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Autore: AxXx    20/04/2014    3 recensioni
Dopo la battaglia di Manatthan Alex Dahl torna, con la sua orda, in Norvegia, dove, dopo tante fatiche, può riposare.
Ma un mezzosangue non può mai riposare. Infatti, quando Odino perde i suoi corvi messaggeri, non fidandosi di nessuno per ritrovare i suoi messaggeri personali, chiede aiuto al figlio che, per l'ennesima volta, è costretto ad abbandonare il suo campo per una missione che, ancora lui non lo sa, lo porterà ad incontrare qualcuno di molto speciale.
[Sangue del Nord Crossover Kane Chronicles]
(Ringrazio Lilium, mia compagna in questa piccola avventura laterale :3 )
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Spin-off Sangue del Nord'
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                                              A CACCIA DI CORVI

 

 

 

 

 

Londra.

Molti dicevano che Londra era la città più sacra ad Odino, dato che i corvi, i suoi animali sacri, adoravano vivere lì. Le sue torri erano rifugi naturali per i neri rapaci che mio padre adorava.

Era anche la casa di Hugin e Mugin. Adoravano appollaiarsi sulla cima del Big Ben per cantare la loro versione di God Save the Queen. Il problema era proprio questo: Dove diavolo erano finiti quei due corvacci.

Se non si fossero persi, a quest’ora, sarei potuto rimanere al campo, con Astrid. Invece no! Arriva mio padre e: I Miei corvi sono spariti, tu sei mio figlio, vai a Londra e ritrovali!

Come fai a dire di  No” al Re degli Dei Nordici?

Ovviamente non lo puoi fare nemmeno se sei suo figlio.

Così eccomi a Londra, davanti a Buckingham Palace, alla ricerca di qualsiasi indizio utile: sembrava che fossero passati da lì, ma la mia magia di ricerca non dava risultati.

Quanto avrei voluto che Astrid o Einar fossero con me, almeno mi avrebbero potuto dare una mano. Il problema è che non sapevo dove andarli a cercare: mio padre non mi aveva detto molto: erano i suoi messaggeri, quindi potevano essere ovunque, nel mondo. Avevo scelto Londra perché era un luogo “sacro” per i corvi.

Solo che non avevo ancora trovato nulla: la Runa sembrava ancora dirmi che erano in zona, ma dove? Londra era una città immensa. Sospirai e mi allontanai dal Palazzo Reale. Avrei potuto chiedere ad Elisabetta, figlia di Idunn di darmi una mano, ma non mi pareva giusto scomodare la Regina di Inghilterra per la mia impresa.

Dovevo farcela da solo.

Mi inoltrai in una stradina laterale, cercando di tenermi lontano dai mortale, onde evitare di metterli in pericolo in caso di attacco di mostri. Ce n’erano tanti, nelle città.

Percorsi varie strade, perdendomi nella labirintica metropoli londinese. Usai due volte la metropolitana, viaggiando ai quattro angoli della città. Mentre camminavo dovetti disintegrare un trio di goblin che stavano rovistando in un bidone ed un enorme orco che aveva deciso di usare la mia testa come palla da baseball (Ovviamente con poco successo).

Alla fine della giornata sospirai e mi infilai in un McDonald dove presi un panino. Non che mi piacesse particolarmente il posto, ma era l’unico dove non ti facevano troppe domande: di solito, un ragazzo senza un occhio, in un pub, tende ad attirare troppo l’attenzione e i mostri mi davano già abbastanza problemi. Non volevo trovarmi anche la polizia tra i piedi.

Mentre mangiavo avvicinai lo zaino esteso che avevo poggiato per terra. Aveva l’aria di un normalissimo zaino, ma dentro ci poteva stare davvero di tutto. Dentro c’era Excalibur, la mia felpa-armatura, rune in quantità e tutto l’occorrente per un’impresa con i fiocchi.

Tutto compresso in un normale zaino di scuola.

Da una delle tasche laterali tirai fuori una foto: era una semplice foto, nulla di magico o anormale. Mostrava me ed Astrid abbracciato con, sullo sfondo, il campo Mezzosangue, in America. Era da quando avevamo messo fuori gioco Loki che me la portavo dietro.

Mi ricordava quello che dovevo proteggere e l’amicizia che, ormai, legava i due campi di semidei.

