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Autore: I Biscotti Inflessibili    27/04/2014    2 recensioni
È difficile accettare uno spiraglio di felicità in una vita che è stata costellata di sofferenze e continue privazioni, e Thorin sarebbe disposto perfino a rinunciare al suo amore, per non condannarla a sprecare la sua vita con un vecchio Nano austero come lui. Thorin sarebbe pronto a liquidare l'amore della sua vita come il capriccio di un vecchio burbero, ma Meg non è dello stesso avviso. E' così che nasce una serie di storie dedicate al re dei Nani più burbero del creato e alla sua alta compagna.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Giovane, coraggiosa e poco saggia'
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La prima volta che Meg dormì sola, a Erebor, fu perché Thorin era uscito per combattere gli orchi. Fin dal giorno della riconquista era capitato che vecchi nemici si ripresentassero alle porte di Erebor, e Thorin non aveva nessuna intenzione di permettere a nessuno di essi di avvicinarsi al suo regno, nemmeno per sbaglio.
Così, dopo una serie di avvistamenti e qualche spedizione esplorativa, era partito per la guerra, lasciando la sua giovane moglie dentro la montagna, in attesa, ad aspettarlo.
Aveva cercato di lasciare a casa anche Fili, in qualità di suo reggente, ma il giovane aveva insistito così tanto per unirsi alla spedizione che alla fine aveva ceduto, lasciando che fosse Balin, in attesa di potersi mettere in viaggio per Moria, a tenere le redini del regno.
Meg era rimasta pazientemente in attesa, approfittando di quei giorni di solitudine per venire a patti con la sua vita di regina. Era sposata da qualche mese, ma era una sovrana giovane, che il re trattava come un fiore delicato, temendo sempre che qualcosa potesse scalfirla o danneggiarla, e per questo vittima di un forte senso di inadeguatezza. Temeva per il suo re, ma ne conosceva i doveri come sovrano e come guerriero, perciò non le restò altro che rimanere lì, e sperare.
I suoi sospiri e le sue speranze furono ascoltate, e Thorin tornò, come tornarono i suoi nipoti, ammaccati e vittoriosi e il resto dei guerrieri.
Meg corse per le scale, leggera come una farfalla e contenta, trovandosi a fare irruzione nella stanza dove il marito si spogliava dell’armatura e badava ai danni provocati dai colpi sferrati dagli orchi.
Thorin si voltò a controllare chi fosse la causa di tutto quel trambusto, e sorrise quando vide il volto di Meg arrossire.
“Non pensavo di essere così rumorosa”, disse avvicinandosi al marito.
“Rimani lì, sono sporco e sanguinante.” Il re parlò con voce distratta, e poi si bloccò, come se si fosse lasciato sfuggire troppo.
“Sei ferito?”
“No, affatto.” Finì a stento di parlare, quando fu interrotto dall’ingresso di Balin nella stanza, che portava con sé erbe, medicamenti e bende. Meg piantò gli occhi sul re, che ebbe il buon gusto di arrossire. La regina, dunque, si rivolse a Balin.
“Il re sostiene di non essere ferito. Qual è la verità?”
Balin ridacchiò. “La verità è che il re è ammaccato, come tutte le volte che rientra da una guerra, ma non c’è niente da temere, c’è solo da sistemarlo un po’. E’ che non gli piace mai ammetterlo.”
Ridacchiò anche Meg, notando come il re, il temibile Thorin, tenesse lo sguardo basso e arrossisse violentemente.
“Posso pensarci io. So come si pulisce una ferita, e so cucire, se serve.”
“No.” La risposta del re giunse secca  e quasi dura.
“Sono in grado di farlo, Thorin.”
“Non è questo il punto.” Il nano si tolse la maglia di ferro, ringhiando un po’ a dire il vero, evitando di farsi aiutare. Balin approfittò del momento per uscire dalla stanza con una scusa, e facendo un occhiolino alla regina, mentre le indicava con aria complice ciò che aveva portato per medicare il re.
“E qual è?”
“Non è necessario che tu mi veda così.”
“Così come, Thorin? Un po’ stanco, ferito?” Meg fece qualche passo per avvicinarsi a lui. “Credo sia l’aspetto che avrei anche io, se tornassi da una guerra.”
Thorin la fissò sospettoso, come se dubitasse di lei, e Meg comprese. “Credi che io possa preoccuparmi troppo? Sei qui davanti a me, non ho motivo per temere o per preoccuparmi troppo, sempre che tu mi permetta di evitare che le tue ferite si infettino.”
Thorin non sembrò convinto, e Meg parlò ancora. “Permettimi di esserti di aiuto, visto che non posso fare nient’altro.”
Alla fine il re cedette, e si mise a sedere, lasciando che la moglie gli si affaccendasse attorno. Meg si arrotolò le maniche, e si mise al lavoro.
