La principessa di Dunbroch cavalcava
più veloce del vento freddo che le sferzava la folta chioma
fiammeggiante, allontanandosi dal castello e addentrandosi sempre di
più nella foresta, come se la Morte in persona le fosse stata alle
calcagna brandendo minacciosamente la falce. Nel frattempo nuvoloni
tetri e scuri si affollavano nel cielo serale.
La ragazza si aggrappava con
disperazione alla criniera del suo fidato Angus, scossa da una serie
di violenti singhiozzi che le opprimevano il petto fin quasi a
toglierle il respiro.
Non aveva la minima idea di dove il suo
possente destriero, nero come il carbone, la stesse conducendo,
inoltre aveva la vista offuscata dalle lacrime che sgorgavano
inarrestabili e copiose dai suoi occhi e le impedivano di vedere
chiaramente il sentiero; ma, in fondo, non le importava granché di
dove quella turbolenta cavalcata l'avrebbe portata, ciò che contava
era mettere quanta più distanza possibile tra lei e sua madre: la
regina Elinor.
Rumpelstiltskin attendeva paziente,
nascosto dietro un albero, le braccia incrociate al petto e la
schiena appoggiata a un tronco.
Osservò distrattamente la luna piena
che brillava debolmente dietro le nubi scure che quella sera
lambivano il cielo: ormai non doveva mancare molto all'arrivo della
povera anima sfortunata con la quale avrebbe stretto il suo prossimo
accordo. Era questione di minuti; doveva solo pazientare ancora un
po'.
Il ricordo di ciò che era appena
accaduto bruciava come una ferita appena inferta nel cuore di Merida.
Naturalmente non era la prima volta che
la ragazza litigava con sua madre, anzi accadeva molto spesso
ultimamente e le discussioni tra loro erano ormai all'ordine del
giorno.
Elinor non aveva mai capito il suo
desiderio di libertà e aveva sempre tentato di ingabbiare il suo
spirito avventuroso e ribelle per trasformarla in una principessa
come si deve: silenziosa, composta, educata, rispettosa, sempre in
ordine e, soprattutto, ubbidiente.
In tutti quegli anni, la giovane si era
sforzata di sopportare e accettare di buon grado le noiosissime
lezioni di etichetta, musica, arte e storia che la regina le
imponeva, ma da qualche giorno la situazione era degenerata a causa
dell'annuncio di un imminente matrimonio combinato che avrebbe unito
la principessa di Dunbroch a uno dei figli dei tre Lords, creando
così delle basi sicure e solide per il mantenimento della pace e
dell'ordine nel regno, in passato pesantemente lacerato da guerre
fratricide.
Merida si era sentita mancare la terra
sotto i piedi dinanzi a quella prospettiva. Era troppo giovane per
legarsi ad un uomo per il resto della vita! C'era ancora così tanto
che voleva fare, che voleva sperimentare...Così tante avventure che
l'attendevano fuori dal portone del castello!
No, non avrebbe rinunciato ai suoi
sogni e alla sua libertà per finire rinchiusa tra le quattro mura di
pietra di un palazzo, moglie di un perfetto sconosciuto e prigioniera
delle buone maniere, di tediose questioni politiche e di scomodissimi
abiti che a malapena le consentivano di muoversi e respirare.
La resa non faceva parte della sua
natura indomita e la ragazza aveva tentato fieramente di ribellarsi a
quel destino che altri avevano scelto per lei senza minimamente
preoccuparsi di tenere in considerazione i suoi sentimenti o di
chiedere la sua opinione.
Ma con il suo comportamento, la
principessa di Dunbroch aveva violato tutte le regole e infranto le
millenarie tradizioni che imponevano alle giovani donne della nobiltà
di mettere da parte la propria volontà per accettare passivamente
quella della famiglia, specialmente se questa era votata al bene del
regno; ne era conseguito un furioso litigio con sua madre che si era
concluso con il suo adorato e inseparabile arco gettato nel fuoco del
camino.
Sei un mostro! Preferisco morire
piuttosto che essere come te!
