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Autore: LindaBaggins    11/04/2014    4 recensioni
Sei un egoista. Un enorme egoista.
O forse no. Forse, il fatto è che la ami e basta. Forse, il fatto è che ti manca troppo per riuscire a pensare a ciò che è giusto e a ciò che non lo è.

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Piccola raccolta di momenti sparsi sul periodo di separazione di Rumple e di Belle dopo la puntata 2x04 ("The crocodile").
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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II. HAMBURGER FOR BREAKFAST
 


«Belle? … Belle
«Mmmh … ?»
«Ti senti bene?»
«Ma certo! Certo, io … sto benissimo!»
«Se lo dici tu … stai mescolando quel caffè da circa un quarto d’ora.»
Belle tornò bruscamente alla realtà e fissò disorientata, come se non appartenesse a lei, la mano che reggeva il cucchiaino eseguendo lenti e distratti movimenti circolari.
Alzò lo sguardo: Ruby, da dietro il bancone del Granny’s Inn, la stava osservando con un sopracciglio alzato e un’espressione a dir poco perplessa.
«Perché mi stai guardando in quel modo?» domandò con una risatina nervosa, prima di portarsi la tazza alle labbra e bere un sorso di caffè ormai freddo. Represse a stento una smorfia di disgusto: cielo, era diventato imbevibile! Forse il suo momento di distrazione era durato un po’ troppo a lungo …
«E me lo chiedi?» replicò Ruby, alzando gli occhi al cielo. «Sono giorni, ormai, che hai la testa da un’altra parte! Non rispondi quando ti si chiama, ti incanti a fissare il vuoto, fai raffreddare il caffè … sto cominciando a … sì, nonna, vado subito
Senza darle il tempo di rispondere, afferrò il vassoio con una tazza di caffè e una ciambella che sua nonna le porgeva con impazienza e schizzò in direzione di uno dei tavoli d’angolo più velocemente che glielo consentirono i vertiginosi stivali con il tacco che indossava quella mattina. Belle la seguì con lo sguardo, facendosi sfuggire un piccolo sorriso e un impercettibile sospiro.
Ruby era davvero un tesoro a preoccuparsi per lei, e Belle le era infinitamente grata per esserle stata vicina in quei primi giorni di vita indipendente a Storybrooke. Non solo le aveva trovato un lavoro e le aveva offerto un posto dove dormire, ma si era anche dimostrata una valida compagnia, con la quale era difficile farsi vincere dalla tristezza o dalla noia.
Il giorno che Belle si era trasferita nell’appartamento sopra la biblioteca, Ruby era venuta a trovarla e aveva subito insistito perché, dopo cena, la accompagnasse a bere qualcosa al pub della città. “Per distrarsi un po’”, aveva detto con il suo smagliante sorriso accentuato dal rossetto scarlatto. Belle, a dire la verità, quella sera era poco incline alla compagnia: tutto quello che avrebbe desiderato era chiudersi nella sua stanza e passare la serata ad abbracciare il cuscino, ingoiando lacrime di rabbia e cercando di mettere ordine nella tremenda confusione che imperversava nella sua testa. Ma Ruby era stata così gentile con lei, che non se l’era sentita di dirle di no.
Contro ogni sua aspettativa, la serata si era rivelata davvero piacevole. La cameriera aveva lasciato che si sfogasse e l’aveva ascoltata senza giudicare, facendo sì che, al suo rientro a casa, la tristezza che le opprimeva il petto fosse scomparsa, lasciando il posto ad una piacevole sensazione di leggerezza solo vagamente offuscata dalla malinconia.
Da quella sera, Ruby era diventata la compagna abituale delle sue giornate. Le serviva la colazione quando, alle otto, Belle si presentava da Granny’s prima di andare al lavoro, veniva a trovarla in biblioteca quando aveva un po’ di tempo libero e la trascinava quasi tutte le sere a scambiare due chiacchiere in uno dei bar di Storybrooke. Il tutto, sempre con quel misto di affetto, simpatia e istinto di protezione che Belle trovava tenero e, a tratti, persino commovente.
