Cap. 1
Agosto 1985.
“Non voglio andare dalla
nonna! E' noiosa!” sbottò il dodicenne John, fissando malamente la madre che,
imperturbabile, gli stava preparando lo zainetto.
“E' una brava persona,
Johnny, non cominciare... solo perché ti chiede di non fare baccano con il tuo
pallone, non vuol dire che sia noiosa” precisò Angelique, sorridendo al figlio da
sopra una spalla.
Il broncio si acuì su
quel volto color cioccolato e contornato da cortissimi capelli neri e la donna,
nell'inginocchiarsi accanto a lui, gli diede un buffetto sul mento.
“Dovresti essere onorato
che proprio tu, tra tutti i suoi dieci nipoti, sia stato scelto per tenerle
compagnia.”
“Che vuoi che ci sia di
così divertente?” protestò con un mugugno il bambino, immaginandosi già il tè delle
cinque e i biscotti al miele.
Era una noia mortale
starsene al tavolo, ricoperto da una tovaglia di fine batista, a comportarsi da
gentiluomo.
Anche se i biscotti
erano davvero buoni.
“Non puoi pensare che
tutta la tua vita debba essere necessariamente divertente. Ci sono cose
che devi imparare e, visto che la nonna è una potente mamaloa1 , noi
le dobbiamo il massimo rispetto. Lei ha detto che tu hai il potenziale per
diventare un eminente houngan,2 e che vorrebbe pensare
personalmente alla tua istruzione teologica. Non riesci a capire quale onore
sia, per la nostra famiglia?” gli fece notare con fervore la madre,
sorridendogli speranzosa.
“Mamma, a me non
interessa nulla! Voglio giocare al pallone, io! Non borbottare delle
preghiere!” sbuffò spazientito John, intrecciando le braccia e fissandola con
aria di sfida.
Angelique allora si
rialzò, squadrò il figlio con espressione infelice e replicò: “Non sbeffeggiare
la nostra religione a questo modo, figliolo.”
“Ma mamma! Sono solo
sciocchezze! Usano delle bamboline, e ci infilzano degli spilloni! Dai!” rise
con falsa sicurezza John, sentendosi suo malgrado meschino a parlare a questo
modo delle credenze della sua famiglia.
Lo sguardo della madre
si fece ferito e, nello scuotere il capo, Angelique dichiarò: “Se credi che
tutto quello che c'è in televisione sia vero, allora non meriti l'aiuto di
nonna Marianne. Non ne sei degno.”
Quell'ultima parola fece
rabbrividire John che, reclinato colpevole il capo, iniziò a strusciare un
piede a terra per poi mugugnare: “Insomma, mamy... c'est très difficile,
pour moi...”
“Lasceremo decidere a
lei, ma credimi... non è difficile solo per te, ma per tutti noi. I loa3
sono sempre stati benevoli con la nostra famiglia, ma non so come potrebbero
prendere questo tuo puntiglio.”
Angelique si fece scura
in volto e John, sempre più a disagio, giocherellò nervosamente con le mani.
“Non puoi pretendere che
sia solo colpa mia!” cercò di difendersi il figlio, sentendosi comunque in
soggezione di fronte allo sguardo colmo di mestizia della madre.
“Ognuno di noi porta il
peso del proprio destino, John. Non accettarlo è un tuo diritto, ma dalla tua
decisione verranno delle conseguenze. Ad ogni azione corrisponde una reazione,
così è in natura, così è nel mondo degli spiriti” gli ricordò Angelique,
poggiandogli mesta una mano sul capo reclinato.
“Ma ho solo dodici
anni!” protestò senza grande energia il bambino, mettendo il broncio.
“Certe cose trascendono
l'età e, presto o tardi, lo scoprirai da solo. Dal Fato, a volte, non si può
sfuggire. Lo si può ignorare, ma lui sarà lì ad aspettarti al varco quando meno
te lo aspetti.”
“Sei cattiva, con me!”
piagnucolò John, sentendo feroci le lacrime trafiggergli gli occhi.
