Un nome era uno scrigno che conteneva i ricordi.
A Misa bastava pronunciare il nome di suo padre per
rivederlo mentre la portava a scuola, o per sentire il calore della sua mano
quando, ancora piccola, la portava a Tokyo per fare spese.
Pronunciava il nome di sua madre e le sembrava quasi che la
stesse chiamando a tavola per mangiare: a volte poteva persino sentire il
profumo dei piatti che preparava di solito.
Le bastava scrivere il nome di suo fratello per ricordare
quanto le piaceva stringerlo fra le braccia, o per sentire ancora il dolore dei
lividi che le procurava quando tentava di divincolarsi dalla sua stretta.
I nomi erano importanti, perché significavano qualcosa di
preciso.
Raito voleva dire luce e lui era stato quello che aveva illuminato
il suo momento più buio.
Aveva fatto giustizia, riparato i torti che le erano stati
fatti, ma non solo: aveva portato la luce nel suo cuore, facendola innamorare
di lui.
I nomi erano importanti, perché a seconda di come suonavano
facevano ricordare qualcosa di diverso.
Misa-Misa era kawaii: se la gente l’avesse chiamata in quel
modo, allora tutti l’avrebbero ricordata come una ragazza dolce e carina.
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[ Per gli Shinigami la vita non è altro che
tempo, una clessidra che si svuota a poco a poco.
Quando uno di loro dice che in un nome è racchiuso il futuro di una
persona, quindi, non bisogna essere orgogliosi del significato che questo può
avere nelle diverse lingue, ma deve chiedersi a che cifra corrisponde. ]
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Un nome era la chiave per accedere ad ogni informazione.
Stato civile, data di nascita, fedina penale- qualsiasi cosa
Raito volesse, grazie ad un nome poteva trovarlo. Doveva solo cercare nel posto
giusto.
Se si voleva sopravvivere bisognava avere informazioni:
potevano essere poche, potevano essere frammentarie, ma bisognava averle.
Ogni informazione era un aiuto, una traccia- e ogni traccia
portava a qualcosa.
Quando si aveva il nome di una persona, allora bastava
veramente poco per avere una scheda su tutta la sua vita: perfino con un
semplice elenco telefonico (senza quindi scomodare il database della polizia)
grazie al nome di una persona si poteva scovare la sua abitazione.
I nomi erano armi letali.
Grazie a dei semplici nomi, Raito poteva eliminare il male
che c’era nel mondo.
Le città erano sicure, i malviventi venivano puniti.
Se non fosse stato per il Death Note avrebbe dovuto
estirpare i malvagi incontrandoli di persona ed avrebbe finito per sentire le
loro storie- e non se lo poteva permettere. Il suo giudizio doveva rimanere
lucido, obiettivo, equilibrato: la sua doveva essere una giustizia perfetta,
immune da scrupoli di coscienza.
Era grazie ai nomi che Raito poteva portare sulla terra una
giustizia di divine proporzioni: era grazie ai nomi se Raito poteva
considerarsi Dio.
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[ Alcuni Shinigami sanno che i nomi sono qualcosa di più che semplici
cifre.
Questi si rendono conto che scrivere un nome significa appropriarsi del
tempo delle persone e farlo proprio. Ciò di certo non ha mai modificato il loro
agire, ma di sicuro ha cambiato il pensiero dietro cui si basavano le loro
azioni: quando scrivono un nome nel Death Note lo fanno con un diverso animo,
rispettando, in un qualche modo, le persone di cui si “appropriano”. ]
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Un nome era un semplice metodo di riconoscimento.
L rimaneva sorpreso da quanta importanza veniva data ad un
semplice nome: come segno di rispetto, tentando di fare amicizia o persino in
seguito ad un atto di sfida, la prima cosa che si faceva era presentarsi.
Sapeva la teoria dietro quel modo di fare: il nome era
considerato una parte stessa della persona, e rivelarlo agli altri era il segno
che si donava qualcosa di se.
Eppure non era logico. Non riusciva a capire come un
semplice metodo di riconoscimento (come poteva essere l’indossare dei diversi
collari) fosse diventato così importante.
Per L non era un problema: si era adattato e gli andava
bene. Ma quell’importanza che tutti riponevano in quelle semplici unioni di
lettere era rapidamente diventata una terribile debolezza.
La gente credeva così tanto nei nomi che finiva per esserne
ingannata: Raito, il cui significato era luce, era all’ottantasette per cento
un freddo e pericoloso assassino e Misa-Misa, che usava chiamarsi in quel modo
tenero, non si faceva scrupoli ad uccidere per aiutarlo.
Erano le persone che attribuivano ad un nome dei poteri che
in realtà non aveva: erano arrivati al punto che il solo saperlo poteva portare
alla morte.
L non sapeva come ciò fosse possibile, ma quella era la
prova lampante di quanto esagerato fosse il culto per quello che non era altro
che una soluzione per non confondersi con gli altri.
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[ Gli ideogrammi, oppure le lettere – se si prendono gli alfabeti
stranieri – , tutti questi segni hanno le loro particolarità, i loro piccoli
dettagli che li rendono unici e differenti gli uni dagli altri.
Nessuno crederebbe mai che caratteri così diversi possano stare vicini-
eppure questo, nei nomi, accade. Il mio Death Note ne è la prova.
Ogni volta che prendo la penna sillabo i nomi con calma, assaporandone
la strana sinfonia che segni così diversi riescono a creare: ogni volta mi
sorprendo, incantato da così tanta perfezione.
L’hiragana e il katakana,
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Nota D'autore:
Quindi, uh, ecco la mia storia. Vorrei fare un discorso che possa
illuminare i vostri cuori, farvi commuovere, portarvi a osannarmi come
nuovo leader del mondo... Ma, ecco, sto ancora elaborando il fatto che
ho vinto XDD
Wew. Spero vi piaccia ^O^ Avrei voluto cambiarla, renderla più
scorrevole, ma non mi sembrava giusto. Intendo dire, è
ciò che ho mandato ai giudici... non mi sembra giusto
modificarla.