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Autore: Aniel_    08/05/2014    4 recensioni
Dean è un giornalista di New York, autore di una rubrica che colpisce categoricamente gli stereotipi femminili. Quando l'ispirazione viene a mancare, decide di spostare i propri interessi in una cittadina del Kansas in cui, un ragazzo di nome Castiel Novak, viene conosciuto - e ricordato- come lo sposo che scappa...
AU!RunawayBride (Se scappi ti sposo, film del 1999)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Fandom: Supernatural
Pairing/Personaggi: Dean/Castiel, OT (Owen, a volte ritorna!), Sam Winchester, Bobby Singer, Anna Milton, Balthazar, Zaccaria, e vari
Rating: SAFE
Genere: introspettivo, sentimentale, commedia
Warning: slash, movie!AU

Betavampiredrug 
Words: 1825 (fiumidiparole)
Summary
Dean è un giornalista di New York, autore di una rubrica che colpisce categoricamente gli stereotipi femminili. Quando l'ispirazione viene a mancare, decide di spostare i propri interessi in una cittadina del Kansas in cui, un ragazzo di nome Castiel Novak, viene conosciuto - e ricordato- come lo sposo che scappa.
Note: e anche questa è finita. Mi scuso per l'imbarazzante ritardo ma l'importante è che sia arrivata, no? Spero che questo capitolo - che è giusto un epilogo, eh!- vi piaccia!
Disclaimer: nessun personaggio mi appartiene, naturalmente non mi appartiene nemmeno il film. Tristezza.

Ready to Run
Quinta Parte

 
Dopo appena una settimana di- beh, qualcosa di molto lontano dalla serenità, Dean non poté fare a meno di chiedersi come riuscisse Castiel ad affrontare tutto: non solo l’ansia da matrimonio era per il giornalista una cosa inconcepibile, ma l’ansia da matrimonio non riuscito? L’ansia da matrimonio non riuscito per la quarta volta?
Dean Winchester non sarebbe stato in grado di gestire nemmeno la metà di tutta quella agitazione costante, che sembrava ormai una presenza fisica tra sé e il nuovo compagno.
Certo, anche lui aveva avuto di cosa occuparsi: avvertire la redazione di non avere nessuna intenzione di scrivere l’articolo perché, di fatto, Castiel non era scappato ma aveva cambiato idea (cosa che, naturalmente, gli costò l’unica possibilità di tornare a lavorare); invitare Sam a cena per spiegargli la delicata situazione; spendere una fortuna in tranquillanti per Anna e desiderare di spenderne altrettanti in veleni per Balthazar.
Fatto sta che i momenti di intimità con Castiel si erano ridotti drasticamente.
Così, quando finalmente riuscirono a ritagliarsi una serata libera da passare lontani da amici, parenti e giornalisti avvoltoi, Dean si chiese se Castiel fosse stato disposto a considerare l’offerta di trasferirsi insieme in un posto lontano dalla civiltà. Per stare tranquilli.
«Non rimborseranno un bel niente, Owen – ovviamente – non ha intenzione di sborsare un centesimo e io non ho idea di come rimborsare a mia volta gli invitati.» mormorò Castiel, stringendosi tra le braccia di Dean.
Il cofano dell’impala non era esattamente la cosa più comoda del mondo, ma quel silenzio già bastava a farli sentire meglio.
«Hai parlato con Owen?» domandò Dean, sentendosi un po’ colpevole.
Non dispiaciuto, sia chiaro.
Castiel scosse il capo. «No. I suoi mi hanno solo detto che non usciranno un soldo e che sono già fortunato che non mi abbiano chiesto di rimborsare anche loro. Pare che Owen abbia fatto di tutto pur di non permettere ai suoi genitori di farmi causa. Sa che sono al verde.»
«Ho visto la tua roba alla ferramenta. Dovresti provare a venderla, sai? Non qui, ovviamente.» replicò Dean. «I newyorkesi amano l’arredamento riciclato.»
Castiel rise, giocherellando con le dita dell’altro. «È un passatempo, quello.»
«Perché non farlo diventare anche qualcosa di più? All’inizio non sarà semplice ma potrebbe aiutarti a mettere qualcosa da parte. Potrei aiutarti.»
Dean voleva davvero aiutarlo, forse non aveva mai voluto altro.
«Magari sì.» acconsentì Cas, prima di adombrarsi nuovamente. «È solo che i soldi mi servono adesso, Dean. Sono riuscito a convincere tutti che anche se il matrimonio è stato annullato, in una settimana avrei risolto tutto, e invece…» aggiunse, mogio.
John Winchester diceva sempre al figlio di contare fino a dieci prima di proporre qualcosa di dannatamente stupido perché forse, se era fortunato, arrivato al dieci si sarebbe reso conto da sé che quella determinata cosa era davvero stupida.
Così Dean contò e quando arrivò al dieci pensò che sì, era una pessima idea. Ma non gli importava.
Dean Winchester non era mai stato particolarmente fortunato, dopotutto.
«E se-» sussurrò, schiarendosi poi la voce. «E se organizzassimo lo stesso il ricevimento? Gli invitati verranno e non dovrai rimborsarli.»
Castiel si allontanò quel tanto che bastava da permettergli di guardarlo dritto negli occhi. «Un ricevimento di nozze senza nozze?» domandò, perplesso.
«Sì. Cioè… se vuoi potremmo mettere su un finto matrimonio.»
«Un finto matrimonio?» ripeté l’altro, ancora più confuso.
«Sì, insomma- non un matrimonio vero ma non finto nel senso di… finto. Non so se mi spiego.»
Castiel scosse il capo.
«Okay.» fece Dean, scendendo dall’impala e camminando avanti e indietro, cercando di riordinare le idee. «Possiamo fare un pre-matrimonio. Un matrimonio prima di un eventuale matrimonio. Qualcosa di veloce, semplice, e poi usare comunque il ricevimento.»
«Intendi facendolo celebrare a qualcuno che in realtà non potrebbe farlo? Tipo Balthazar?»
«Esattamente.»
«Non credi che sia una truffa?» osservò Castiel.
«No, se ci sposiamo davvero. Magari non domani. Un’altra volta, ecco.»
Castiel ci pensò su e poi sorrise. «Mi stai chiedendo di sposarti?» chiese, reprimendo una risata.
Dean incrociò le braccia, guardando altrove. «No, ti sto dicendo che in futuro, forse, potrei farlo. Ma oggi ti sto domandando se vuoi sposarmi per finta per non perdere altri soldi che ti serviranno per mettere su un’attività tutta tua.»
Dean non avrebbe saputo dire chi fosse più pazzo tra i due: lui che aveva avuto un’idea malsana come quella o Castiel che la accettò di buon grado dopo averlo baciato con entusiasmo.
«È la proposta più romantica che mi sia mai stata fatta.»
Il giornalista gli prese il viso tra le mani e lo osservò aggrottando la fronte. «Davvero? Ci credo che i primi quattro matrimoni non hanno funzionato!»
Castiel lo spintonò e salì in macchina. «Sbrigati. Abbiamo meno di dodici ore per organizzare il nostro finto e proficuo matrimonio.»
Dean non se lo fece ripetere due volte.
 