Angelique allora lo
attirò a sé in un abbraccio e mormorò contro il suo capo tremante: “No, bambino
mio, voglio solo che tu capisca quanto è grande il potere latente che c'è in
te, e quanto pericoloso sarebbe lasciarlo senza una guida. Ma sarà nonna
Marianne a decidere. Se lei penserà che non sei adatto a diventare un
sacerdote, noi ci adegueremo alla sua decisione.”
“Perché non posso
semplicemente decidere io?” mormorò affranto John, sentendo il proprio cuore
lacerato dal dubbio.
“Spesso sono gli dèi a
decidere per noi, amore mio.”
¤¤¤
Agosto 2011.
“Sai cosa ti devo dire, nonna?
Vai al diavolo tu, gli Anziani, il Consiglio e tutte le vostre stupide pretese!
Non vi permetterò mai di mettere le mani su mia figlia e, soprattutto,
non vi consentirò di vederla neppure una volta, finché non vi ficcherete in
testa che lei non sposerà mai chi volete voi! Avete fatto ciò che
volevate con Winter, ma con mia figlia vi sbagliate in partenza! Piuttosto, me
ne andrò da qui e non mi troverete più!”
Le ultime parole,
letteralmente, le urlò con tono isterico e, nello sbattere il cordless contro
il ripiano di marmo della cucina, ringhiò al suo indirizzo.
Un attimo dopo, diede un
calcio ad una delle sedie ordinatamente disposte intorno al tavolo della cucina,
mandandola lunga riversa a terra.
Max, che aveva ascoltato
l'intera reprimenda della moglie con occhio preoccupato e irritato assieme,
sistemò in silenzio la povera vittima incolpevole della furia a stento
controllata di Spring.
Con tono cauto, poi, le
chiese: “Tutto bene, tesoro?”
Spring si volse verso di
lui con aria accigliata, i chiari occhi di cielo che sprizzavano scintille di
fuoco.
Già sul punto di
riprendere con i suoi strali, la donna prese un gran respiro, poggiò una mano
sul petto e una sotto il ventre leggermente arrotondato e, più calma, asserì:
“Ho perso le staffe quando mi ero ripromessa di stare calma, ma nonna mi ha
davvero fatto perdere la pazienza.”
“L’avevo notato” assentì
cordiale l'uomo, porgendole una tazza di tè, che aveva lasciato da parte quando
avevano ricevuto quell'imprevista telefonata dall'Irlanda.
Da quel poco che aveva
capito, una delle Vestali – era così che si chiamavano? – della dea che tutti
loro onoravano, aveva annunciato al Consiglio degli Anziani la prossima nascita
della secondogenita del clan.
Senza attendere oltre,
Nonna Shaina aveva chiamato per mettere al corrente Spring delle loro decisioni,
in barba a tutte le minacce che i nipoti le avevano lanciato negli anni.
Poiché Winter si era
rifiutato categoricamente di imporre a Malcolm il suo stesso destino, il
Consiglio aveva tentato la stessa carta con Spring, sapendola più cedevole del
fratello.
Dubitavano che la donna
si sarebbe spinti a minacciare di fare esplodere mezzo mondo, come invece aveva
fatto il gemello.
A quanto pareva, però,
avevano preso un granchio bello grosso.
Non solo Spring era
diventata molto più forte e incisiva, ma la sola idea che qualcuno potesse
interferire con la vita di Sunshine – per ora, il nome era quello – la rendeva
più pericolosa di una leonessa.
Sedendosi stancamente
sulla stessa sedia che aveva preso a calci, Spring mormorò sgomenta: “Non posso
credere che pensino realmente che uno solo di noi sia dell'idea di accettare
quella meschina, quanto antidiluviana, regola del matrimonio combinato.
Diamine! Siamo nel ventunesimo secolo! Ma cosa pensano!?! Non me ne frega un
accidente se, al compimento del nostro trentaseiesimo compleanno, si presenterà
qui Colin con l’anello di fidanzamento. Lo rispedirò a casa a calci nel sedere!”
“Già il fatto che ci
abbiano provato quando ancora la piccola è nel tuo grembo, mi fa venire i
brividi...” ammise Max, vagamente irritato. “... poi, che si permettano di dire
che il mio sangue non è all'altezza del tuo...”
“Lascia perdere, Max.