Merida
aveva urlato quelle durissime parole contro Elinor e, nell'impeto di
rabbia di quel momento, aveva squarciato l'arazzo che ritraeva
l'intera famiglia reale in modo che un unico, profondo taglio
verticale nel tessuto, dividesse inesorabilmente madre e figlia.
La ragazza aveva
colto l'orrore negli occhi della regina e si era pentita quasi subito
di quel gesto dettato da una furia cieca e irrazionale, ma di una
cosa era certa: non si sarebbe rassegnata.
Non avrebbe
rinunciato a se stessa e ai suoi sogni in nome del suo ruolo di
principessa. Avrebbe trovato una soluzione per sfuggire a quel
matrimonio che rappresentava la sua condanna e la fine di tutte le
sue speranze.
Non sarebbe tornata
a casa fino a quel momento; fino a quando non avesse trovato un modo
per cambiare il proprio destino!
La catena di
pensieri che si affollava nella sua mente venne spezzata
all'improvviso, quando Angus s'impennò bruscamente sulle zampe
posteriori, emettendo un forte nitrito nervoso e disarcionando la
giovane, che cadde a terra con un gemito di dolore e spavento.
- Oh, Angus! Adesso
ti ci metti anche tu?! -
Finalmente Rumpelstiltskin udì un
rumore di zoccoli lanciati al galoppo, seguito da un nitrito e una
voce femminile.
Si sporse un poco dal suo riparo
nell'ombra, quel tanto che bastò per scorgere una ragazza sdraiata a
terra e un grosso cavallo nero dall'aria agitata.
Il folletto si concesse un momento per
studiare la giovane: i capelli rossi, folti e indomabili come fiamme
vive, le incorniciavano il viso lentigginoso facendo risaltare gli
occhi tra l'azzurro e il verde, ora arrossati e gonfi a causa del
pianto.
Aveva sentito molto parlare di quella
fanciulla: nei vari reami si era guadagnata l'appellativo di
“Principessa Ribelle” grazie alla sua rinomata sete di libertà e
ai suoi modi decisamente poco raffinati, più adatti ad una popolana
che a una nobildonna.
Solitamente, le brave principesse si
dilettavano nella danza, nel suonare strumenti musicali, nel canto e
nella poesia; si diceva, invece, che la principessa di Dunbroch
preferisse dedicarsi a lunghe cavalcate nel bosco, scalare irte rupi
e, in particolare, tirare con l'arco, arma con la quale pareva
destreggiarsi splendidamente, al pari dei migliori arcieri uomini di
tutti i regni.
Gli ultimi pettegolezzi che il Signore
Oscuro aveva udito affermavano perfino che la giovane avesse
rifiutato il matrimonio e avesse sfidato e offeso sua madre e tutti i
presenti che erano intervenuti per assistere ai giochi durante i
quali ella avrebbe dovuto scegliere il proprio sposo fra i tre
aspiranti alla sua mano.
Il folletto sghignazzò immaginandosi
tutte quelle facce sgomente e indignate davanti a una tale
dimostrazione di sfrontatezza e impudenza.
La piccola aveva fegato, senza dubbio.
Chissà se si sarebbe mostrata altrettanto coraggiosa dinanzi a lui.
Non avrebbe tardato molto a scoprirlo:
era giunto il momento di entrare in scena.
Merida si rialzò, togliendosi di dosso
la polvere e la terra che avevano imbrattato l'elegante vestito che
sua madre le aveva fatto indossare in occasione dei Giochi, già
sgualcito, sporco e lacero dopo quell'impetuosa cavalcata nel cuore
più fitto del bosco.
Da qualche parte un gufo lanciò il suo
cupo richiamo, che risuonò tutt'intorno.
Solo allora la ragazza si rese conto di
non riconoscere assolutamente il luogo in cui si trovava: una piccola
radura circondata dalla vegetazione e bagnata dalla luce lunare.
- Ti sei persa, dearie? -
Merida sobbalzò e si voltò di scatto
verso il gruppo di alberi, nascosti nella penombra, dal quale si era
levata quella vocetta acuta.
I suoi occhi attenti di arciere misero
a fuoco i contorni di una strana figura in piedi tra i fusti; pareva
avere sembianze umane ma non ne era del tutto sicura.
