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Autore: Gipsy Danger    15/04/2014    2 recensioni
L'ultimo è il peggiore di tutti, a suo parere. L'unica pellicola per bambini che siano riusciti a trovare. Talmente brillante e vivida che la maggior parte degli adulti, come lo sente nominare, sbuffa, impreca, sputa – e scappa. Non ne fa loro una colpa: la fuga è un istinto naturale, l'ultima risorsa della miseria. L'ha adottata anche lui. Tante volte. Troppe volte. Forse, mai abbastanza.
SAINW! Universe, spin - off di Crystallize e Sinestesia. Raph!Centric.
Genere: Angst, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Raphael Hamato/ Raffaello
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Water Lilies'
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Looking for Angels

{ Walk this world alone try to stay on my feet
Sometimes crawl, fall, but I stand up cause I'm afraid to sleep
All the faces are filled with so much anger
Losing our dignity and hope from fear of danger
After all the wars, after settling the scores,
at the break of dawn we will be deaf to the answers }

È stata un'idea di Angel, trascinare quel vecchio televisore fin nei sotterranei della città. All'inizio è rimasto piantato in un angolo a prendere polvere, perché April non aveva tempo di ripararlo. Ci si sono messi sotto un po' tutti, una spina qua, un tubo là, improvvisandosi elettricisti in una favoletta che ha anticipato quelle mandate in onda quando il catorcio ha ripreso a funzionare.

Hanno tre pellicole. Tre vecchissimi dvd che ormai si stanno consumando in maniera irrimediabile. Gojira è il meno rovinato: non lo vuole vedere nessuno, nemmeno gli adolescenti. Quelli che ormai hanno fatto il callo agli scoppi degli shrapnel, al silenzio investito da una pioggia di ghiaccio, ai corpi che qualche volta tornano ad affiorare sotto barricate di detriti. Dopo la prima missione in superficie, non hanno più bisogno di un'apocalisse edulcorata dagli effetti speciali. Diventano sempre più bravi a smettere di fingere, e a sopravvivere a quella vera.
Poi c'è l'immancabile Western, decrepito ancora prima che il loro personalissimo inferno prendesse forma e sostanza nel corpo meccanico di Ch'rell – di quello è bello solo l'inizio. Quando il soldato raggiunge l'avamposto della frontiera, da solo, trovando pace nella compagnia di un lupo altrettanto solitario. È facile da capire. Facile da rispettare. Facile, finché non arriva l'uomo bianco a sterminare, con la sua impeccabile precisione, la tribù indiana, costringendola all'esilio. Prima di quel momento, il film viene interrotto. Sempre. Un'egoistica pretesa di non – esistenza della stupidità del colonialismo, per il quieto vivere della comunità di ribelli.
Sono bianchi, neri, asiatici, ispanici, lì sotto. Dal bianco irlandese della pelle di April fino a quella di un morbido teak di quell'argentino aggregatosi poche settimane fa, compongono i tasselli di un'umanità distrutta.
Un tempo l'avrebbe riempito di soddisfazione, trovare del verde tra quelle schegge di colore; ma gli anni sono passati, le cicatrici rimangono. A reclamare, da un atto di guerriglia all'altro, il prezzo di sangue per la sua sopravvivenza. Tra un po' non avrà più pelle da far combaciare con le dita confortanti di April.

