Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: E m m e _    18/04/2014    4 recensioni
In un mondo dove gli Angeli hanno preso il sopravvento, costringendo il genere umano alla schiavitù, o peggio alla morte, Allison si risveglia all’interno di una delle stanze del Paradisum, unità operativa dei nuovi sovrani del Pianeta Terra, con l’unico ricordo di cadere da un edificio e una voce che la chiama.
Non conosce la sua identità ma sa che, probabilmente, è già morta, caduta vittima degli Angeli.
Ad attenderla al suo risveglio, però, Caliel, un Angelo in attesa che Aniel, la sua compagna di vita, si risvegli dal suo sonno nel corpo mortale di Allison.
Ma ciò non accade.
Lei sa di essere in pericolo, così come ogni essere umano rimasto sul Pianeta, ma non può scappare.
Il suo destino è segnato: diventare una schiava o morire.
E lei non può permetterlo.
Genere: Azione, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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1.
Risveglio
 
 
Il risveglio fu come la Caduta. 
Ogni particella del mio corpo si stringeva pericolosamente a un'altra, nella vana speranza di non schiantarsi a terra.
Sentivo ogni centimetro del mio corpo immobile, forzato alla paralisi anche psicologica a cui mi sentivo sottoposta.
Non riuscivo a pensare a più di una cosa alla volta, nonostante ogni pensiero fosse collegato all'altro, in maniera quasi maniacale, e tutti alla fine si fondevano in un'unica sola parola, sette lettere, un nome in realtà, urlato da migliaia e migliaia di voci diverse in ogni singolo pensiero, pulsando in ogni parte di me a un ritmo costante, fino a farmi quasi impazzire. 
Allison.
Pian piano, con una lentezza straziante, presi conoscenza del mio corpo, mentre prima ero solo un mucchio di pensieri confusi e particelle impazzite, pronte a unirsi pur di non morire. 
Ora sapevo perfettamente dove avevo le mie mani, strette in pugno, esattamente alla fine di entrambe le braccia, praticamente incollate ai fianchi. 
Sentivo gli arti addormentati, le gambe bruciavano terribilmente alla ricerca dell'anche più minimo movimento.
Ero immobile, paralizzata nel più oscuro pensiero, quel grido straziante che portava il mio nome. 
Allison.
Sentivo qualcosa di fresco sfiorare ciò che credevo il mio viso, vento fresco di primavera che portava con sé il profumo degli alberi in fiore e delle margherite del prato fuori casa.
Era una bella sensazione, quella di sapere di avere una casa alla quale tornare, ma allo stesso tempo la bizzarra idea di non trovarvi nessun viso conosciuto all'interno superava quasi la felicità di farvi ritorno. 
Più tentavo di far mente locale, più il tentativo di ricordare almeno un viso famigliare si faceva disperato, un dolore lancinante che comprendeva tutta me stessa, come un tuono che squarciava la barriera silenziosa del cielo.
Sentivo qualcosa dentro di me gridare, figure che si stendevano come vernice nella mia memoria, una tela bianca affiancata a barattoli di vernice fresca. 
Allison. 
Un'Allison bianca, vuota, con l'aria tiepida di primavera che le sfiorava le punte dei piedi nudi, sporchi, gonfi e sanguinanti.
Un'Allison senza respiro che guardava l'oscurità, il vuoto infinito sotto di lei.
Un'Allison che non aveva più niente, né una casa né dei volti familiari ai quali far ritorno. 
Allison che non aveva più scelta se non quella di guardare il vuoto sotto di lei, tanto vicino da poter toccare con mano, e di lasciarsi inghiottire da essa facendo quell'ultimo breve passo...
E quando l'aria colpì il suo corpo, con furia quasi, toccò anche il mio, quando la fragranza delle margherite e degli alberi in fiore fu sostituito da quella del sangue, avvertì lo stesso ferreo profumo, e quando fu inghiottita dalla più tetra oscurità anch'io lo fui.
«Allison!», voci distorte continuavano a vagare nella mia mente mentre un sussulto nasceva in me come un grido in chi si risvegliava da un incubo. 
«Allison...», la voce mi chiamava come una ninna nanna, «Alli...» e andava pian piano scomparendo in un nuovo suono, a me sconosciuto, un nuovo nome, una nuova identità che non mi apparteneva, «Aniel», disse la voce quasi in un sussurro. 
«Bentornata a casa Aniel...», sussurrò ancora con tono pacato. 
Sentii per la prima volta gli occhi muoversi sotto le palpebre, in un movimento confuso e disperato. 
Riuscii a muovere le dita dei piedi, piano, e poi anche le mani, con leggeri ticchettii dei polpastrelli lungo la superficie fredda sulla quale sedevo.
Fu più facile per me anche aprire la bocca e respirare, prendendo più aria possibile per riempire i polmoni, doloranti alla ricerca d'ossigeno. 
«E ora apri gli occhi Ania...», e lo feci. 
Per la prima volta da quando l'oscurità mi aveva inghiottita nel suo abbraccio, aprii gli occhi. 
E la luce mi tolse il respiro, come aveva fatto la prima volta anche il buio, fin quando poi non vidi lui, e il mio cuore smise di battere per la seconda volta...
 
Angolo autrice:
Dedica:
Dedico questa storia alla mia Engi che, anche se non posso vederla sempre, rimane nel mio cuore, qualunque cosa accada. 
Non più una amica del cuore, non più una sorella, ma molto di più <3
Sei tu il mio Angelo, il mio Angelo buono, s'intende <3 
Ti voglio bene.

Ringraziamenti:
Ringrazio la mia Ele per l'aiuto che mi ha dato col titolo *-*;
Alice per avermi sopportato per tutto il tempo con questa stramba idea;
la mia Skipper per avermi supportato con trama e banner.


Spero la storia vi sia piaciuta, fino a qui, e spero di ricevere al più presto qualche parere :)
Grazie di aver letto e...
ALLA PROSSIMA :*

-Miri


 
   
 
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