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Autore: Delirious Rose    10/04/2014    6 recensioni
Vahïna sognava l’Amore, quello con la “A” maiuscola, che fa palpitare il cuore e che, al pari di una droga, è impossibile vivere senza. Vahïna sognava l’Amore e un matrimonio in bianco, perché era convinta che il dono più grande che potesse fare all’uomo della sua vita fosse la propria purezza. Vahïna sognava l’Amore e non faceva altro che divorare romanzi rosa, lo sguardo estasiato e le farfalle nello stomaco. Vahïna sognava l’Amore e, forse proprio per questo, aveva la tendenza a dare la propria attenzione a ogni ragazzo che accennasse corteggiarla. (...)
21 maggio 2001, ora di cena: quando, all’annuncio delle sue imminenti nozze con Roger Davies, Blaise Zabini chiede a sua madre se abbia davvero l’intenzione di aggiungere alla sua fama di Vedova Nera anche quella di couguar, Vahïna risponde: «Je ne suis rien d’autre qu’une femme à la constante recherche de l’Amour.»
{Questa storia partecipa al contest "OC Mania!" di ColeiCheDanzaConIlFuoco}
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Vahïna sognava l’Amore

 

 

Quando studiava a Beauxbatons, Vahïna Lamorandiére era stata definita una Beauté des Iles: aveva la pelle mulatta, vellutata come una pesca e profumata di frangipani, i capelli neri come la notte equatoriale e così lisci che solo la magia riusciva a mantenere in una crocchia elegante, il fisico slanciato e flessuoso come una palma; ma erano soprattutto gli occhi da gatta impertinente ad affascinare, occhi a mandorla con le iridi dorate come un tramonto dei Tropici.

E Vahïna sognava l’Amore, quello con la “A” maiuscola, che fa palpitare il cuore e che, al pari di una droga, è impossibile vivere senza. Vahïna sognava l’Amore e un matrimonio in bianco, perché era convinta che il dono più grande che potesse fare all’uomo della sua vita fosse la propria purezza. Vahïna sognava l’Amore e non faceva altro che divorare romanzi rosa, lo sguardo estasiato e le farfalle nello stomaco. Vahïna sognava l’Amore e, forse proprio per questo, aveva la tendenza a dare la propria attenzione a ogni ragazzo che le palesasse interesse.

 

 

Vahïna non sapeva perché il Cappello Parlante l’avesse smistata in Casa Serpeverde: era orgogliosa, aveva quella buona dose di ambizione che non guastava mai e la sua famiglia era Purosangue, nonostante le radici materne affondassero in quell’Africa trasferita di forza nelle Antille. Tuttavia le mancava quella spregiudicatezza per cui la Casa era nota, le mancava quella punta di cattiveria e di cinismo che sembravano possedere i suoi compagni e che in breve tempo avevano iniziato a rivolgerle contro: forse le ragazze erano semplicemente invidiose e forse il mito della grisette parisienne era ancora vivo nelle menti dei ragazzi, ma non giustificava l’essere soprannominata The French Slut.

Vahïna dovette imparare presto a indossare una maschera, per non dare la soddisfazione agli altri di vedere quanto quegli insulti le facessero male; la lettura dei suoi adorati romanzi rosa – il suo rifugio e la sua consolazione – fu relegata a quelle notti insonni e a quei pomeriggi in cui si nascondeva in un bagno fuori servizio, con l’unica compagnia del fantasma di una ragazzina lamentosa. Fu in uno di quei pomeriggi, all’inizio di novembre, che la sorprese Julius Rookwood, il Capitano della squadra di Quidditch Serpeverde, rimasto al castello invece di andare a Hogsmeade insieme a suo fratello Augustus. 

{ À la pêche aux moules, moules, moules
Je n´veux plus y aller maman
Les gens de la ville, ville, ville
M´ont pris mon panier maman } 

La cosa sarebbe finita lì, perché la vergogna di Vahïna era tale che l’avrebbe spinta a tacere e a dire addio al suo sogno di un matrimonio in bianco. La cosa sarebbe finita lì, se un Prefetto di ronda non avesse ispezionato il bagno, forse attirato da un rumore sospetto. La cosa sarebbe finita lì, se il fantasma di Moaning Myrtle non avesse confermato la versione di Vahïna, aggiungendo che aveva avuto troppa paura per cercare aiuto.

