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Autore: SakiJune    23/04/2014    1 recensioni
Ada Markham vive a Londra e NON è una ragazza come tutte le altre: è una fangirl del Dottore, proveniente da un’altra dimensione. Per un capriccio di Clara, delusa e scontenta dopo la rigenerazione del Dottore, Ada giunge a bordo della TARDIS e gli equilibri stagnanti tra i membri dell’equipaggio subiranno un serio scossone.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Clara Oswin Oswald, Doctor - 12, Jenny, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Threesome
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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Questo quinto capitolo è pieno di riferimenti a diversi episodi della serie:
- The Rings of Akhaten, settima stagione.
- Journey to the Centre of the Tardis, settima stagione (il riferimento al LIBRO).
- The Armageddon Factor, sedicesima stagione della serie classica (l'incontro con Drax), e The Five Doctors della ventesima stagione (la follia del Lord Presidente Borusa). La storia dei compagni d’Accademia del Dottore è tratta dal romanzo “Divided Loyalties” (serie Past Doctor Adventures). Vi consiglio di leggerlo perché riassume molti argomenti cruciali: la giovinezza del nostro amatissimo, la figura del Celestial Toymaker (che dovrebbe comparire più avanti), i background di molti futuri antagonisti della serie classica (sì, c’è anche il Maestro…) e molto altro. E poi c’è il Quinto Dottore con l’equipaggio al completo, inclusa quella rompiscatole di Tegan, il che non guasta.

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- Mi dispiace. So che eravate molto amici.
Vastra terminò di medicarle la spalla e la fissò. Sebbene il Dottore le avesse spiegato la particolarità della dimensione da cui Ada proveniva, non era semplice accettare di essere messa a nudo. Non era nella sua natura lasciare che degli estranei scavassero nei suoi segreti, nei suoi sentimenti.
- Sì, è vero. Ma stiamo parlando del nuovo comandante supremo di Sontar o di una povera vittima perduta per strada?

I battaglioni Sontaran sparsi per le galassie non sarebbero mai più potute tornare al loro pianeta. Avrebbero continuato a combattere e saccheggiare, certo, ma non avevano più una patria.
Non una stirpe di soldati, ma di guaritori avrebbe abitato Sontar da quel giorno in poi; ciò che era stato sempre considerato debole e indegno si era rivelato una forza e un requisito essenziale per la sopravvivenza. I Rutani avevano portato la morte, ma dalla morte era risorta la speranza, in un modo così sorprendente che il Dottore stesso, nei suoi sogni più intimi, non avrebbe osato immaginarlo.
Strax era rimasto per costruire una nuova civiltà, con la fierezza e la dignità di un veterano che trasforma la spada in aratro.
La TARDIS era ripartita verso una meta non ancora chiara, come sempre. L’opzione più gettonata erano gli anelli di Akhaten, che Clara ricordava come un luogo magico. Akhaten, il parassita, il falso dio che si nutriva di storie, di anime, di vita, era stato sconfitto da quello stesso amore che l’aveva creata.

- Le persone che incontriamo nel nostro cammino ci arricchiscono, nel bene e nel male. Ci donano qualcosa, e noi doniamo qualcosa a loro… ma non ci appartengono né sarebbe saggio diventare egoisti nei loro confronti.
“Nemmeno Jenny Flint? Vuole farmi credere di non rimpiangerla affatto?”
Vastra intuì i suoi pensieri e la sua espressione cambiò.
- Provare nostalgia è normale. Sentire la mancanza di qualcuno… persino morire dentro è perfettamente lecito. Ma smarrire di proposito la strada, dare la colpa agli altri della propria infelicità, diventare un peso anziché essere di aiuto e lasciarsi arrugginire… non bisognerebbe mai permetterlo.
Non parlava più di Strax, ormai, e non sembrava molto a suo agio. Ada cambiò argomento, comprendendo di aver toccato un tasto ancora troppo delicato.
- Grazie di averci tirate fuori dai guai. Vorrei anch’io un fischietto ad ultrasuoni, nel caso ci trovassimo in una situazione difficile come oggi.
- Fischietto? Hai appena chiamato la mia spilla sonica fischietto?
- No, Madame. - Mantenne un’espressione quanto più seria possibile, considerato che Clara, alle spalle di Vastra, stava facendo strane smorfie. Solo ricordando che ridere avrebbe potuto procurarle dolore alla ferita riuscì a resistere.

