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Autore: Honey Tiger    16/05/2014    7 recensioni
[Parole citate dal quinto capitolo]
«Lasciami bere, tanto nessuno mi cercherà più» evitò di rispondere alla domanda posta da lui e, seria in volto, si portò alle labbra la bottiglia bevendo per l’ennesima volta.
....
«Hai visto mia madre? Non mi ha degnato neanche di uno sguardo nonostante mi fossi resa bella per lei. E mio padre?» un sorriso di disgusto dipinse il suo volto. «Lui ha finto di essere un altro uomo per tutta la serata. Desiderava farsi bello agli occhi degli altri e a quanto sembra ci è riuscito tirandomi in ballo. Lexie qua, Lexie là, Lexie è brava in quello è da lodare; Lexie, fa’ quello è da punire» fece lei assumendo il tono più duro e autoritario, quasi a voler copiare la voce del padre. «Ma Lexie vuole solo un abbraccio. Lexie non vuole i soldi, non vuole i vestiti costosi e le macchine veloci, lei vuole solo un abbraccio sincero e una spalla su cui poter piangere» cominciò a piangere come una bambina. «Lexie non vuole tutto questo, lei vuole solo un'amica». Con uno scatto di ira, prese la bottiglia tra le mani e la scagliò contro il muro, frantumandola in mille vetri.
Genere: Avventura, Erotico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Quest'opera "Lies" scritta da "Krystal Darlend" è distribuita con la Licenza
 Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 3.0 Unported.


[Capitolo betato da: Malika]

 