Sorrise leggermente, lo sguardo perso nella tazza di liquido scuro che una volta era stato il suo caffè. A volte le sembrava che la sua vita fosse perfetta così com’era: aveva un lavoro, aveva un appartamento dove vivere, aveva libri a volontà, e aveva un’amica su cui poter contare per qualsiasi cosa. Avrebbe avuto tutte le ragioni per essere, se non proprio felice, perlomeno serena …
Tutte, certo.
Tutte tranne una.
Belle aggrottò le sopracciglia, mentre il sorriso che le aveva increspato le labbra, poco a poco, si smorzava fino a scomparire.
No. La serenità era un lusso che, per adesso, proprio non poteva permettersi. Non finché l’incessante pensiero di lui le avesse dato un po’ di tregua, liberandola dal quell’opprimente peso che aveva nel petto e lasciandola respirare.
È colpa tua, Belle. Solo colpa tua. Potevi darci un taglio netto, potevi lasciare che lui uscisse dalla porta della biblioteca dopo averti detto addio e scomparisse per sempre dalla tua vita. Sapevi che era la cosa giusta da fare. Lo sapevi, accidenti!
Sì, lo sapeva. Era quello che desiderava anche lei, o almeno così aveva creduto fino ad un istante prima che Rumple le voltasse la spalle per andarsene.
E invece, il suo carattere buono e incline al perdono l’aveva avuta vinta ancora una volta. Non era riuscita a rimanere arrabbiata con lui nemmeno per un giorno intero, il che era paradossale, visto che soltanto qualche ora prima aveva affermato con convinzione di non volerlo rivedere mai più. E come se non bastasse, se n’era venuta fuori con quell’assurda scusa dell’hamburger! Non sapeva nemmeno che cosa stesse dicendo, le parole erano uscite da sole prima che lei avesse potuto fare qualcosa per fermarle. Sapeva soltanto che, se “addio” fosse stata l’ultima parola che avesse sentito uscire dalle sue labbra prima che lui scomparisse oltre quella porta, non sarebbe mai riuscita a sopportarlo.
Si sforzò di bere un altro sorso di caffè freddo, come se lo ritenesse un’adeguata punizione alla sua debolezza.
Era una stupida. Non avrebbe mai dovuto dargli delle speranze, non avrebbe mai dovuto lasciare aperto quello spiraglio di possibilità per loro due! Come se il loro rapporto non fosse già abbastanza complicato …
L’aveva incontrato per caso mentre tornava dal lavoro, qualche sera prima. Lei aveva le mani affondate nelle tasche del cappotto, lo sguardo assente abbassato a fissare i passi frettolosi con i quali si stava dirigendo da Granny’s, e per poco non gli era andata a sbattere contro. Se l’era ritrovato davanti all’improvviso, e nell’esatto momento in cui aveva incontrato i suoi occhi aveva capito che, per quella sera, avrebbe potuto anche dire addio al suo appetito.
«Ehi …»
Il suo sguardo era sorpreso, la sua voce piena di quella calda sfumatura di complicità che, tra tutte le persone di questo mondo - e di qualsiasi altro in cui avessero vissuto insieme - sapeva riservare soltanto a lei. Le ci era voluto un po’ a trovare la voce per potergli rispondere, e aveva pregato con tutta se stessa che il suo tono sembrasse sufficientemente disinvolto.
«Ciao!»
Per un momento il silenzio è stato così pesante, che era stata travolta dalla tentazione di voltarsi e scappare via. Poi lui aveva parlato di nuovo, in tono gentile.
«Stai andando a cena da
Granny’s
Lo sguardo adorante con cui si beveva ogni centimetro del suo viso l’aveva quasi portata alla capitolazione, ma, sorprendentemente, era riuscita a mantenere il controllo di sé.
«Già …» aveva confermato, con un sorriso e un’alzata di spalle.
«Hamburger?»
“Sì, ma solo se accetti di accompagnarmi” avrebbe voluto rispondere. Invece si era limitata ad arrossire e ad abbassare gli occhi  sulla punta delle proprie scarpe, evitando il suo sguardo.
«Veramente … pensavo più ad un’insalata. Mi piace tenermi leggera, a cena …»

