Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: martaparrilla    13/04/2014    7 recensioni
"Non voglio più che mi odi per quello che stai provando. Non voglio più che guardi i miei occhi senza sapere che mi sveglio presto solo per guardarti uscire di casa e prender il tuo cornetto al bar. Che mi piace l'odore dei tuoi capelli. Mi piace il calore della tua mano. E se devi impazzire, voglio che impazzisca con me, non per me".
Una Emma e Regina in una città senza nome, si scontrano come solo loro sanno fare. Ben presto capiscono che il loro odio cela qualcosa di più grande. Ma Regina questo già lo sapeva. Gli occhi di quella bionda erano terribilmente somiglianti a qualcuno che aveva perso e questo la incuriosiva. Emma dal canto suo non riusciva a spiegarsi i brividi che sentiva quando la vedeva.
Regina ed Emma racconteranno sensazioni e sentimenti in prima persona, alternandosi tra i vari capitoli. Non dubitate della mia sanità mentale quando leggerete le stesse frasi in capitoli diversi, il motivo è semplice: una volta sarà Emma a parlare (o ascoltare), una volta Regina.
Riusciranno insieme a superare i traumi passati?
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

L'udienza preliminare è andata bene.

Quella donna fortunatamente non ha nemmeno obiettato di fronte alle foto dei lividi del figlio, foto che sono state scattate dai medici come prove. I giudici hanno confermato la custodia di Henry a me. Vive di nuovo da me ormai. Ha ripreso peso, l'ho iscritto in piscina e la sera fa i compiti con degli amichetti a giorni alterni.

La sera successiva al suo rientro abbiamo svaligiato il centro commerciale. Mancava tutto, dai vestiti ai giochi. Ma a lui sembra non interessare. Vuole stare abbracciato a me quasi tutto il tempo e io lo accontenta.

Non si addormenta mai da solo, io devo stare accanto a lui e stringerlo e cantargli una canzone. Quella donna l'ha completamente rovinato. In aula, alla vista della madre, ha cominciato a tremare, tremore che è passato solo quando siamo usciti e gli ho spiegato che poteva stare con me.

Rientro a casa per prendere dei documenti da portare all'avvocato. La causa di adozione deve iniziare il prima possibile.

Sono passata dal retro perché all'ingresso ho trovato la donna delle pulizie concentrata sul pavimento e mi è sembrato poco rispettoso rovinare il lavoro appena terminato. Attraverso l'ingresso del parcheggio e la vedo. Come un fulmine si fionda in macchina e senza pensarci due volte, come un fulmine anche io, la raggiungo.

Per mia fortuna non mette subito in moto e ho il tempo di prendere fiato prima di bussare al finestrino. Per lo spavento sbatte la testa e con sguardo palesemente arrabbiato si volta verso di me.

E la sua espressione cambia. Gli occhi si addolciscono, sembra quasi sorridere.

Abbassa quasi subito il finestrino.

«Ciao» Regina, prendi aria prima di parlare.

«Ciao Regina, è successo qualcosa?».

La sua voce è divina e mi manca da impazzire. Ho Henry tra le braccia ma sogno lei tutte le notti. Henry riempie le mie giornate ma la notte....la notte è lei a riempirla.

«No, non è successo nulla, volevo sapere solo come stavi».

«Oh...io sto bene grazie» si massaggia delicatamente l'addome. Le sue labbra sono rosse come se avesse il rossetto, i capelli le cadono come una cascata tutti nella parte destra del collo e gli occhi hanno una luce diversa.

«Henry sta bene?» non mi aspettavo mi chiedesse di lui.

«Oh si, lui sta benissimo. E' a scuola, sono passata a casa a prendere delle carte per l'ufficio e ho visto che è appena salita in macchina e...».

«Capisco. Sono contenta che vada tutto bene, ora avrei un po' di fretta, devo andare».

