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Autore: Faith Grace    20/04/2014    5 recensioni
{Au - Rokuner, Akuroku, Sokai, Riso, Zemyx, Cleon, Vanion, Vanven, Terraven}
La vita di un diciannovenne londinese al verde non può far tanto schifo se tralasciamo un gemello idiota, un cane spastico, un fidanzato forse non tanto fidanzato, un'amica con cui è quasi finito a letto e il fidanzato di lei che potrebbe garantirgli l'ultimo posto da tirocinante. Quello che metterà a dura prova i suoi nervi sarà l'invito dagli States di suo fratello maggiore a trasferirsi nella sua casa sulla spiaggia vicino Beverly Hills. Quest'opportunità sarà la ciliegina sulla sua torta di sfighe oppure gli permetterà di vivere l'estate più bella della sua vita?
***
"Che ci fa un figlio di papà dei quartieri alti di Chelsea con un teppista dei sobborghi popolari di Camden Town?"
"Potrei ritorcere la tua domanda in questo modo: che ci fa un figlio di papà della Londra perbene con un piromane egocentrico che ha vissuto nel Bronx e si atteggia a superstar?" sibilai irritato dalla sua presenza ma lui non parve far caso al tono della mia frecciatina, un'improvvisa luce illuminò i suoi occhi verdi e sorrise malizioso.
"Baby, ti sei dimenticato 'sexy'... Sexy piromane egocentrico"
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Hayner, Roxas, Sora, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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#1. Prologue or the wake up call of fucking o'clock

Quella mattina mi svegliai alle martellanti vibrazioni della Primavera di Vivaldi.
No, non di certo l'originale trionfo classico esaltato da cultori e non... ovviamente era una cover trash metal che il mio ragazzo aveva provveduto gentilmente a dedicarmi perché secondo lui ero "fottutamente noioso" come un filosofo ottantenne del settecento (sapete, nell'800 si divertivano con le droghe e a suo avviso persino loro erano più interessanti di me).
In un primo momento cercai con tutte le forze di mantenere il mio stato di beata incoscienza ma dal momento che quel dannato dispositivo infernale non ne voleva sapere di smettere di squillare, o possibilmente implodere, mi trovai costretto ad allungare un braccio fino al comodino e portai il cellulare all'orecchio.
Me l'avrebbe pagata, chiunque aveva il coraggio di telefonarmi alle sacrosantissime...
"Che cazzo di ore sarebbero?"sibilai velenosamente senza azzardarmi ad aprire gli occhi, temendo che le mie orbite potessero prender fuoco. Giudicando dalla luce che arrivava alle mie palpebre doveva essere mattina.
"Buongiorno a te, Roxas. Sono le 9.30 e dal momento che non ti ho visto al campus ho pensato di chiamarti" la voce dall'altra parte dell'apparecchio trillò gioiosa e io non mi capacitai di come potesse esistere tanta felicità ad un'oscena ora del mattino. Purtroppo per me ero messo così male che in un primo momento stavo per chiedere alla persona chi cazzo fosse, poi la realizzazione mi colpì come uno schiaffo in pieno volto... o meglio, come il mal di testa colossale che mi stava assalendo.
"Roxas, ci sei?"
"Pence... lasciami stare" mugugnai con voce impastata mentre mi coprivo dalla luce con un braccio sugli occhi.
"Ho capito... oggi non sei in vena di lezioni. Vieni solo a consegnare la relazione?"
Ero già pronto per attaccare il cellulare e ritirarmi ancora una volta nel mondo di Morfeo, quando quelle parole fecero scattare qualcosa nella mia mente ancora assonnata.
9.30...lezioni...relazione...
"PORCA PUTTANA" vociai con molta finezza.
In meno di un secondo mi misi a sedere e lanciai le coperte in aria. La relazione! Cazzo, la relazione su cui avevo lavorato per le ultime tre settimane. Se non l'avessi consegnata oggi non solo sarei stato bocciato al corso di filologia, ma avrei anche perso l'opportunità di entrare nella gloriosa cerchia elitaria dei tirocinanti. Ormai ero cosi perso nei miei pensieri e in preda a uno schifosissimo ritardo che, nel tentativo di alzarmi più in fretta possibile, mi aggrovigliai nelle lenzuola e caddi a terra di pancia.
"Cosa c'è, Rox? Sei inciampato?"
"Sì... sì sono inciampato, non farci caso. Sono per strada!" mi affrettai a mentire recuperando il cellulare dal pavimento, cercando di riguadagnare pieno uso delle mie facoltà motorie.