Angolo della piccola Autrice
Buongiorno a tutti. Dopo mesi e mesi di assenza, torno a postare il nuovo capitolo ma prima voglio fare un piccolo riassunto di tutti i capitoli scritti fino ad'ora.
Capitolo uno: Inizia nuovo anno e dopo una lunga vacanza, Lexie torna alle lezioni carica come non mai. Non perde occasione a fare le battute ai professori e non si preoccupa minimamente di essere convocata nell'ufficio della preside già il primo giorno.
La preside cerca di farle capire che questo è il suo ultimo anno e deve cercare di rigare driitta ma nonostante tutto Lexie continua a fare di testa sua.
Scende la notte e prende vita la gara delle moto che viene organizzata quasi tutte le sere. Al centro dell'attenzione è una ragazza rossa che torna a gareggiare ma scopre di avere un rivale che non si farà battere tanto facilmente.
Capitolo due: Nonostante vari sforzi, la ragazza rossa perde la gara e non appena ha la possibilità scappa per non essere riconosciuta da Matthew. 
Lexie, tornata al college la notte tarda e senza chiavi, si rifugia nella camera di J.J. e successivamente torna alle lezione visto che zia Kate la chiama nel suo ufficio e le assegna una nuova punizione.
All'ora del pranzo Lexie e J.J. si avviano alla mensa. Una matricola offende J.J. e Lexie per vendetta le brucia una ciocca di capelli e sul più bello viene interrotta da Sophie, il capo delle Bunnies e successivamente si unisce a loro anche Alyx che spiega il motivo dell'assenza della sorella.
Capitolo tre: Matthew, stanco dopo la corsa e la notte appena trascorsa, ritorna al campus dove incontra Alyx che gli propone di salire in camera sua e della sua conquilina che momentaneamente è fuori a divertirsi. 
La mattina presto, Lexie cerca di entrare nella sua stanza, ma trovandola chiusa si arrampica dalla finestra. Sorpresa e allo stesso tempo sconvolta, sta per cadere ma per fortuna riesce ad aggraparsi all'albero e si salva. 
Rimprovera Alyx e caccia via Matthew, delusa dal suo atteggiamento. 
Il nastro del tempo  si riavvolge e torna alla gara, dove la rossa cade e si ferisce alla gamba. Matthew la soccorre, ma non appena nascondono la moto visto che è troppo dannegiata e non può camminare, la rossa, in cambio del suo nome chiede di essere accompagnata ad una festa in discoteca.
Si urbiaca e chiede di essere accompagnata alla fermata di taxi. Mentre aspettano, si mettono a parlare del passato e del perché lei odia gli ospedali. Parla del suo fratello e poi piange. Quando Matthew cerca di fare qualcosa lei si rifiuta e se ne va.
Il giorno successivo, zia Kate chiama Lexie e Matthew nel suo ufficio dove li attende una chiamata da parte del padre di Lexie.
Capitolo quattro: Il tempo passa in fretta, cosi sono al giorno della partenza. Lexie è in punizione dal professor Erick che le chiede di suonare il piano per verificare se le voci del campus siano veri o meno. Finito di suonare, Lexie chiede cosa ne pensa e da li Erick comincia a parlarle e le chiede perché si nasconde dietro ad una maschera ma non ottiene le risposte che Matthew li interrompe per chiedere quando si parte.
Il viaggio è lungo, ma viene fatto in silenzio e quando arrivano a destinazione Lexie si chiede nel camerino del Jet di suo padre e aspetta di arrivare a Chicago dove la attende Justin e una Bugatti bianca. 
Matthew rimane stupito quando Lexie parla con Justin e del fatto che quella macchina sia solo un modo di chiedere scusa da parte di sua madre. Non riesce a comprendere il mondo che la circonda e il motivo per il quale scappa e non torno a casa per tutta la notte.
Il girno successivo, la festa è iniziata ma di Lexie nessuna traccia e quando finalmente si presenta riesce ad attirare tutta attenzione su di sé. Spiega il motivo del ritardo e apre le danze con il padre e di seguito con Matthew che si dimostra geloso nei suoi confronti quando un ragazzo parla di lei.
Durante il ballo Lexie scopre alcune carte e di quello che la riguarda ma finisce troppo in fretta visto che il padre li interrompe per presentarle Erick, il professore di musica.
Capitolo cinque: Inizia con Erick e Lexie e che parlano del passato e del perché si conoscono. Scherzano e ballano insieme ma poi vengono interroti dal padre di lei.
Matthew cerca di salvarla e le chiede di parlare fuori dove le propone di fare una gara con la macchina, ma Lexie rifiuta e per ringraziarlo gli lascia le chiavi della sua macchina e se ne va in camera, grata alla cameriera per averle rovinato il vestito.
Successivamente, Matthew entra in camera di Lexie, dove la trova ubriaca e mezza nuda. Iniziano a parlare e con l'alcool nelle vene, Lexie si confida con lui e inizia a piangere come una bambina finché non si calma e si addormenta con lui nel suo letto.
Capitolo sei: Lexie si sveglia in compagnia di Matthew mezzo nudo, ma cerca di contenersi e non far trappelare i suoi dubbi sulla notte appena trascorsa, e per vendicarsi di lui visto che non le vuole rivelare nulla, inventa una bugia per Justin che lo caccia fuori dalla sua stanza.
In seguito, Matthew la ferma e le chiede spiegazioni e prima che Lexie vada via, la osserva e nota che non ha nessuna ferita sulla gamba e ciò lo porta a pensare che non sia lei Angioletto delle moto.
Intanto Lexie decide di andare a trovare suo fratello al cimitero, di parlare con lui e capire cosa sta succedendo, però, dopo qualche minuto si sente osservata e, spaventata se ne va.
Passano settimane, Lexie non rivolge nessuna parola a Matthew, che di nascosto la osserva e cerca di capire il suo comportamente. Stringe amicizia con J.J. e decide di passare con lui il fine settimana visto che di nuovo è in punizione. La sera, qualcuno bussa alla porta e quando J.J. apre, vede Lexie che piange disperata e parla di qualcuno che è tornato e vuole farle del male.
Ora, potete continuare con la lettura :) 

 Krystal

 7. Sogno o realtà? 

 

 

      "Tre anni prima"

