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Autore: Yoan Seiyryu    03/05/2014    0 recensioni
[ Mad Wolf (Ruby Jefferson) + accenni Outlaw Queen ]
Nella Foresta Incantata Regina desidera distruggere Snow White annullando quelle amicizie che rendono la figliastra forte ed audace. Decide di servirsi di Jefferson per compiere un gesto estremo nei confronti di una giovane ragazza dal Cappuccio Rosso che vive al villaggio di Nottingham. Jefferson, per offrire un futuro migliore a sua figlia Grace, accetta il patto con Regina ed è intenzionato ad eseguire gli ordini.
A Storybrooke Jefferson ricorda perfettamente il suo passato e tenta con ogni mezzo di far riemergere la memoria perduta di Ruby con cui è stato legato prima del sortilegio, ma affronteranno entrambi diverse problematiche prima di conoscersi davvero secondo la propria natura.
**
"E' ironico che sia tu a parlare di mentire, del passato, di conoscersi per ciò che si è [...] quando sei tu il vero mostro fra noi due"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Jefferson/Cappellaio Matto, Paige/Grace, Ruby/Cappuccetto Rosso, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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XVII 

All's well that ends well 





 


Le mani correvano lungo la schiena di lei per assaporare ogni centimetro della sua pelle, il profumo dei suoi capelli era inebriante e la visione del suo collo appena scoperto lo faceva impazzire. Lo percorse con le labbra, sfiorandone ogni punto mentre avvertiva il corpo di Ruby incastrato tra lui e la porta che non accennava ad aprire. Non riusciva a tornare lucido in un momento simile, corse a sbottonarle il soprabito per far scivolare il tocco delle mani sui suoi fianchi, avvicinando il bacino a sé e facendole inarcare la schiena. Ruby aveva appoggiato la testa alla porta così da alzare il mento, Jefferson ne approfittò per baciarla ancora lì fino ad arrivare alla clavicola che aveva scoperto dopo aver fatto saltare i primi bottoni della camicia. Ruby non riusciva più a pensare a nulla se non al desiderio che iniziava a crescere sempre di più dentro di lei, avvertiva un formicolio lungo tutte le braccia, erano brividi di un piacere che ancora non si era presentato.
“Entriamo, c’è freddo” sussurrò lei come scusa per non rimanere ancora sulla soglia della porta.
Jefferson si sentì tirare via all’improvviso dalla sensazione del calore del suo corpo e senza farselo ripetere andò a cercare le chiavi nella tasca del cappotto, non appena le trovò fece scattare la serratura e spinse Ruby all’interno, richiudendo la porta dietro di sé.
La ragazza sciolse il soprabito facendolo cadere a terra, l’incavo del seno si intravedeva appena e Jefferson non vedeva l’ora di strapparle via l’indumento di dosso. Non appena fece un passo avanti lei si ritirò, indietreggiando per condurlo fino al salotto dove tempo prima era stata addormentata con un sonnifero.
“Questa volta non vuoi farmi addormentare, vero?” sorrise lei maliziosamente.
“Non ci penso proprio” rispose lui coprendo finalmente quella distanza che gli stava togliendo il respiro.
Una volta raggiunta la trascinò verso il pianoforte e la sollevò per farla sedere sulla cassa, sollevandole le gambe perché potesse avvinghiarsi intorno ai fianchi di lui.
Ruby lo attirò a sé per togliere quell’ingombrante maglione e gettarlo a terra, prima di sfiorare la pelle fredda del torace che iniziò a riscaldare con tiepidi baci. Lui intanto non perse tempo e le sbottonò velocemente i pantaloni di pelle iniziando a sfilarglieli lentamente, sfiorando le gambe dalle cosce fino alle caviglie, una cosa che aveva avuto occasione di fare già in passato. Risalì con spropositata calma, quasi esasperante, finché non le strappò del tutto gli ultimi bottoni della camicia che lasciò ricadere dietro di lei. Portò una mano sotto al collo di Ruby perché