Proprio mentre ero distratto, perso nelle mie elucubrazioni melodrammatiche, degne di una telenovela, ecco che arrivò il Dio che, meno di tutti, mi faceva venire voglia di inchinarmi a lui.

“Bella foto!”

La voce che mi raggiunse mi fece sobbalzare alla grande, tanto che, per poco, non mi andò di traverso il panino.

“Loki! Che diavolo ci fai, qui!?” Domandai, dopo aver tossito a lungo, per liberare le mie vie respiratorie. Avevo imparato a non fidarmi del Dio, da quando aveva cercato di distruggere Asgard e l’Olimpo. Adesso si era rimesso in riga ed indossava una maglietta nera strappata, jeans neri attillati, anch’essi strappati e una bandana che gli copriva i capelli che rivaleggiavano con la notte senza stelle.

“Non lo immagini?” Domandò con un sorrisetto. “Sto cercando di aiutarti.”

“È più facile pensare che l’unico aiuto che mi darai sarà quello di pugnalarmi alle spalle.” Borbottai, sospettoso. Non c’era da fidarsi di uno come lui.

“Oh… non mi dirai che ce l’hai ancora con me, dopo quel piccolo intrigo che ha quasi distrutto Asgard, vero?” Chiese Loki con un tono fintamente innocente.

Battei i pugni sul tavolo e mi alzai, ignorando le occhiate che i mortali mi lanciarono: “Quel tuo ‘piccolo intrigo’, ha ucciso decine dei miei amici e, per poco, non sono morti anche Annabeth, Percy, Frank e Piper! Per quel che mi riguarda, non so cosa mi trattenga da non infilzarti sul momento.”

Il mio sussurro voleva essere minaccioso, ma sapevo che un Dio non poteva essere spaventato da così poco. Infatti lui mi regalò un ghigno freddo e distaccato.

“Puoi credermi o no, ma sappi che ti posso dare un indizio importante.”

“Sai cosa me ne posso fare dei tuoi indizi.” Ed era quello il problema: non potevo sapere se mi stava dicendo la verità o no. Loki è il Dio dell’inganno e solo questo ti mette in guardia. Non sai mai se quello che dice è la verità, o solo un altro modo per fregarti.

“Vedo che sei ostinato, figlio di Odino… allora ti dirò tutto in modo che tu capisca. Devi andare a casa loro… è lì che sono stati imprigionati Hugin e Mugin. Nel vecchio santuario di tuo padre.”

Ero confuso e Loki non mi aiutò di certo mentre spariva con quello stupido ghigno strafottente che non lo abbandonava mai. 

Avrei voluto picchiarlo, ma, ovviamente, avevo altro a cui pensare. Hugin e Mugin avevano una casa? Dove? Non vivevano con mio padre ad Asgard? Più ci pensavo più non capivo cos’avesse voluto dire Loki. Dopo mezz’ora passata a pensare a quel cavolo che Loki aveva detto, decisi che era stato solo uno dei suoi stupidi scherzi e mi rimisi a lavoro.

Richiamai le antiche rune e cercai di nuovo di capire dove si trovassero i corvi di mio padre. Camminai per tutto il pomeriggio, riposandomi solo ogni tanto, sedendomi in alcuni parchi pubblici per mangiare un po’ e riprendermi.

Era una ricerca estenuante, soprattutto perché stava mettendo a dura prova la mia pazienza. I mostri mi ostacolavano solo ogni tanto, ma la cosa non mi sorprendeva: un figlio di Odino tende a farsi sentire e i mostri non vedevano l’ora di mangiarmi, ma distruggerli non mi avvicinava alla soluzione.

L’unica cosa che potevo fare era continuare a camminare.

Era pomeriggio inoltrato, ormai, quando le cose iniziarono a migliorare. Il sole, ormai arancione, si era avvicinato ancora di più all’orizzonte, segno che la Dea Sol non mi avrebbe aiutato ancora a lungo. Stavo per rinunciare per tornare la mattina dopo, quando una delle rune si illuminò, avvertendomi che i corvi di mio padre erano vicini.

“Finalmente!” Esultai mentalmente, mentre mi mettevo a correre.

Ero vicino a Westmisters e al ponte omonimo, sulla parte occidentale del fiume, ma le rune sembravano dirigermi verso l’altro lato. Così mi accodai ai pedoni e mi misi a correre, cercando di non perdere il contatto.