"Okay. Ti ho chiamato per chiederti di Olette...Sora ha detto che non sei tornato per la notte, così ho pensato che ti sei trattenuto da lei. È così?"
Sgranai gli occhi e mi accorsi che effettivamente quella in cui mi trovavo non ricordava esattamente la mia stanza "S-sì"
Gattonai velocemente verso il letto e gettai uno sguardo nel suo interno sperando vivamente di non trovare quello che la mia mente mi stava allertando come un possibile codice rosso.
Olette. Nuda. Nel letto in cui mi ero svegliato.
Gesù Cristo nell'alto dei cieli!
"E ovviamente sei andato tu sul divano vero? Non vorrei che con la scusa dell'ospitalità lei ti abbia ceduto il suo letto.."
"Ma...ma no che dici! Sono andato io sul divano!"esclamai con voce stridula iniziando a sudare freddo e temere per la mia pelle.
Caro Pence, qui il problema non è letto o divano ma ben altro, ovviamente questo non avrei mai potuto dirglielo.
"D'accordo. Allora ne parleremo da vicino"
Povero me.
Mi affrettai a chiudere la chiamata affermando di dover entrare in metropolitana e, alzandomi alla svelta, intoppando ancora un paio di volte nelle lenzuola, tirai un paio di imprecazioni sottovoce.
"Hai un bel culetto, lo sai?" la voce femminile alle mie spalle mi fece voltare e soltanto all'insistente sguardo color nocciola posato su un punto basso della mia persona, mi fece accorgere della mia totale nudità.
Arrossii violentemente e scappai con tutta velocità nel salotto, non prima di aver raccolto i miei vestiti.
Ero in ritardissimo, dovevo sbrigarmi. Senza neanche degnarmi di darmi una rinfrescata in bagno, iniziai a indossare i miei indumenti sgualciti che la sera prima dovevo essermi sfilato in preda a una qualche foga sconosciuta, giudicando dal modo in cui erano gettati in giro.
Ed ecco che altri ricordi iniziavano ad affiorare: tanta birra e i riscaldamenti tremendamente caldi, Olette era felice e le sue gote erano arrossate.
"Che cosa abbiamo fatto..." il tono di consapevolezza della ragazza, appoggiata allo stipite, diede aria ai miei pensieri e subito sentii un senso di panico pervadermi lo stomaco.
"Credo che abbiamo alzato il gomito ieri" dissi come un dato di fatto mentre andavo alla ricerca dei miei beni personali.
"Dobbiamo dirglielo" Olette sussurrò portandosi una mano alla bocca.
Mi voltai di scatto verso di lei, la tracolla ormai trovata in spalla e skate sotto braccio. Un'espressione di puro orrore si formò sul mio volto "No 'Lette!" esclamai subito "Non...non possiamo, cavolo! Non è successo niente, il nostro è stato un grosso e stupido errore e ora ci metteremo una bella pietra sopra..." continuai ora con più lentezza per farle assimilare le parole.
"Ma io mi sento in colpa" tentò di protestare lei ma io alzai una mano e le feci gesto di fermarsi.
"Ora non c'è tempo, stasera se vorrai avremo tutto il tempo di sentirci delle merde e ne parleremo, ora però devo scappare!"
"Rox i miei..." cercò di dire ma ancora una volta la bloccai e mi avvicinai di corsa alla porta d'ingresso, facendo contatto visivo con lei invece che dove mettevo i piedi.
"Niente ma, mi raccomando non parlare con Pence in mia assenza!"
"No, Rox! attenzione ai miei-" non fece in tempo a finire che ci fu un tonfo sordo e mi ritrovai a faccia a terra e un profondo e acuto dolore iniziò ad irradiarsi dal mio bassofondo "...pesi"
È normale che una persona lasci i propri pesi per fare fitness in giro per casa senza alcun ritegno? 
Evidentemente per gli altri sì.
"Dannazione!"
Non le diedi neanche il tempo di dire qualcosa che ero già giù per le scale, senza perder tempo a chiamare l'ascensore o a lasciar passare prima gli anziani dal portone. Schizzai come una furia sul mio skate verso casa.
Dovevo sbrigarmi, il tempo stringeva e se non avessi fatto in tempo avrei fottuto tutta la mia intera esistenza, a partire dal mio impegno universitario a finire ai rapporti sociali. Fortunatamente Olette abitava abbastanza vicino casa mia, quindi non mi ci sarebbe voluto molto a raggiungere il mio appartamento.