 
              Era il sesto giorno consecutivo che la pioggia batteva contro le finestre delle aule senza alcun miglioramento del clima. Quel giorno le lezioni di matematica avanzata erano state spostate nella seconda aula al terzo piano ed era per quel motivo che Lexie aveva fatto ritardo.
Il professore era girato di spalle e stava scrivendo alla lavagna una formula matematica che durante la lezione avrebbe spiegato. Trevor Price, il professore più giovane del tutto il college, aveva gli occhi castani, sopracciglia leggermente folte, la mascella squadrata e le labbra fine, che sapevano mostrare dei sorrisi seducenti in grado di conquistare i cuori delle studentesse.
Aveva il suo metodo di insegnamento: prima ti faceva scrivere il necessario e solo poi chiariva i concetti estranei.«Ed è con questa formula che riusciamo a calcolare la probabilità di successo di un progetto che stiamo realizzando» annunciò, girandosi appena in tempo per vedere Lexie che si intrufolava nella classe. «Ma sicuramente non è questo il modo corretto di presentarsi in una classe, non è forse cosi signorina Blackett?» chiese lui scrutandola attentamente.
«Mi perdoni per il ritardo, professor Price, non ero a conoscenza di questo spostamento» si giustificò lei con voce delicata richiamando l’attenzione dei ragazzi. Indossava un semplice vestito bianco, lungo fino alle ginocchia, che le ricadeva morbido sui fianchi, ma era proprio quella semplicità a renderla bellissima agli occhi degli altri.
«Si accomodi pure, ma spero che questo sia il suo primo e l’ultimo ritardo. Riprendiamo la lezione ora; chi vuole avere l’onore di riassumere la precedente lezione?»
La ragazza, seppur imbarazzata e con la testa china, trovò un posto libero nell'ultima fila, tirò fuori il quaderno di matematica e cominciò a copiare gli appunti dalla lavagna.
«Biondina, ma che diavolo mi combini? Fare ritardo ad una lezione non è da te» le sussurra qualcuno all'orecchio tirandole ingiù la spallina del vestito e, facendola sobbalzare sulla sedia per lo spavento.
«Jack! Ti chiedo gentilmente di non farmi più questi inutili scherzi. Mi hai spaventata oltretutto» fece lei, spostandosi con la sedia per non essere infastidita dal suo amico.
«Lo so biondina, faccio sempre quest’effetto» se ne uscì fuori con un sorriso sornione, annullando la distanza imposta dalla ragazza. I capelli di Jack, seppur corti, continuavano a essere perennemente in disordine e gli occhi verdi contornati da un paio di ciglia lunghe avevano il perenne potere di farla sentire in colpa nonostante non avesse mai commesso nulla.
«Jack, non distrarmi per favore» fece lei, composta e sempre ben educata.
«Blackett e Jackson se non smettete immediatamente sarò più che felice di farvi fare una visita mattutina alla preside Rutherford!» annunciò il professor Price con occhiata che non ammetteva repliche.
«Prima fai ritardo alla lezione e poi ti fai rimproverare dal professore? Eh no, non si fa cosi, non puoi diventare una bambina cattiva già al secondo anno» continuò Jack senza prestare benché minima attenzione alla lavagna o ai suoi alcuni compagni che osservavano divertiti quel battibecco.
«Per favore, smettila Jack! Non riesco a seguire la lezione se continui a parlarmi in questo modo» sussurrò lei abbassando la testa per nascondere gli occhi e sempre in silenzio, raccolse il suo materiale dal banco e si alzò in piedi. «Dove credi di andare?» fece Jack afferrandole la treccia che le raccoglieva tutti i capelli e la fece cadere tra le sue braccia.
La ragazza seduta davanti a loro due si girò arrabbiata e fece il segno di stare in silenzio e aggiunse scorbutica: «Oppure ve ne andate!»
Lexie fece di si con la testa e guardò Jack che sorrideva divertito e le sussurrava sottovoce: «Oggi siamo un po’ scontrose? Hai il ciclo?» si girò e guardò il calendario dietro le sue spalle. «Eppure è troppo presto, non dovrebbe essere la settimana prossima?» la sistemò meglio sulle sue ginocchia e continuò a sussurrare: «Sono pronto a giocarmi i miei gioielli di famiglia ma sono sicuro che tu eri ben consapevole che la lezione si sarebbe svolta qui. Perché hai fatto ritardo?» chiese guardandola dritta negli occhi.
Lexie arrossì lievemente distogliendo lo sguardo da lui per accertarsi che il professore non li stesse guardando e poi disse: «Una delle gemelle, Alyx, mi ha bloccato nel bagno perché ho rifiutato il suo invito ad entrare nel gruppo e, quando finalmente sono uscita, si è divertita a buttarmi addosso delle uova con la farina» confessò abbassando la testa e nascondendo gli occhi ormai prossimi alle lacrime.
«Quella ragazza non smetterà mai finché tu non reagirai. Alyx è conosciuta per avere un forte carattere e non si lascia di certo influenzare dagli altri. Se non metti un limite, lei continuerà finché non uscirai da qui» prese la mano e le baciò il dorso, un gesto che aveva il potere di tranquillizzarla ma anche di farla arrossire come un pomodoro.«Credo che tu sia l’unica ragazza che arrossisce per un bacio sulla mano. Quando riuscirai a rispondere per le rime? Quando perderai il vizio di piangere? Uscita da questo inferno sarai una vecchia zitella con un corpo da stupro» fece lui, sempre a bassa voce per non essere di nuovo rimproverato dal professore.
«Smettila, voglio solo seguire questa lezione. Non chiedo nient'altro» disse Lexie, liberandosi delle braccia di Jack che la tenevano stretta a lui.
«Diventerò calvo il giorno in cui dirai le parolacce e scoprirai cosa voglia dire orgasmo. Quando capirai che questo mondo è pieno di schifezze e non ci sarà sempre Stephen a prendersi cura di te».
«Basta!» la voce di Lexie si alzò di un ottava e attirò di nuovo tutto l'attenzione su di se solo che questa volta lei scappò dalla porta senza voltarsi e dare spiegazioni al professore.
 
