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Autore: Nat_Matryoshka    05/05/2014    8 recensioni
Dal testo;
"Fin dalla prima volta in cui l’aveva incontrata, Lyanna era sempre stata una ragazza forte, una guerriera più che una lady del Nord. Vinceva tornei (sotto mentite spoglie, è vero, ma un torneo l’aveva vinto), si batteva come un ragazzo, cavalcava, tirava con l’arco… non aveva mai visto né incertezza né paura tenderle i lineamenti, anzi sembrava non esserci posto per quei sentimenti in lei, almeno quando erano insieme. Era la sua lady di Ghiaccio: forte, pura, indomabile.
Fino a quando non aveva scoperto di essere incinta del suo terzo erede."

[What if: e se la Battaglia del Tridente avesse avuto un esito completamente diverso? Se Rhaegar e Lyanna fossero sopravvissuti e avessero avuto la possibilità di incontrarsi di nuovo, insieme ad Aegon e a Jon?]
Storia completamente revisionata!
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Lyanna Stark, Rhaegar Targaryen, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Noticine pre-storia
Wow. Era da tanto, troppo tempo che non mi capitava di iniziare una long fiction su un fandom che amo... mi sento emozionata.
L’idea per questa storia è nata da una mia rielaborazione personale degli eventi: mi sono chiesta tante di quelle volte “e se al Tridente le cose fossero andate in modo diverso? Se Rhaegar e Lyanna non fossero morti? E, soprattutto, se Jon fosse cresciuto accanto ai suoi veri genitori?”. Tutte idee che hanno preso la forma della storia che state per leggere, dopo aver fatto un giro nella mia mente ed essere state rielaborate con pazienza e arricchite da dettagli un po’ pescati in giro per la serie, un po’ inventati da me. Dettagli che si mantengono all’interno del what if e che, spero, possano interessarvi quanto ha appassionato me scriverli!
Come al solito, ogni critica o parere sono più che benaccetti, mi piace ricevere consigli per migliorare!
Chi ha già letto la mia raccolta Songs about Jon probabilmente troverà una piccola sorpresa nascosta all’interno della storia che si riallaccia proprio a una delle flashfic, ma anche nel caso che non l’abbiate letta non avrete comunque problemi ad immergervi nel clima della storia.
Detto questo, non vi faccio nessuno spoiler e vi lascio direttamente alla lettura. Oggi è il compleanno della mia bae Ailisea e il capitolo è dedicato a lei, per ringraziarla della pazienza con cui ha letto ogni bozza, dandomi consigli e suggerimenti. <3
Detto questo… buona lettura, gentile pubblico!

 
 
 
 


And this war’s not over
 
 
 



“There was smoke in the fireplace as white as the snow
A voice beckoned gently "now it's time to go",
a requiem played, as you begged for forgiveness
"don't touch me!" I screamed -
I've got unfinished business.”

 
[White Lies – Unfinished Business]

 
 
 
 
 
 
 
 

Dorne, Torre della Gioia
Giorni prima della Battaglia del Tridente

 
 
 
 
 


Il lampo brillò nell’aria per qualche minuto, illuminando la stanza come se fosse stato giorno.
Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette…
 
Dopo qualche secondo seguì il tuono, fragoroso come immaginava.
Suo padre le aveva insegnato che, per capire quanto il fulmine fosse distante da dove si trovava, avrebbe dovuto contare: ogni secondo era un miglio di distanza da lei. “Più andrai avanti coi numeri, più lo sentirai distante, bambina. E comunque, perché dovresti avere paura di un tuono? Non può farti alcun male. Sei al sicuro, a casa. Non hai motivo di temerlo.”
 