La cosa sarebbe finita lì, se tre settimane più tardi Madam Poppy Pomfrey non avesse diagnosticato una gravidanza.

 

 

Furono presi i dovuti accordi e furono sbrigate le pratiche burocratiche necessarie, in modo che l’ultimo giorno delle vacanze natalizie Vahïna Lamorandiére potesse diventare Mrs. Julius Rookwood. Chiese e ottenne di poter continuare a studiare a Hogwarts, perché Vahïna continuava a sognare l’Amore e credeva che fosse suo dovere fare tutto il possibile per affezionarsi e guadagnare l’affetto di quel marito non voluto e che si era imposto con la forza: doveva affezionarsi, almeno per quel bambino che non aveva chiesto loro d’essere concepito.

A quindici anni appena, Vahïna si spogliò delle vesti di ragazzina per indossare quelle di moglie irreprensibile: aveva cura che le uniformi di Julius fossero sempre in perfetto ordine, arrivando a trascorrere intere serate a stirare personalmente le sue camicie o a incerare le sue scarpe; oppure a ricopiare per lui gli appunti delle lezioni con la propria calligrafia precisa ed elegante, molto più leggibile e gradevole di quella spigolosa e raffazzonata del marito; o seduta sugli spalti del campo di Quidditch durante un allenamento con la neve, il vento o la pioggia, tenendo in caldo un asciugamano e una buona tazza di tè.

«… e doveva essere una cosa da una botta e via!»

«Non voglio pensarci, McNair! Tra l’altro sono quasi convinto che quella puttanella mi abbia rifilato il bastardo di qualcun altro.»

Vahïna non aveva voluto origliare, stava solo aspettando che Julius uscisse dagli spogliatoi: lo accolse come sempre, con l’asciugamano e la tazza di tè caldi e il suo solito sorriso, forse solo un po’ tremulo. Ma quella sera Vahïna non stirò camicie, non incerò scarpe e non trascrisse appunti, si rinchiuse nel proprio baldacchino e pianse fino a non avere più lacrime, accarezzandosi disperatamente il ventre che iniziava ad arrotondarsi.

«C’est rien, mon baba, juste un limbé,» mormorò piano fra i singhiozzi, e per risposta sentì sotto il palmo un piccolo bozzo come se, palesandosi per la prima volta, quel bambino che non le aveva chiesto nulla avesse voluto farle coraggio.

 

 

«Senti, Julius, come si muove! — Non credi dovremmo iniziare a pensare a un nome? ― Che ne dici di César per un maschietto? E per une fille, non credi che Aurélie sia adorabile?»

Ma Julius stroncava sul nascere quei tentativi di conversazione, rispondendo che aveva un compito di Trasfigurazione da finire oppure che aveva organizzato un allenamento extra di Quidditch – che non aveva il tempo e la voglia di affezionarsi a lei o a quel bambino che non gli aveva chiesto niente. A Vahïna non restava altro che rinchiudersi nel proprio baldacchino, raggomitolata su quel ventre sempre più arrotondato che accarezzava dolcemente, cantando con voce rotta una ninna nanna creola.

 

 

Accadde una domenica di fine marzo.

Stavano andando in Biblioteca come avevano fatto tante altre volte quando, arrivati quasi in cima alla scala, Julius chiamò per la prima volta Vahïna per nome: sorpresa, lei si volse verso di lui istintivamente, senza far caso a dove mettesse i piedi.

Un attimo troppo tardi, si rese conto che la scala aveva iniziato a spostarsi e che i suoi passi avevano incontrato il vuoto. Mentre precipitava, Vahïna vide chiaramente Julius sporgersi oltre la balaustra, guardandola con la sua solita fredda indifferenza ma con lo stesso sorriso che aveva avuto sulle labbra quel pomeriggio di novembre.

Pourquoi?” fu il suo ultimo pensiero prima che si fracassasse sul pavimento.