«Io...» le parole si bloccano proprio li, sulle corde vocali. Voglio urlarle ma non mi esce nulla. E lei sembra impaziente di andare via.

«Volevi dirmi qualcos'altro?».

Si Emma voglio dirti che ti amo, che vorrei che mi aspettassi, che sono sicura che arriverà un momento per noi, che vivremo felici con Henry e potremo avere altri figli. Che dovrebbero avere i tuoi occhi e i tuoi capelli, e che...

«No, vai pure. Ciao Emma» mi limito a dire.

Sorrido appena prima di girarmi e andare via. Varco la soglia posteriore e mi richiudo la porta alle spalle mentre il rumore del motore la porta via da me, di nuovo.

 

QUATTRO MESI DOPO

Apro il portoncino rosso.

Posso sentire chiaramente il suo profumo. Non ho più avuto il coraggio di andare in quella casa dopo il fine settimana con Emma, ma Henry aveva insistito tanto che non potevo più rimandare.

Lui si fionda nella sua camera e posso sentire chiaramente il suo saltellare sopra il letto.

«Spero che almeno ti sia tolto le scarpe» urlo prima di richiudere la porta.

Vedevo il letto un po' sgualcito dall'ingresso...a passi lenti raggiungo la camera.

Chiudo gli occhi. Posso sentire le sue mani sul mio corpo, come la nostra prima volta. I suoi capelli sul letto, il suo corpo nudo e perfetto che non chiedeva altro se non i miei baci. Era stato tutto perfetto. Talmente perfetto che era tutto finito. Ero stata così stupida e ingenua. Henry avrebbe capito...e con lei ci sarebbe stato tutto quello che avrei potuto desiderare dalla vita.

Ma lei se n'era andata, senza dirmi nulla, e non avevo idea di dove cercarla per riportarla da me.

Sul mobile di fronte al letto c'è la foto che mi ha regalato. L'ho dimenticata e non voglio riprendermela. Ho paura che rivedere i suoi occhi tutti i giorni faccia troppo male.

Raggiungo Henry al piano di sopra.

«Mi è mancata la mia cameretta in campagna».

E' l'ultimo fine settimana prima del rientro a scuola e nei mesi successivi ci sarebbero state le ultime due udienze per l'adozione definitiva. Lo guardo saltellare felice, distruggendo completamente l'ordine delle coperte. Non mi importa, se lui è felice lo sono anche io.

«Ok smontare le coperte ma non distruggere le assi di legno del letto. Tra poco mangiamo» sorrido e torno in cucina.

Metto le mani su pentole e fornelli così da preparare il pranzo. Proprio come ho fatto quel giorno.

Smettila Regina. Hai sbagliato e ne paghi le conseguenze.

Torno in camera. Devo rivedere quella foto, ho dimenticato dei particolari di lei che voglio ricordare. Stringo la cornice tra le mani prima di sedermi nel letto.

E' vero, Henry veniva prima di qualunque cosa e di qualunque persona.

Ma forse per lei potevo rischiare, forse con lei ne sarebbe valsa la pena. Lei era..lei. Mi aveva stupita, amata, coccolata...consolata come mai nessuno. E io le avevo palesemente sbattuto la porta in faccia.

Avrei potuto vincere la fascia di Miss Stupida del secolo.

«Mamma che fai?».

Sobbalzo sul letto. Henry piomba senza che possa sentirlo. Ai piedi porta solo i calzini.

«Non devi camminare scalzo, ti si raffreddano i piedi»

Si avvicina e poggio la foto dietro di me.

«Posso vedere quella foto?» mi chiede ingenuamente.

Faccio spallucce e la afferra da solo.

«Chi è?».

«Un'amica...o almeno, lo era».

«E' lei Emma?».

Come diavolo fa a sapere il suo nome?

«E tu come lo sai?».

«Una volta l'hai chiamata nel sonno...io dovevo andare in bagno e tu l'hai sussurrato ed eri triste».

Mi guarda preoccupato con i suoi occhietti dolcissimi.