Nonna Shaina è solo una vecchia con manie di grandezza. Sente il potere del
fuoco allontanarsi sempre più da lei per rafforzare quello di Summer, e questo
la irrita da matti” replicò bonaria Spring, dandogli una pacca su un braccio.
“Non può fare a meno di ordire piani, ma stavolta non troverà nessuno di noi
disposto a darle retta. Persino zia Brigidh si rifiuta di risponderle.”
“Finché non sento
parlare di poteri e doni ancestrali, non mi sembra neppure di vivere in una
casa con ben tre stregoni ma, quando succedono queste cose, mi sento
tremendamente inadeguato a proteggerti” sospirò Max, scuotendo mestamente il
capo.
“Devi solo amarmi, Max,
nient'altro” si limitò a dire Spring, terminando il suo tè alla menta. “Sicuro
di non volerne una tazza anche tu? Sembri piuttosto nervoso.”
“No, grazie. Il caffè e
l'unica mia vera passione, a parte te, quindi passo” ghignò lui, alzandosi per
darle un bacio sulle labbra protese. “Toglimi una curiosità, comunque. Cosa c’entra
il vostro prossimo compleanno con la faccenda dei Prescelti?”
Spring sospirò afflitta
e, nel rigirare il dito indice sul bavero della giacca del compagno, mormorò: “Il
giorno dell’Apice siamo più potenti e più vulnerabili assieme. Il nostro potere
è così forte che, difficilmente, riusciamo a controllarlo, così siamo più… indifesi. Ed esistono metodi coercitivi
piuttosto efficaci anche per noi che siamo Guardiani.”
Max aggrottò la fronte,
già pronto a esporre chiaramente la sua idea in proposito.
La compagna gli sorrise,
comprensiva. “Esiste una torque in
acciaio siderale che blocca i nostri poteri per ventiquattro ore, il tempo
necessario a renderci inoffensivi e… portare a termine i riti di fertilità con
i Prescelti.”
“Ma è… orribile!” esalò sconvolto l’uomo,
strabuzzando gli occhi.
“Mai detto che non lo fosse.
Per questo, nessun Guardiano vuole raggiungere l’Apice senza un compagno. L’alternativa
non piacerebbe a nessuno.”
“Ed è… sì, insomma…
qualcuno è mai stato sottoposto a questa tortura? Scusa, non riesco a vederla
in nessun altro modo.”
Il volto di Max diceva
ampiamente come la pensasse su tutta quella faccenda, e Spring lo comprese
appieno.
Quando la zia aveva
parlato loro di quel piccolo,
insignificante particolare, nessuno era rimasto insensibile. Summer aveva
addirittura dato fuoco alle tende del salotto.
“Successe circa trecento
anni fa, se non ricordo male.”
“E suppongo che, quando
vi trovate, o vi affibbiano, un compagno, sia quello e
solo quello…” mormorò torvo Max, iniziando a capire dove fosse il reale problema.
Spring annuì.
“Non avremmo così tanta
paura dei Prescelti, se potessimo semplicemente dire ‘okay, ci faccio un figlio, e poi chi si è visto si è visto’. Nel
nostro caso è veramente finché morte
non vi separi.”
Max si passò una mano
sul volto, sconvolto e, sì, irritato da tutta quella faccenda assurda.
“Per questo la menano
tanto con Kimberly e con me. Avete stravolto le regole, interrotto una
sequenza, per così dire.”
“Già. Io ti ho scelto e,
peggio ancora, avrò una bambina da te. Anche volendo, Colin non potrebbe mai
avermi… a meno che, ovviamente, tu non morissi prematuramente.”
Max ebbe un brivido.
“Capisci perché io, Summ
e Win vi stiamo addosso come cappotti?” cercò di ironizzare Spring, pur non
sentendosi affatto tranquilla.
Le vite umane erano così
fragili, e bastava così poco per spezzarle!
“State addosso a me e
Kim finché vi pare” sorrise a quel punto lui, dandole un bacio sul naso a
punta. “Ora vado in ufficio, prima di perdere del tutto il desiderio di uscire
di casa. Oggi arrivano dei nuovi clienti da Cleveland, e non posso mancare.”
“Stendili tutti!”
esclamò allora lei, levando un pugno in aria con tono battagliero.
