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Autore: Flaesice    10/04/2014    3 recensioni
Penelope Penthon è una ragazza bella, sfacciata ed intraprendente; una ragazza che non si è mai arresa alle difficoltà della vita, che si è fatta da sola ed odia i pietismi.
Nel suo mondo non esistono le mezze misure: tutto deve essere necessariamente o bianco o nero, giusto o sbagliato.
Ma nella vita - prima o poi - si è sempre obbligati a scontrarsi col grigio, ed è proprio allora che tutte le certezze crollano e bisogna mettersi in discussione.
E' ancora una ragazzina quando per gioco decide di sedurre un suo compagno di scuola, il riservato Nathan Wilkeman, per poi allontanarlo definitivamente.
Il destino li farà incontrare cinque anni dopo nella meravigliosa Los Angeles; Penelope sempre più votata al suo stile di vita, ma Nathan?
Decisamente più esperto e meno impacciato cercherà di prendersi una piccola rivincita per il passato, ma si sa che la passione non è un'emozione facile da gestire nemmeno per una come Penelope.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Capitolo III

Ferma nel vialetto di casa di Tanya guardavo fuori dal finestrino della mia auto: il cielo era plumbeo, monotonamente cupo, il mio sguardo perso nel vuoto così come la mia testa.
Immagini della sera prima mi tornarono alla mente…
“Ehi piccola, l’altra sera credevo che ti fossi stancata di me. Da quel che vedo, invece, non è affatto così”
La risata soddisfatta di Nick ed i suoi sospiri risuonano nello spazio angusto dell’ auto trapanandomi il cervello, continuo a muovermi sopra di lui incurante del resto. Stringo con forza gli occhi mentre con la testa poggiata nell’incavo del collo conficco i denti nella sua carne, mordendo violentemente la spalla .
“Penny?” lo sento sobbalzare a quest’attacco improvviso, le sue mani dapprima sulla schiena finiscono  sui fianchi a stringerli fino a bloccarmi “Cazzo Penny, fermati”
“Cosa vuoi?” chiedo scocciata fissando i miei occhi nocciola nei suoi, neri come la notte.
“Si può sapere cosa ti prende? Stavi per staccarmi un pezzo di carne e ci stai dando dentro come una matta ”
“Vuoi dire che ti dispiace?” domando stizzita scostandomi da lui, il suo pene lucido ed ancora eretto abbandona la mia intimità.
“No, certo che no” mi sorride sornione “Hai ragione forse ti sto annoiando con le mie fottute chiacchiere”
La sua voce arriva lontana, mi copro appena col giaccone per contrastare il freddo pungente, lo sguardo rivolto fuori dal finestrino verso lo spazio infinito.
“Cosa fai ti copri? Dai vieni qui”
Mi isolo da tutto quello che mi circonda mentre la sua mano si insinua sotto la giacca per sfiorarmi un capezzolo, nella mia mente compaiono  le immagini del pomeriggio trascorso con Nathan, le sue mani che mi toccano in un misto di sorpresa, dolcezza ed inesperienza.
Il mio respiro si fa più affannoso ed irregolare, lascio che le mani di Nick continuino a vagare indisturbate sul mio corpo, le sue labbra si poggiano sul collo e prendono a succhiare e leccare in un continuo alternarsi, i denti graffiano la pelle delicata e, dal calore che avverto in quel punto, sicuramente arrossata.
Una sua piccola vendetta personale.
“Hai sempre un odore meraviglioso” con  le sue braccia muscolose mi attira a se e mi ritrovo nuovamente a cavalcioni su di lui.
Mi penetra senza alcuna accortezza, sento le pareti della mia intimità contrarsi  e bruciare per mancanza di lubrificazione.
Inizio nuovamente a muovermi sopra di lui, incurante del dolore e del senso di vuoto che avverto dentro; a quello mi sono più che abituata negli anni.
Poche spinte e Nick mi solleva dai suoi fianchi riversando il frutto del suo orgasmo nel preservativo, lasciandomi - diversamente dal solito - stranamente insoddisfatta.
Sussultai quando la portiera dell’auto venne aperta, quel rumore mi ridestò dai miei pensieri riportandomi alla realtà «Buongiorno Penny» Tanya si sporse a lasciarmi un bacio prima di allacciarsi la cintura «Grazie per essere passata a prendermi»
«Figurati» risposi sterile ingranando la marcia e partendo.
«Tutto bene? Cosa hai fatto ieri?» mi guardò con sguardo ammiccante e capii all’istante cosa volesse sapere.
Le avevo raccontato delle mie intenzioni con Nathan, sapeva che avevamo un appuntamento ma la strana sensazione che avvertivo dentro mi bloccò dal raccontarle quello che era successo.
Non mi andava di parlarne con nessuno, forse l’avrei tenuto per me conservando l’esperienza come un bel ricordo perché ero certa non si sarebbe più ripetuta.
«Io cosa?» feci finta di non capire.
«Come cosa?» ripeté lei spazientita «Con Wilkeman. Ieri. Al corso?» parlò piano, quasi sillabando le parole come si fa con i bambini.
«Ah Wilkeman! Credo non ci proverò» dissi fingendo indifferenza, facendo spallucce e concentrandomi alla guida.
«Dici sul serio?» domandò sorpresa «A me dava l’impressione che non aspettassi altro» mi guardò perplessa.
“Infatti, non aspettavo altro... ed è stato unico” pensai tra me.
«In verità ho pensato non ne valesse la pena. Sono stata con Nick ieri sera» le dissi in una mezza verità sperando che interrompesse il suo interrogatorio.
«Capisco» disse semplicemente proprio mentre entravo nel parcheggio della scuola.
Scendemmo insieme dall’auto ed entrammo nell’edificio senza aggiungere altro. Camminavo per i corridoi tenendo la testa china, lo sguardo fisso sulle mie converse nere un po’ scolorite.
Quando finalmente arrivai fuori l’aula di chimica fui grata di non aver incontrato nessuno, Nathan o Nick che fosse, durante il tragitto.
Entrai in classe e mi stupii di vedere i miei compagni chiacchierare intorno al mio banco, la loro attenzione attirata da qualcosa di interessante.
Non appena notarono la mia presenza si spostarono e vidi che motivo di tanto interesse erano un girasole ed un biglietto.
Sentii l’ansia assalirmi e la prima cosa che feci fu prendere il biglietto, ignorando volutamente quel fiore e tutto ciò che potesse significare.
 