potesse spingerla indietro, di rimando inarcò la schiena mentre lui affondava il viso tra i suoi seni, dopo averli liberati dal reggiseno nero che scaraventò anch’esso in lontananza. Quel gesto provocò in lei ansiti profondi, sensazioni come quelle non le aveva provate nemmeno con il Dottor Whale, nonostante avesse trascorso notti piuttosto interessanti insieme a lui. Subito dopo Jefferson la fece tornare composta e le strinse di nuovo le gambe intorno ai fianchi per poterla sollevare da lì e si incamminò verso la camera da letto, percorrendo il lungo corridoio che sembrava non avere mai fine. Quando finalmente giunsero al luogo prestabilito, chiusero la porta per lasciare fuori ogni pensiero negativo, ogni sorta di rammarico o di rancore, perché il tutto potesse diventare uno.
Jefferson e Ruby avevano creato un piccolo universo proprio in cui per una volta esclusero il resto, nessuno in quel momento avrebbe potuto scuoterli o farli destare da quello che per tanto tempo era stato solo un sogno.
Non erano stati solo il Cappellaio e Red Hood a diventare una cosa sola, anche ciò che erano diventati riuscirono ad incontrarsi e a muoversi allo stesso tempo. Avrebbero imparato ad amarsi come non erano riusciti a fare prima, accettando ciò un tempo non erano riusciti ad apprezzare.
Il resto della notte trascorse dolcemente, già una volta avevano condiviso lo stesso letto ma mai come in quel modo. Ruby si era addormentata con le guance arrossate sul torace di lui che la ospitava con cura, avvolgendola con un braccio di modo che non potesse andare via. La gamba di lei era incastrata tra quelle di Jefferson, così da non sentire freddo, nonostante le lenzuola fossero tirate fin sopra per coprirli entrambi.
Jefferson rimase a guardarla a lungo, non riusciva a prendere ancora sonno. Di tanto in tanto le sfiorava il viso per spostarle i capelli da una parte e guardarla come se fosse stata la prima volta. Bella da impazzire. Locksley avrebbe riso di fronte a quel pensiero, visto che era proprio vero. L’aveva quasi mandato ai matti in quei ventotto anni e anche dopo ci era mancato poco che non impazzisse seriamente. Non l’avrebbe lasciata andare facilmente, lei era riuscita a trovarlo e nessuno si sarebbe potuto più frapporre sulla loro strada. Poco a poco chiuse le palpebre per sprofondare in un sonno lungo e piacevole, era talmente tanto tempo che non riusciva a dormire in quel modo, quasi non gli sembrò vero quando si risvegliò riposato e senza occhiaie.
La luce del sole filtrava dalla finestra finendo per sfiorare la guancia di Ruby rivolta da quella parte, la sensazione improvvisa di calore la fece uscire dal sogno che stava facendo e si ritrovò in un letto che non era suo. Si rese conto di non indossare abiti e un improvviso brivido di freddo corse dietro la schiena, le membra erano indolenzite ma si fece scappare un sorriso quando ricordò che cosa era accaduta la notte prima. Sollevò il lenzuolo per potersi coprire meglio dopo che si mise seduta con la schiena appoggiata indietro,  accanto a sé però non trovò nessuno. Che Jefferson fosse andato via? Per un attimo provò un moto di preoccupazione che fu presto eliminato nel momento in cui si avvide di lui che entrò nella stanza portando con sé un vassoio su cui erano stati preparati dei biscotti e del tè.
“A cosa è dovuto quel cipiglio?” sorrise lui mentre si apprestava ad avvicinarsi per sedersi sul bordo del letto e appoggiare il vassoio sulle gambe di lei, facendo in modo che l’equilibrio fosse perfetto.
“Non avrai pensato che me ne fossi andato via…” l’aveva letto sul suo viso preoccupato.
“Mi hai piacevolmente stupita” ricambiò quel sorriso come sapeva fare, prima di spostare lo sguardo sul vassoio “non cambi mai le tue abitudini, continui a bere soltanto tè rosso”.
