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Autore: _Lillian_    05/05/2014    16 recensioni
Paese che vai... Usanza che trovi? E' questo il detto no?
Ma per i dodici scapestrati, le usanze dell'Antica Grecia non saranno tra le loro preferite.
Niente campo per cellulari, niente tecnologia.... Solo allenamenti e una storia tutta da scoprire, piena di misteri.
Tra intrecci, triangoli, frecciatine e battibecchi... Riusciranno i nostri eroi a salvarsi e a tornare alla vita di sempre?
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Non avevo mai avuto bisogno di nascondere la mia natura, mi piaceva essere la dea della distruzione, del caos. Essere Eris. Ma stavolta era diverso, avevo paura di mostrarmi per ciò che ero perché avrebbe potuto impedirmi di essere felice.

Era diverso dagli uomini che erano soliti circondarmi. Non era una divinità, era un uomo, anzi no, un cavaliere..il mio cavaliere.

Appena si accorse del mio sguardo su di lui, il mio cuore perse un battito. Mi si avvicinò sorridendo per poi posare delicatamente le sue labbra sulle mie.

Il mio angolo di paradiso dalla quale non mi sarei mai voluta separare.

 

[…]

 

Perché mi fai questo?!” urlai in preda al dolore.

Mi dispiace Eris...”.

NOO!”.

 

***

Londra, 2014

 

“Ragazzi! Rimanete nei vostri gruppi e mi raccomando non combinate guai!” urlò l'uomo di mezza età, affaticato e con la schiena ricurva.

“Si prof!” rispose in coro una marmaglia di studenti. Gli allievi, contrariati dal dover passare la loro giornata in un museo, si apprestarono ad entrare nel maestoso edificio, sperando di doverci passare il minor tempo possibile. Il professore iniziò a dividere la scolaresca in gruppi da dodici e ad assegnare a ciascuno di questi un quadro su cui lavorare.

Purtroppo per il professore, uno dei gruppi da lui composti, risultò essere mal assortito.

“Ti dico che è meglio partire ad analizzare le forme stilistiche!”

“Ed io invece ti dico che è meglio partire dai sentimenti che trasmette!”.

“Sinceramente a me questo quadro, fa semplicemente vomitare!”
“A me incute terrore a dirla tutta”.

“Credo che se continuiamo di questo passo, il vomito verrà a tutti, e non per il quadro”.

“Ma che schifo!”.

“Non prende la linea in sto cazzo di museo!”.

“Potresti moderare il linguaggio?”.

“Dite che qui dentro si può fumare?”.

“Ecco a che livelli siamo arrivati”.

“Forma stilistica!”

“SENTIMENTI! PUNTO E BASTA!”.

“Aiuto...” sentenziò il professore.

“Professore, dica a questa testa di ca...cavolo di ascoltarmi!”.

“Senti bambolina, perché non potrebbe essere il contrario?”.

“Senti sbrodolino dolce cuore, ho ragione io!”.

“BASTA!” urlò uno del gruppo che fino a quel momento era stato in disparte.

“Semplicemente perché non partite col dire chi raffigura il quadro?” annunciò l'altro taciturno.

“E VA BENE!” dissero all'unisono i due litiganti.

“Grazie Michael” disse il professore allontanandosi.

Proprio in quel momento, un miagolio decretò il silenzio del gruppo.

“Avete sentito anche voi?” disse un ragazzo biondino con un capellino in testa.

“Ma no, che dici. Nessuno ha sentito niente” disse una ragazza intenta a frugare nella sua borsa.

“No, ha ragione il biondino. Qui qualcuno ha miagolato!”.

“È la mia pancia” disse la stessa ragazza, ma stavolta con la testa direttamente dentro la borsa.

“Ehm... Sei una discendente di Mary Poppins?” esclamò meravigliato un ragazzo.

Un membro del gruppo iniziò a fischiare mentre la ragazza della borsa sbiancò.

Da una colonna del museo, fece capolino un micio tigrato.

“ECCOLO!” urlò lo stesso ragazzo che poco prima aveva animato la discussione sul quadro.