Avevo una voglia matta di tornare al campo e riposarmi.

Mentre spingevo la gente qualcuno mi guardava male. D’altro canto ero pur sempre un ragazzo diciassettenne senza l’occhio sinistro, non ero una bella vista. Io stesso non ero abituato a camminare senza una parte della mia vista.

Tuttavia, nemmeno io potei non notare quello che accadde poco dopo. In cielo, alla mia destra, Hugin e Mugin stavano volando (Ma dai, sono corvi, chi l’avrebbe mai detto!?), tenendo tra gli artigli due persone.

Che ci facevano lì!? E perché avevano rapito due persone?

La foschia li stava sicuramente coprendo le loro azioni, ma anche quella aveva dei limiti e non poteva certo mascherare un rapimento. Inoltre c’era qualcosa di strano. Le loro strida mi arrivavano appena, ma mi sembrò di intendere dei lamenti, come se loro stessero cercando di ribellarsi a qualcosa (O qualcuno).

“Sta succedendo qualcosa di grosso.” Pensai, mettendomi a correre più veloce che potevo. 

Gli inseguii con lo sguardo fino a che non li vidi abbassarsi sulla Torre di Londra.

Dovevo immaginarlo: ecco cosa aveva voluto dire Loki! La Torre di Londra era una sorta di tempio di Odino. Era il luogo dove si riunivano i suoi animali sacri, i corvi neri, doveva essere quella la casa di Hugin e Mugin. dopotutto non avevano più volte mostrato il loro accento anglofono? Era ovvio che dovessero trovarsi lì, ma come mai si portavano dietro due persone? E perché non tornavano a fare rapporto ad Odino.

Mentre attraversavo il centro di Londra, le speculazione mi frullavano in testa come un uragano al pieno della sua potenza, tanto che, quando un troll mi incrociò per strada, lo infilzai con Excalibur senza nemmeno fermarmi.

Troppi interrogativi mi assalivano, mentre correvo verso il London Bridge.

Ero a metà ponte quando una sirena iniziò a squillare e la gente iniziò a correre in tutte le direzioni.

Non avevo idea di cosa vedessero, ma io vedevo molto bene un enorme serpente marino che mi attaccava.

“Wow… che fai, non sai che questa zona è troppo abitata!?” Chiesi, mentre il suo corpo si abbatteva sul ponte.

Non era proprio un commento fuori luogo. I serpenti marini, di solito, non si avventuravano nei fiumi così spesso, anzi, nelle città avevano molte difficoltà e di solito attaccavano i semidei sulla costa. Quello si era spinto addirittura nel Tamigi, per mangiarmi?

Non ebbi tempo di darmi una risposta, perché quello tornò ad attaccarmi, cercando di usarmi come pranzo. Fortuna che io ero tutt’altro che commestibile.

Mentre evitavo il suo attacco notai qualcosa, sulla fronte: un segno. Ad una prima vista mi sembrò una runa ma poi, controllando meglio, mi resi conto che era qualcosa di completamente diverso.

Un geroglifico.

Non avevo tempo di pensare cosa ci facesse un geroglifico egizio sulla fronte di un gigantesco mostro nordico, quando il gigantesco mostro nordico in questione, era deciso a trasformarmi nel suo prossimo spuntino.

Superai il parapetto del ponte, mentre le sue fauci sradicavano un lampione e mi aggrappai ad una delle sue punte dorsali. Con una gran fatica, mi arrampicai lungo la sua schiena.

A quanto pare, alla vista dei mortali doveva sembrare una sorta di piena improvvisa del fiume e non un mostro di un film d’azione di serie B perché nessuno faceva caso al nostro scontro. Arrivato a pochi metri dalla testa, però, il serpente dovette essersi reso conto che ero sulla sua schiena, perché si immerse, cercando di scrollarmi di dosso.

Mi venne la nausea.

Una volta Percy mi disse di essersi immerso nel Hudson e mi aveva anche raccontato di quanto inquinata fosse l’acqua di quel posto. Ora potevo dire che, però, anche il Tamigi aveva la sua lunga serie di inquinanti.

Melme, alghe marce e altra roba che non avevo per nulla voglia di identificare, mi sfrecciarono accanto, mentre mi arrampicavo, secondo, dopo secondo, lungo la schiena del serpente immerso, mentre i miei polmoni bruciavano, reclamando aria.

