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Autore: Artemisia89    16/07/2008    3 recensioni
Ho sentito la sua vita finire
Ho sentito la vostra vita finire.
Cosa senti adesso?
Cosa senti adesso?
~
<< Un anno, eh? >>
<< Si, un anno. Un anno cinque minuti fa. >>
Pausa. Lei disegna una strada immaginaria sulle vene del braccio.
[Tanti Auguri Eleonora ]
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chiara

 

 

 

Hélene amava profondamente il teatro, lo amava nello stesso modo in cui un carcerato poteva amare ogni singola ora d’aria. Era capace di salire con la stessa, disperata intensità quei pochi gradini che la separavano dal palco: oltrepassava la tenda o il buio percorso prima dei riflettori, e una volta giunta nel quadrato nero, finalmente viveva.

Lui la ricorda così, tremante come una foglia prima di quel singolo passo e spavalda fino all’inverosimile mentre calcava la scena. I gesti delle mani così aggraziati, eppure così potenti. Sapeva guardare il pubblico come se in realtà si trattasse di una sola persona: così, dritta negli occhi. Ti trascinava con lei nella sua lenta ed inesorabile follia, nei suoi annegamenti di parole, nei suoi drammi borghesi, costringeva l’inconsapevole spettatore ad una morte dolce e violenta, ad una rinascita inaspettata, sofferta e non voluta.

Hélene era così: sul palco si riprendeva finalmente la propria libertà, come un tiranno.

Lui la ricorda così.

Hélene era così.

 

 

A Coral Room

 A e r i a l

 

[ I hear her laughing
She is standing in the kitchen
As we come in the back door
See it fall

And what do you feel? ]

 

 

È in un locale ampio, male illuminato – le luci troppo sfumate ed evanescenti, come un esercito di fuochi fatui pensa. Qualcuno canta una canzone di qualche anno fa; qualcuno, una donna. Ha capelli neri come petrolio – o forse solo la luce, la luce nera, il fuoco fatuo. Ascolto la tua vita, sta dietro di te, dietro la porta. Che cosa senti? continua a cantare, la donna di petrolio. Ha una voce bellissima, osserva. Aspira ancora il fumo della sigaretta appena consumata e non si sforza di ricordare l’ultima volta in cui si è seduto in questo tavolo. Lo sa benissimo, ricorda benissimo. Un’altra boccata di petrolio. Ascolto la tua vita.

Quando la canzone finisce, lui si alza. Si alza mentre ancora il suono degli applausi piomba su tutti, in maniera quasi intollerabile. Quegli applausi pesano come litri e litri d’acqua, gli è difficile anche camminare e la vede di sfuggita mentre si inchina, con i suoi nastri e i suoi guanti, tutta vestita di petrolio, ad occupare quel posto.

Quel posto che, lui specifica nel pensiero, non potrà mai più essere di nessuno.

Fuori dal locale, l’aria gelida gli artiglia i polmoni senza un briciolo di pietà cristiana. Si ferma e tossisce, pensa che è tardi. Pensa. È come una notte bianca di Dostoevskij, sai? Dice al barbone che giace semisvenuto nella traversa a destra. Questa è una notte bianca come il petrolio, e anneghiamo, anneghiamo. Anneghiamo nei ricordi freddi e fumosi.

Via la cicca. La scintilla dell’ultima brace sparisce sotto la suola del suo scarponcino e una lama di luce gli sbarra la strada. È la donna di petrolio col volto di gabbiano, venuta a strappargli via anche l’ultimo straccio di decenza.

Vieni, dice. Ma lei non capisce, non capisce che oggi è e s a t t a m e n t e un anno che lei è scomparsa. Trecentosessantacinque giorni di finzione lei direbbe, senza nemmeno la possibilità di una recita, piccola piccola, di un metro quadrato in cui essere noi stessi, in cui vivere al riparo di un copione, di una maschera, di un vestito fatto su misura solo, esclusivamente per noi.

E lei dice vieni, ho sentito la tua vita finire. Vieni.

Nel camerino in cui tutto è silenzio, tra luci, trucchi, vestiti – e si sente così a suo agio, le rose, dove sono le rose? – prende posto davanti a lei. Sa cosa vuole, lo sa benissimo.

Fin troppo bene.