Max ridacchiò di fronte
a tanta allegria, quando alcuni attimi prima era stata furiosa e contrariata e,
nel chinarsi per abbracciarla, le raccomandò di non stancarsi e di pensare
soprattutto a riposare.
Dopo un paio di
svenimenti in negozio, il medico aveva consigliato a Spring di rimanere a casa per
riposarsi un po’, giusto per non correre rischi.
A quel punto, Max, con
lo stesso cipiglio di un generale, le aveva ordinato perentoriamente di non
sollevare nulla di più pesante di una tazza di porcellana.
Spring si era limitata a sorridere gaia,
annuendo a profusione senza mai interromperlo e alla fine lui, più tranquillo,
le aveva sussurrato di amarla e di tenere a lei più della sua stessa vita.
Era incredibile pensare
che, fino a pochi mesi prima, neppure si sarebbe mai immaginata di incontrare
un uomo così perfetto per lei, invece ora era lì con lui, felicemente fidanzata
e in attesa di una figlia.
Come poteva anche solo
pensare, Nonna Shaina, che lei rinunciasse a tutto questo?
Nel sentire la porta
chiudersi, Spring si levò infine dalla sedia e, affacciatasi alla finestra per
salutare il suo uomo, la donna ridacchiò nel vederlo schivare di un soffio
l'arrivo in volata di Summer.
In sella alla sua Ducati
848 rosso fiammante, la gemella inchiodò a circa due centimetri dalle scarpe
griffate di Max.
Mentre la donna si
toglieva il casco nero e rosso liberando la fulgida chioma, Max le sorrise
esasperato prima di darle un bacio sulla guancia e correre alla sua Mercedes
per recarsi al lavoro.
Summ allora lo salutò
con aria sdolcinata, e lui rise dal posto di guida nell'ingranare la marcia per
uscire dal cortile, dove l'auto di Winter era già svanita da almeno un'ora.
Quando Max fu ormai
lontano dalla villetta, la fulva donna trotterellò felice verso la porta e, nel
trovarvi appollaiata Spring, esclamò: “Oggi è un giorno spettacolare!”
“Hai fatto sesso”
dichiarò senza mezzi termini la sorella, facendola entrare in casa mentre la
gemella poggiava le chiavi della Ducati 848 sul comò d'ingresso.
Summer la prese
sottobraccio nel dirigersi verso la cucina e, scrollando il capo di capelli lucenti,
replicò serafica: “Non è che sono contenta solo quanto faccio sesso.”
“No, è vero, ma diciamo
che vederti così pimpante mi ha fatto credere che dietro ci fosse un uomo”
ammise Spring, accomodandosi su una sedia mentre Summer si appoggiò al tavolo
di legno chiaro, accavallando le lunghe gambe abbracciate da jeans schiariti e
attillatissimi.
Appariva come suo solito
grandiosa, bellissima, eccitante e sexy e Spring, che spesso e volentieri
l'aveva invidiata per questa sua bellezza scoppiettante e prorompente, si
ritrovò a dire: “Non so come fai... io mi vergognerei a morte un giorno sì e un
giorno sì.”
La gemella rise di
gusto, sistemandosi i capelli con un gesto noncurante della mano.
Con tono solo per metà
ironico, chiosò: “Bisogna nascerci col dono, tesoro... e poi, chi l'ha detto
che tu non sei bella? Io ti trovo stupenda.”
Spring le sorrise grata,
pur sapendo di non apparire fascinosa come lei, e le domandò: “Mi avevi detto
che eravate in attesa di ordini. Big Mama ha deciso di farvi partire,
finalmente?”
“Si parte per il
Pacifico, destinazione... Hawaii.”
Sogghignò melliflua, nel
dirlo, e Spring rise.
“Andate al Kilauea,
allora?” si informò la sorella, immaginandosi Summer sulle spiagge assolate
dell'isola, con solo bikini un striminzito a dividerla da lei e le mani dei
maschi prorompenti che avrebbe trovato là.
Annuendo, la gemella
tornò seria e asserì: “Ultimamente il vulcano ha dato motivo di far credere che
ci sia in atto un'attività piuttosto frenetica nella camera magmatica e,
trattandosi di uno dei punti caldi4 più conosciuti sul globo,
Big Mama ha pensato bene di farci fare un viaggetto di piacere.”
