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Autore: Yvaine_    08/04/2014    7 recensioni
Il tempo è prezioso, eppure non ci costa nulla. Puoi farne quello che vuoi, tranne possederlo. Puoi trascorrerlo, ma non conservarlo. E una volta perduto non puoi recuperarlo: se ne è andato per sempre.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mr. Mellark, Mrs. Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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No Ordinary Love

Tick, tock. Tick, tock. Tick, tock.
Le lancette continuano a muoversi.
Inesorabili, passano i secondi.
Non c'è nessuno qui. Sono solo. Solo con le mie pagnotte. Pagnotte troppo care per alcuni e che quindi finiranno sulla nostra tavola, la tavola dei Mellark. Mia moglie è di là che finisce di pulire i forni e i piani di lavoro. Ricordo ancora le urla che cinque anni fa rivolse al nostro terzo figlio e che arrivarono flebili al mio orecchio per i vari rumori della panetteria. Pioveva. Povero ragazzo. Lui non aveva colpa. Non so cosa sia successo quel pomeriggio. Peeta non me lo ha mai raccontato, ma quando glielo chiesto è arrossito e ha girato la testa per non farsi vedere.
Mia moglie non è malvagia o cattiva. Solo non ha avuto una vita facile. Come nessuno, del resto. Undici anni ad aspettare. Sette con la prospettiva di una morte certa. E poi subito a lavorare per sostenere la famiglia. L'innamoramento. Un breve fidanzamento. Il matrimonio. Tre gravidanze. E poi...
Lo ricordo il giorno delle nozze. È stato uno dei pochi giorni felici della mia vita. Stringevo tra le braccia una donna che amavo, nonostante non fosse quella che mi ero deciso a sposare da adolescente. Era stato un matrimonio come tutti quelli del Distretto 12: vestiti da cerimonia usati, firme al Palazzo di Giustizia, l'assegnazione dell'appartamento sopra la panetteria e il momento più significativo: la Tostatura. L'abbiamo fatta davanti ai nostri, pochi, parenti e amici nel caminetto della stanza grande e che s'intravede già dalla porta. È un'abitazione piuttosto grossa, la nostra, come tutte le case dei commercianti. Di quella casa la cosa che mi è sempre piaciuta, e che mi ha sempre incuriosito, è lo strano orologio incastrato nella struttura di pietra del camino. Non so da dove arrivi o come sia finito lì perché è fuori posto. Ha una cornice in mogano lucido e un quadrante coperto con un vetro altrettanto brillante. Troppo prezioso, troppo particolare... Troppo per il Distretto 12.
Ricordo l'ora che segnava quando abbiamo tostato il pane: cinque esatte  del pomeriggio. Come adesso. Di tempo ne è passato e di cose ne son successe. Fin troppe. Per esempio nessuno si sarebbe mai immaginato quello che è capitato a Peeta. Come tutti gli altri ragazzi poteva essere sorteggiato, ma aveva un biglietto, non aveva mai dovuto chiedere delle tessere. Eppure è successo. Il mio innocente bambino, che ho visto per l'ultima volta durante l'intervista con Caesar. Quando è tornato non era più il ragazzo che avevo salutato in una stanza del Palazzo di Giustizia, non era il figlio che avevo visto crescere e diventare troppo, troppo buono per vivere a Panem. Peeta è come un solitario dente di leone spuntato in un campo di erbacce e di edera. È cambiato, sì, ma è anche diventato più forte. È sempre stato molto furbo e a Capitolo City ha giocato bene le sue carte. Anche sua madre è fiera di lui quanto lo sono io, lo so. Guardavamo insieme gli Hunger Games e diverse volte si è alzata "andando a dormire", ma ha sussultato anche lei quando il Favorito del Distretto 2 l'ha ferito alla gamba. E nel momento in cui Katniss l'ha trovato e si è presa cura di lui, l'ansia che l'aveva attanagliata nei giorni precedenti era diminuita tanto che aveva ricominciato ad essere la donna che il Distretto conosceva. Quando Peeta tornò a casa lo trattò con meno sufficienza del solito, ma non si spese in "effusioni inutili" come feci io. Non abitiamo con lui nel Villaggio dei Vincitori perché l'appartamento sopra la panetteria è più comodo per portare avanti l'attività; in ogni caso nessuno riuscirebbe a dormire sentendo Peeta rigirarsi nel letto, perennemente sveglio a causa degl'incubi.
So dai sussurri e dalle varie voci di corridoio che molti sono scettici riguardo al mio matrimonio, ma a me non importa: non siamo una coppia perfetta, non abbiamo una famiglia perfetta e la nostra vita non è perfetta. Cerchiamo di tirare avanti il meglio possibile e qualche volta riusciamo anche a vivere dei momenti, se non dei giorni, felici. Nonostante i suoi difetti e la barriera di scontrosità, apparentemente insormontabile, che ha costruito durante gli anni, amo mia moglie. Queste parole potrebbero suonare strane, ma quello che provo io non è un amore ordinario, come capì il mio migliore amico, Peter, che mi consegnò un cartoncino, da considerare biglietto di nozze, con alcune parole elegantemente scritte a mano e tratte da una vecchia canzone:
You gave her all the love you got,
Gave more than you could give.
You gave her all that you had inside,
and she took your love, took your love.
This is no ordinary love, no ordinary love
.*
Di tempo ne è passato, le lancette dell'orologio incastonato nel camino si sono mosse inesorabilmente. Molte cose sono accadute e molte altre sono cambiate, ma l'amore che provo per mia moglie è rimasto immutato dal momento della Tostatura.


*adattamento del testo della canzone No Ordinary Love dei The Civil Wars

Nicchia dell'autrice
Salve! Seconda storia per il fandom di Hunger Games e terza che scrivo per un contest... Non è nulla di che ed è un po' diversa da quello che mi ero prefissata di fare, ma non importa. Non si può dire che ne sia eccessivamente soddisfatta, ma se pensiamo che non credevo di poterla finire, almeno un risultato l'ho raggiunto!
Mi eclisso
Yvaine_

  
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