«Ti giuro che avevo perso quasi tutte le speranze di trovarti» annuncia una voce femminile dietro le spalle di Lexie. 
La pioggia continuava a battere contro i vetri mentre gli occhi di Lexie erano fissi davanti a sé, sul nulla. Dopo essere scappata dalla lezione di matematica avanzata, era andata a rifugiarsi sul tetto, il suo posto preferito: si era seduta sopra la panchina, riparata dalla pioggia, e continuava a pensare e guardare il vuoto.
«Amy» pronuncia Lexie il nome della ragazza che continuava a starle alle spalle.
«Indovinato». I capelli neri, tagliati fino alle orecchie, gli occhi azzurri e un timido sorriso ornava il volto della ragazza. «Sono qui a chiederti per la milionesima volta scusa. Alyx sta esagerando e non ha nessuna intenzione di smettere. Giuro che ho provato a dissuaderla dal tormentarmi ma lei continua ad ignorarmi» sussurrò, imbarazzata per il comportamento della sorella ribella.
«Non è colpa tua, tranquilla».
«Lexie? Che cosa ti succede?»
«Sono davvero cosi debole come gli altri mi descrivono?» Un singhiozzo silenzioso le scappa dalle labbra, inducendola a portarsi la mano davanti alla bocca. «Non voglio essere come gli altri mi descrivono. Non voglio essere debole» un altro singhiozzo «Non voglio» e senza riuscire a fermarsi prese a piangere come una bambina.
Gli occhi, pian piano, diventarono rossi e le guance bagnate. Non c'era più nessuna traccia di una ragazza serena e tranquilla, ora quella che si presentava davanti gli occhi di Amy era una ragazzina disperata. «Lexie, calmati, nessuno ha mai detto che sei debole. Tu sei intelligente e se vuoi puoi ottenere tutto quello che desideri grazie alla tua testolina intelligente» disse Amy, accarezzandole le spalle cercando invano di farla tranquillizzare. 
«Sono debole» sussurrò di nuovo Lexie, guardando il vuoto davanti a sé.
 

