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Autore: Madcap    17/07/2008    3 recensioni
[L\'ultimo Samurai]
È così comodo avere mille maschere... non parlare, perchè sei Imperatore e puoi permettertelo; e rimani in un limbo confortevole, non pensavi proprio che il limbo fosse fatto di tradizioni sbiadite e di emozioni vaghe, ma è bello, e niente può colpirti e penetrare il silenzio che ti sei imposto.
Gli occhi della tigre, però, possono.
Sono come una lama, colmi di rimprovero; ma perchè, perchè mi colpisci così, maestro?
Due lame del migliore fabbro, affilate e avvolte di fuoco, ecco cosa sono gli occhi della tigre, fanno male, maestro, basta! - Gli occhi del maestro, quando rimproverano un Dio in terra.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*** Salve ^^ mi prendo questo spazietto solo per precisare che il momento in cui si collocherebbero queste “riflessioni” è quando Kasumoto si presenta al consiglio e rifiuta di consegnare la spada. Ho tentato di vedere attraverso un'introspezione dell'Imperatore quel momento... spero non sia tutto da buttare ^^” buona lettura! ***







Imperatore, Dio in terra. Padre della terra che ami, padre del popolo che ami.

Imperatore, ricordalo, gli Dei non hanno mai paura.


Non hai paura, no, non puoi avere paura. Ma...


... vuoi seguire il tuo maestro, perchè è buono, perchè è lui che ti ha insegnato, non i servitori viscidi che sognano di notte un coltello piantato nella tua schiena, non la civiltà a cui aspiri e che ti sprezza. La civiltà a cui aneli per il tuo popolo.


Il popolo -che scusa facile e verosimile- per nascondere che desideri soltanto essere ricordato. Essere eterno, come chi ti ha preceduto. Essere un Dio, è ciò che ti hanno insegnato.


Non mentire, Imperatore.

Senti un'ansia terribile, da troppo tempo ormai, Dio in terra.

Perchè lui, il maestro è saggio e dev'essere ricordato, ma tu hai bisogno di non scomparire, ti sembra di annaspare tra un mare tempestoso di ere, troppi anni di meravigliose tradizioni che sei incapace di far risplendere; come fare, come fare per non essere solo uno dei tanti in questo tempo?


Cosa deve fare il Dio, maestro degli Dei?


Come fare per rimanere nei ricordi di un popolo, come fare per eguagliare e superare il maestro tanto caro? Per non deluderlo.


Ma lui se ne va per la sua strada, la strada del giusto, quella via di perfezione che -lo sai fin troppo bene- dovresti proteggere e non allontanare.

Solo che non ne hai il coraggio.

È così comodo avere mille maschere... non parlare, perchè sei Imperatore e puoi permettertelo; e rimani in un limbo confortevole, non pensavi proprio che il limbo fosse fatto di tradizioni sbiadite e di emozioni vaghe, ma è bello, e niente può colpirti e penetrare il silenzio che ti sei imposto.


Gli occhi della tigre, però, possono.


Sono come una lama, colmi di rimprovero; ma perchè, perchè mi colpisci così, maestro?

Due lame del migliore fabbro, affilate e avvolte di fuoco, ecco cosa sono gli occhi della tigre, fanno male, maestro, basta! - Gli occhi del maestro, quando rimproverano un dio in terra.


Ansia. Ansia perchè non sai come dire quello che vuoi; che vuoi continuare a seguire il tuo maestro, come può abbandonarti adesso? - e soffri imperatore, soffri la tua debolezza, ti fa capire con lucidità che non sei un Dio in terra, e nessuno lo penserebbe mai sul serio.


E ti chiedi perchè il maestro non ti venga incontro a sostenerti e a insegnarti la forza, debole debole Imperatore senza radici, ma ti guarda con gli occhi di tigre e di ferro e di fuoco.


Quegli occhi, non li sai ascoltare.


Chini il tuo sguardo, sei sconfitto Imperatore, sconfitto Dio in terra, sconfitto bamboccio di uomini spietati, sconfitto succube della paura di essere assassinato, sconfitto e precipiti in un baratro di sconforto nero.


Alza la testa, parla, rifiuta di essere uno schiavo e per una volta rallegra il tuo maestro!


Ma sai che non lo farai, e resti in silenzio perchè dentro di te l'ancora della paura, della maledetta debolezza che ti rincorre negli incubi e che non sai allontanare, continua a trascinarti verso il buio.

Ti pieghi alla paura, Imperatore abietto, larva inutile e soggiogata, aborto che non sai trovare l'equilibrio e la perfezione – ecco, ecco come si sente il Dio in terra, maestro.


Compatiscilo, almeno tu maestro, non disprezzarlo, compatiscilo.


Non si piega, il maestro.

Resta forte in eterno, il maestro.

Raggiunge la perfezione, mentre si rifiuta di obbedire a chi non è il suo Imperatore.

E vorresti piangere commosso, umano mascherato da Dio, vorresti servirlo, tu Imperatore che volti le spalle al tuo popolo.


Viene portato via, e non muovi un solo dito, rimani incatenato a questa ansia, rimani preda delle forze buie del tuo animo, che soffocano gli insegnamenti del maestro e i precetti del buon senso; i precetti degli antenati e gli insegnamenti del giusto.

-E vieni travolto-, mentre parlano in una lingua che ti sembra brutta e imperfetta, del popolo come di una merce e della merce come il senso della terra che ami, -dalla consapevolezza-, nera e appiccicosa, densa e sgradevole, come la sostanza di cui sono costruiti gli incubi.


Imperatore, Dio in terra, padre della terra che ami e del popolo che ami.

Incapace di salvare il tuo maestro, incapace di onorarlo.


Vigliacco.






  
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