*°*°*
 
Il piano di Dean poteva tranquillamente essere definito un piano criminale, eppure Castiel non ne dubitò nemmeno per un secondo.
Solo pochi intimi erano a conoscenza di come stavano realmente le cose – Anna, Sam, Balthazar che aveva passato due ore a complimentarsi con il giornalista – mentre tutti gli altri invitati se ne stavano tranquilli, accomodati nelle sedie del parco.
Quando Castiel vide Dean sotto l’orribile gazebo azzurro, vestito di tutto punto e affiancato da quel gigante del fratello, ricordò per un attimo l’idea del giornalista di avanzare verso Balthazar insieme, idea che Castiel aveva prontamente scartato.
Lui voleva vederlo.
Voleva camminare verso di lui, esattamente come aveva fatto appena una settimana prima, e godersi per la prima volta la felicità di chi sa esattamente cosa sta facendo.
Dean era quello giusto, con il suo caratteraccio, le sue battute da quattro soldi e il suo sorriso.
«È il momento, tesoro.» lo avvertì Anna, poco prima di abbracciarlo. «Falli neri.»
Castiel sorrise e annuì. Anna gli era sempre rimasta accanto e non poté esserle più grato in quel momento.
La marcia nuziale iniziò a riempire l’aria e Castiel, preso un bel respiro, iniziò ad avanzare. Gli invitati si voltarono, accompagnandolo durante il tragitto con lo sguardo, ma lui non aveva occhi che per Dean.
Il giornalista, chiaramente nervoso, gli rivolse un sorriso pregno di promesse e Castiel seppe che nulla sarebbe andato storto.
E poi accadde.
Sam mormorò qualcosa all’orecchio del fratello e questi si voltò verso di lui, ridacchiando, interrompendo il contatto visivo.
Castiel si sentì mancare la terra sotto i piedi e si fermò a metà strada, il fiato corto come se avesse corso per miglia.
Che sto facendo?
L’uomo indietreggiò leggermente, guardandosi intorno. Non va bene. Non poteva restare, doveva andarsene. Sentì il silenzio calare tutto attorno e la voce di Dean che lo chiamava, una voce lontana e ovattata che non arrivò chiaramente.
Non si rese nemmeno conto di indietreggiare sempre più velocemente, tornando al punto di partenza, così come non si rese conto di aver iniziato a correre.
Non sentì più nulla, se non il rombo del motore dell’auto di Anna e l’ultima cosa che vide fu Dean, sfatto e con gli occhi spalancati, dallo specchietto retrovisore che lo pregava di fermarsi.
Ma Castiel continuò a scappare.
 