Jefferson andò a sedersi dall’altra parte, indossava solo un paio di pantaloni scuri che doveva aver recuperato da qualche parte, visto che erano volati via in preda all’euforia di quella notte.
“Sai che apprezzo più l’ordinario. Ho vissuto per così tanto tempo nello straordinario che non ne posso più di comportamenti strambi ed eccentrici” rivelò prima di incrociare le mani e sistemarle dietro la nuca.
Ruby sorrise a mezza bocca, se ciò che aveva letto sul Paese delle Meraviglie era vero, doveva esser stato terribile vivere per così tanto tempo in una condizione simile. Ma ci sarebbe stata occasione di parlare anche di quello.
“Da che pulpito” lo stuzzicò con un certo divertimento prima di iniziare ad assaggiare i biscotti caldi che assaporò con gusto.
“Ruby…” sussurrò lui, come colto da un’improvvisa illuminazione.
“Sì?” rispose lei voltandosi dalla sua parte con la bocca ancora piena, aveva appena assunto un’espressione buffa.
“Temo che Paige non si unirà a noi” quella confessione gli provocò una stretta al cuore e aveva bisogno di parlarne con lei.
“Che intendi dire?” per poco lei non si strozzò e fu costretta a battere piccoli pugni sul petto per tornare a respirare.
Jefferson si inumidì le labbra, riportando le braccia in avanti per poi stendersi di lato  sul letto e sollevare la testa con una mano.
“Ha scelto la sua nuova famiglia, voleva che le dimostrassi di poter cambiare ma ogni tentativo che ho fatto non ha che peggiorato la situazione. Desidera rimanere con i suoi genitori adottivi”.
Ruby non riusciva quasi a credere alle proprie orecchie, Paige stravedeva per suo padre e non c’era persona al mondo che amasse di più. Sospirò e tirò in basso le spalle, prima di prendere la tazza di tè e portarla alle labbra, tamburellandovi sopra le dita.
“Non credo sia davvero così, piuttosto penso che lo abbia fatto solo per spronarti a prendere la strada giusta. Devi solo avere un po’ di pazienza, lei capirà e tornerà da te” rassicurarlo era difficile e soprattutto farlo ragionare era ancora più difficile.
“E’ quello che spero, detesto non poterla avere accanto” fu solo allora che gli tornò alla mente una cosa decisamente importante, quindi si alzò freneticamente ed uscì dalla stanza quasi correndo.
Ruby inarcò un sopracciglio, guardandolo andare via senza comprendere, ma in fondo si sarebbe dovuta abituare a quei comportamenti così incomprensibili. Non la fece attendere molto perché non appena tornò le mostrò una busta piuttosto grande che lasciò proprio al lato del letto.
“Volevo dartelo prima di scusarmi con te, come scusa per avvicinarti. Ma ho preferito fare un passo in più, non mi andava di usarlo come capro espiatorio” sorrise a mezza bocca.
Ruby appoggiò la tazza ormai vuota sul vassoio che spostò sul comodino, poi afferrò la busta e la sistemò sul letto.
“Un regalo per addolcirmi?” si ammutolì all’istante quando si rese conto che all’interno vi era il mantello, il suo mantello rosso che aveva cercato per così tanto da essersi arresa all’idea di ritrovarlo.
“Dove lo hai trovato?” gli domandò quasi balbettando mentre se lo portava accanto.
Le spiegò brevemente di come Locksley avesse strappato quell’informazione a Regina, gli aveva chiesto di recuperarlo così da ottenere un mezzo importante per il controllo del lupo.
“Se te lo avessi portato prima avresti potuto credere che desideravo proteggermi dalla tua natura, invece l’ho accettata, mantello o meno” aggiunse perché potesse essere certa delle sue parole.
Ruby non riuscì a smettere di sorridere, abbandonò il mantello da una parte e si spinse verso di lui per farlo ricadere sul materasso, incastrandolo sotto di lei.
“Così come io ho messo da parte il mio orgoglio, concedendoti di potermi dimostrare che il tuo cuore non è avvolto completamente dall’oscurità” dunque andò a baciare il sorriso divertito di lui, sprofondando in un abbraccio da cui non si separarono a lungo, visto che lo avevano desiderato per così tanto tempo.