 

 

<< Un anno, eh? >>

<< Si, un anno. Un anno cinque minuti fa. >>

<< Un anno. >>

<< Un anno, già. >>

Pausa. Lei disegna una strada immaginaria sulle vene del braccio.

 

<< Hai mai scoperto…? >>

<< No – lui la interrompe – no, e non lo so tutt’ora. >>

<< Non immagini. >>

<< Non immagino. >>

<< Non pensi. >>

Lui la guarda. Non aveva capito niente e non ne aveva alcun bisogno.

 

<< Lei era brava. >>

<< Si. >> E non dice, lo era. Come potrebbe? È passato solo un anno.

<< Mi piaceva la sua Antigone. >>

<< Antigone? >>

<< Si si, Antigone. >>

<< A lei no. Lei odiava Antigone. Lei era tutta per Ismene. >>

<< Ismene? Proprio Ismene? >>

<< Ismene, già. >>

 

Un’altra pausa. Quanto durerà questa pantomina? Sono già le due. È tardi, e lui è stanco, deve dormire, vuole la sua seconda vita segreta, la sua terra promessa, lui vuole il sogno di libertà, secondo modo per sfuggire a tutto questo orrore. E lei chiede ancora, la donna di petrolio è più crudele dell’aria gelida che lo aspetta fuori.

 

<< E al cimitero? Ci vai mai, al cimitero? >>

<< No. >>

<< Nemmeno per un fiore? >>

<< No. >>

<< Lei li avrebbe voluti. >> Non era una domanda.

<< Lo so. >>

<< Li avrebbe voluti, lo sai. >>

<< Si, lo so. >>

 

La donna di petrolio si alza, lo schiaffeggia, cerca nell’occhio una lacrima e vede ad un tratto la verità, la verità vera quella che il tipo del libro che giace da secoli sul suo comodino dice essere simile ad un pozzo senza fondo, da cui non si riemerge. E lei ci sprofonda, si sente cadere. Poi si salva, distoglie lo sguardo. Gli dice di andare.

 

<< E tu, dove andrai adesso? >>

Ha sete di qualcosa ora. Non alcool. Qualcosa di più puro, di più acuto, di più profondo. Vorrebbe qualcosa di Hélene, dentro di sè, a colarle giù per la gola, a risvegliarla come solo la sua voce avrebbe saputo fare. Vorrebbe possedere il segreto di Hélene; apre la porta del camerino e vede ancora il palco illuminato.

<< Io torno a cantare. >>

 

Ascolto la tua vita

Sta dietro di te, dietro la tua porta

Ho sentito la tua vita finire

Ascolto la sua vita

Sta dietro di te, dietro il tuo cuore

Ho sentito la sua vita finire

Ho sentito la vostra vita finire.

Cosa senti adesso?

Cosa senti adesso?

 

 

 

 

 

~

 

 

 

 

 

 

 

Credits: A Coral Room, Aerial è una canzone di Kate Bush.

 

Non è una bella storia, ma per me è importante. È molto importante, perché qui c’è tutto il mio concetto di teatro. C’è la mia dottrina, la mia poetica. Questa storia non sarà bella, ma è importante, come la persona a cui la dedico, la persona che mentre scrivo sta dormendo o magari pensa ancora a cosa fare o non fare domenica. La dedico alla mia carissima amica Eleonora, non solo una promettente fanwriter e un’attenta beta, la dedico alla persona, alla ragazza che ho avuto il grande piacere di conoscere.

La dedico a te, Ele. Anche se in ritardo.

Ti auguro con tutto il cuore di continuare a rincorrere per sempre l’ispirazione, senza mai raggiungerla pienamente, ti auguro di riuscire a ballare sulla superficie del mondo, cadendo e rialzandoti, ti auguro di scoprire che non c’è verità a cui tu possa aggrapparti, perché la fissità è noiosa ed è nel continuo mutare di noi stessi che viviamo, ti auguro di dondolare al suono del vento nel grano, ti auguro di perderti e di posticipare il ritrovarti all’infinito. Ti auguro di vivere ciò che, sai meglio di me, non tornerà mai più.

 

Ti abbraccio forte.

 

 

Tantissimi auguri per i tuoi 18 anni

Buon Compleanno

 

 

Chiara

 

 

 

 

  
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