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Autore: Demetria_    04/05/2014    4 recensioni
"Johanna Mason, Distretto 7. Ribelle."
L'ultima cosa che ricordo dei giochi è la morte di Brutus e l'urlo lontano di Finnick, quando il fulmine ha colpito l'albero. Non so che fine abbia fatto, ma mi auguro che Plutarch sia riuscito a salvarlo.
È una specie di seguito della scorsa one shot "L'amore è strano". Ovviamente Johanna/Finnick e un Peeta!pazzo
Genere: Malinconico, Suspence, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Finnick Odair, Johanna Mason
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Johanna Mason, Distretto 7. Ribelle."
Questo c'è scritto nel mio tatuaggio di riferimento. Dopo i 75 Hunger Games, io, Peeta ed Enobaria siamo stati catturati da Capitol City. C'è voluto un po' a convincere Peeta che Katniss sta bene; perché non saremmo ancora vivi, se lei fosse morta.
L'ultima cosa che ricordo dei giochi è la morte di Brutus e l'urlo lontano di Finnick, quando il fulmine ha colpito l'albero. Non so che fine abbia fatto, ma mi auguro che Plutarch sia riuscito a salvarlo.
Nell'ultimo periodo Snow ha convocato molte volte Peeta nel suo ufficio; io ci sono stata solo una volta, dopodiché devo essere risultata inutile alla ricerca degli altri ribelli, poiché per un giorno mi hanno lasciata nella nostra cella. Viviamo tutti e tre insieme, in una cella che non dovrebbe contenere nemmeno una persona, mentre ne contiene quattro. Insieme a noi c'è anche una ragazzina che viene dall'8: non ci ha raccontato molto, anche perché qualsiasi cosa può essere usata contro di noi, ma dopo l'ennesima rivolta nel distretto, i pacificatori sono aumentati di numero e hanno portato nuove armi e ovviamente non si fanno scrupoli ad usarle contro vecchi e bambini. Perciò è scappata, in direzione del 13, incappando in una delle tante truppe che stanno braccando i boschi attorno ai distretti. Credo abbia perso suo fratello minore e suo padre, ma non ne ha ancora parlato con Peeta, perché sì, parla solo con lui.
«Enobaria non è ancora tornata?» da circa due ore l'hanno prelevata e scortata in una qualche stanza.
Scuoto la testa e continuo ad accarezzare la superficie ruvida della parete. «Credi che stiano bene, gli altri?» nell'ultimo periodo Peeta fa strane domande.
«Credo di si. Staranno sorseggiando un thè, probabilmente.» rido, cercando di non tirare troppo le labbra, che ancora pulsano per il dolore e l'arsura.
«Mentre lasciano noi a morire, qui.» lo guardo negli occhi, tralasciando il livido che sta iniziando a sfumare verso il giallo-marrone.
«Non credo che-» Peeta si alza e sbatte un pugno contro il vetro della porta, che trema, ma non fa una piega. La ragazzina, che dormicchiava sulla branda, si alza preoccupata, ma non si avvicina al suo amico. Io rimango seduta sul pavimento a guardare un ragazzo del pane totalmente diverso.
«Credi che tengano veramente a noi? Pensi che se Finnick ti amasse davvero, ti lascerebbe qui a morire?» è chiaro che le torture previste per lui sono soprattutto di tipo psicologico. Cerco di mettermi in ginocchio, ma la testa mi inizia a girare e preferisco rimanere ferma a terra.
«Stanno facendo tutto il possibile, Peeta.»
«Katniss non mi ama, lei ha Gale. Può permettersi di lasciarmi qui. E così anche Finnick.» ha lo sguardo fisso, perso e stanco. Potrei sentire gli ingranaggi della sua mente, muoversi alla velocità della luce. «Lui ha Annie. Ha sempre avuto Annie. Tu sei solo quella di ripiego» adesso non si contiene più, non dà freno ai suoi pensieri.
Sento delle porte aprirsi, non lontane dalla nostra cella: devono essere i pacificatori che riportano Enobaria e prendono qualcun altro. Oppure ne vengono a prelevare gli effetti personali, in caso non ce l'avesse fatta contro qualche misteriosa e mortale malattia.