La piccola Lyanna aveva contato quei secondi con diligenza, ogni volta che il temporale la coglieva impreparata nel mezzo della notte. Si era stretta sotto alle coperte tentando di farsi un po’ di coraggio, ripetendosi che non c’era nulla da temere, che la natura era sua amica, solo che ogni tanto aveva bisogno anche lei di gridare e di sfogarsi, come tutti del resto. Era con quel pensiero che si riaddormentava e il giorno dopo riprendeva a giocare e a correre coi suoi fratelli come se non fosse successo nulla, spensierata come solo una bambina poteva esserlo. Le mancavano un po’ quei tempi.
Si girò nel letto: improvvisamente sentiva freddo, nonostante il clima di Dorne fosse tutto tranne che rigido.
I suoi occhi abituati all’oscurità incontrarono il viso dell’uomo che le dormiva accanto – il suo uomo, rifletté, con una stretta al cuore, un misto di amarezza e dolcezza – e si soffermarono sul naso dritto, le guance lisce, le ombre che la luna disegnava sotto ai suoi occhi sottili. Occhi il cui color ossidiana si accendeva ogni volta che la guardava e le sorrideva, nascondendo per un po’ la malinconia del suo animo.
 
Gli occhi di Rhaegar Targaryen, il principe ereditario.
 
La giovane continuò ad osservarlo senza parlare, timorosa di svegliarlo anche solo con un respiro più profondo. Era tornato da lei quando il cielo già imbruniva, il bel viso sempre teso che si era rilassato solo quando l’aveva trovata seduta accanto al focolare spento, le gambe distese, le mani che accarezzavano il ventre sporgente: in quel momento, chiunque l’avesse visto avrebbe immediatamente capito perché la bellezza del principe fosse giudicata leggendaria. Avevano consumato il loro pasto insieme guardando fuori dalla finestra le nubi in tempesta che si rincorrevano, finché non era sopraggiunta la notte e, con lei, l’unico momento in cui si sentivano davvero tranquilli, protetti.
Entrambi riuscivano a scivolare nel sonno solo se erano l’uno accanto all’altra. Lyanna cercava le sue mani sotto alle lenzuola, ne prendeva una e se la appoggiava contro le labbra, chiedeva disperatamente un contatto che la facesse sentire al sicuro dal mondo, da quello che stava succedendo, dalla stranezza di tutto ciò che la circondava. Rhaegar le sfiorava la pancia con la mano libera e cercava di offrirle la sua forza, di sussurrare frasi che potessero esserle di conforto. Mormorava fino a che la mente non si annebbiava, fino a che le sue stesse parole non iniziavano a sfilacciarsi e a confondersi per poi lasciare il posto al sonno.
 
Com’era strana la vita: fin dalla prima volta in cui l’aveva incontrata, Lyanna era sempre stata una ragazza forte, una guerriera più che una lady del Nord. Vinceva tornei (sotto mentite spoglie, è vero, ma un torneo l’aveva vinto), si batteva come un ragazzo, cavalcava, tirava con l’arco… non aveva mai visto né incertezza né paura sul suo viso, anzi sembrava non esserci posto per quei sentimenti in lei, almeno quando erano insieme. Era la sua lady di Ghiaccio: forte, pura, indomabile.
 
Fino a quando non aveva scoperto di essere incinta del suo terzo erede.
 
 
 

 


***
 
 
 


Erano fuggiti da Harrenhal poco dopo aver scoperto la gravidanza.
 
A ripensarci in quel momento, con la freddezza del senno di poi, si era trattato di un azzardo, un’azione stupidamente precipitosa: il giovane erede al trono dei Sette Regni, sposato e con due figli che fuggiva assieme alla figlia di un nobile del Nord, già promessa sposa ad un altro. Ma quale altra scelta avrebbero avuto? Si erano gettati nel rischio senza pensare a quello che sarebbe potuto succedere, come se nessuno dei due conoscesse la conseguenza di quei loro incontri silenziosi, al riparo sia dagli occhi del re che da quelli del padre di lei. La verità era che sapevano fin troppo bene quello che sarebbe successo: avevano semplicemente scelto di ignorarlo, presi dall’ebbrezza di aver finalmente trovato quello che le storie e le ballate definivano l’amore della propria vita.
 