“E le tue percezioni che
dicono, invece?” si informò Spring, intrecciando le mani sul grembo.
“Che effettivamente la
camera si sta gonfiando più del normale, ed il magma sta ribollendo come una
pentola di fagioli. Lo strato di rocce fuse al di sotto del mantello sono in
grande agitazione, quindi ne deduco che là sotto si stiano divertendo
parecchio.”
“C'è solo da sperare che
non scateni un cataclisma.”
Summer mugugnò
un'imprecazione.
“Niente avrebbe potuto
fermare lo tsunami che ha colpito le coste del Giappone, neppure Winter
con tutti i suoi poteri, eppure si sente lo stesso in colpa. Ugualmente mi
sentirei io, se il Kilauea decidesse di fare le bizze più del solito ma, come
sempre, non potrei intervenire in alcun modo.”
“Se solo Win ci avesse
provato, ci sarebbe stato un contraccolpo di proporzioni bibliche. E' brutta da
dire, ma è stato meglio che non abbia agito in alcun modo” ammise la donna,
storcendo il naso.
“Il focus antipodale5
è già stato forte così, figurarsi se ci avessimo messo lo zampino io, tu o Win
per indebolire il terremoto e il conseguente maremoto. Avremmo spezzato in due
il pianeta” sbottò Summ, passandosi nervosamente una mano tra le onde ramate.
“A volte è snervante sapere
le cose e non poterle dire o, peggio, non poter intervenire per fermarle”
dichiarò l’altra, ripensando a tutti i morti di quell'immane tragedia.
La vulcanologa aveva
imprecato per ore, mentre osservava le scene di distruzione portate avanti dal
maremoto e Winter, per contro, si era chiuso in un silenzio morboso che nessuno
era riuscito a spezzare.
“Non voglio fare la fine
dalla pro-pro-pro-mille volte-zia Gwen, che venne mandata al rogo come strega
e... sorpresa! Non poteva prendere fuoco!” ringhiò Summer, rabbrividendo al
solo pensiero. “Il suo elemento la protesse, così tutti gridarono al demonio, e
lei fu costretta ad abbandonare casa e famiglia e rimanere reclusa
nell'anonimato fino alla morte, per non condannare i suoi cari alla stessa
fine.”
“No... è vitale più che
mai, specialmente oggigiorno, mantenere la segretezza sui nostri doni, però mi
spiace non poter aprire bocca quando so che un terremoto colpirà una data zona”
scosse il capo con veemenza Spring, coprendosi il grembo con le mani.
“Ci squarterebbero come
maiali solo per vedere come siamo fatti dentro” assentì torva la gemella. “A
volte, penso sia più una condanna, che un dono, avere questi poteri.”
“Non dire così! Pensa
soltanto a quanti progressi sono stati fatti nel campo scientifico grazie ai
nostri antenati!” protestò gentilmente Spring, pur sapendo bene che, in parte, la
gemella aveva pienamente ragione.
Conoscere le cose e non
poterle proferire ad alta voce era, spesso e volentieri, più un peso che un
sollievo,... per tutti loro.
“Già, … ma vorrei
ugualmente urlare quello che so a quei parrucconi della Commissione Grandi
Rischi” sbuffò Summer, prima di scrollare le spalle come per sciogliere le
tensioni del suo corpo.
“Ma lasciamo perdere.
Come sta la nostra futura mammina? Ti senti bene, nonostante sia un agosto
davvero afoso?”
“Ringrazio ogni giorno
chi ha inventato il condizionatore d'aria” ridacchiò Spring, lanciando
un'occhiata adorante allo split ben piantato sopra la porta della cucina. “Se
non ci fosse, sarei costretta ad affondare nella vasca da bagno per almeno
dieci ore al giorno.”
“Ti capisco... però, non
hai nausee, vero?” si informò la gemella, avvicinandosi per inginocchiarsi
accanto alla sorella.
“No, sto benissimo” la
rassicurò lei, prima di accennarle della telefonata della nonna, e di ciò che
aveva spiegato a Max.
La sorella aggrottò più
volte la fronte, accavallando e scavallando le gambe per il nervosismo.