- Chi sei? - Domandò la principessa,
cercando di imprimere alla propria voce un tono sicuro e di
nascondere la paura che le stringeva il cuore.
Non ottenne una risposta, ma solo una
risatina agghiacciante.
- Fatti vedere, codardo! -
La risata cessò bruscamente a quelle
parole e, molto lentamente, la figura misteriosa uscì dall'ombra e
mosse qualche passo verso di lei.
Merida spalancò gli occhi quando si
ritrovò di fronte uno strano essere con la pelle squamosa, il cui
colore variava dal verde al grigio e rifletteva i raggi lunari,
lunghi artigli neri alla fine delle dita affusolate, e occhi scuri
dalla pupilla stretta che le ricordarono molto quelli di un rettile.
Non si sarebbe stupita se quella creatura avesse avuto anche la
lingua biforcuta.
- Chi sei? - Ripeté, tentando in ogni
modo di mantenere la calma e di ostentare un coraggio e una sicurezza
che, almeno in quel momento, non sentiva di avere.
- Permettimi di presentarmi, dearie. -
Così dicendo, l'essere allargò le braccia e si proferì in un
profondo inchino, che risultò, al fine, quasi ridicolo. -
Rrrrrrumpelstiltskin. Al tuo servizio. - Disse, marcando e
prolungando sensibilmente la consonante iniziale.
Rumpelstiltskin?
In un primo istante, Merida credette di non aver mai udito un nome
tanto strano e contorto, eppure un vago, sfocato ricordo si risvegliò
nei recessi della sua memoria.
Rumpelstiltskin. Rumpelstiltskin.
Dove aveva già sentito quella parola?
E finalmente, i
suoi pensieri si focalizzarono su una lontana reminiscenza, che si
fece, gradatamente, sempre più nitida e chiara, come un quadro che
si compone e acquista, pian piano, colori e forme dai contorni sempre
più definiti.
Una volta, anni
addietro, sua madre le aveva raccontato una leggenda a proposito di
un potente mago: il suo nome era proprio Rumpelstiltskin, ma egli era
meglio noto come il Signore Oscuro.
In grado di fare
qualsiasi cosa grazie alla magia, costui era perfino capace di filare
della semplice paglia all'arcolaio per poi tramutarla in fili di puro
oro zecchino.
Tuttavia, la
ragazza ricordava anche che il folletto della storia era malvagio e
perverso e si serviva delle arti più oscure per portare a termine i
suoi misteriosi piani ai danni dei poveri sventurati che incrociavano
il suo cammino. Sua madre le aveva raccontato anche come egli
nutrisse una grande passione per i patti e gli accordi, che la
maggior parte delle volte si concludevano a suo esclusivo vantaggio.
Le leggende sono insegnamenti; in
esse c'è la verità.
Merida aveva
imparato a memoria quelle parole fin da piccola, ma mai avrebbe
creduto di trovarsi faccia a faccia proprio con uno di quei remoti e
fantastici personaggi dei quali sua madre le aveva narrato da bambina
e che popolavano le sue fantasie.
- Voi siete...il
Signore Oscuro? - La principessa pronunciò quella domanda con voce
incredula e venata di una punta di scetticismo.
Lo strano uomo
ghignò e annuì: - In persona, mia cara. E so che c'è qualcosa che
vuoi disperatamente. - Il suo tono si fece improvvisamente caldo e
suadente. - Qualcosa che io posso offrirti. -
Merida rabbrividì;
c'era un certo non so che in quell'essere che la spaventava a morte
e, allo stesso tempo, l'affascinava tremendamente; come una fiamma
che attira le falene grazie alla sua luce per poi bruciarle non
appena esse si avvicinano troppo.
Si morse il labbro
con fare nervoso. Non era un'idea saggia quella di dare corda a quel
folletto malvagio e forse avrebbe fatto meglio a tornare
immediatamente sui suoi passi. Ma nonostante la diffidenza che
provava nei suoi confronti, decise di essere sincera; se lui poteva
davvero aiutarla valeva la pena di tentare, in fondo cos'aveva da
perdere?
- Sì, in effetti
c'è una cosa che vorrei moltissimo. Vedete, si tratta di mia madre.