«Davvero?».

«Si...sei sempre triste...non sei felice che siamo tornati insieme?».

No no no. Non voglio che pensi questo.

«Non devi nemmeno pensarlo! Ascolta» lo prendo per le braccia e lo posiziono di fronte a me, così che possiamo essere alla stessa altezza.

«Lei è....una persona a cui ho voluto molto bene quando non c'eri. Mi ha aiutata a sopportare la sua assenza. Poi tu sei tornato e io ero così felice» sfioro la sua guancia.

«E lei...lei mi faceva stare bene ma tu sei mio figlio e sei la cosa più importante di tutti e dovevo pensare a te, per questo ci siamo allontanate un pochino».

«Era la tua fidanzata?».

O. Mio. Dio.

E adesso? Mi gratto imbarazzata la fronte.

«Cosa te lo fa pensare?».

«La mia maestra una volta ha litigato con il suo fidanzato ed era tanto triste. Non l'ha detto a noi, io l'ho sentito mentre andavo in bagno e parlava con un'altra maestra. Poi un giorno ha ricevuto in classe un mazzo di rose rosse e si è messa a piangere e abbiamo fatto un abbraccio di gruppo per consolarla. Da quel giorno non è più stata triste. Mi sembri triste come lei...a volte».

«Si, un po' sono triste. Ma passerà e tu mi rendi la mamma più felice di questa terra e di tutte le terre del mondo e dell'universo».

«Perché non la chiami mamma? Magari ti vuole parlare e le manchi anche tu».

I bambini e la loro positività.

«Non è così semplice...».

«Perché no? Possiamo andare insieme...glielo dico io che sei triste perché non c'è lei».

«Amore no...non funziona così. Tra gli adulti è difficile e se lei è andata via vuol dire che non sopportava di stare nell'appartamento al quinto piano e incontrarmi per caso come quel giorno in ascensore».

«Ha delle gambe lunghiiiiissime» dice sottovoce con un sorrisetto furbo.

Scoppio a ridere.

«Si è vero».

«E' bella, sembra una principessa con quei capelli biondi».

I bambini potrebbero insegnare tante cose agli adulti. Quante sofferenze ci risparmieremo.

Come ogni gita in campagna, la passeggiata tra le case ci porta un bottino di frutta di ogni genere. Quanto ama rubare dagli alberi dei vicini!

Io faccio da palo (i vicini vengono poi ripagati con le migliori mele del mio albero) e lui prende uno o due frutti e li nasconde nella borsa, per poi svuotare il bottino sul tavolo della cucina. E questo lo eccitava in maniera incredibile, ripete sempre che è come Robin Hood che ruba ai ricchi per dare ai poveri. Solo che lui poi riempie il nostro cesto di frutta e mi obbliga a fare crostate e macedonie.

 

Dopo una giornata a camminare, passeggiare e cucinare per lui, stremato crolla sul lettone (ancora non riesce a dormire da solo).

Approfitto del momento di tranquillità per sistemare la cucina invasa di crostate e dolci di ogni genere. Avrei potuto farle a pezzetti e metterle nel freezer, così non sarebbe andato tutto sprecato.

E proprio mentre assaggio un pezzetto della mia crostata di mele che decido di salutare la mia Emma a modo mio.

Non l'avrei mai più vista. Ho sprecato la mia occasione e l'avrei rimpianto per sempre. Le sue amiche sanno che esisto e mi odiano e la cosa triste è che hanno ragione.

Devo dirglielo, devo mettere per iscritto le mie scuse e il mio addio.

Prendo un foglio tra le cose di Henry. Ama disegnare.

Nel suo astuccio colorato afferro la prima penna che mi capita sotto mano. Mi metto al tavolo.

Immaginando di averla davanti ai miei occhi inizio a scrivere.

 

“Amore mio,

Scrivo su questo foglio parole che non avrò mai il coraggio e l'opportunità di pronunciare a voce guardando i tuoi occhi, toccando le tue mani, baciando le tue labbra.