Vide, come in un sogno, il proprio corpo giacere in una pozza di sangue ai piedi delle scale e il Professor Flitwick gettare la propria bacchetta, arrabbiato con se stesso per non essere riuscito a usare in tempo l’incantesimo di levitazione.

Vide, come in un sogno, i Medimaghi di San Mungo agitarsi attorno a lei e a quel feto di neanche venti settimane – la sua bambina, la sua Aurélie – che non aveva chiesto di nascere, che non era ancora pronta per nascere. 

(“Mon baba, sauvez-la!” ma per quanto urlasse la sua voce era muta.) 

Vide, come in un sogno, il Guaritore parlare di un incantesimo sperimentale che forse avrebbe permesso al feto di sopravvivere fuori dal corpo materno fino a quando fosse stato sufficientemente maturo, e la risposta di Mr. Rookwood fu come una lama che le trafisse il cuore.

«È una femmina, non ne vale la pena.» 

(“Assassin! Vous êtes des assassins!”)

Vide, come in un sogno, Mme Lamorandiére strappare dalle braccia di una Medistrega Aurélie, avvolgendola nella copertina all’uncinetto non ancora finita, e posarla con estrema amorevole delicatezza accanto al suo viso, la fronte della figlia contro la guancia della madre.

Vide, come in un sogno, la luce intorno a lei assumere una qualità diversa, quasi solida, più luminosa e più buia al tempo stesso, ed ebbe l’impressione che la piccola la guardasse e le tendesse la minuscola manina rossa e Vahïna raccolse nel proprio abbraccio Aurélie – il suo bon gros ange

(“J’ai froid et j’ai peur, maman.
Je suis là, mon baba… je suis là et je t’aime très fort…”)

Vide, come in un sogno, comparire davanti a lei un loa e farle cenno di dargli Aurélie. 

(“Il faut que j’allie maintenant, mais toi, tu ne peux pas encore venir, maman.”)

E poi tutto si fece buio e quando, infine, poté di nuovo vedere, era nel letto di San Mungo con un incantesimo che forzava aria nei suoi polmoni: chiese di poter vedere Aurélie, ma era morta tre giorni prima e il funerale era stato già celebrato.

Quando si fu un po’ ripresa, Vahïna ricevette la visita di alcuni Auror per chiederle dell’incidente.

«Non ricordo molto… solo che stavamo andando in biblioteca e che Julius mi aveva chiamato…»

«Perché?»

Vahïna non rispose subito. Se chiudeva gli occhi, rivedeva lo sguardo freddo e indifferente di Julius e il sorriso che gli increspava le labbra come in quel pomeriggio di novembre, risentiva le parole di suo suocero che condannavano Aurélie che non aveva chiesto niente. Se chiudeva gli occhi, risentiva le parole che aveva detto Julius l’unica volta che le aveva fatto visita in ospedale, parole che aveva sibilato credendola addormentata, parole che avevano avuto sul suo cuore lo stesso effetto di una pietra scagliata contro uno specchio. ("Che cos'aspetti per crepare?")

La sua voce suonò opaca, spezzata, quando rispose: «Forse voleva solo avvertirmi che la scala si stava spostando.»

 

 

Fu come se la pioggia inglese avesse sconfitto il sole delle Antille.

Le sue compagne di dormitorio ebbero l’impressione di trovarsi davanti una persona completamente diversa: Vahïna rispondeva a malapena alle domande che le ponevano, le domande di tutti i giorni, quando prima prendeva l’iniziativa di avviare un discorso; sembrava scivolare fra le penombre del castello quando prima sembrava richiamare a sé la luce del sole. Le sue compagne di dormitorio non la riconobbero quella sera in cui, preda di una follia dolorosa, Vahïna aveva stracciato tutti i suoi amati romanzi rosa e li aveva buttati nel camino acceso: mentre tutte le altre correvano per avvertire il Professor Slughorn o chiamare Madam Pomfrey, solo Andromeda Black cercò di calmarla, stupita di sentire le lacrime attraverso il maglioncino e la camicia dell’uniforme.