Si dice che la vita di teenager non possa far tanto schifo: c'è l'università, ci sono gli amici, una casa propria lontano dal nido familiare e, se si è fortunati, c'è pure l'amore.
Beh ovviamente non è stata presa in esame la vita di Roxas Cooper.
Avete presente quella sgradevole sensazione di inferiorità guardando dal basso verso l'alto qualcosa o qualcuno? Forse no, ma arrivare all'età di 19 anni, 3 mesi e 14 giorni ed essere di 5 cm più basso della simpatica vecchietta ricurva della porta accanto o del proprio gemello, quello sì che è un problema. Se a questo aggiungiamo la lunga fila di figure di merda e casini alle spalle, allora il soggetto è inquadrato.
"Buongiorno signora Smith" provai a salutarla, perplesso dalla strana occhiataccia che mi stava lanciando da quando eravamo entrambi entrati nell'ascensore del palazzo in cui vivevamo.
Lei non rispose, mi indirizzò un suono gutturale poco amichevole e storse il naso.
Perfetto, anche la nonnetta voleva darmi del filo da torcere.
Fortunatamente arrivammo subito al terzo piano e mi congedai da lei con gran velocità, affermando di essere in ritardo spaventoso per l'università. Entrai in casa incespicando nei giocattolini idioti di cui era cosparso il pavimento e subito fui accolto festosamente da una matassa di peli color caffè latte dallo stupido nome di Chelsea bun (solo quell'idiota di mio fratello poteva dare il nome di un dolce ad una povera bestia...un po' come se io chiamassi mia figlia Peperonata).
Aggrottai la fronte e con una gamba la scostai da parte, ignorando tutte le feste che quel cane spastico faceva ogni volta che mi vedeva. Per certi versi mi ricordava mio fratello, erano scemi alla stessa maniera e non volevano saperne in nessun modo del mio rifiuto nei loro confronti... dopotutto come si dice, il cane riflette il proprio padrone. Con questo non voglio dire di odiare i cani, odiavo spasmodicamente solamente tutte le cose allegre e calorose.
Feci una corsa nella mia camera, dove afferrai malamente la pila di fogli dalla mia scrivania e con altrettanta velocità ripercorsi la strada a ritroso per uscire ancora una volta. Solo per fortuito caso mi ritrovai a lanciare un'occhiata al mio riflesso nello specchio e lì lo notai. Un esteso marchio rosso sul collo, ricordo dell'attacco a sorpresa che avevo subito la sera prima da Olette. Allora quello era il motivo per cui la signora Smith mi aveva guardato male.
Che figura di merda.
Mi coprii con una sciarpa e iniziai a correre come un povero disperato per tutta la strada fino a raggiungere la stazione della metropolitana. Da Victoria a Bloomsbury, dove si trovava la mia università, ci avrei impiegato una quarantina di minuti, io ne avevo solo quindici a disposizione.
Avrei dovuto consegnare quella relazione a tutti i costi.
"Accidenti!" il mio urlo stizzito riecheggiò nella strada semi deserta quando con lo skate avevo preso una pietra e mi ero esibito ancora una volta in una scenografica caduta.

Io e Olette eravamo amici di infanzia, sebbene lei fosse di qualche anno più grande di me, e condividevamo la stessa cerchia di amicizie. Da un paio d'anni lei si era messa con questo ragazzetto un po' in carne che frequentava la mia stessa università, si chiamava Pence ma per me era testa d'ananas a causa della sua capigliatura particolare e, a parte la sua aria trasognata, era un tipo davvero forte.
Un paio di mesi fa Olette uscì incinta e quindi i due avevano annunciato il loro fidanzamento ufficiale, tutto andava magnificamente e io ero davvero felice per loro, purtroppo però ci fu un intoppo e qualche settimana fa Olette abortì spontaneamente. Le cose hanno iniziato ad andare di male in peggio tra i due e da quel momento si erano presi una sorta di pausa sotto richiesta di lei, e in quanto migliori amici dei due io e Hayner avevamo cercato di fare il possibile per entrambi. Quello di cui ero stato protagonista assieme a Olette la notte passata era stato solo un grande, madornale malinteso, e se Pence o Hayner avessero saputo qualcosa la mia giovane e promettente esistenza sarebbe terminata seduta stante.