«Sei quella degli Hunger Games! Sei solo quella di turno!» Peeta urla, senza ritegno, io mi alzo e decido che questa volta lo uccido.
Allungo le braccia e lancio un grugnito, mentre cerco almeno di graffiargli il viso.
«No, lascialo!» è la prima volta che sento gridare la ragazzina e mi sconvolge quel poco che serve a Peeta per spingermi contro il muro.
«Sei solo quella che si sbatte e che gli serve per vincere gli Hunger Games. Non significhi nulla per lui.» è freddo ed eccessivamente schietto. So che non si sta veramente riferendo a me e a Finnick, che in realtà quelle parole sono contro Katniss e la sua perenne indecisione. Ma riescono a invadere la mia mente e a farmi perdere qualcosa.
I pacificatori entrano nella cella e lasciano che Enobaria si accucci sulla branda, accanto alla ragazzina, che piange; poi afferrano Peeta per le braccia e lo trascinano via da me, fuori, mentre lui si divincola e continua a urlare disperato.
«Non conti nulla! Sei solo una pedina! Lui non ti amerà mai!» la porta di vetro si richiude dietro di loro, ma la voce di Peeta riecheggia ancora nell'aria.
«Stai bene?» la ragazzina ha smesso di piangere, ma si è ributtata contro il materasso, Enobaria mi guarda e noto che ha un nuovo segno, appena sotto il collo.
Annuisco e mi tiro nuovamente per terra, appoggiando la testa contro la parete ruvida.
So che Peeta, quello vero, non avrebbe mai detto cose simili, perché si sarebbe accorto di star esagerando. So anche che parte delle sue parole, sono la verità, perché in fondo deve averle pensate veramente. So che ha ragione, io amo Finnick, ma lui non ama me; o almeno non abbastanza.
Combatto con i miei sentimenti da anni ormai, sono a piena conoscenza della relazione tra lui ed Annie, ma nessuno sa cosa è accaduto dietro le quinte dei 71 Hunger Games: Finnick era già mentore, per me invece era l'anno in cui mi sarei dovuta giocare tutto. Sapevo ciò che era diventato a Capitol City e sapevo che lo aveva fatto per lo stesso motivo per cui ogni anno dei ragazzi si sacrificano in un'arena, per i cari e la famiglia. Mi era stato accanto, in un modo quasi amico e nessuno si aspetterebbe di fare amicizia in una situazione del genere, specialmente una come me. Una sera, dopo la fine dei giochi, mi venne a trovare nella stanza in cui avevano finito di rimettermi in sesto e fu in quel momento che diventammo più intimi di due amici. Più intimi del dovuto.
«Peeta ha ragione.» constato. "Magari in un'altra vita, Jo" penso alle parole di Finnick, al centro di addestramento, poco prima che iniziasse tutto questo disastro. Non posso fare a meno di sperare in una qualche tortura mortale, che Snow ha messo in atto per me. Almeno così, sarò un peso in meno e non dovrò più pensare alla solitudine che mi aspetta, una volta fuori.
Mi distendo totalmente sul pavimento e chiudo gli occhi, sospirando.
Immagino quella notte, in quella stanza, le sue parole dolci ed i mille sospiri. Per un attimo credo di essere tornata veramente indietro nel tempo, poi capisco che tutto quello che è accaduto, è sfumato via, in un ricordo e adesso non conta più nulla. Sento i muscoli rilassarsi e invece di vedermi insieme a Finnick, vedo la piccola Annie Cresta, mano nella mano con una bambina dai capelli mossi e dorati, e un giovane uomo che le aspetta a braccia aperte.
Giro la testa e una lacrima scende lungo lo zigomo: meglio morire così, piuttosto che far vedere la vera me; meglio farla finita in uno stupido centro delle torture, piuttosto che in un ospedale, per overdose.
I pensieri si affievoliscono e, finalmente dopo ore, dormo, con l'idea di non uscire viva da questo posto.
  
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