Tuttavia, Vahïna continuava a comportarsi come la moglie irreprensibile, stirando camicie, lustrando scarpe e ricopiando appunti per quel marito che era indifferente al suo dolore, che non aveva alcuna intenzione di instaurare un minimo di rapporto con lei. Vahïna, però, non assisteva più agli allenamenti o alle partite di Quidditch, preferendo rifugiarsi in una grotta che aveva scoperto quasi per caso ai margini della Foresta Proibita – in una lettera, Mme Lamorandiére pregava il corpo docente di lasciar la figlia fare se questo non rappresentava una violazione del regolamento, poiché per la loro religione le anime dei defunti si rifugiavano nell’eco per un anno e un giorno. Julius non chiese una sola volta a sua moglie di spiegargli quella credenza o di ascoltare con lei l’eco della grotta, né Vahïna glielo propose una sola volta: erano diventati, a conti fatti, due estranei legati da un contratto e da un astio sempre più profondo.

 

 

 

 

 

 

 

Giugno 1967: durante la finale del torneo scolastico di Quidditch, un Bolide colpisce alla nuca Julius Rookwood. Il ragazzo muore per un’emorragia cerebrale nel corso della notte.
Settembre 1968: Mr. Rookwood combina un matrimonio fra la vedova di Julius e un mago settantenne d’origini babbane per pagare dei debiti di famiglia. L’uomo muore tre mesi dopo le nozze per un’overdose di afrodisiaci: avviate le trattative per un matrimonio fra Vahïna e il nipote di questi onde evitare una disputa sull’eredità, le nozze saltano quando la polizia Babbana arresta il giovane.
Dicembre 1971: Vahïna incontra Luigi Zabini, che sposerà due mesi più tardi. Da quest’unione, la più lunga e felice, nasceranno quattro figli: François (1974), Marguerite e Lucrece (1975), e Blaise.
Ottobre 1979: mentre sono a Diagon Alley per comprare un regalo per la nascita di Blaise, gli Zabini restano coinvolti in un attacco dei Death Eater. Luigi muore nel tentativo di proteggere i figli; François durante il trasporto a San Mungo, seguito in poche ore da Lucrece, e Marguerite decede per le sequele delle ferite dopo sei settimane di coma profondo.
Aprile 1988: Vahïna sposa un mago Purosangue di Michelon-Saint-Pierre. L’uomo annega un anno e mezzo dopo durante una battuta di pesca, il cadavere sarà ritrovato sulla costa canadese.
Ottobre 1991: Vahïna è accusata dell’omicidio del quinto marito, avvenuto durante il viaggio di nozze, ma le è riconosciuta la legittima difesa. Celebre la sua frase “sono colpevole, non lo nego, ma lo sarei mille volte di più se non avessi fatto il mio dovere di madre”. Da questo momento in poi ha la fama di Vedova Nera.
Dicembre 1993: durante un soggiorno ad Aspen, il sesto marito è vittima di un incidente di sci.
Maggio 1995: durante un cocktail all’aperto, il settimo marito ha uno shock anafilattico che lo uccide in dieci minuti.
Settembre 1997: Vahïna denuncia l’ottavo marito come Death Eater. L’uomo muore ad Azkaban dopo la fine della Seconda Guerra Magica.
21 maggio 2001, ora di cena: quando, all’annuncio delle sue imminenti nozze con Roger Davies, Blaise Zabini chiede a sua madre se abbia l’intenzione di aggiungere alla sua fama di Vedova Nera anche quella di couguar, Vahïna risponde: «Je ne suis rien d’autre qu’une femme à la constante recherche de l’Amour.»