- Cominciò. - Lei non mi capisce e...e sta rovinando la mia vita! -
Naturalmente
Rumpelstiltskin conosceva già tutta la storia e sapeva anche ciò
che la giovane avrebbe finito per chiedergli, ma la lasciò
continuare.
- Voglio un
incantesimo che le faccia cambiare idea riguardo al matrimonio. Un
incantesimo che cambi il mio destino! -
Il folletto sorrise
davanti a tanta ingenuità: che stupida e illusa ragazzina! Niente e
nessuno poteva modificare il fato o divergere dal percorso tracciato
per sé dalla sorte. L'aveva imparato molto bene nei suoi lunghi
anni, a sue spese.
Ad ogni modo,
perché quell'accordo andasse a buon fine, era necessario far credere
alla principessa che lui era in grado aiutarla.
- Allora? Potete
farlo? - Chiese Merida con impazienza.
- Ma certo, dearie.
Io posso fare qualunque cosa. - Il volto della ragazza s'illuminò
nell'udire quella risposta, ma il Signore Oscuro alzò l'indice in
segno di avvertimento. - Ma, come di certo saprai, la magia ha sempre
un prezzo. -
Il sorriso
entusiasta scomparve dalle labbra della principessa. Ma certo,
avrebbe dovuto pensarci subito: l'Oscuro non faceva mai nulla senza
ricevere qualcosa in cambio.
- Che cosa volete?
- Domandò, titubante.
Rumpelstiltskin
sorrise nuovamente e mosse qualche passo in direzione di Merida, fino
a trovarsi a pochi centimetri da lei.
La ragazza poteva
quasi contare le striature dorate che scintillavano nei suoi occhi.
Strinse forte i pugni lungo i fianchi e dovette ricorrere a tutto il
suo autocontrollo e ad ogni briciola di coraggio che possedeva per
non indietreggiare.
Con inaudita
lentezza, il folletto allungò una mano e, con un unico e deciso
strattone, ruppe il cordino del ciondolo che la principessa portava
al collo e che recava l'intricato stemma del regno.
L'Oscuro si rigirò
il medaglione tra le mani per osservarlo meglio. L'oggetto sembrò
soddisfarlo e quando ebbe finito di esaminarlo con attenzione, tornò
a rivolgersi alla sua interlocutrice. - Basterà questo. Allora,
abbiamo un accordo? -
Merida si morse il
labbro; quel pendente le era stato tramandato da suo padre ed era
appartenuto alla sua famiglia per moltissimi anni, ma, di certo, non
valeva la sua libertà. Nulla valeva la sua libertà. Avrebbe
accettato qualunque prezzo.
Puntò i propri
occhi in quelli inumani di Rumpelstiltskin e annuì con decisione: -
Sì. Accetto. -
L'altro batté le
mani come un bambino eccitato e proruppe di nuovo nella sua risatina
stridula.
- Ora cosa farete?
Lancerete un incantesimo per far cambiare idea a mia madre?
Preparerete una pozione? -
- Un po' di
pazienza, dearie! Ora lo vedrai. -
Il folletto agitò
la mano in un gesto rapido e nel suo palmo, in una densa nuvoletta
purpurea, si materializzò quello che pareva davvero un semplice e
quantomai innocente pasticcino, con tanto di ripieno di marmellata.
Merida pensò che
il Signore Oscuro la stesse prendendo in giro e alzò un
sopracciglio, scettica: - Come? Tutto qui? Che significa? -
Rumpelstiltskin le
porse il dolcetto: - Basterà che tua madre dia un solo morso a
questo e il tuo destino cambierà, dearie. -
- Ma...è un dolce!
-
Le iridi di lui
lampeggiarono pericolosamente: - Be', se non lo vuoi... -
- No! Cioè, va
bene. Lo voglio. -
La principessa non
era per nulla convinta che il folletto stesse dicendo la verità, ma
prese ugualmente la tortina dalla sua mano.
- Grazie. -
La giovane si voltò
e s'incamminò verso Angus, pronta a tornare al castello e a trovare
una scusa per far mangiare a Elinor quel pasticcino magico.