Solo oggi ho rimesso piede nella mia casa in campagna. Sono passati quasi sei mesi e in questa casa sento ancora il tuo profumo.

In qualunque angolo mi volti ci sei tu. Sul letto, in cucina, in bagno, sulla porta...perfino vicino al melo. Sei una presenza costante, quasi un'ombra che segue ogni mio passo. Henry riempie costantemente le mie giornate ma bastano cinque minuti senza di lui che tu mi piombi addosso come un camion, e rialzarmi è ogni volta più difficile.

Sai che ho portato Henry alla cascata del sole? Mi sono messa a piangere. Ho dovuto fingere che avessi sbattuto il piede in una pietra per non farlo preoccupare...ma lui aveva già capito tutto.

Le udienze per l'adozione di Henry non sono finite, ma non manca molto ormai. Ogni volta che entro dentro quell'aula mi manca la terra sotto i piedi, temo di non farcela, temo che me lo portino via. Ma ti sento anche li dentro...a incoraggiarmi, come sono certa tu saresti riuscita a fare. Si perché solo ora ho capito quanto sono stata stupida a lasciarti andare così.

Ho usato Henry per allontanarti da me quando proprio lui mi ha fatto capire quanto avresti solo migliorato la mia esistenza, e anche la sua. Questa mattina avevo la nostra foto in mano e lui mi ha detto che mi vedeva spesso triste e temeva che non fossi felice con lui. Ti rendi conto? Lui pensava non fossi felice di averlo con me.

Gli ho spiegato quanto fosse la cosa più bella che mi fosse capitata, ma che tu mi mancavi. Allora mi ha chiesto se tu fossi la mia fidanzata. Quanto imbarazzo Emma...mi sono sentita una bambina alle elementari. Lui aveva capito e sai che c'è? Non ha pensato nulla di sbagliato, voleva accompagnarmi a chiederti scusa e ha detto che hai delle belle gambe. Ti sarebbe piaciuto il mio bambino...e il suo sguardo è come il tuo. Dolce, sincero.

Avevi ragione...tu non saresti stata un ostacolo. La nostra storia, il nostro amore era agli inizi, ma Henry con noi avrebbe solo rafforzato il nostro amore. Sono stata così stupida...ma avevo paura. Avevo paura che la storia con te avrebbe condizionato anche i giudici sull'affidamento di Henry, ma ho scoperto che nel nostro stato anche due donne possono adottare i bambini che vogliono. Avremo avuto la nostra famiglia. Tu mi hai salvata e io ti ho sbattuto la porta in faccia senza nemmeno chiederti scusa.

Mi dispiace averti delusa così. So che ti ho delusa, ho letto il tuo disprezzo negli occhi il giorno che ti ho vista in macchina. Sembravi parecchio sconvolta, non so se per me o per altre ragioni, ma di certo la mia presenza non ti era d'aiuto. E il fatto che ti sia ricordata di Henry mi ha solo confermato quanto potessi essere perfetta accanto a me. Tu sei stata quasi mamma, avresti fatto di tutto per salvare tuo figlio vero? Ho pensato di fare la cosa giusta per il mio.

Solo che ho sbagliato con te, la persona che amavo.

Che amo.

Si perché quel giorno avrei voluto urlarti che ti amo ancora, che riempi i miei sogni tutte le notti, che solo l'amore per Henry mi trattiene dal correre da te e abbracciarti di nuovo.

E che non ci sarà mai nessuno importante quanto Henry nella mia vita...ma di certo non posso fidarmi di nessuno nella mia vita assieme a lui che non sia tu.

Ti amo Emma Swan.

Ti amo e devo dirti addio.

Con Amore.

 

“Temevo di disturbarti e perderti.
Temevo di annoiarti e perderti.
Temevo di lasciarmi andare e perderti.
Temevo di legarti a me e perderti.
Non sono stata me stessa e ti ho perso.”