Ma dopo essermi immerso nel Polo Nord, ormai, l’acqua aveva smesso di farmi paura. Lo zaino era ancora in spalla, così lo aprii appena e misi la mano all’interno. Ovviamente, ogni cosa finì in acqua e fui certo che un paio di pietre magiche fossero galleggiate via. Fortunatamente, la mia mano si strinse intorno all’elsa di Excalibur.

Con un secco movimento la estrassi totalmente e, prima che il mostro potesse rendersi lo infilzai alla testa, proprio dove c’era il segno, riducendolo ad un cumulo di neve che si disperse nelle correnti del fiume.

Con le mie ultime forze nuotai in superficie, lasciando che i miei polmoni brucianti ispirassero l’aria.

Non mi sarei mai abituato a tutti i mostri che dovevo affrontare per potermi fare una tranquilla passeggiata, ma almeno mi aveva portato vicino al mio obbiettivo: il castello che era noto come Torre di Londra si ergeva davanti a me.

Sapevo che, come ogni castello, aveva un fossato, quindi non mi fu difficile entrarvi, passando da esso. Ormai era solo un’attrazione turistica, anche se, in passato, era stato una prigione, ma anche una fortezza e una residenza reale.

Non ebbi problemi ad entrare. La saracinesca era chiusa e sorvegliata da due guardie mortali, ma non il perimetro, così approfittai di trovarmi in un punto lontano dagli occhi indiscreti della gente per evocare i venti governati da mio padre e mi feci sollevare oltre le mura di cinta e mi ritrovai nel cortile interno. Era una zona vuota, calma e piena di bancarelle ed espositori chiusi. Non c’era traccia di telecamere o altro, quindi non ebbi molti ostacoli.

La torre era già stata chiusa, quindi non ebbi mortali tra i piedi. Fu un po’ più difficile, però, entrare nella parte più ‘interna’. Infatti, come sospettavo, c’era un incantesimo sui muri della fortezza che impediva a chiunque di passare. Non osai volare di nuovo: ero già stanco e poi non avevo idea se c’erano altre magie progettate a posta per evitare attacchi aerei, ma ipotizzai di sì, cos’ feci l’unica cosa che mi era rimasta: aprire la porta principale.

Incredibilmente la trovai aperta.

Mi insospettì non poco la cosa, dato che, quando la guardai, vidi che la serratura era stata sciolta.

Ero in un ampio salone in pietra, spoglio e spartano. Anche questo, però, era arricchito da espositori e armature che servivano ad intrattenere i turisti. L’oscurità era quasi completa, se non fosse stato per i pochi raggi del sole che filtravano dalle finestra anche se, ormai, era sul punto di tramontare.

Fu allora che l’eco di una corsa attirò la mia attenzione.

Vidi una porta laterale aperta, oltre la quale si intravedeva una rampa di scale a chiocciola.

Chiunque fosse, mi aveva preceduto e, a giudicare dalle capacità, non poteva essere un semplice mortale.

 

 

 

 

 

 

 

 

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[Angolo dell’autore sclerato e dell’autrice normale]

Salve gente!

No, in questa serie, niente Koala e niente Water, solo io e voi, in questo caso, più precisamente, Lilium che mi ha aiutato tantissimo e a cui mando un bacio (Anche se non la amo quanto la mia amatissima Water_Wolf).

Ad ogni modo, lei mi ha dato una mano a stendere questa storia. Senza il suo aiuto non sarei MAI riuscito a scrivere nulla, nemmeno l’inizio. Quindi, faccio io le presentazione: la storia sarà composta da quelli che speriamo siano solo sei (Massimo otto capitoli) metà dal POV di Alex Dhal e l’altra metà dal POV di Sadie Kane.

La storia ha vari spoilers (mooooooolto velati) sulle future storie e su ciò che abbiamo in mente. Tuttavia non è detto che rimanga tutto così.

Come avete potuto notare dalla citazione di Frank e Piper, Alex avrà modo di conoscere anche loro (Questo non era uno spoiler, l’avevamo già detto) e come potete desumere già da questo capitolo, il nostro figlio di Odino incontrerà qualcuno di moooooolto importante :3

A presto, ragazzi, e recensite!

AxXx  

  
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