Nei giorni successivi..


La luna splendeva alta nel cielo, senza alcuna traccia delle nuvole che per giorni avevano nascosto il  tanto agognato sole, ma delle stelle non c’era alcuna traccia. Il cuore del college era avvolto dalle tenebre e non c'era anima viva che girasse per quelle aule ormai vuote e fredde, tranne che una persona. Lei stava percorrendo il corridoio per la terza volta in punta dei piedi, alla disperata ricerca del suo braccialetto; lo aveva perso quella stessa mattina ed era sicura che fosse da qualche parte in un angolo, nel lungo corridoio che separava la sua stanza e l’aula di economia, l’unica lezione che aveva avuto quella mattina.
«Dove sei finito?» chiese lei esasperata e stanca di cercarlo, ma non avrebbe mai smesso. Era un prezioso regalo che lei custodiva con massima cura e ancora non riusciva a spiegarsi come lo avesse perso. Riprese a camminare silenziosamente, con il cellulare in mano per fare un po’ di luce nella sua disperata ricerca.
Un leggero ticchettio si fece sentire sul vetro dell’edificio, cosa che la spaventò, ma poi, dopo alcuni respiri riuscì a calmarsi, pensando che fosse soltanto un uccellino che batteva il becco contro una delle tante finestre del college. Dopo qualche istante il rumore cessò e la ragazza si tranquillizzò maggiormente, ma quando un altro suono simile al spostamento della sedia si propagò per l’aule, lei si spaventò talmente tanto che senza rendersi conto andò a  rannicchiarsi in un angolo nascosto.
“C’è qualcuno al quarto piano. Vieni a prendermi per favore. Ho paura.” E prima che se ne accorgesse aveva già spedito il messaggio alla sua migliore amica.
Tremava contro la parete, spaventata e incapace di fare qualsiasi movimento, continuava a restare immobile in quel angolo nascosto dalla luce.
L’ennesimo rumore, una porta che si apriva e si chiudeva, la fece sobbalzare dallo spavento.
«Lo so che sei qui piccola peste. Ti ho vista entrare» disse una voce maschile in lontananza, ma nascosta talmente tanto dal buio che la ragazza non poté identificare né la persona né la distanza che li separava.
«Perché non esci alla scoperto?» chiese sempre la stessa persona. «Non mi piace giocare e poi, non ho tempo da perdere piccola peste» aggiunse lui spostandosi nel buio. «Quando ti ho visto la prima volta non immaginavo che fossi cosi bella, anche se dovevo aspettarmelo. Nonostante la tua bellezza mi sei sembrata subito un uccellino smarrito. Suppongo che non ti accorgi nemmeno di quello che ti succede intorno o almeno è quello che fai vedere: sempre cosi composta, mai un capello fuori posto e mai una parola cattiva contro quelli che ti fanno i dispetti».
«Alyx» sussurrò la ragazza, con le guance ormai bagnate.
«Ad esempio la gemella cattiva. Dio, amo il carattere di quella ragazza, nessuno riesce a domarla e nessuno le mette i piedi in testa. Tu sei la sua preferita credo, ama torturarti» una risata malefica si diffuse per tutto il corridoio. «Quella ragazza sarà la tua rovina se non la fermerai» disse la voce, avvicinandosi sempre di più, sempre più vicina a lei.
«Che cosa vuoi da me?» chiese la ragazza, spaventata da quella situazione quasi irreale. Perché quell’uomo la cercava e soprattutto che cosa voleva da lei?

«Non voglio niente da te se è quello che ti stai chiedendo» rispose l’uomo alla domanda muta di lei. «Mi sto solo guadagnando da vivere».
 