Alla fine, con il suo
solito modo di fare sbrigativo, sentenziò: “Il primo che si avvicina a Max o
Kim, io lo stendo. Non mi interessa se dovrò espormi, non lascerò che succeda
loro qualcosa.”
“E’ per questo che vieni
qui tutte le mattine, prima che lui parta per il lavoro?” ironizzò Spring.
Facendo la linguaccia,
Summ ammise: “Mi hai beccata. Spero non ti scoccerà se gli applico della
polvere di ametista sugli abiti.”
“L’ametista è un ottimo
talismano protettivo, perciò no, non mi offendo se ti preoccupi per lui. So che
gli vuoi bene.”
“E’ il tuo uomo, Spring,
e so che lui ti ama alla follia. Smuoverei il mondo intero per Max e per la mia
nipotina.”
La sorella allora
sorrise e Summer, nel porre una mano sul ventre appena arrotondato della
gemella, sussurrò dolcemente: “Ehi, piccola Sunshine, sono la zia. Sappi che ti
voglio già un mondo di bene, e che non vedo l'ora che tu nasca. Ti coccolerò
così tanto che diventerai la bimba più viziata del pianeta.”
Spring rise
sommessamente a quelle parole e Summ, nel depositare un bacio sul grembo della
sorella, aggiunse delicatamente: “Mo chrói...”
¤¤¤
Centellinando del buon
whisky irlandese, che la zia le aveva servito dopo la cena che avevano
consumato a casa sua, Summer studiò i riflessi dorati del buon liquido alcolico.
Con tono vacuo,
dichiarò: “Davvero tutto molto buono, Brigidh, ma posso sapere, finalmente,
il perché di questo tête-à-tête tra me e te?”
Summ non aveva mai
nascosto di aver mal sopportato la decisione della zia di contattare i nonni,
subito dopo la morte dei loro genitori.
Nel corso degli anni,
specialmente dopo il matrimonio di Winter ed Erin, era sempre stata ostile nei
confronti della sorella di sua madre.
Non aveva mai fatto
mistero di avercela con lei e, pur dopo il perdono di Win e il ritorno di Kimmy
nella vita del gemello, Summ non aveva ancora calato le difese nei confronti
della zia.
La riteneva l'unica responsabile
della sofferenza del gemello e del ritorno nelle loro vite dei fastidiosi avi,
che avevano fatto di tutto e di più per non lasciarli vivere come meglio
credevano.
Il fatto che poi,
oltretutto, si fossero impicciati prima di Malcolm e poi, senza troppe
sorprese, della piccola Sunshine - che ancora doveva nascere - l'aveva mandata
in bestia.
Non avere alcuna notizia
di Colin, Miranda o Sean non l’aveva aiutata, quando aveva cercato di mettersi
in contatto con loro.
Parevano svaniti nel
nulla. Anche Autumn si era dichiarato sorpreso di non riuscire a trovarli.
Esistevano alcuni luoghi,
sparsi nel mondo, in cui i poteri dei Guardiani non riuscivano a funzionare
correttamente.
Evidentemente, quei tre
si trovavano proprio lì, forse per coglierli di sorpresa quando meno se lo
aspettavano.
Sperava soltanto che non
si stessero preparando per sbarcare in massa sul Continente, o avrebbe dato
veramente di matto.
Seduta dinanzi a lei su
una poltrona, il salotto illuminato solo da alcune lampade a led applicate a
muro, Brigidh si sistemò distrattamente una ciocca di biondi capelli dietro un
orecchio.
“Volevo metterti in
guardia.”
“E su cosa?” volle
sapere la nipote, ben conoscendo le doti di Veggente della zia.
“C'è un pericolo
incombente che ti segue, bambina, ma non sono riuscita a percepirne la natura.
E' un'ombra che ti minaccia, e che rischierà di strapparti alla persona che più
ami. Non so dirti altro, cara, ma vorrei prestassi attenzione a questo
presagio” le spiegò la donna, scrutandola con ansia.
Summer accavallò
nervosamente le gambe – sapeva più che bene quanto fossero attendibili le sue
previsioni – e, nel poggiare il bicchiere su un ginocchio, tamburellò le dita
sulla superficie liscia di vetro.