Regina”

 

Piego il foglio in quattro e solo allora mi accorgo che ho iniziato a piangere e le lacrime lo hanno bagnato. Non importa. Tanto quella lettera non sarebbe mai arrivata a destinazione.

Ci scrivo sopra “Per Emma”.

Sistemo la sedia prima di chiudere quel foglio sul cassetto del mobile all'ingresso e andare a dormire.

 

 

Finalmente Henry è mio e nessuno avrebbe più potuto portarmelo via.

Dopo 8 mesi di estenuanti battaglie, l'esito della guerra è a mio favore. Henry mi stringe felice, con gli occhi chiusi e un'aria quasi sognante.

Ha iniziato a saltare su se stesso quando la psicologa e gli assistenti sociali gli hanno comunicato che a meno che lui non lo richiedesse esplicitamente, non avrebbe più dovuto vedere la sua madre biologica. Credo che quell'abbraccio sia la prova che sono certa, assistenti sociali e psicologi volevano vedere. Lui è felice con me, e lo sarebbe stato sempre.

Rientriamo a casa cantando tutte le canzoni che sentiamo alla radio. Avrei potuto urlare al mondo la mia felicità! Avrei voluto urlarla a Emma la mia felicità, ma lei non c'è e devo imparare di nuovo a essere felice da sola, col mio Henry.

Imbocco il vialetto del parcheggio con Henry su di giri.

«Mamma oggi pizza e coca cola vero? Vero?».

«Pizza e coca – cola. Un litro e mezzo tutto per te» gli do un pizzicotto sulla guancia prima di parcheggiare.

«Voglio vedere un film di mostri» urla mentre corre verso l'ingresso posteriore, lasciandomi indietro a chiudere la macchina. Macchina che non vuole chiudersi.

«Henry aspettami». Passo i successivi cinque minuti a litigare con la serratura della macchina.

Avrei dovuto assolutamente cambiarla quella macchina. Ha gli anni di Henry e voglio qualcosa di meno triste e più confortevole. Quella macchina è troppo..fredda...come mi disse Emma qualche mese prima. Ricordo perfettamente il suo sguardo ironico mentre pronunciava quelle parole.

«Basta, mi sono seccata! Vorrà dire che rimarrai aperta!».

Sorrido alla macchina come se fosse un essere animato: Regina, stai impazzendo lo sai? A passo svelto raggiungo l'ascensore, probabilmente Henry è già di fronte alla porta di casa. Invece chiacchiera con una donna accanto all'ascensore.

Conosco quella donna, perfettamente, è Isabella, l'amica di Emma. In mano ha uno scatolone, probabilmente glielo avrebbe portato. Raggiungo Henry.

«Buongiorno».

Sguardo freddo come il ghiaccio. Con disprezzo alza le sopracciglia.

«Ciao Henry, ci vediamo».

«Ciao Bella!» fa lui serio. Poi si volta verso di me.

«Ma che fine hai fatto?»

«Non riuscivo a chiudere la macchina...ed è rimasta aperta».

«E se la rubano?».

«Non la ruberanno, tranquillo. Hai chiamato l'ascensore?».

«Si si...».

«Chi era quella donna?».

«Mamma....».

Mi guarda in modo accusatorio.

«Ok so chi è, cosa voleva?».

«Niente, mi ha chiesto se fossi Henry e come stavo, tutto qui».

Assolutamente poco credibile. Lo assecondo con un sorriso ma ero più che certa che mi nascondesse qualcosa.

«Mamma posso andare da Matthew un attimo? Devo dargli la notizia!».

«E' un'ottima idea! Però tra un'ora a casa, che ceniamo e dormi che da domattina ti rimetti in sesto con la scuola!».

«Va bene va bene» l'ascensore si ferma e lui si precipita sulle scale.

«Non farmi urlare sempre che non devi correre!» dico ormai arresa.

Ha una vitalità fuori dal comune quel bambino.