Lyanna continuò ad osservare il compagno, trattenendosi dal passare le dita tra i suoi capelli argentati per non svegliarlo. Conosceva poco Robert Baratheon, il suo promesso sposo, ma quello che aveva sentito raccontare di lui – da altri che non fossero suo fratello Ned, il suo miglior amico – non le era mai piaciuto granché: si diceva che amasse il vino e le prostitute, e che non fosse tipo da legarsi con giuramento di fedeltà ad una sola donna. Aveva avuto una figlia bastarda da una donna della valle di Arryn, una bambina che, probabilmente, non avrebbe mai saputo nulla delle sue origini… per il suo, di bambino, non sarebbe andata così, pensò tra sé e sé spostandosi leggermente al fine di trovare una posizione comoda. Non avrebbe mai permesso che qualcuno glielo portasse via, che fosse etichettato come bastardo e spedito chissà dove o, peggio, ucciso.
Anche per quel motivo avevano deciso di fuggire: Rhaegar non avrebbe mai permesso che alla donna che amava venisse fatto del male, meno che mai ora che portava in grembo l’ultima testa del Drago.
 
Sospirò. Rhaegar aveva accettato di buon grado il matrimonio con Elia Martell perché non aveva trovato ragioni per le quali avrebbe dovuto rifiutarla: la principessa non solo era gentile e tranquilla, ma anche profondamente innamorata di lui… sentimento che Rhaegar da parte sua non ricambiava, come le aveva già detto. La simpatia e l’affetto erano una cosa, l’amore un’altra. Eppure, l’uomo che dormiva a così poca distanza dal suo corpo intorpidito voleva molto bene ai due figli che la moglie gli aveva dato, Rhaenys ed Aegon. Li amava, ma era stato disposto a lasciarli per un’altra donna, per quel terzo piccolo drago che la faceva tribolare durante la notte e che amava annunciare la sua presenza con qualche calcetto energico, di tanto in tanto.
C’era differenza, tra l’amore che provava per i suoi figli legittimi e il trasporto con cui baciava lei sulle labbra ogni sera, prima di appoggiare l’orecchio sulla sua pancia?
Non si accorse di aver inavvertitamente disteso le dita sui capelli di Rhaegar e di averli accarezzati avanti e indietro, sovrappensiero. Non con forza, ma con abbastanza energia da portare il giovane principe ad aprire gli occhi e a fissare il viso della ragazza del Nord.
 
“Lyanna? Mi è arrivata un’eco dei tuoi pensieri, nel sonno.”
 
Lei continuò a guardarlo, incerta. Quando Rhaegar le posava gli occhi addosso, raramente sapeva cosa dire.
 
“Va tutto bene?”
 
Si morse un labbro, ma non rispose: appoggiò la testa al suo petto e soffocò tutti i pensieri di dolore e di paura nel loro contatto, quel contatto che desiderava disperatamente durante il giorno ma che neppure la notte riusciva mai a godersi, tormentata dai dolori e dagli incubi. Non era una stupida, sapeva esattamente a cosa stavano andando incontro… ma, per qualche ragione che ancora non capiva, non riusciva a mettere la mente prima del cuore e a pensare razionalmente. Forse non c’era posto per la razionalità, nel loro mondo.
Il mondo in cui esistiamo solo io, te e nostro figlio.
 
Annuì appena, continuando a restargli accanto.
 
“Non riesco a dormire, è stata la tempesta a svegliarmi. E… i pensieri” ammise alla fine, anche se un po’ riluttante. Non riusciva a tenere nascosto nulla all’uomo che aveva scelto come suo compagno.
 
Rhaegar strinse le braccia attorno al suo corpo e la abbracciò, come faceva sempre quando cercava di far sparire le nuvole che coprivano il loro orizzonte. Non servivano molte parole con Lyanna, alla fine.
Dopo qualche attimo, anche lui le aprì la sua mente, facendo scappare il pensiero che più lo tormentava tra quelli che teneva rinchiusi nel cuore.
 