«Sei fantastica, N.»
 
Continuai a guardare esterrefatta il bigliettino, paralizzata, quasi inorridita.
Sentivo lo stomaco aggrovigliato al punto da provocarmi un senso di nausea per quel gesto così inutile, lo strinsi nella mano stropicciandolo tutto.
«Ehi, chi te lo manda?» Tanya mi strappò il biglietto dalle mani senza che riuscissi ad impedirglielo.
«Tanya aspetta!» cercai di fermarla per evitare che leggesse ma fu un vano tentativo.
«Sei fantastica, N?» disse riportando con fare civettuolo la frase appuntata «Oh bene, allora le cose tra Nick e te si stanno facendo serie» mi sorrise.
«Cosa?» domandai ancora confusa,  poi capii «Oh, Nick» dissi riprendendo il mio biglietto «Non… significa nulla»  tirai un sospiro di sollievo e portai le mani tremanti tra i capelli.
«Penny, ma cos’hai?» mi domandò perplessa, mi resi conto che forse stavo esagerando con le reazioni e se non l’avessi fatta finita al più presto Tanya non ci avrebbe messo molto a fare due più due.
«Nulla tesoro, solo che… stanotte ho dormito male e mi sento fuori fase. Tutto qui» le sorrisi e mi sedetti, ringraziando che proprio in quel momento il professore stesse entrando in classe.
Restai in disparte durante tutto l’orario delle lezioni, fingendo di interessarmi ai discorsi dei professori, cercando il più possibile di non offrire a Tanya degli sbocchi per argomentare qualsiasi cosa mi riguardasse.
La campanella che segnava l’inizio della pausa pranzo suonò e fu una manna dal cielo.
Raccolsi in fretta le cose nel mio zaino e cercai una scusa per restare da sola quando vidi che Tanya era ferma accanto alla porta ad aspettarmi.
«Tesoro avviati in mensa con gli altri, ho bisogno di andare un attimo al bagno»
«Penny sicura sia tutto ok? Mi sembri così assente» mi guardò con aria indagatrice «Se vuoi ti accompagno» propose.
«E’ tutto ok, sul serio. Ho solo bisogno di sciacquarmi un po’ il viso» le sorrisi e mi avviai prima che potesse replicare.
Odiavo il modo in cui mi sentivo, il modo in cui stavo mentendo a Tanya;  non mi era mai successo prima, ed ero decisa a mettere in chiaro le cose con la persona che involontariamente aveva provocato tutto questo.
Uscii in corridoio e guardai tra la folla di ragazzi, non appena intravidi la chioma scomposta di Nathan mi avvicinai a lui.
«Devo parlarti» dissi a bassa voce per evitare che qualcuno potesse sentirci.
«Penny, ciao»
Potei notare l’entusiasmo sul suo volto, gli occhi che brillavano di una luce speciale e quasi mi sentii una stronza per quel che stavo per fare.
«Vieni con me» gli presi la mano e quando le nostre dita si intrecciarono le immagini del pomeriggio precedente – noi due  avvinghiati nel mio letto, lui dentro di me e le sue spinte dolci e cadenzate - tornarono con prepotenza nella mente colpendomi come un pugno allo stomaco.
Lo portai lontano dalla folla che si dirigeva alla mensa, entrai nella prima aula vuota che trovai e richiusi la porta alle nostre spalle, lontana da occhi ed orecchie indiscrete.
Non appena fummo soli mi soffermai a guardarlo e per poco non mi sciolsi.
“Dio, perché è così bello?”
«Ciao» disse nuovamente con calma, avvicinandosi col volto per baciarmi.
Prima che potesse farlo posi una mano tra le nostre labbra «Cosa.stai.facendo?» chiesi dura scandendo ogni parola, guadagnandomi uno sguardo perplesso da parte sua.
«Ti bacio» rispose ovvio.
Se non avessi avuto quel peso opprimente sullo stomaco sicuramente sarei scoppiata a ridere per la sua genuinità.
«Cosa significa questo?» gli chiesi estraendo il biglietto dalla tasca dei jeans e puntandolo davanti ai suoi occhi.
«Mi sentivo di farlo, dov’è il problema?» mi chiese continuando a non capire «Forse non ti piacciono i girasoli?»
“Adoro i girasoli” pensai “Solo che in questo momento il tuo si trova fisicamente sotto il banco dell’aula di chimica ed idealmente nel cassetto del mio cervello riportante la scritta ‘Dimenticatoio’”