La scena potete immaginarvela: Olette triste, Olette che si lascia consolare dal suo migliore amico davanti un film strappalacrime, Olette che si ubriaca, Olette che gli salta addosso animata da ancestrali istinti ricreativi (e forse anche riproduttivi?). E io da buon amico ho tentato il possibile per scrollarmela di dosso - ovviamente a questo punto vi direte "Cavolo questo è proprio gay"... beh non è del tutto errato. Le cose stanno così, sono bisex e la storia della mia scoperta sessuale rientra tra le figure di merda che compongono il mio bagaglio di esperienze.

"Professoooooreee" arrivai correndo nel corridoio della facoltà, evitando gli studenti e sventolando la mia relazione nella speranza di fermare il vecchio insegnante che a giudicare dall'ora aveva già terminato la lezione "Professor Nelson! Mi aspettiiii"
Dovevo aver fatto così tanto casino che quest'ultimo si girò con espressione a dir poco scioccata, urlando qualcosa a proposito di un attacco terroristico imminente. Una volta che lo ebbi raggiunto in extremis e lo ebbi calmato, gli spiegai in maniera molto fantasiosa il motivo del ritardo e gli riuscii a consegnare la relazione fuori tempo massimo ma ovviamente qui c'è di mezzo Roxas Cooper e quindi non poteva mancare almeno un inconveniente, di qualsiasi natura esso si trattasse.
"Signor Cooper, mi dispiace molto che i suoi genitori siano stari rapiti da un gruppo di indigeni durante la loro missione umanitaria in Congo. Purtroppo però i posti per il tirocinio sono terminati giusto poco fa e non posso fare molto"
"Ma... ma..." biascicai paralizzato, non sapevo se piangere o urlare dalla disperazione ma in entrambi i casi non ci avrei fatto una bella figura "Professore... io... io ho faticato tanto per quel posto"
"Lo so e per questo ne sono desolato, lei è anche l'unico studente del primo anno ad aver frequentato il corso e sarei stato davvero felice se si fosse unito a noi ma purtroppo è arrivato troppo tardi"
Mantenni le sembianze di un vegetale per una buona parte della mattinata, lezioni comprese. Non riuscivo davvero ad accettare il fatto di aver perso il posto a causa di uno stupido ritardo! Stupido tirocinio, stupido professore, stupido Pence, stupida Olette, stupido Roxas...stupido Roxas! Senza quel tirocinio alla Biblioteca Nazionale non sarei mai potuto entrare a far parte degli esclusivi circoli letterari e filologici e la mia vita avrebbe perso ogni valore!
"Suvvia Rox non fare quella faccia" Pence mi sventolò una mano davanti agli occhi, avrei detto che era genuinamente preoccupato per me se sul naso non avesse avuto un paio di femminilissimi occhiali da sole a farfalla.
"Tu non capisci..." sospirai affranto appoggiandomi ad una panchina "E levati quei cosi... sei ridicolo"
Lui sobbalzò e indicò gli occhiali "Parli di questi? Sono di 'Lettie... mi manca tanto" le ultime parole furono aggiunte con un tono decrescente, poi mi lanciò un'occhiata "Come sta?"
Pur di non rispondere a quella domanda mi sarei voluto trovare volentieri al posto dei miei genitori nelle mani degli indigeni in Congo come nella mia fantasia "Beh" temporeggiai grattandomi dietro il collo.
"Allora?"
"Sta..." guardai il cielo leggermente nuvoloso sopra di me nella speranza di trovare un suggerimento scritto su qualche nuvola ma ancora nessun segno "Sta bene direi... così e così" azzardai tornando a guardare il mio amico che annuiva ad ogni parola che pronunciavo "Penso che abbia bisogno di un po' di tempo ancora"
"Va bene... tutto quello che vuole per farla stare bene" quella risposta davvero mi rincuorò e stavo quasi per rilassarmi al pensiero del temporaneo pericolo scampato "Però vorrei parlarci. Magari stasera"
Strabuzzai gli occhi e per poco non mi affogai con la mia stessa saliva.
"NO!"
Pence mi guardò perplesso "Come no?"
"Eh... oggi no... voleva... sì, voleva accompagnare Sora a fare il pedigree a Chelsea bun!"
"Oh... domani?"
"Palestra"
"Dopodomani?"
"Lezione di uncinetto"
"Olette lavora a maglia?" mi guardò sconcertato e io mi ritrovai a scrollare le spalle sinceramente preoccupato per tutte le stronzate che stavo sparando per non cacciarmi nei guai "Allora... credo che sarà per un'altra volta?"