L'ultimo è il peggiore di tutti, a suo parere. L'unica pellicola per bambini che siano riusciti a trovare. Talmente brillante e vivida che la maggior parte degli adulti, come lo sente nominare, sbuffa, impreca, sputa – e scappa. Non ne fa loro una colpa: la fuga è un istinto naturale, l'ultima risorsa della miseria. L'ha adottata anche lui. Tante volte. Troppe volte. Forse, mai abbastanza.
Quando la bimba gli è trotterellata vicino per tirargli una manica, la custodia di plastica sbreccata stretta tra le dita sporche, ha lasciato da parte la cassetta degli attrezzi e l'ha seguita. Lo stesso stoicismo che mette nei turni di ronda l'ha dedicato al gruppo di bambini che lo aspettavano, accoccolati gli uni vicino agli altri, con trepidazione muta.
I più piccoli hanno imparato da tempo a non salirgli in braccio nel momento in cui si accuccia ad un livello accettabile. Lo fanno ancora con Michelangelo, evitando il braccio monco come se non esistesse – con lui, no. Si presta volentieri a far ripartire la tv, ignorando le statiche che pulsano sullo schermo, ma ogni volta che piccole mani gli si stringono sulla giacca, le allontana con burbera cautela. Se le districa di dosso, ragnetti pallidi incredibilmente tenaci per essere tanto scarni.
Spaccar crani e schiacciare legionari. Questo è l'unico gesto di affetto che conta. Il suo contributo ad una torma di figurine spente e arruffate, dagli occhi grandi e visetti smunti. L'ultima generazione di uomini e donne liberi razzola nella miseria, una storia ripetuta una, due, trenta volte: luci abbaglianti, urla, fucili puntati, adulti trascinati via e mani di soldati infilate sotto ai letti, per snidarli dall'ultimo nascondiglio. Questi, al rifugio, sono quelli a cui è andata bene. Quelli che hanno solo perso la casa. Oppure un braccio. Oppure l'innocenza. Sono pochi, pochissimi, rispetto a quelli che non ce la fanno. 
Prima o poi, Raphael ha smesso di contare i sommersi e ha cominciato a pensare solo ai salvati. Non hanno bisogno di moine. Hanno bisogno di un mondo pulito, depurato dal lordume che la guerra getta su tutti loro. Hanno bisogno di aggrapparsi a qualcosa che li aiuti ad imparare a sopravvivere.

“Siete seduti? Finché non piantate giù quei sederini ossuti non faccio partire un bel niente,” ruglia, nel trapestio di piedini che cercano un posto. Non gli serve guardarsi alle spalle. Ci sono bisbigli e spinte, e nasini che colano e gole straziate dai colpi di tosse. Lamentele, mai. E poi il silenzio.
Schiaccia l'avvio. Il vecchio logo della Disney tremola, sbiadito, davanti al suo naso. Titoli di testa. Buio.
“Questa è la storia di come sono morto. Ma non vi preoccupate, in realtà è una storia divertente, e per dire la verità, non è nemmeno mia. È la storia di una ragazza di nome Rapunzel. E comincia...con il Sole.”
I bambini si zittiscono a vicenda. Raphael si appoggia al muro, braccia incrociate, preparandosi all'ennesima manfrina zuccherosa sul fuorilegge e la principessa nascosta nella torre.
Si farà scorrere addosso tutto. O quasi.

Flower, gleam and glow
Let your power shine
make the clock reverse
bring back what once was mine

*

Il Sole fa filtrare i suoi raggi attraverso le nuvole. Soffia una brezza leggera a spingerle via. Quando l'ha avvertita attraverso le maglie infeltrite del vecchio maglione di Casey ha capito che era ora di togliersi di dosso gli abiti umani e lasciar prendere aria alla pelle. Farsi spazzare via di dosso il grigiore invernale, le vecchie ferite, le tonnellate di fuliggine che sono venute giù dal camino quando l'hanno sgorgato da mesi di fuochi accesi per scaldarsi.
Fa freddo, ancora, ma è un freddo corroborante. La conferma definitiva che la primavera è arrivata e passerà presto. Gli addestramenti sono riprese. Le routine, di nuovo in movimento. Leonardo ha rifatto il filo a Musashi e Kamiizumi, seduto sotto il portico, mostrando ad April come si tempra la spada tra la pomice e l'acqua. Parla ancora poco, ma la sua voce ha smesso di suonare rauca e bassa. Quando Ape gli ha chiesto di insegnarle il prossimo kata, ha sorriso. Le spalle di Donatello si sono coperte di spruzzi di lentiggini, da quando ha cominciato a lavorare all'aperto. Perfino i loro rapporti sono migliorati, più distesi.  Michelangelo è in moto perpetuo. Quando non scrive, si allena, quando non si allena cucina. O tampina uno di loro. O va nei boschi. Qualunque cosa sia, si può star certi che un momento sarà alle tue spalle, quello successivo non più.
È una pace illusoria, la calma prima della tempesta. Il risveglio di sensi intorpiditi da un inverno che ha lasciato loro addosso cicatrici di geloni e ghiaccio rotto, brividi sottopelle che ancora non si sono dissolti.
Passerà molto tempo prima che smetta di vigilare sulla fattoria di Northampon, quell'ultimo rifugio sgangherato che li ha protetti in  quegli interminabili mesi – ma oggi, accoccolato contro il comignolo, con gli occhi socchiusi e il viso inondato dalla luce, Raphael sa che può riprendere a respirare.
La strada è lunga e costellata di insidie. Presto, torneranno a calcarla. Nel frattempo, nulla lo fermerà dall'assicurarsi che la sua famiglia sia al sicuro.