- Oh, prima che tu
vada, dearie, c'è una cosa che devi sapere. -
Merida si girò di
nuovo verso l'Oscuro: - Di che si tratta? -
Lui la fissò con
un ghigno e iniziò a recitare una specie di strana filastrocca,
muovendo le mani in una serie di gesti teatrali e imprimendo un tono
esageratamente solenne alla propria voce, che risuonò in tutta la
radura: - Se il destino vuoi cambiare, dentro devi guardare; e lo
strappo dall'orgoglio causato riparare. -
La principessa era
sempre più confusa; Rumpelstiltskin se n'era accorto e pareva anche
molto divertito dalla sua espressione incerta e disorientata.
- Tieni bene a
mente queste parole, dearie. Ti saranno molto utili. -
La ragazza avrebbe
voluto domandargli il perché, ma dubitava che il folletto le avrebbe
dato una risposta sensata, e poi era impaziente di tornare a casa e
testare l'efficacia del dolcetto stregato.
A un tratto, si
ricordò di essersi persa; come avrebbe ritrovato la strada? Si
guardò intorno, spaesata, cercando una qualunque traccia di un
sentiero o di un punto di riferimento per potersi orientare.
L'Oscuro parve
leggerle nel pensiero e sorrise: - Oh, non preoccuparti, dearie.
Basterà seguire i fuochi fatui. Loro ti indicheranno la via del
ritorno. -
In effetti, proprio
in quel momento, comparvero dal nulla degli esserini luminescenti che
assomigliavano a piccole fiammelle tra il blu e l'azzurro. Tutti
insieme indicavano una direzione precisa che conduceva fuori da
quello spiazzo erboso.
Merida sorrise:
erano anni che non aveva occasione di vedere quelle creaturine ma
sapeva che l'avrebbero aiutata.
Montò in sella al
suo destriero, lanciò un ultimo sguardo a Rumpelstiltskin, che la
osservava compiaciuto, e prese a cavalcare, percorrendo il sentiero
che i fuochi fatui avevano tracciato per lei.
Il Signore Oscuro
seguì con lo sguardo la giovane principessa, fino a quando la sua
chioma di fuoco non scomparve tra gli alberi.
Sogghignò,
divertito e soddisfatto. Oh sì, quell'innocente dolcetto avrebbe
contribuito a cambiare il suo destino, ma il come si sarebbe
rivelato una gran brutta sorpresa per quell'intrepida fanciulla.
Come si sarebbe
evoluto il corso degli eventi sarebbe dipeso solo da lei, perché se
è vero che non si può sfuggire completamente alla grande Ruota del
Fato, è altrettanto vero che buona parte del nostro destino è solo
nelle nostre mani e si costruisce attraverso le nostre scelte, giuste
o sbagliate che siano. Aveva imparato anche quella lezione a sue
spese molto tempo prima.
Da Stria93:
Bentrovati a tutti, splendori miei! :D
L'idea di cimentarmi nella stesura di una storia che vedesse
protagonisti Rumpel e Merida (al secondo posto nella classifica delle
mie principesse Disney preferite) mi stuzzicava già da molto tempo.
In particolare, mi sono sempre domandata cosa sarebbe accaduto se non
fosse stata la simpaticissima Strega Intagliatrice a fornire alla
principessa di Dunbroch l'incantesimo che avrebbe cambiato il suo
destino, bensì il nostro amato Signore Oscuro.
Mi sono divertita moltissimo ad inserire Rumpel nella vicenda di
“Brave” e spero proprio che, magari nella prossima stagione di
OUAT, la coraggiosa principessa di Dunbroch faccia la sua comparsa.
Questo è il mio primo crossover vero e proprio e sono curiosissima
di conoscere le vostre impressioni a riguardo. Spero di non aver
fatto un pasticcio!
Naturalmente sono ben accetti anche critiche, consigli e commenti
negativi! ;)
Ringrazio tantissimo da subito tutti coloro che leggeranno, o che si
limiteranno anche solo ad aprire questa storia, e ancora di più chi
mi lascerà il proprio commento, anche piccolo piccolo.
Un bacione a tutti, dearies! :* <3