*°*°*
 
Dean imparò, a proprie spese, che in sei mesi può accadere davvero di tutto: si può perdere il lavoro, ci si può innamorare, si può perdere una persona e si può trovare un lavoro in una testata giornalistica emergente in rapida ascesa e guadagnare circa il doppio rispetto al vecchio impiego.
Non si era reso conto di quanto gli fosse mancata New York fino a quando non si trovò a passeggiare nella Fifth Avenue. Gli piaceva guardare le vetrine, nonostante non comprasse mai nulla. Gli ricordava quello che era: uno spettatore.
Lo era stato nel suo lavoro, gettando fango su persone che nemmeno conosceva; lo era stato quando Bobby lo aveva licenziato; lo era stato quando Castiel era andato via, lasciandolo più vuoto di quanto credesse possibile.
E non fece altro, Dean: non una telefonata, non un messaggio, non una visita. Si limitò a fare da spettatore, ancora una volta, e vedere una delle poche occasioni di essere felice scivolargli via dalle dita.
Il giornalista si fermò di fronte a una vetrina che lo incuriosì: tavoli creati da tubi che sembravano annodati tra loro, fermacarte originali, lampade brillanti realizzate con qualcosa che Dean non riconobbe ma lo stile era così familiare…
Non poté impedirsi di sorridere, nonostante tutto.
Castiel gli aveva dato retta, almeno in parte.
Un po’ frastornato, rientrò nel proprio appartamento, si sfilò il giubbotto di pelle e lo lanciò sul divano, dove però atterrò su qualcosa che si lamentò.
Dean accese la luce, allarmato, e tutto quello che vide fu un Castiel arruffato che lo guardava da sotto in su.
Forse quello era il momento giusto per dire qualcosa di sensato, forse era addirittura quello il momento per gridare, per incazzarsi, per sbatterlo fuori e cacciarlo via, esattamente come Castiel aveva fatto con lui, ma tutto quello che Dean riuscì ad articolare fu: «Non mi dire. Mike ha iniziato a lavorare qui?»
Castiel inclinò il capo, confuso. «Cosa c’entra Mike?» domandò.
«Come sei entrato?»
L’altro si alzò in piedi, mostrandogli un mazzo di chiavi. «Me le ha date Sam.»
Certo. Dovevo immaginarlo, quel vile traditore.
Dean si massaggiò le tempie. «Okay. Perché sei qui?» domandò, cercando con tutto se stesso di essere risentito ma in realtà si sentiva solo sollevato.
«So che non ho scuse, so anche che non hai alcuna ragione per starmi ancora a sentire dopo quello che ho fatto, ma ho davvero bisogno di parlarti e ho bisogno che tu me lo lasci fare, senza interrompermi.» disse Castiel, affondando le mani nelle tasche del trench.
Dean annuì. «Ti ascolto.»
«Quando mi hai chiesto se scappare fosse un test, io ti risposi che era una cosa troppo meschina, persino da insinuare.» iniziò l’altro. «Ma avevi ragione. Era davvero un test, ma non lo era per Owen, per gli altri o per te. Era un test per me.»
L’uomo indugiò un attimo prima di proseguire. «Sono incasinato, Dean. Credo di essere anche un po’ pazzo e su questo non avevi poi tutti i torti. Avevi ragione tu, sai? Ero confuso, non sapevo cosa volevo e quindi mi trasformavo in quello che gli altri volevano che fossi. Ma adesso so chi sono, Dean, e non posso fare a meno di pensare che la persona che sono, la persona che vorrei essere ha bisogno di te al suo fianco. Se vorrai allontanarmi o mandarmi al diavolo, puoi farlo, ma io devo chiederti lo stesso una seconda possibilità. Giuro che non ti deluderò e- aspetta» si bloccò, tirando fuori dalla borsa un paio di scarpe da ginnastica logore. «Ecco, prendile. Sono le mie scarpe da corsa.» aggiunse, porgendogliele.
Dean le prese tra le mani e strinse le labbra in una linea sottile. «Non scapperai più?»
«No. Non da solo, almeno.»
E quello bastò. Dean colmò la poca distanza che li separava e lo baciò. Non aveva la certezza che sarebbe rimasto, ma la certezza non era nulla di così eclatante quando aveva Castiel con sé.
Castiel gli bastava.
«Bastava solo rallentare un po’.» osservò Dean, sollevato.
Rimasero sul divano a chiacchierare per tutta la notte e non aveva importanza se le cose non erano andate per il meglio la prima volta: le coppie migliori non lo sono mai agli inizi.

FINE

   
 
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