“Robert vorrà farmela pagare personalmente, lo sai. Ti ho rapita, ti ho sottratta dalle mani della tua famiglia e del tuo promesso sposo… sono azioni imperdonabili, neppure un principe ereditario potrebbe permettersi di fare una cosa del genere. Neanche mio padre potrebbe fermarlo dal chiedere giustizia, temo. La guerra è alle porte…”
 
Lei scattò di lato, improvvisamente sveglia e perfettamente consapevole di quello che, di lì a poco, avrebbe sentito. Strinse le coperte al petto. “No. Non dirai sul serio, Rhaegar. Non…”
 
“Quale altra scelta mi resta, Lyanna? I Martell mi hanno assicurato la loro lealtà e il loro esercito, ma dovrò tornare ad Approdo del Re per radunare le truppe ed organizzarle. Non posso lasciarli soli, non ora che hanno bisogno del mio appoggio…” la sua voce vacillò per un attimo. “Voglio che ci sia un futuro, per te, per noi. Non so a cosa porterà questa guerra ma, qualunque cosa succeda… voglio che tu resti al sicuro. In ogni caso, né tu né il bambino pagherete per le mie azioni.”
 
Erano entrambi seduti l’uno di fronte all’altra. Per quanto potesse essersi preparata mille e più volte ai discorsi che avrebbero dovuto affrontare, l’idea di doverlo salutare con la possibilità di non rivederlo mai più la faceva ancora tremare come una bambina spaventata.
Dov’era andata la Lyanna che si batteva come un ragazzino con la sua spada di legno, sempre sicura? Che fine aveva fatto, lungo quale strada tortuosa si era smarrita per non ritornare più?
 
“Per un attimo, al mio risveglio, ho sperato di vivere in un’altra realtà. In un mondo in cui io e te saremmo stati uniti da un matrimonio valido, in cui non ci saremmo dovuti nascondere come dei criminali solo perché abbiamo scelto da soli la persona con la quale condividere la nostra vita. Cosa ci succederà, Rhaegar? Agli occhi del mondo io non sono altro che una puttana, una puttana di alto lignaggio che ti ha irretito e allontanato dalla tua vera famiglia. Il bambino che aspettiamo è un bastardo che non godrà mai di alcun diritto. Se anche dovessi vincere la guerra e salire al trono, per noi non cambierebbe nulla… ma, in tutto questo, non riesco a smettere di amarti, di credere in te e di essere felice anche solo per il fatto che sei qui, che sei vivo e che gli Déi mi hanno concesso la possibilità di averti ancora accanto a me, almeno per un altro giorno. Sono una persona orribile?”
 
Alzò la testa, le parole che uscivano dalle sue labbra come un fiume in piena, incontrollabili. Aveva spogliato la sua anima davanti a lui, proprio come il compagno poco prima, come facevano sempre entrambi per evitare che i pesi che portavano nel cuore diventassero eccessivamente gravosi. Alla fine aveva farfugliato, temendo di non avere più il coraggio di dire quello che pensava, ma non importava. Rhaegar avrebbe capito comunque.
 
Lui si limitò a sorriderle, di nuovo, prendendola tra le braccia. Ancora una volta, con la dolcezza nelle parole e la malinconia negli occhi che aveva imparato a conoscere e ad amare.
 
“Tu sei mia, io sono tuo. Ci siamo scambiati una promessa nel Parco degli Déi di Harrenhal, te la ricordi? Non sono tipo da lasciare promesse non mantenute, mia cara fanciulla del Nord. Soprattutto non davanti ad una donna tanto valorosa e splendida come voi, Cavaliere dell’Albero che Ride.”
 
Lyanna chiuse gli occhi: l’immagine dei mantelli con i simboli del drago a tre teste e del metalupo che si erano posati a vicenda sulle spalle durante il loro matrimonio segreto ormai mesi prima danzò dietro alle sue palpebre, facendola sorridere a sua volta. Si distese nuovamente nel letto, tra le coperte morbide e le braccia sicure dell’uomo che amava, concedendosi qualche attimo di sonno. Attimo che divenne un tempo molto più lungo una volta che Rhaegar iniziò a cantare piano una canzone, le parole che scivolavano nel buio della notte e nel fresco dell’aria purificata dal temporale.
 
 
   
 
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