Io annuii nella speranza che quella conversazione finisse al più presto. Pence si trattenne a parlarmi ancora un po' quando alla fine lo interruppi affermando che Hayner mi aspettava per il pranzo, così lo salutai e feci per andarmene ma mi trattene per un'ultima volta.
"Ah, Rox?"
"Hm?"
"Era il tirocinio di filologia del signor Nelson?"
Risposi affermativamente con un cenno del capo.
"Potrei provare a mettere una buona parola con il professore... sai lui è mio zio di secondo grado e tu sei davvero un buon amico, vorrei sdebitarmi"

Mi sentii davvero una merda durante il tragitto sullo skate da Bloomsbury a Camden Town. In realtà a pranzo non avevo nessun appuntamento galante ma volevo solo sfuggire all'insorgere di ulteriori problemi e avere un po' di tranquillità, da quando mi ero svegliato quella mattina non avevo fatto altro che correre ed essere perseguitato dalla sfiga, tutto quello che mi serviva erano solo staccare la spina e magari un po' di coccole. Così per sentirmi meno in colpa con Pence decisi di fare il bravo fidanzato e passare da Subway a prendere il pranzo: per il mio ragazzo il suo panino preferito con le polpette e per me una bustina di fette di mela e un cookie.
"Ehi Rox!"
Quando mi chiusi la porta alle spalle quelle furono le prime parole che mi sentii rivolgere e subito sorrisi, sentendo lo stress e l'agitazione accumulate durante la giornata sciamare via all'istante.
"Hayner" trotterellai con un gran sorriso sul volto fino al bancone dietro al quale era seduto.
"A cosa devo la visita? Oggi non ti aspettavo" ridacchiò allungandosi per rubarmi un bacio a fior di labbra.
"Non posso fare il bravo fidanzato?" mugolai mettendo su un finto broncio.
"Quello che vuoi... non posso resistere al tuo faccino da schiaffi" rise scombinandomi dolcemente i capelli "E vedo che hai portato anche il pranzo, un altro motivo per cui non potrei rifiutarti"
Feci un sorriso a trentadue denti e gli passai la busta di carta.
Io e Hayner stavamo insieme da quasi un annetto ormai anche se la nostra storia non era accettata di buon grado da mio fratello Sora. Hayner, più grande di me di tre anni, proveniva dai bassifondi di Camden e aveva sempre vissuto una vita poco rispettabile secondo gli standard della mia famiglia, e, dal momento che viveva lì era scontato che frequentasse punk, metallari e gente strana in abbondanza... dopotutto quello era anche il tipo di clientela verso cui era indirizzato il suo negozio di musica alternativa. Come ci eravamo conosciuti era una bella domanda ma quello che tutti si chiedevano era cosa accomunasse uno come me con un tipo del genere. Altra bella domanda.
"Hai delle occhiaie molto sexy" spezzò il silenzio Hayner addentando il panino.
"Lieto che siano di tuo gradimento" mormorai invece io senza distogliere l'attenzione dalla mela che stavo spilluzzicando.
"Seriamente, fai un po' paura. Si può sapere cos'hai? Solitamente ti rinchiudi nei meandri più oscuri di quell'università e non emergi dalle sue tenebre fino alle 5 più o meno"
"È che..." alzai lo sguardo e sospirai pensieroso ma poi scossi il capo e tornai di nuovo alla mia mela "Niente... problemi vari"
Lui si avvicinò con il volto e mi guardò accigliato "Devo preoccuparmi?"
Mi affrettai a scuotere il capo e tornai a mangiare in religioso silenzio, in realtà ci pensai qualche minuto e poi diedi aria ai miei pensieri.
"Hayner?"
"Mmh?"
Abbassai lo sguardo, leggermente nervoso per quello che stavo per dire "C'è un mio caro amico..."
"Hai cari amici?" interloquì subito lui con ironia non dandomi il tempo di terminare, io lo fulminai immediatamente con lo sguardo e ripresi a parlare.
"Dicevo... c'è un mio caro amico dell'università" aggiunsi marcando le ultime parole e Hayner ridacchiò "Che ha una migliore amica che considera come una sorella. Questa migliore amica ha deciso di prendere una pausa dal proprio fidanzato e per svagarsi inizia a frequentare di più gli amici, tra cui questo mio caro amico. Però un giorno i due si ubriacano e lei finisce per assalire questo povero ragazzo che non è consenziente... sai, non fanno quelle cose... però lei è peggio di una zecca in calore" lanciai un'occhiata ad Hayner che sembrava cercare di realizzare la storia nella sua mente e inspirai profondamente "Uhm... se tu fossi il ragazzo di questo mio caro amico.... tu cosa faresti?"