“Con due fratelli piccoli, puoi immaginare quante volte mi sono messa a fare cose simili.” Spiegò Meg, mentre  prendeva le boccette di alcuni unguenti, studiandone il contenuto.
“Non è la stessa cosa, lo sappiamo entrambi.”
“Non credere, Will una volta è caduto dal tavolo e ha battuto la testa, ha perso moltissimo sangue, e ci aveva fatto preoccupare. Sono stata io a ricucirlo, perché sono più precisa di mia madre.”
Thorin ascoltò in silenzio, mentre Meg posava le dita delicate sulle sue spalle, cercando di scoprire quali fossero le ferite che lui cercava di nasconderle.
“Non ti aveva spaventato il sangue?”
“No.” Rispose la giovane, spostando i capelli del marito per medicare un taglio sul collo. “Ero preoccupata per Will, temevo per lui, del sangue non mi importava.” Lavò via il sangue rappreso, assicurandosi dell’entità della ferita. “Questa è andata vicina alla giugulare, c’è così tanto spazio tra l’elmo e il resto della tua armatura?”
Thorin si sorprese per tanto sincero interesse, così strano per una giovane. “Sì, bisogna fare molta attenzione.”
Meg annuì, e continuò la sua opera. Contò diverse ferite, e altrettante cicatrici. Aveva già visto e già sfiorato molte volte quelle sottili linee bianche, ma vederle ora, accanto a ferite fresche, dava l’idea di quanto dolorosamente se le fosse procurate.
Il re provava un certo imbarazzo a lasciarsi esaminare così, ma nonostante il bruciore degli unguenti e delle punture dell’ago, quando Meg si ritrovò a dovergli cucire una brutta ferita alla coscia, fu felice di averla lì, con lui. La ragazza lavorava chiedendo di tanto in tanto al re come fosse stata la guerra, o se gli stava facendo male.
“No, Meg, e soprattutto non dopo la lama di un nemico.”
Una volta finito, Meg si lavò le mani con un panno fresco, e si preoccupò di sistemare le ultime bende.
“Sai.” Disse poi, passando una mano sulla guancia del marito. “Ho rischiato di incontrarti ben prima delle nostre passeggiate per i campi.”
Il nano alzò la testa verso di lei, incuriosito. “Quando?”
“Alla vigilia della Battaglia dei Cinque Eserciti. Ho cercato di arrampicarmi sulle colline per vederla, avevo quindici anni, all’epoca.” Sorrise, mentre lo raccontava, ripensando a quanto era stata avventata.
“Perché mai avresti voluto essere là?”
Nella voce del nano c’era lo stesso sdegno che c’era stato nella voce di suo padre, quando aveva espresso quello stesso desiderio. 
“Non avevo mai visto un esercito schierato.”
“E non è cosa che una fanciulla dovrebbe vedere mai.” Insistette Thorin, indurito.
“Lo so bene, ma ero così curiosa, non succedeva mai niente di bello o interessante, qui.” Thorin prese la mano di Meg, ancora appoggiata al suo viso, e la tenne tra le sue. “Commisi l’errore di dire a mio padre ciò che avevo intenzione di fare, e ovviamente la sua reazione non fu molto diversa dalla tua.”
Thorin se ne rallegrò di cuore, nonostante detestasse il suocero.
“Così sono scappata di casa e sono corsa fuori a vedere la battaglia per conto mio.”
“Meg…”
La ragazza scoppiò a ridere. “Non è diverso da quello che ho fatto per te pochi anni dopo, in fondo.”
Thorin avrebbe avuto da ridire, su questo, ma non parlò.
“Non ho mai raggiunto l’esercito, se può consolarti, perché mio padre venne a cercarmi e mi portò via di peso, prendendomi in braccio. Tutto quello che è rimasto da dire su quella giornata è che me ne sono tornata a casa scalciando come un cavallo, mentre mio padre mi dava della ragazza priva di senno.”
“Tutta la mia solidarietà a tuo padre.” Sospirò il nano, in un modo che fece ridere la ragazza di cuore.
“Sapevo che gli avresti dato ragione, ma non era per questa ragione che te l’ho raccontato.”
“E per quale allora?”
“Per farti capire che non ho paura di soccorrere un guerriero che ritorna a casa, e che non sono un uccellino spaventato.”
Non avrebbe mai definito Meg un uccellino spaventato, ma sì, Thorin la trovava delicata e per questo sentiva il bisogno di nasconderle le brutture del mondo il più possibile. A Meg questo non serviva, ma era un istinto che, lui sapeva, non avrebbe mai dominato del tutto.
“Sappi però che se dovessi vederti correre dietro ad un esercito verrei a prenderti come ha fatto tuo padre.”
“Non ne dubitavo.”  La ragazza sorrise, mentre il marito le baciava la mano pensando che era bello sapere che il destino li aveva fatti incontrare in ogni caso.

 
  
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