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Autore: Friends Forever    11/05/2014    4 recensioni
Cosa sarebbe successo se i fratelli Pevensie capitassero a Panem, precisamente nel Distretto 12? E se uno dei quattro fratelli fu stato chiamato per andare agli Hunger Games?
DAL CAPITOLO 1:
"E se capitasse a noi stavolta? A uno di noi?" Lucy teneva la mano della sorella e del fratello Edmund con forza.
"Il nostro nome c'è poche volte Lu, nessuno di noi verrà chiamato" disse Susan, molto preoccupata.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edmund Pevensie, Lucy Pevensie, Peter Pevensie, Susan Pevensie, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3. L'esplosione
 
Dopo essere stati prelevati e portati con insistenza a Capitol City, Cinna lo stilista di Jenne Jo e Portia, la stilista di Edmund Pevensie, erano indaffaratissimi per scegliere un vestito per la parata dei tributi.
Edmund rimaneva per la metà del tempo nella sua stanza, soprattutto dopo aver conosciuto Haymitch il suo mentore e ad avere un rapporto più stretto con Effie Trinket: gli stavano antipatici entrambi. Uno più dell’altro.
Non era possibile fare un dialogo semplice con Edmund. La maggior parte delle volte rispondeva con un cenno del capo e andava via.
Qualcuno bussò alla porta della camera del giovane. Lui, che era seduto sul davanzale della finestra per guardare fuori, disse un leggero “avanti”.
Jenne entrò traballante, per andare poi a sedersi su una sedia vicino ad Edmund.
“Non ti arrenderai, vero?” chiese lei, gli occhi pieni di speranza.
“Oh… non lo so… veramente, io… so che non ce la posso fare, però devo proteggerti.” rispose lui.
“Proteggermi?”
“Beh…” Edmund non sapeva cosa dire. Jenne era piccolina, non poteva assolutamente abbandonarla. Almeno doveva provare a tenerla nascosta.
“Grazie, Edmund” Jenne sorrise a malapena.
“Chiamami Ed” disse il ragazzo.
“La parata dei tributi inizia tra un’ora! Dobbiamo recarci subito nella grande piazza, forza” Effie gridava fuori dalla porta.
Edmund e Jenne andarono da lei e durante il viaggio nessuno fiatò. A un certo punto, mentre erano quasi arrivati, Cinna e Portia spiegarono i loro costumi.
“Allora, Edmund” iniziò Portia. “Il tuo vestito consiste in un paio di pantaloni colore del carbone e una giacca aperta dai colori abbastanza vivaci. Voglio un po’ risaltare la speranza.”
Edmund annuì semplicemente. Non gli importava del vestito. Se fosse stato per lui, ci sarebbe andato anche con un sacco della spazzatura.
“Siamo arrivati!” strillò Effie, con Haymitch al suo fianco, che beveva grosse sorsate dalla bottiglia.
Era affollatissima la piazza di Capitol City. Gremita di persone dai più strambi vestiti e dalle più vivaci acconciature, alcune persone avevano dei cani al guinzaglio che avevano il pelo tinto di rosa. Bambini che correvano avanti e indietro per cercare di vedere per primi i tributi. E soprattutto il Presidente Snow, in bella vista, con gli occhi che emanavano scintille di odio e i capelli unti e bianchi. La solita rosa bianca nel bavero. Il sorriso falso che cercava di convincere gli altri ad essere buono.
Caesar Flickerman e Claudius Templesmith commentavano i vari carri che passavano con i tributi sopra, e i cameramen mandavano tutto in diretta.
Iniziò il carro del Distretto 1, seguito dal 2 e dal 3. Edmund e Jenne non ebbero avuto modo di vederlo, perché non erano ancora partiti.
Quello del Distretto 4 erano un ragazzo con un tridente e una rete da pesca in mano, mentre la ragazza aveva dei lunghi capelli con una coda da sirena.
Il Distretto 5 e 6 non erano nulla di speciale, anche se il pubblico applaudì e urlò di gioia ugualmente.
Il Distretto 7 era un tantino ridicolo. Lo stilista era probabilmente andato via di testa. Gli aveva fatto mettere come costume un tronco d’albero e i capelli tinti di verde dalle più svariante sfumature.
Il Distretto 8, 9 e 10 erano composti da tributi dai visi tristi e appassiti. Il Distretto 11 era stato abbastanza creativo. Tutti e due dalla pelle scura, tutti e due grandi e robusti, anche se poveri.
Poi venne il turno di Edmund e Jenne. Si presero per mano, non per fare scena ma per darsi conforto. Il ragazzo non immaginava la paura della dodicenne in quel posto sconosciuto, ma anche lui ne aveva molta. Ma non doveva mostrarla o in Arena sarebbe diventato il primo bersaglio. Così sorrise. Ce la mise tutta e sorrise.
Sfilavano al chiuso e l’aria era soffocante. La gente gridava, ma meno di prima. Il Distretto 12 non era per niente famoso, perciò era normale.
 