Preferiva dimenticare il lampo di rassegnazione che aveva visto attraversare i suoi occhi quando, finalmente, si era decisa a guardarlo. Le aveva fatto più male di qualsiasi altra cosa, ma quando, poco dopo, Rumple l’aveva salutata e aveva continuato per la sua strada, le era mancato il coraggio per fermarlo di nuovo, come aveva fatto quel giorno in biblioteca …
«Ho capito, nonna, non c’è bisogno di urlare
La voce irritata di Ruby, che tornava verso il bancone dopo aver sbrigato le sue faccende ai tavoli, penetrò a fatica nella spessa coltre di malinconia che era riuscita di nuovo a sopraffarla. Le arrivò lontana e ovattata, come proveniente da miglia e miglia di distanza, anche se l’amica si trovava di nuovo a pochi centimetri da lei.
«Adesso non posso, ho da fare qui al bancone! Pensaci tu, per favore!» tagliò corto Ruby, sempre in direzione della cucina, per poi borbottare più piano, tra sé e sé: «Il giorno in cui capirà che riesco a sentirla anche senza dover mettere al corrente dei nostri affari tutta Storybrooke, giuro che smetterò di arrivare al lavoro in ritardo … Ecco, tieni!» aggiunse rivolta a Belle, versandole un’altra tazza di caffè e spingendogliela davanti. «E cerca di non far raffreddare anche questo.»
«Grazie» mormorò distrattamente Belle, ancora immersa in deprimenti pensieri pieni di rose rosse, hamburger e tazzine da tè sbeccate.
«Ehi,» osservò Ruby «non hai ancora preso nulla da mangiare. Vuoi che ti porti qualcosa?»
«Perché no? Un hamburger non mi dispiacerebbe …»
«Un hamburger alle otto di mattina?!»
«Chi è che mangia hamburger alle otto di mattina?»
«Tu! Me l’hai appena ordinato!»
Belle, precipitando di nuovo nel mondo reale, si bloccò con la tazza a mezz’aria e fissò Ruby a bocca aperta con espressione disorientata.
«Oh …» balbettò, come se fosse stata investita da una doccia fredda. «Ma … ma certo che no! Volevo dire pancake. Non mi dispiacerebbe un … pancake. Certo che non voglio un hamburger, sarebbe … beh … disgustoso … a quest’ora, voglio dire. Cielo, è incredibile come le parole hamburger e pancake si somiglino, vero?»
Ruby, poggiata la bancone con le braccia conserte, si sporse verso di lei fissandola dritta negli occhi, una delle sue sopracciglia perfette inarcata fin quasi a toccare l’attaccatura dei capelli.
«Belle, non credi che dovresti chiamarlo?» domandò a bruciapelo.
Belle sobbalzò come se qualcuno l’avesse appena toccata con un filo elettrico.
«Chiamare … chi?»
«Mi sembra ovvio» disse Ruby. «La persona a causa della quale mescoli caffè per ore e ordini hamburger al posto dei pancake.»
Belle deglutì, abbassando lo sguardo sulle mani strette intorno alla tazza di caffè. Cercò di trovare una risposta sensata da dare, ma si rese conto che niente di ciò che avrebbe potuto dire sarebbe stato sufficiente a rendere l’idea della confusione che provava in quel momento.
Ruby le lasciò qualche secondo per mettere in ordine i pensieri, dedicandosi al dottor Hopper che si era appena avvicinato per chiederle un caffè, ma non smise nemmeno per un attimo di osservarla con la coda dell’occhio.
«Belle, ascolta» le disse in tono gentile, quando Archie fu andato a sedersi. «Lo so che ci conosciamo da poco tempo e che forse non hai molta voglia di parlare di questa faccenda, ma … mi dispiace vederti in questo stato. Davvero.»
Belle sospirò e si agitò nervosamente sulla sedia. Avrebbe preferito parlare d’altro, su quello non c’erano dubbi. Ma tenersi tutto dentro, a quanto pare, finora non le aveva giovato granché. Tanto valeva cercare di aprirsi con l’unica amica che aveva …
«Non lo so, Ruby …» mormorò. «E’ difficile …»
«Eppure mi sembrava di averti spiegato come usare un telefono!» ironizzò la cameriera, cercando di sdrammatizzare. Belle, infatti, non poté fare a meno di ridacchiare.