Avrei voluto urlargli in faccia quel che pensavo ma più ascoltavo la sua voce, più guardavo il suo volto, e più non riuscivo a capire cosa mi prendesse.
La morsa che mi serrava lo stomaco continuava ad aumentare, così come il mio nervosismo: la voglia di urlare a squarciagola e uscire fuori per permettere al vento gelido di colpirmi in pieno viso e ridarmi un po’ di respiro.
Mi passai una mano tra i capelli, spazientita «Il problema non sono i girasoli, Nathan. Il problema è quello che hai fatto»
Corrucciò la fronte, socchiudendo appena gli occhi «Non vedo cosa abbia fatto di male» mi disse serio, cacciando fuori quel lato duro del carattere che lo rendeva ancora più sexy «Mi sembrava che mi avessi detto che tra McCarty e te non ci fosse nulla»
«Infatti, non c’è nulla...» presi una pausa e sospirai pesantemente, indecisa se proseguire o meno, poi capii che non avevo altra scelta e sganciai la bomba «...ma questo non significa che debba esserci con te» dissi fredda.
Mi maledii all’istante quando il suo sguardo duro ed offeso incrociò il mio.
Come poteva rimanerci così male? Alla fine non c’era stato…niente.
«Perfetto!» esclamò guardando verso l’alto e soffiando forte dalle narici «Sono stato un vero coglione» disse dopo qualche istante.
Abbassai lo sguardo senza dire nulla.
Era strano come i suoi modi di fare riuscissero a rendermi impotente, proprio io che non mi facevo mai scrupoli per niente e nessuno.
Avrei voluto dire qualcosa. Sì ma cosa?
Non c’era niente che potessi fare per alleggerire la situazione; Nathan era indubbiamente un ragazzo adorabile ma nulla poteva cambiare il fatto che non lo volessi tra i piedi, o almeno che non lo volevo con tutto il pacchetto di dolcezza e carineria al suo seguito.
Capii che forse avevo puntato la persona sbagliata per i miei “giochetti”, e il fatto che nell’averlo sentito muoversi dentro di me avessi pensato che non ci fosse nulla di più giusto e perfetto adesso sembrava altamente irrilevante.
«Mi dispiace» dissi semplicemente perché non c’era altro modo di addolcire la pillola.
Non conoscevo un modo carino per dirgli “non fai per me”.
«Sì, certo» rispose lui, le guance rosse e gli occhi verdi che quasi gridavano la sua umiliazione «Adesso devo andare, stammi bene» così dicendo uscì dall’aula.
La porta si richiuse alle sue spalle con un tonfo sordo, sobbalzai.
Nonostante il peso allo stomaco non accennasse ad andare via capii che avevo fatto la cosa giusta ad allontanarlo, solo che l’avevo capito troppo tardi.
Non avrei dovuto andare fino in fondo dopo aver scoperto che fosse vergine, ma purtroppo quella scoperta non aveva fatto altro che rendere il tutto più eccitante agli occhi della stronza che ero.
 
“Basta, devo andare via da questa casa”
“Bene fai pure, nessuno ti obbliga a restare”
 
“Cosa dici, tu... Per me è stato importante”
“Hai detto bene, piccola, per te. Per me non è stato niente più e niente meno di quel che già conoscevo”
 
Vari pensieri di momenti della mia vita si sovrapposero tra loro, parole urlate a squarciagola ed altre sussurrate subdolamente.
Strinsi gli occhi ed i pugni delle mani con forza per contrastare il dolore, un paio di profondi respiri e tutto sarebbe passato, come sempre.
Pochi minuti e riuscii a riassumere la mia solita calma, la stessa calma che - avevo giurato a me stessa - non mi sarei più fatta portare via da niente e nessuno, qualunque fosse stato l’evento o la tragedia che mi avesse colpito.
Ferrea, rigida nella mia posizione, sarei andata avanti sempre e comunque.
Pensai quanto fossi stata debole e stupida a lasciarmi stravolgere da una cazzata del genere, sfoderai il mio solito sorriso perfetto ed uscii dall’aula pronta ad andare avanti a testa alta.
Come avevo sempre fatto, non sarebbe cambiato nulla.
   
 
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