Il gatto per l'irruenza utilizzata nell'indicarlo, scattò all'indietro e iniziò a correre nella direzione del quadro.

“FERMATE PALLINO!”.

“IL QUADROOOOO!”.

La piccola creatura, spaventata dalle urla, spiccò un salto aggrappandosi con gli artigli alla tela che pian piano iniziò a squarciarsi sotto la pressione esercitata. Dinanzi a quella scena, i ragazzi si pietrificarono per poi diventare cerei. Il gatto sentendo venir meno l'appoggio, si staccò e andò a infilarsi nella borsa della padroncina. Tutti gli sguardi saettarono dalla borsa, al quadro e infine alla ragazza.

“Non è stata colpa mia... Pallino stai bene?”.

“Tu chiedi se sta bene?! E poi che cazzo di nome è Pallino?!?!” disse uno dei ragazzi paonazzo in volto.

“PERCHE' TU PORTI UN GATTO IN UN MUSEO?”

“HAI I CRICETI AL POSTO DEI NEURONI?”.

“Il quadro è rotto... Il professore mi boccia... Mamma mi uccide... Papà mi trapassa... Mi seppelliscono... Mi riprendono... Mi clonano e infine squartano tutti i miei cloni come quel gatto ha fatto con quella tela” decretò una ragazza sull'orlo di una crisi di pianto scuotendo uno dei due taciturni.

“Dai, non è poi tanto grave, un po' di scotch qui, qualche pennellata la, e...”. disse la padrona del gatto per giustificarsi.

“E siamo rovinatiii!” piagnucolò una ragazza.

All'improvviso il pavimento, iniziò a tremare violentemente, tanto che i ragazzi furono costretti ad aggrapparsi l'uno all'altro.

“Pure il terremoto!” urlò in crisi una biondina.

“Ma che cazz....”.

In quel preciso istante un rumore assordante, trapanò le orecchie dei giovani i quali furono risucchiati in una voragine che si richiuse subito dopo avere inghiottito anche la palla di pelo.

 

****

Grecia, 1852

 

Era una giornata come tutte le altre al Santuario, nessuna anima viva si aggirava sotto l'afoso caldo della Grecia, tutto procedeva in assoluta tranquillità. I cavalieri d'oro si stavano allenando come era loro solito. Da un po' di tempo non succedeva niente e se questo da un lato era una cosa positiva perché significava periodo di pace, dall'altra non potendo fare ciò per cui erano nati facevano fatica ad abituarsi ai ritmi dell'ozio.

In lontananza si sentivano solo le urla dei nuovi cavalieri, sottoposti a estenuanti allenamenti e il cinguettio degli uccellini. La vista di quei bambini che invece di giocare come era lecito fare alla loro età erano impegnati in allenamenti quasi sempre pericolosi che li avrebbero portati a diventare i futuri cavalieri di Atena era sempre stato motivo di tristezza per l'animo di coloro che ormai erano già giunti al loro traguardo. Loro sapevano cosa quella vita comportava, le rinunce, i sacrifici, il dolore..

Tutto era però fatto in virtù di una delle cause più nobili del mondo e questo bastava a credere fermamente in quella scelta di vita.

L'attenzione dei cavalieri d'oro fu attirata improvvisamente verso l'alto da una forza sconosciuta dalla natura incerta e da un rumore assordante che costrinse molti di loro a parare le orecchie. Dal cielo che pian piano iniziò a dilaniarsi, si crearono diversi squarci. Da queste crepe i cavalieri e la dea Atena, che li aveva appena raggiunti videro precipitare minuscole sagome che avvicinandosi sempre più al terreno scoprirono essere giovani umani. Atena istintivamente creò un campo magnetico frenando la violenta caduta ed evitando l'impatto che avrebbero avuto con il terreno.

[…]

 

Quando uno di loro aprì gli occhi, si ritrovò circondato dall'oro e fissato da tredici paia di occhi sbigottiti e curiosi.

“Ehm... Salve?”.


 

 

   
 
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