 
**




Il campanello suonò all’ingresso per ben due volte di seguito, ormai era già qualche giorno che Ruby si era trasferita a casa di Jefferson, come avevano deciso di fare. Nulla poteva andare storto, persino Emma e Mary Margaret avevano trovato un modo per far ritorno a Storybrooke e tutto sembrava esser tornato alla normalità, ognuno avrebbe potuto ricominciare dall’inizio.
Jefferson andò alla porta per poter aprire e si ritrovò davanti alla figura di Locksley che teneva una mano sulla spalla di Paige, la quale aveva i lunghi capelli castani legati in una coda alta. Le aveva sempre detto di tirarseli indietro per scoprire il viso dolce e libero dalle ombre. Provò un tuffo al cuore nel rincontrare sua figlia che non era più andato a trovarlo dopo l’ultima volta che avevano discusso. Non sapeva nemmeno come comportarsi, poiché lei avrebbe potuto provare fastidio anche per un solo abbraccio. Si schiarì la voce e tentò di dire qualcosa, ma fu Locksley a parlare.
“Visto che dovevo venire qui per pranzo ho pensato che Paige potesse accompagnarmi” spiegò la situazione.
La bambina aveva gli occhi rivolti in basso, Jefferson comprese che non dovesse sentirsi a suo agio, dunque fece il possibile per alleggerire l’atmosfera.
“Certamente, entrate pure. Ruby sta per sfornare la torta di mele, siete arrivati giusto in tempo”.
“Ruby è qui? E prepara… una torta?” la voce di Paige si fece squillante insieme all’espressione del viso che si schiarì improvvisamente.
Jefferson annuì, non sapeva ancora come avrebbe preso quella notizia e cercò di comunicarla nella maniera più dolce possibile.
“E’ venuta a vivere qui, avevi ragione tu Paige. Ho capito cosa è meglio per me e soprattutto cosa è meglio per noi” lo aggiunse con tono colmo di speranza.
Locksley cacciò le mani in tasca mentre si avviavano tutti e tre verso la cucina, non era un caso che avesse deciso di andarla a prendere, desiderava farle vedere come suo padre era riuscito a cambiare, anche per lei.
“Davvero papà? Non credi più che sia un pericolo? Tu le vuoi bene?” la raffica di domande arrivò in fretta sciogliendo tutta la tensione che si era creata.
A quel punto Locksley preferì allontanarsi dai due per recarsi in cucina e salutare Ruby, Jefferson gli doveva di sicuro un favore per tutto ciò che aveva fatto per lui.
“Le voglio molto bene, Paige. Così come lo voglio a te” si chinò in ginocchio per poterle sfiorare le guance e guardarla negli occhi “ho commesso tanti errori e non ho mai preso la strada giusta. Ma questa volta è diverso, so a cosa tengo davvero, desidero ogni bene per te e Ruby” non ebbe quasi modo di terminare quella frase che Paige si gettò tra le sue braccia, nascondendo il viso sulla sua spalla.
Tremava per quella felicità che non si aspettava di poter provare, Jefferson la sollevò per stringerla con forza a sé, baciandola sulla guancia come un tempo faceva sempre.
“Allora è vero che sei cambiato papà, è vero che ci vuoi bene” sussurrò continuando a nascondersi nel suo abbraccio “credevo che non avresti mai capito ed io volevo tanto tornare qui!” esclamò con forza.
Jefferson fu costretto a trattenere le lacrime che ricacciò indietro, nonostante gli occhi fossero diventati umidi e iniziassero a bruciare appena.
“Puoi farlo se vuoi, io e Ruby saremo la tua famiglia”.