«Lo sai che non stavo parlando di quello» replicò. Poi, vedendo che Ruby sogghignava sollevando entrambe le sopracciglia, si affrettò a correggersi: «O meglio, non stavo parlando solo di quello. Ammetto di avere ancora qualche difficoltà con … i tasti, o come diavolo si chiamano. Quello che volevo dire è che … gli ho già dato un sacco di possibilità per riuscire a far funzionare le cose, e lui non è mai riuscito a tenere fede a tutte le promesse che mi aveva fatto. Chi mi garantisce che la prossima volta sarà diverso?»
Ruby incrociò le braccia sul petto e annuì, come per dire che capiva benissimo le sue ragioni, ma qualcosa nel suo sguardo fece intuire a Belle che aveva ancora qualche riserva sulla questione.
«Non che io voglia difenderlo, sia chiaro» cominciò infatti l’amica, mettendo cautamente le mani avanti. «Ma … beh … non si può negare che, da quando te ne sei andata da casa sua, si sia comportato in modo ammirevole. Ha smosso mari e monti per cercarti, ti ha detto tutta la verità sul perché stava usando di nuovo la magia, e ha accettato senza fiatare il fatto che tu avessi bisogno dei tuoi tempi e dei tuoi spazi …» Ci rifletté su per un attimo, sbattendo le palpebre. «In effetti, ha anche rischiato di uccidere tuo padre soffocandolo con il bastone, ma immagino che gli si possa perdonare, date le circostanze.»
Belle la fissò, perplessa. Sapeva che l’amica non aveva una grande stima di Rumple, e sentirla dire quelle cose la sconcertava non poco.
«Quindi … secondo te, dovrei perdonarlo?»
«Come se tu non l’avessi già fatto!» replicò Ruby sarcastica, alzando gli occhi al cielo.
«Hai capito cosa voglio dire.»
«Senti» riprese la cameriera in tono deciso, tornando a fissarla negli occhi. «Per tutti questi anni sono sempre stata convinta che fosse un gran bastardo, e ti mentirei se ti dicessi di aver cambiato improvvisamente opinione su di lui. Ma se può servire a farti ritornare il senno e a toglierti dalla faccia quello sguardo assente, per l’amor del cielo, prendi il telefono e chiamalo!»
«Sei gentile a preoccuparti per me, Ruby, ma … non è così semplice.»
«Certo che non è così semplice. Stiamo parlando di Rumplestiltskin. Immagino che niente sia semplice, con lui.»
«Credo che tu abbia centrato esattamente il punto della questione» borbottò torva Belle, portandosi di nuovo la tazza alle labbra e bevendo un paio di lunghe sorsate.
«E io credo che sia superfluo chiederti se hai voglia di rivederlo» osservò la cameriera con aria allusiva.
Belle esibì un piccolo sorriso colpevole, come chi è stato appena colto sul fatto. Sarebbe servito a qualcosa cercare di negarlo? Sospirò profondamente, consapevole di essere alle strette. Stava esaurendo le scuse per continuare a non chiamarlo, e questo pensiero le provocava un’assurda sensazione di ansia mista ad euforia.
«Io … suppongo che potrei rifletterci» affermò cautamente, rigirandosi la tazza fra le mani. Lo sguardo le cadde casualmente sull’orologio appeso al muro del locale, e improvvisamente i suoi occhi si dilatarono in un’espressione allarmata.
«Oh mio dio, già le otto e quarantacinque!» esclamò, scendendo in tutta fretta dallo sgabello e infilandosi velocemente la giacca. «Sono in ritardo tremendo, Ruby, devo scappare! Quanto ti devo?»
Ruby prese la tazza che Belle aveva lasciato per metterla nel lavello. «Non pensarci, offre la casa … Santo cielo, non posso crederci!» esclamò, accorgendosi che era ancora mezza piena di caffè. «Sei riuscita a far raffreddare anche questo!»
«Hai ragione, mi dispiace! Magari riesco a berne un ultimo sorso prima di andare …»
«Lascia perdere, e corri, piuttosto!» rispose l’amica, alzando gli occhi al cielo.
«Ti chiamo più tardi!»
«D’accordo! E … Belle?»
La ragazza, già con una mano sulla maniglia della porta, si voltò a guardarla.
«Sì?»
«Non farlo aspettare troppo, per favore. Le nostre riserve di caffè non sono infinite.»