Entro finalmente in casa, consapevole che li dentro non sarei più stata sola. La casa è di nuova viva da quando era tornato...viva e disordinata.

Emma non l'avrebbe riconosciuta. Giochi di società sul tavolo in salotto, gelatiera in cucina, orari scolastici appesi al frigorifero, scarpe sporche accanto all'ingresso, ombrello di un personaggio dei cartoni animati di cui ancora non riesco a ricordare il nome e infine lo zaino sul divano. Come direbbe Emma: un campo di battaglia!

Puntuale come un orologio svizzero, Henry torna a casa per la cena. Pizza e coca cola (gliela dovevo assolutamente concedere stavolta), accompagnano la nostra serata, seguito da un film che...non definirei nemmeno film. E' un insieme di mostri che si ammazzano in modo assolutamente sovrannaturale e idiota. Quando sarebbe stato più grande glielo avrei detto.

«Mamma ti è piaciuto?». La sua voce mi distrae dal disgusto misto a nausea che quella visione mi ha provocato.

«Da morire tesoro, tanto che credo che la prima visione sia più che sufficiente nella mia vita».

Lo abbraccio trascinandolo sul divano con me e iniziando a fargli il solletico.

«No mamma... ah ah ah ah» si dimena come un'anguilla.

«Smettilaaaaa ah ah ah ah».

«Ok basta» lo bacio sulla testa.

«Oggi sei felice mamma?».

«Come mai prima d'ora Henry».

Si mette seduto sul divano, con le gambette incrociate.

«E tu?».

«Anche io sono contento e voglio dormire nella mia camera oggi...ci provo».

Il mio ometto.

«Non sei obbligato se vuoi, c'è tempo per tornare nella tua stanza».

«No mamma ora quella donna non può portarmi via, posso stare anche da solo nella mia stanza».

«Come vuoi...magari ti raggiungo io se mi sento sola».

«Da quando hai paura del buio mamma?».

«Non ho paura del buio!».

«Oh si invece....» si alza e corre nella sua stanza.

«Mi metto il pigiama mamma, sono stanchissimo!» urla.

Mi alzo per seguirlo.

«Ma perché urli sempre?».

«Non potevo nemmeno parlare in quella casa...».

«Urla quanto vuoi amore...».

Quanto odio quella donna. Avrei voluto farle fisicamente del male con le mie stesse mani.

Dopo essersi lavato i denti si mette sotto le sue coperte e abbraccia il suo pupazzo alto quanto lui.

«Ti voglio bene mamma».

«Ti voglio bene anche io Henry» lo bacio sulla fronte «Dormi bene».

Faccio per uscire dalla sua camera.

«Ti lascio la luce accesa?».

«Ok.. »dice lui sorridendo e crollando tra le braccia di Morfeo.

«A domani...».

Accosto la porta prima di tornare in camera e imitarlo.

Sfilo lentamente i collant che ho tenuto per tutta la giornata. Ho i piedi doloranti. Sistemo la giacca e gonna del completo sulla sedia accanto al letto e infilo la camicia da notte gelida.

«Ma perché ho le lenzuola di seta?» sussurro mentre scivolo sotto le coperte, rabbrividendo per alcuni istanti. Fortunatamente il calore dello scalda sonno non tarda ad arrivare. Ma niente mi avrebbe dato calore quanto il corpo nudo di Emma sul mio...allungo il braccio sull'altra parte del letto...non ha mai dormito in questo letto ma posso sentirla lo stesso accanto a me. E' palpabile la sua presenza quanto la mia felicità per Henry.

E' palpabile quanto la stretta allo stomaco mentre stringo il lenzuolo con la mano...il cuscino sgualcito, come se ci fosse la sua testa e il mare di capelli biondi appoggiati. E' li. E' sempre stata li. Non è andata via nemmeno dopo la lettera, e non credo sarebbe mai andata via.

 

 

  
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: martaparrilla