Ritorno al presente
 

Era l’undicesimo singhiozzo che usciva dalle labbra di Lexie. J.J. li aveva contati, uno per uno, cosi come le frasi che lei ripeteva ormai da un'ora. Sempre le stesse: "non farmi del male", "non è colpa mia", “lasciami andare”, mentre le lacrime continuavano a bagnarle le guance e il cuscino su cui si era addormentata.
Erano le cinque del mattino quando J.J., distrutto e stanco, si alzò in piedi e si vestì in silenzio, facendo meno rumore possibile perché svegliarla avrebbe significava rendere reale il suo incubo. «Questa volta ci sarò io al tuo fianco» sussurrò lui vicino il viso di Lexie, segnato dal dolore che provava in quell’incubo che continuava a rincorrerla. Un incubo che l’aveva cambiata per sempre. «Risolveremo tutto, anche questa cosa, biondina mia» aggiunse, baciandole la fronte come un genitore preoccupato per la figlia.
Con passi silenziosi raggiunse il divano dove dormiva Matthew. Lo osservò per qualche istante ricordando il giorno in cui lo aveva aiutato con la punizione di zia Kate: «Ti serve una mano con quei numeri?» gli aveva chiesto Matthew con un sorriso, per poi risolvere le equazioni.
La preside Rutherford era una donna con un grande cuore, ma anche furba come una volpe; non sceglieva mai una punizione a caso, conosceva tutti i suoi studenti cosi come i loro punti deboli. Jack Jackson era entrato in quel college perché i suoi genitori lo avevano minacciato: “Scegli: college con la possibilità di avere i soldi oppure la tua strada, ma senza un conto corrente” aveva detto sua padre quando lui si era rifiutato di andare a studiare fuori casa.
«Dove stai andando?» chiese Matthew, svegliandolo dal suo sogno ad occhi aperti.
«A verificare una cosa importante» fu la risposta di J.J. mentre prendeva il telefono dal mobile e si avviava verso la porta, ma prima di uscire disse: «Non lasciarla sola, per nessun motivo. Di te si fida anche se è difficile da credere visto il suo comportamento; non deluderla e non svegliarla». Chiuse la porta e negò ogni possibilità a Matthew di chiedere spiegazioni per quanto accaduto quella notte.
«Non farlo. Ti supplico» incominciò lei ad urlare e dimenarsi nel letto. Sembrava cosi impaurita che Matthew non riuscì a trattenersi dall’avvicinarsi. Si distese accanto a lei e l'abbracciò stretto a sé, accarezzandole le guance bagnate.
«Non voglio. No! Lasciami andare, non ti ho fatto nulla!» Altre lacrime cominciarono a scendere dagli occhi chiusi di Lexie, altri singhiozzi presero il possesso del suo corpo come se fosse sveglio e stesse semplicemente piangendo.
«Bimba, mi stai spaventando così» sussurrò lui, impaurito da quella situazione cosi irreale. Non conosceva il motivo di tanta sofferenza e ancora meno comprendeva le parole di J.J.; perché non svegliarla e far cessare quell’incubo che stava vivendo? Perché doveva lasciarla combattere per qualcosa a lui sconosciuto? «Shh, ci sono io qui con te, nessuno ti farà del male, mai più. Promesso Angioletto» cercò di calmarla, cullandola come spesso faceva con Rihanna, la sua piccola sorellina.
Dopo svariati minuti i singhiozzi cessarono e Matthew poté finalmente tranquillizzarsi, o almeno era quello che appariva agli occhi degli altri.
Rapito dal profumo di Lexie prese a osservarla, ammaliato da tutta quella bellezza; rara, quasi unica nel suo genere. I capelli biondi erano stati raccolti in una coda e successivamente legati in una treccia. Era stato J.J. a fargliela, mentre cercava di tranquillizzarla e farle sapere che lui era lì, al suo fianco e che niente e nessuno gli avrebbe mai fatto del male. Non più almeno.