***

Belle, rannicchiata sul divano con le ginocchia raccolte contro il petto, scrutava con aria timorosa il telefono poggiato davanti a lei.
Aveva preso tempo finché aveva potuto: alle venti, dopo la chiusura della biblioteca, era andata da Granny’s, aveva consumato la sua cena con più calma possibile (evitando accuratamente lo sguardo di Ruby), era tornata al suo appartamento, si era infilata negli abiti comodi che usava per stare in casa, e aveva persino finto di leggere qualche pagina del libro che aveva iniziato un paio di giorni prima. Tuttavia, dopo essersi ritrovata alla fine della seconda pagina senza ricordarsi assolutamente nulla di ciò che aveva letto, aveva capito che era venuto il momento di smetterla di comportarsi come una bambina.
E adesso era lì, a fissare quel telefono da più di mezz’ora come se per magia avesse potuto cominciare a muoversi da solo.
Oh, al diavolo!
Allungò con decisione una mano, lo afferrò come se in vita sua non avesse fatto altro che maneggiare aggeggi del genere, e si apprestò con aria battagliera a comporre il numero. L’aveva letto così tante volte, in quel grosso libro pieno zeppo di cifre che Ruby chiamava elenco telefonico, che ormai lo conosceva a memoria.
Uno zero, un sei, due quattro …
Sentì le dita tremare leggermente mentre si muovevano sui tasti, e si rese conto che il cuore aveva abbandonato il placido ritmo di sempre.
Era ridicolo. Semplicemente ridicolo!
Era una persona adulta, ed era perfettamente in grado di gestire una situazione del genere! Doveva solo cercare di mantenere la calma e cercare di non rendersi ridicola parlando con quella voce da bambina di sei anni che le usciva fuori quando era nervosa …
Bene. Numeri terminati. Ora doveva solo aspettare che il telefono la smettesse di emettere quell’angosciante tuuuuu … tuuuuu … tuuuuu e che dall’altra parte si sentisse la sua voce.
La sua voce …
Belle deglutì, il cuore che rischiava di balzarle fuori dal petto da un momento all’altro. Non c’era nulla di cui preoccuparsi, santo cielo! In fondo, stava solo facendo quello che avrebbe dovuto fare da diversi giorni! Ruby aveva ragione: doveva solo pensare a quanta voglia aveva di rivederlo – soltanto a quello - e tutto sarebbe improvvisamente sembrato più facile, più giusto. Doveva pensare solo …
«Pronto?»
Era lui. Era lui! Certo che era lui, maledizione, l’aveva appena chiamato a casa sua! Chi si aspettava che le rispondesse?
Di’ qualcosa, per l’amor del cielo, di’ qualcosa!
Tentò di parlare, ma per quanto si sforzasse dalla sua gola non uscì alcun suono. Il tono di Rumple dall’altra parte del filo, nel frattempo, si era fatto perplesso.
«Pronto? Pronto
Click.
La sua mano sembrò essersi mossa di sua spontanea volontà. Belle rimase per diversi secondi a fissare il vuoto a bocca semiaperta, la mano ancora poggiata sulla cornetta del telefono ritornata improvvisamente al suo posto.
Tremava. Da qualche parte nel suo stomaco, qualcuno sembrava aver scavato una voragine che si contraeva dolorosamente ogni volta che nella sua testa echeggiava uno di quei “pronto?”.
Deglutì, la gola completamente asciutta.
Era sempre stato un suo difetto, quello di lasciare che il buonsenso venisse sopraffatto dai sentimenti, un difetto per il quale aveva pagato il prezzo fin troppe volte. E, forse, ci era cascata di nuovo. Forse non era ancora pronta come aveva creduto. Forse il tempo aveva ancora troppe cose da riparare, sbiadire, attenuare, addolcire.
E non era detto che questo fosse necessariamente un male.
Sorrise, mentre una piccola lacrima le rotolava silenziosa giù per una guancia, e mise delicatamente da parte il telefono.
Avrebbe dovuto dire a Ruby di aumentare le scorte di caffè da Granny’s, pensò diverta, asciugandosi il viso con il dorso della mano. Era probabile che ne avrebbe fatto raffreddare ancora parecchio, nei prossimi giorni.



 
 
ANGOLO AUTRICE
Ebbene sì, non ho potuto fare a meno di inserire Ruby! La adoro, è decisamente uno dei miei personaggi preferiti! Questa volta ho deciso di buttarla un po’ più sull’umorismo e di abbandonare parzialmente  il registro malinconico da tagliatura di vene, così non rischio di annoiare nessuno ;)
Per la cronaca, in questi giorni ho avuto modo di pensarci su, e credo che (se non ci saranno cambiamenti in corso d’opera), dopo questa ci sarà un’altra one-shot, e poi probabilmente una specie di epilogo che concluderà la raccolta … ma non voglio anticiparvi nient’altro!
Spero davvero che abbiate gradito questo aggiornamento: io mi sono divertita molto a scriverlo, e spero di essere riuscita a contagiarvi con il mio divertimento!
Prima di salutarvi, però, colgo l’occasione per ringraziare tutte coloro che mi hanno seguito fin dal mio esordio in questo fandom, che mi hanno recensita o che hanno semplicemente aggiunto le mie storie alle preferite/seguite/ricordate, incoraggiandomi a continuare a scrivere di Belle e di Rumple! Grazie davvero, di cuore!
A prestissimo (almeno spero), la vostra

MrsBlack
   
 
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