A casa Pevensie
Non si scambiavano lunghi discorsi da quando Edmund partì per Capitol City. Susan e Caspian erano un po’ distaccati, senza aver litigato. Non si parlavano molto. Lucy era sempre con Jill, perennemente al mercato nero. Stavano sempre sedute ad ascoltare il vento che sferzava i loro capelli.
Eustace, invece, rimaneva chiuso in camera tutto il giorno, tranne per i pasti. Nessuno sapeva cosa faceva lì dentro. Probabilmente scriveva i suoi sentimenti in un diario, che poi trovarono nascosto sotto il cuscino.
Peter andava avanti e indietro dalla miniera. Lavorava duramente, forse era l’unico che dava così tanta fiducia in Edmund. Peter l’aveva visto battersi con le spade. Secondo lui sarebbe tornato, a costo di uccidere.
Quella sera erano tutti davanti alla televisione malandata che stava nella cucina. Guardavano in diretta la parata dei tributi, tutti tranne Peter, ancora in miniera. Era sera tarda e sarebbe dovuto tornare.
“Ha detto che si fermava in miniera fino a tardi, oggi” spiegò Caspian accendendo il televisore.
“Ci siamo persi il discorso di Snow. Non importa. Eccolo lì” disse Jill indicando Edmund, sul carro trainato da due cavalli neri.
“Quella povera ragazzina è la figlia del fratello del sindaco.” Lucy riconobbe Jenne, che ogni tanto vendeva con il padre al mercato nero.
A un certo punto sentirono la terra muoversi sotto i loro piedi.
“Un terremoto, usciamo” gridò Eustace. In due minuti tutti erano fuori, come il resto degli abitanti. Ma non era un terremoto, perché finì subito. Si sentì però odore di bruciato e poi udirono il passo dei Pacificatori marciare verso la miniera dall’altra parte del Distretto.
Caspian, Susan, Lucy, Eustace e Jill decisero di seguirli.
Più si avvicinavano alla miniera, più la situazione si faceva più concreta. Il fuoco ricopriva il Prato e il grande edificio malconcio, qualcuno riuscì a uscire fuori prima della grande esplosione.
Urli, scoppi. Successe tutto in poco tempo, senza che nessuno se ne accorse.
“Peter!” Susan era in singhiozzi, come gli altri con lei. Cercavano il maggiore dei Pevensie. Non lo trovavano. Non era uscito prima dell’esplosione. Non era riuscito.
Caspian si spinse in avanti per cercare di entrare nella miniera e controllare chi era rimasto all’interno, ma il Pacificatore non glielo permise.
Entrarono un paio di Pacificatori, uscendo con delle barelle con sopra gli uomini inermi.
Lucy era nel panico più totale, aggrappata al braccio di Susan. Eustace era semi-abbracciato a Jill, che cercava di sbirciare per scorgere Peter, vivo o morto che sia. A Caspian, invece, venne dato il permesso di entrare.
Dopo dieci minuti di panico uscì, tenendo qualcuno sulla spalla. Quello era Peter.
“Peter!” gridarono tutti. Caspian lo mise a terra, cercando di ascoltare il cuore. Inizialmente non si sentivano battiti.
Ma ogni tanto qualche sbuffo d’aria usciva dalla sua bocca. I Pacificatori lo portarono subito sul treno verso l’ospedale.
Lasciarono Susan, Lucy, Caspian, Eustace e Jill al Distretto 12, senza lasciarli andare con Peter.
Avrebbero dovuto aspettare notizie. E intanto erano già senza due persone: Edmund e Peter.





ANGOLO AUTRICE
Ciao, perdonate il ritardo, ma come vedete io torno sempre! Un grazie di cuore va a chi recensisce e legge, e... non andate nel panico per questo triste e ansioso capitolo! Ditemi che ne pensate, volevo dare una svolta non solo a Edmund, ma anche al Distretto 12. Povero Peter...
Beh, vi è piaciuto? Fatemi sapere, ciao!!! Baci a tutti :)
Friends Forever
  
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