Annuendo torva, le
domandò: “Ho molte persone a cui sono affezionata. Non hai visto di chi si
trattava?”
“No, mi spiace. Ho solo
percepito il profondo legame che vi univa, e il pericolo che incombeva su
entrambi” scosse il capo Brigidh, spiacente.
La vulcanologa allora
annuì, seria in volto e, vagamente preoccupata, mormorò: “D'accordo, starò
attenta a tutto. Spero soltanto che non cada l'aereo per le Hawaii.”
“Non ho visto disastri
aerei” la rassicurò senza troppa convinzione la zia, cercando di sorriderle.
Summ reclinò il capo
all'indietro, poggiando la testa contro il morbido schienale del divano in
broccato color cioccolato.
Nell'ascoltare la dolce
melodia proveniente dallo stereo che Brigidh aveva acceso, asserì a mezza voce:
“Era la preferita di mamma.”
“Camille ha sempre amato
Schubert” assentì la zia, levandosi dalla poltrona per raggiungere una vicina
credenza.
Summer ne seguì
distrattamente le mosse, prima di irrigidirsi non appena la vide tornare con un
piccolo carillon a forma di torre che ben ricordava.
Per anni aveva ascoltato
la sua musica, nella camera dei genitori, mentre la mamma cuciva ricami sui vestiti suoi e di Spring.
Non l'aveva più cercato
dalla morte dei suoi genitori, ma non le era mai passato per l'anticamera del
cervello che potesse averlo tenuto la zia.
E non capiva perché lo
avesse riportato alla luce proprio ora.
“Camille aveva voluto
che tuo padre vi inserisse un tamburo con la Sonata n. 13 in la maggiore di
Schubert. Anthony è sempre stato un artigiano impeccabile” dichiarò Brigidh,
porgendole la bella riproduzione del Tor di Avalon. “Mi ricordo che passavi ore
ad ascoltarlo.”
“Mi piaceva, perché
rendeva felice mamma. Sorrideva sempre, quando lo ascoltava” annuì pensierosa la
giovane, rigirandoselo tra le mani come se avesse paura potesse scoppiargli
improvvisamente in faccia.
“Vorrei lo tenessi. Mi
sembra più giusto che ad averlo sia tu, Summy” le propose la zia, tornando a
sedersi.
“Perché ora?” le domandò
con una certa acredine la nipote, poggiando il carillon sul tavolino di
cristallo che le divideva.
“Perché penso ti
servirà” si limitò a dire la donna, scrollando leggermente le spalle.
“Un'altra predizione?”
rabbrividì Summer.
Brigidh non disse nulla,
ma alla nipote non importò. La sua faccia era più chiara di un intero libro
scritto a caratteri cubitali.
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Non ci si lasci fuorviare da ciò che si è
sempre visto nei film. Il vuduismo è una religione vera e propria, con i suoi
precetti e le sue credenze, e non è affatto un credo infuso di magia nera o
riti satanici, pur se alcune sue cerimonie possono ricordarlo.
Ha molti punti in comune con la religione
cristiana, anche se in certe sue parti differisce (vedi i riti con sangue
animale).
Anche le fantomatiche bambole vudù non
sono usate per scopi malefici come si suole vedere nei film, ma hanno utilizzo
completamente diverso, e di certo molto meno oscuro di quanto ci hanno fatto
credere.
1 mamaloa: (termine vudù): è una alta
sacerdotessa del culto vuduista.
2 houngan: (termine vudù): è un sacerdote
del culto vuduista.
3 loa (termine vudù): sono gli spiriti
della natura. Possono essere sia entità benefiche che malefiche.
4 Punto caldo (hot spot): Sono i punti in
cui il magma risale direttamente da sotto il mantello e preme per emergere,
creando, come nel caso delle Hawaii, un'isola o una serie di isole.
5 Focus antipodale: E' un genere di
fenomeno che avviene durante i maxi terremoti (vedi quello del dicembre 2004 a
Sumatra). Le onde d'urto create dal terremoto riverberano all'interno del
pianeta rimbalzando da un capo all'altro della Terra, creando ripercussioni
anche all'altro lato del luogo di creazione del sisma. E' un'onda di risonanza,
in poche parole, che attraversa il pianeta durante i grandi terremoti.