“Lo siete sempre stati, papà” confessò Paige iniziando a distaccarsi da lui per poterlo guardare in viso.
Non aveva idea di quanto le fosse mancato, sia alla Foresta Incantata che a Storybrooke dopo che il sortilegio era stato spezzato. Era stata dura per lei rimanerle lontano, ma aveva preso la decisione di metterlo alla prova, solo perché potesse capire quale fosse la cosa giusta da fare e non aveva dubbi che alla fine suo padre ci sarebbe arrivato.
“Allora, ti andrebbe di rimanere qui?” gli occhi di Jefferson furono puntati in quelli di lei con forza, forse anche in modo eccessivo ma agognavano una risposta positiva.
Paige finse di valutare l’idea per qualche istante ma poi annuì vigorosamente e scoppiò a ridere per la felicità.
Ruby a quel punto si affacciò dalla stanza della cucina, aveva lasciato Locksley ad occuparsi della torta messa a riscaldarsi nel forno. Quando Paige la vide la scrutò a lungo, come a volerla studiare, poi corse verso di lei per poterla abbracciare. Ruby le appoggiò una mano sulla testa e l’altra sotto il mento per poterglielo alzare.
“Hai mantenuto la promessa, sei tornata” sospirò Paige iniziando a giocare con le ciocche dei suoi capelli.
Ruby si strinse nelle spalle e tornò in piedi.
“Non potevo rimanere lontana da te e da tuo padre troppo a lungo”.
Jefferson si unì a loro e le trascinò verso la cucina scherzosamente per poter dare inizio al pranzo che equivaleva ad una nuova vita. Non sarebbero tornati alla Foresta Incantata, di certo ormai non vi era alcuna speranza, ma la disperazione non li avrebbe avvolti. Locksley si sentì lievemente a disagio in quella situazione e dichiarò di voler andare via, si scusò dicendo di avere alcune questioni da risolvere e si avviò all’uscita della cucina per poter abbandonare alle spalle quel quadretto familiare che lo toccò profondamente. Jefferson però lo seguì e lo fermò.
“Perché non rimani?”
“Non ho nulla da fare qui, tu hai riavuto la tua famiglia, sarei solo una stonatura” sorrise a mezza bocca.
Jefferson roteò gli occhi al cielo e gli circondò le spalle con un braccio.
“Smettila di fare il melodrammatico, anche gli amici fanno parte della famiglia e senza il tuo aiuto non avrei avuto indietro la mia. Quindi rilassati e rimani con noi per pranzo, altrimenti stasera andrai a letto senza cena” disse in modo perentorio Jefferson che riportò l’amico in cucina.
Locksley si arrese e per quella volta decise di fare uno strappo alla regola, in fondo sentiva anche lui il bisogno di essere circondato da un tipo di amore che non aveva avuto modo di provare. Jefferson e Ruby impararono a conoscersi l’un l’altra, senza sapere in realtà che avevano già toccato le proprie anime così a fondo da aver creato un legame forte ed indistruttibile. Paige andò via dalla casa dei genitori adottivi, aveva ritrovato finalmente la sua famiglia.
In fondo, tutto è bene quel che finisce bene. 










// NdA: 

Ed eccoci alla conclusione.
Devo dire che è stato un vero e proprio azzardo costruire una long su una coppia così particolare e strana, ma il tentativo non mi è dispiaciuto e spero che sia piaciuta ai lettori. 
Ringrazio chi ha seguito dall'inizio alla fine ;). 

Yoan 

 
   
 
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