 

 

 

 

Note d’Autore

Beauté des Iles: Bellezza delle Isole
Apollinemi-Veela Noeveglise: la futura Mme Delacour, madre di Fleur.
Grisette parisienne: durante la Belle Époque, si definiva grisette la ragazza nubile di basso ceto sociale e modesta istruzione (operaia, donna di servizio o sartina) che viveva fuori della famiglia e senza il suo supporto. Le Grisettes du quartier latin convivevano spesso con studenti e artisti (Bohémien) ma si vuole che accettassero regali dai loro amanti, da cui l'accezione equivoca che assumeva il termine a Parigi.
The French Slut: la Puttana Francese.
À la pêche aux moules (…) M´ont pris mon panier maman: ritornello di una canzone per bambini. Dietro le parole relativamente innocenti – la voce rifiuta di andare a pescare le cozze, poiché dei villeggianti le hanno preso il cestino – il significato nascosto della comptine si riferisce allo stupro. Ho linkato una versione completa in cui nelle strofe questo tema è un po’ meno sottinteso, anche se non mostrato.
C’est rien, mon baba, juste un limbé: non è niente, piccolino, solo un piccolo dispiacere. Baba è un nomignolo affettuoso con cui si chiama l’ultimo nato di una famiglia e limbé (o lenbe) è un termine per indicare una piccola pena d’amore, entrambe le parole sono creole.
Une fille: una bambina.
Mon baba, sauvez-la: la mia bambina, salvatela.
Assassin! Vous êtes tous des assassins: assassini! Siete tutti degli assassini.
Gros bon ange: grande angelo custode. Secondo la religione Voodoo, è l’anima intesa come forza vitale comune a tutti gli esseri umani: entra nel corpo al momento della nascita e lo lascia alla morte quando torna al Gren Met, o fonte di forza vitale. Il ti bon ange, invece, è l’anima intesa come individualità della persona: questa lascia il corpo durante il sonno e i rituali di possessione spirituale –o nel caso di Vahïna, per un coma.
J’ai froid et j’ai peur, maman: ho freddo e paura, mamma.
Je suis là, mon baba… je suis là et je t’aime très fort: sono qui... sono qui e ti voglio tanto bene.
Loa: divinità minore voodoo, ma devo ammettere che non ho trovato informazioni su una che funga da psicopompo, per cui ho preferito lasciarla non identificata.
Il faut que j’allie  maintenant, mais toi, tu ne peux pas encore venir, maman: devo andare adesso, ma tu, tu non puoi ancora venire, mamma. Non nascondo che mi sarebbe piaciuto trascrivere il dialogo fra Vahïna e Aurélie in creolo, ma avrei dovuto usare Google Translator e non ero certa della correttezza grammaticale.
Religione: Voodoo.
Couguar: termine colloquiale per indicare una donna matura che intraprende delle relazioni sessuali con uomini molto più giovani di lei.
Je ne suis rien d’autre qu’une femme à la constante recherche de l’Amour: non sono altro che una donna alla costante ricerca dell’Amore.

Questa storia partecipa al contest "OC Mania!" di ColeiCheDanzaConIlFuoco.

In questa storia ho cercato di dare l’accento all’evoluzione di Vahïna e di come, da inguaribile romantica forse innamorata più dell’ideale di Amore, sia diventata una donna disillusa e priva di fiducia negli esponenti del sesso maschile. Nel corso degli anni continuerà ad ammattarsi di un certo romanticismo, ma questo sarà più una maschera, soprattutto dopo la morte del padre di Blaise, l’unico che non la abbia vista come un errore, un trofeo o un oggetto di scambio.
Inoltre è sottintesa la sua devozione alla religione Voodoo, mostrata soprattutto dal suo visitare la grotta: non è da escludere che qui vi abbia raggruppato tutto il necessario per svolgere i rituali. Tengo a precisare che questa pratica non è in alcun modo legata alla morte di Julius o di un qualsiasi altro dei suoi mariti – nel Voodoo haitiano vige il divieto di far del male agli altri – ciò non toglie che la Comunità Magica associ questa religione ad alcune pratiche delle Arti Oscure e che abbia gli stessi pregiudizi della Comunità Babbana. Per la cronaca, le uniche bambole usate nel culto sono quelle poste sull’altare a rappresentare i vari loa venerati, mentre quelle che nell’immaginario occidentale vengono infilzate di spilli, hanno radici nella stregoneria del mondo classico. 

L’immagine del banner, invece, non è altri che Bocca Dorata, personaggio de “Corto Maltese” di Hugo Pratt.

 

Grazie, non solo a chi leggerà queste righe, ma lascerà anche una recensione.

 

 

Kindest regards,

 

D. Rose

   
 
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