devi neanche alzare; sai, Emma mi diceva sempre che questi scaccia-sogni…»
«No!» la interruppe Belle. «Vengo io. Vengo a prenderli io.»
Saltò giù dal letto, si sistemò in fretta la maglietta e i pantaloni e corse a strappare gli scaccia-sogni di mano a Mary Margaret, che la fissò dubbiosa.
«Mi piace appenderli» si scusò lei con un sorriso. «Credo che appendere personalmente lo scaccia-sogni ne garantisca un miglior funzionamento. Dello scaccia-sogni, voglio dire. Capisci?»
Mary Margaret sospirò e si strinse nelle spalle.
«Hai ragione, non ci avevo mai pensato. Oh be’, buonanotte allora.»
«Sì, grazie, buonanotte.»
Mary Margaret uscì e chiuse la porta; Belle sospirò di sollievo e si lasciò cadere sul letto. Sbirciò oltre il bordo del materasso: Rumple stava sdraiato per terra a pancia in su con le braccia dietro alla testa.
«Dov’eravamo rimasti?» chiese amabilmente.
Belle lo prese per il colletto della maglietta e lo tirò quasi di peso sopra al letto. Rumple riprese più o meno da dove aveva interrotto: le sue labbra corsero subito sopra a quelle di Belle e le sue mani cercarono di sbarazzarsi il più in fretta possibile dei vestiti della ragazza. Le cose cominciavano a farsi interessanti quando, improvvisamente, si udì uno scalpiccio eccitato attraversare il soggiorno e la porta si spalancò di nuovo, cigolando furiosamente sui cardini.
«MARY MARGARET!» gridò Belle, coprendosi in fretta col lenzuolo.
Rumple si tuffò di nuovo sul tappetino, solo che questa volta non aveva più niente indosso e l’atterraggio fu un po’ più violento e doloroso di quanto avesse previsto.
Mary Margaret guardò Belle con un’espressione di sorpresa e di gentile interessamento dipinta sul volto.
«Mi hai chiamata, tesoro?»
«NO!» gridò Belle.
«Oh» fece Mary Margaret. «Mi è sembrato di averti sentita parlare. L’hai attaccato lo scaccia-sogni?»
«Sì, l’ho attaccato.»
«Benissimo.» Mary Margaret fece un sorriso radioso. «Buonanotte allora. E non esitare a chiamare in caso ti servisse qualcosa.»
Uscì e si chiuse la porta alle spalle. Belle affondò la testa nel cuscino e soffocò un sospiro esasperato. Rumple sollevò la testa e si soffiò via i capelli dalla faccia; si guardò attorno, guardingo.
«Siamo sicuri che questa volta il campo sia libero?»
«Oh» gemette Belle. «Vieni qui, dai.»
«Con piacere.»
Questa volta non ci furono ulteriori incidenti. Se vogliamo escludere il mattino dopo, cioè per essere esatti il momento in cui Mary Margaret e David entrarono insieme nella camera di Belle, sempre senza bussare, con il vassoio della colazione nelle loro amorevoli mani e si trovarono davanti l’idilliaca visione dei due addormentati, l’una stretta nelle braccia dell’altro, senza coperte, perché queste ultime erano state scalciate via nel sonno.
Mary Margaret emise un urlo talmente acuto da svegliare l’intero isolato e il grido che Rumple fece seguire al suo fu altrettanto degno di nota; il vassoio con la colazione cadde rovinosamente sulla moquette della stanza.
Rumple e Belle dovettero fare le valigie in fretta e furia e trascorrere il resto della settimana nella dépendance del cottage estivo di Brontolo; un appartamentino che, per quanto piccolo e stretto, era sicuramente molto più intimo e privato della camera da letto di casa Blanchard a Storybrooke.







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Ciao a tutti! Forse sapete già chi sono perché avete letto New Year's Eve (che sto scrivendo con Seasonsoflove), oppure non mi conoscete e avete scoperto adesso per la prima volta che esisto.
In ogni caso, Seasonsoflove è riuscita finalmente a convincermi a postare qualcosa qui su EFP, quindi, dopo essere impazzita tra codici html e connessioni internet che saltavano per quasi un'ora, sono riuscita a pubblicare questa piccola ff su Rumple e Belle. Spero vi piaccia e spero che anche voi condividiate l'amore/odio che provo verso Mary Margaret.
Au revoir! ABCris
  
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