- Gente che va, gente che viene. - Non appena fu sicura che fossero rimaste sole, Clara alzò gli occhi al soffitto e si finse pensierosa. - A me Strax non mancherà in modo eccessivo, però lei ci è rimasta male. La Paternoster Gang è sciolta definitivamente, puff.
Era la stessa ragazza che aveva dato in pasto ad un falso dio il simbolo di infiniti, ipotetici futuri? La stessa Clara che si era gettata nel flusso temporale del Dottore, per salvare ogni sua singola vita? Ada si rese conto di averla idealizzata, e che forse doveva ridimensionare la sua opinione su di lei… ma quando mai aveva avuto bisogno di cambiare idea su un personaggio che si lasciava amare un poco di più ad ogni puntata? La realtà era una sfida, lo era sempre stata, e Ada non aveva ormai più dubbi sulla concretezza di ciò che stava vivendo.
- C’è molto di più in ballo - ribatté. - L’attacco dei Rutani è stato terribile, ma ne è venuto fuori qualcosa di straordinario. La pace! Sai per quanto tempo quel virus persisterà nell’atmosfera del pianeta? Almeno trecento anni. Una nuova civiltà, un nuovo modo di intendere. Quando i Signori del Tempo torneranno, avranno un nemico in meno e un alleato in più - si esaltò, creando senza accorgersene una specie di fanfiction estemporanea. Sapeva di mostrarsi un po’ saccente, parlando in quel modo; era sempre stato il suo peggior difetto, ma vivendo sola per la maggior parte del tempo non era mai riuscita a correggerlo.
Clara si guardò intorno. - Shhh, se il Dottore ti sente… - Fece il gesto della ghigliottina. - Non gli piace che gli venga ricordato che quelli stanno aspettando di venire liberati. O per lo meno, era così prima che scoprissimo la tua dimensione… forse ora se ne può parlare.
Ada tornò a sentirla complice e amica e ammirò la tenera fossetta che accompagnava quel suo sorriso incredibile. - Giusto. - Schioccò le dita di entrambe le mani, ma avrebbe fatto meglio a risparmiarsene una. La ferita tornò a farle male e strinse i denti prima di continuare: - Un tempo non c’era bisogno di aprire crepe per passare da una dimensione all’altra. E adesso è di nuovo così, perciò qualcosa è cambiato...
- O cambierà.
Clara alzò lo sguardo e vide il Dottore appoggiato allo stipite della porta dell’infermeria, in vestaglia e pantofole, con uno strano sorriso sul volto.
- C’è un futuro, davanti a noi, e in un momento imprecisato di quel futuro ritroverò Gallifrey. - Disse quel nome con un accento particolare, e Ada si rese conto che si trattava della pronuncia giusta, non della traslitterazione in lingua inglese. Capirlo le diede un brivido. Si sentì stanca, tutto ad un tratto; Vastra le aveva fatto ingurgitare qualcosa che stava per l’appunto facendo effetto in quel momento. - Ciò che accadrà ha già delle conseguenze nel presente, come un’onda che ricade all’indietro. L’universo… si distende. Torna ad avere un differente equilibrio. Ma non posso sapere quando accadrà. Posso soltanto continuare a viaggiare, finché non troverò un indizio, non avrò un’intuizione… dev’essere il momento giusto. Non serve a nulla cercare di affrettare gli eventi. Accadrà, e se lo vorrete, quel giorno sarete con me.

- Dottore, devo chiederti una cosa - mormorò Clara, dopo alcuni minuti di prezioso silenzio.
Lui allargò le braccia, ma con i gomiti ben saldi sulle costole, dopodiché tornò ad unire le mani sotto il mento. Ogni ruga del suo volto sembrava ostentata, gli occhi erano due fessure.
- Ho letto qualcosa, in un libro, in una di quelle stanze… e non lo ricordo più, e so che dovrei…
- No, non dovresti, probabilmente - tagliò corto lui. - Non aveva importanza, e comunque non è mai successo.
- Che cos’era? - insistette Clara.
- Storie. Storia. Il nome che non doveva essere pronunciato... ma tu non hai mai davvero visto o letto o sentito parlare di quel libro, è l’eco di cose mai accadute - sussurrò il Dottore, a pochi centimetri dal suo viso, senza però toccarla.
- L’eco di cose che mai accadranno ha distrutto un pianeta malvagio, per mia stessa mano. Non me lo diresti mai, il tuo nome? - Gli occhi della ragazza si erano accesi di un capriccio che non gli piacque.
“Cosa riesce a far tremare un Dalek nella sua corazza? Il tuo nome, il tuo nome…”
- “Mai” è una lunga parola. Che cos’hai dichiarato a Trenzalore? “Il suo nome è Il Dottore. Questo è tutto ciò che dovreste sapere”. E ora cerchi le risposte in vaghi ricordi di una linea temporale mai esistita… In altri tempi, in altri luoghi, ci sono state occasioni in cui è stato opportuno rivelare dettagli del genere, ma... Tu mi sposeresti, Clara Oswald?
Lei abbassò la testa. Sentiva freddo al petto e quasi lo odiò per quella domanda crudele.
- Ti sei risposta da sola - concluse il Dottore. Un dubbio gli si insinuò nella mente, e voltò la testa di scatto: - Markham?
Ada si riscosse dal dormiveglia in cui era sprofondata senza accorgersene.
- Oh, scusa, ti eri appisolata?
Chissà perché, sentire il Dottore usare termini come “appisolata” la mise di buon umore.
- Scusami. Cosa mi hai chiesto?
- Volevo capire quanto e cosa sai di me. Conosci il mio nome?
- No, è uno dei punti fermi dello show: il mistero numero uno. - La domanda l’aveva colta di sorpresa, ma non aveva nessuna difficoltà a rispondere. Le sembrò uno spiraglio di confidenza, di interesse. - Se lo sapessi di certo non lo riferirei ad anima viva, morta o zombie. Però conosco il tuo soprannome all’Accademia, e devo dire che mi basta per tutta la vita.
Il Dottore aveva storto il naso in una smorfia, ma aveva iniziato a ridacchiare. - No, ti prego. - Sembrava che qualcuno gli stesse facendo il solletico. Non era più abituato a ridere, pensarono entrambe nello stesso istante. Era buffissimo e anche un po' inquietante... come una marionetta in vestaglia.
Ada si sentì in diritto di pungolarlo un po’ su quel lato. - THETE! Quanto ho sognato di chiamarti così!
- Che cosa? No, questo dovete dirmelo! - insistette Clara. - Cosa vuol dire?
- Theta Sigma. Non l’ha mai sopportato, per quanto ne so, ma è adorabile. Forse si chiama Thomas Smith e noi stiamo a lambiccarci il cervello…
- Direi che avete bisogno di una lunga nottata di sonno, tutte e due - stabilì il Dottore, ma aveva ancora quel sorrisetto a increspargli le labbra.