*
Heal what has been hurt
change the Fate design


“Eri il mio nuovo sogno,” soffia il ladro, sommesso. La principessa piange.
“E tu eri il mio.”
Raphael chiude l'occhio buono. Nel chiarore sbilenco dello schermo, potrebbe quasi giurare di avvertire un calore fievole toccargli il volto in punta di dita. Ma forse è solo una ventola, uno scarico. Una sensazione fantasma.  
Apre la palpebra.  I bambini sono zitti, aspettano il finale trionfale. Quando tutto si riaggiusterà, il ladro tornerà in piedi e porterà via la ragazza dalla torre. Come tutte le grandi storie che si rispettino, in cui, appena prima dell'alba, l'oscurità è totale. Completa.
Siamo finiti nella favola sbagliata, è il pensiero, quasi pigro. Gran finale, il buio trionfa. Tutti sotto la cenere.

Save what has been lost
Bring back what once was mine

Silenziosa, Angel si accosta al muro, tormentandosi con le dita le ciocche di capelli tinti di viola stinto. Si salutano con un cenno del capo, ognuno avvolto nel proprio giubbotto rovinato. Lui la supera di quasi trenta centimetri. Lei ha le dita incallite a forza di imbracciare il kalashnikov che le pende dalla spalla.  Guardano insieme spalle ossute che si rilassano, occhi che riprendono a splendere, sorrisini di vittoria.  La vittoria in technicolor su un mondo che sta andando a puttane.           
“Ci si salva la vita nelle maniere più strane,” commenta la ragazza.
Raphael sfiata un sospiro. Sospinge il ricordo da parte, con meno rabbia, meno tristezza di quanto gli capiti di solito.
“...Già."
E' ora del suo turno di guardia.

What once was mine.

{ I became a savior to some kids I'll never meet
What will you do to make a difference, to make a change?
What will you do to help someone along the way?
Just a touch, a smile as you turn the other cheek
Pray for your enemies, humble yourself, love's staring back at me

In the midst of the most painful faces
Angels show up in the strangest of places }


Looking for Angels, Skillet.

"Imputo" questa one - shot a Switch, che, fornendomi il prompt nell'ultima recensione, mi ha convinto a lavorare anche su Raph. Avrei rischiato di diventare pedante, se fossi partita dalla stessa situazione, e morivo dalla voglia di fare qualcosa ispirato a Same as it Never Was. Unite le due, questo è il risultato. I film citati sono Godzilla - qui chiamato col titolo originale - , Balla coi Lupi e, come sicuramente avrete capito, Rapunzel. Ho tenuto la versione originale della canzone, meglio adattabile alla situazione.  I lyrics iniziali e finali sono degli Skillet. Li amo alla follia e li ho sempre identificato con questo particolare episodio.
Switch, spero di non aver stravolto l'idea che avevi. Volevo dipingere Raphael nel suo ruolo di sentinella, allora come ora, e sottolineare lo stacco. In ogni caso, ti ringrazio per l'ispirazione.

Kei



   
 
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