Lui inarcò un sopracciglio e mi scrutò per un lungo istante "Beh... considerando che lei gli si è buttata addosso e lui non era consenziente credo... credo che bisognerebbe fare una bella lavata di testa alla ragazza, penso che la colpa sia sua"
Tirai un sospiro di sollievo ma fui costretto a ritirarlo quando l'altro continuò a parlare.
"Però d'altra parte il mio ragazzo me la pagherebbe molto cara perché io sono un tipo geloso e possessivo e non voglio vederlo in situazioni ambigue con altri che non siano me" aggiunse con un tono fintamente angelico e io subito mi sentii prendere dal panico... sapete, Hayner nel tempo libero faceva karate.
"Io... io non ti tradirei mai, lo sai vero?" chiesi allarmato.
Lui sorrise e mi diede una pacchetta sul capo "Certo che lo so, sei così buono e innocente che non faresti mai del male ad una mosca"
Risposi al suo sorriso e poi parlai ancora una volta, questa volta in cerca di una conferma fiduciosa"E tu mi tradiresti mai?"
Hayner non mi rispose subito, rimase a scrutarmi a lungo, secondi per me interminabili dove l'unico suono che riuscivo a sentire era solo il cuore che mi batteva forte nelle orecchie.
"Ma certo che no" abbozzò un sorrisetto e si voltò verso il muro dietro di sé "Anzi ci sarebbe una persona con cui ti tradirei"
Io battei le palpebre "Chi?" chiesi in un sussurro quasi impercettibile.
"Come chi?" Hayner ridacchiò e da uno scatolone a terra iniziò a prendere dei poster e dello scotch per attaccarli al muro "Axel Ramirez"
"E chi sarebbe?"
"Te l'ho detto mille volte, è il cantante dei Pyromniac... ed è anche un gran pezzo di figo" si voltò verso di me e iniziò a ridermi in faccia.
A quella risposta non sapevo se ridere o piangere, se rassicurarmi della sua fedeltà oppure iniziare a preoccuparmi. Chinai il capo e tornai alle mie fette di mela mentre lui tornava al suo lavoro, purtroppo però la calma non durò molto che il mio cellulare prese a squillare e io mi preparai psicologicamente quando lessi il nome sul display.
"Sora" constatai.
"Ciao Rox, come va? È da tanto che non ci sentiamo, tu non ti degni mai di farmi una chiamata eh?" la voce del mio malaugurato gemello per poco non mi perforò un timpano.
"Ci siamo visti ieri pomeriggio a casa, ti ricordo che viviamo insieme. Ora vai dritto al sodo" esclamai già spazientito dalla sua voce allegra.
"Come sei noioso Rox, te l'hanno mai detto?"
"Sì, sempre" dichiarai immaginandomi mio fratello che dall'altra parte metteva il broncio, alzai poi lo sguardo e notai Hayner che seguiva con interesse la mia conversazione. Diceva che si divertiva a vedermi interagire con mio fratello, io invece avrei voluto strozzarlo.
"Comunque ho due notizie, una buona e una cattiva... quale vuoi sentire per prima?"
Puntellai sul bancone e sbottai infastidito "La cattiva" sapendo già che per me non ci sarebbe comunque stato niente di positivo in entrambe.
Ci fu una breve pausa.
"Ho fatto un incidente con l'auto... ho pagato il carro attrezzi e la riparazione con tutti i nostri risparmi"
Mi ci volle qualche istante per realizzare l'accaduto e una volta compresa la gravità della situazione sbarrai gli occhi e spalancai la bocca a quella notizia, incapace di proferire parola. Mio fratello, sapendo di avermi sconcertato non poco, si affrettò così a continuare "La bella notizia è che ha chiamato Cloud e ci ha invitati a passare l'estate a Beverly Hills per festeggiare l'uscita del suo nuovo film!" ancora nessuna risposta da parte mia "Si parte tra una settimana"
Non attese che io dicessi qualcosa, appena finì di parlare si affrettò subito ad attaccare, evidentemente sapeva già che una volta a casa me l'avrebbe pagata cara. Molto cara.
"SORAAAAAAAAA" il mio urlo furibondo riecheggiò per tutto il quartiere e dintorni.

   
 
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