C’era della verità in ciò che Ada aveva raccontato: non gli era mai piaciuto. Ma allo stesso modo non gli era mai andato a genio il suo vero nome. Non li aveva mai indossati con disinvoltura - lui sentiva di essere il Dottore e nient’altro. Rifuggiva con rabbia e disprezzo da tutto ciò che avrebbe potuto distrarlo dal suo obiettivo, dalla costruzione della propria identità. Era così giovane allora… così impaziente.
Quando, durante la sua quarta incarnazione, aveva incontrato il suo compagno d’Accademia Drax sul pianeta Atrios, per riflesso gli aveva proibito di chiamarlo Theta. Ma già allora, in fondo, aveva compreso che non aveva nessuna importanza, perché non c’era bisogno di mostrare un orgoglio inutile, perché…
Era nostalgia, quella che gli stava salendo dallo stomaco? No, forse no. Nostalgia significa desiderare di tornare al passato. Eppure si scoprì a fantasticare di essersi comportato diversamente, in quell’occasione. Drax era uno dei pochi amici che gli fossero rimasti, già all’epoca. I Deca… gli studenti più ribelli e brillanti della sua generazione, i suoi migliori amici, avevano preso strade molto differenti tra loro, e molte di esse si erano rivelate oscure e votate al Male. Koschei, in primo luogo, ma anche Mortimus, Ushas, Magnus… e Vansell, la spia dei servizi segreti di Gallifrey, lui più di tutti.
Evitò di soffermarsi sui due compagni perduti per mano del Giocattolaio. Faceva troppo male, sebbene fossero trascorse sette vite da allora - otto, contando il Guerriero. Persino i loro nomi erano stati cancellati dalla Matrice che tutto ricordava, ma lui li teneva con sé, ognuno in un cuore, come due ferite aperte.
Anche Drax era stato reclutato dal Guardiano Nero, ad un certo punto, ma la sua anima non si era mai oscurata del tutto e si era liberato volentieri da quella missione malefica. Jelpax era rimasto a Gallifrey, e la sua posizione prestigiosa aveva facilitato di molto i progetti insani di Borusa… ma aveva pagato in abbondanza quella presunta complicità.
Borusa, già. Era stato l’insegnante di tutti loro e aveva sopportato l’irrequietezza, la mancanza di disciplina, le piccole malefatte, ma più di tutto la supponenza di quei giovani convinti di essere onnipotenti, immortali… Avrebbe mai creduto di poter cadere lui stesso in quel delirio, secoli più tardi, quando già portava lo Scettro e la Fascia di Rassilon? Di ritrovarsi a desiderare il potere supremo, con la certezza della propria ragione - il che è già assoluta follia - e di uccidere per questo?
Sì, il Dottore aveva nostalgia di Gallifrey, ma non perché ora accettasse la sua struttura sociale o ne volesse far parte e avesse perso totalmente il desiderio di guardarsi intorno e correre e stupirsi; non era un ritorno con la coda tra le gambe, un sottomettersi alle regole, una sconfitta. Piuttosto, ritrovarlo era il culmine della vittoria su un destino che sembrava già compiuto. Voleva però capire, alla luce degli eventi che gli avevano permesso di scoprire la verità sulla coraggiosa decisione del se stesso Guerriero, come evitare una seconda Guerra del Tempo. E nel profondo acquietare quell’altra guerra, lo struggimento eterno che portava dentro.

   
 
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