Mosso da un desiderio nascosto prese ad accarezzarle la pelle, candida e morbida sotto il suo tocco che gli fece desiderare di avere più contatto. Di conoscerla meglio, di poter annusare i suoi capelli come lo stava facendo in quel momento.
Non la conosceva. Non conosceva nulla della ragazza che gli dormiva accanto eppure, per una strana ragione, in quel letto, accanto a lei, si sentiva bene. Come se fosse nel posto giusto e non accanto ad un’estranea che gli metteva soltanto i bastoni fra le ruote.
Prima del college la conosceva soltanto attraverso le foto appese al muro nell'ufficio di Sebastian Blackett. Diverse volte era rimasto ammaliato da quella bellezza, ma mai si era permesso di chiedere chi fosse e perché non l'avesse vista in giro.
Quando il padre di Lexie gli propose di diventare il suo braccio destro, sentì premere sulle spalle un enorme peso e nonostante ambisse a quel posto, rifiutò. Non intendeva rinchiudere la propria vita a soli diciannove anni in un ufficio, quindi decise semplicemente di finire la scuola e successivamente iscriversi in un college che lo avrebbe istruito a diventare qualcuno, qualcuno di importante che gli avrebbe permesso di mantenere la sua famiglia senza che nessuno dovesse compiere dei sacrifici.
L'inizio del college avrebbe segnato un nuovo inizio, una nuova vita dove avrebbe continuato con lo studio e nello stesso tempo con il lavoro: controllare le carte e verificare se ci fossero degli imbrogli negli affari di Blackett. Inizialmente era indeciso quale strada intraprendere, finché Sebastian ebbe la brillante idea di iscriverlo nello stesso college della figlia, "così la puoi anche controllare" aveva scherzato lui, mentre gli lasciava in mano la copia dei fogli già compilati e spediti alla George Washington University.
"Finalmente la potrò conoscere" era stato il primo pensiero di Matthew mentre entrava in quell'aula di letteratura.
«Ci mancava solo un altro coglione. Sarà uno di quelli intelligenti o solo l'ennesimo figlio di papà?» Aveva chiesto lei, incurante che il professore e la preside fossero solo a pochi metri di distanza e sentirla parlare in quel modo, la delusione prese il sopravvento su Matthew tanto da ignorarla per giorni e nonostante avesse cercato di ottenere una risposta a quel comportamento cosi fuori luogo, fallì miseramente più di una volta.
«Non lasciarmi da sola. Ho paura» sussurrò Lexie contro la pelle di Matthew provocandogli un brivido e risvegliandolo dai suoi pensieri riguardanti il passato.
«Che cosa stai sognando e cos'è che ti perseguita? La ragazza che non teme nulla è spaventata da un incubo?» chiese lui preoccupato, continuando ad accarezzarle la pelle e contro ogni logica e realtà immerse il naso fra i capelli della ragazza e inspirò a lungo.
L'odore della candida pelle di Lexie lo riportò a Chicago, alla notte che l'aveva avuta fra le sua braccia mentre piangeva disperata. Fu proprio quella sera che realizzò di non conoscerla minimamente; non era la ragazzina viziata che nascondeva il suo segreto al padre. Lei era molto di più. Indossava una maschera e mai si era mostrata per quello che era. Quindi, l'unica domanda che gli sorgeva spontanea era: chi era Lexie Blackett? Una ragazzina viziata? Qualcuno con il forte desiderio di farsi accettare dai propri genitori? No, non era nemmeno quello. Lei non desiderava l'amore dei suoi genitori, non le interessavano i soldi che aveva sul suo conto corrente e tanto meno i regali come le macchine costose da accettare come perdono. La ragazza che gli dormiva accanto era un'altra persona, una ragazza che amava il pericolo e che senza dubbio non aveva problemi a farsi del male o farlo a qualcuno per proteggere chi a lei caro.
 
Sbadigliando, Matthew si spostò dalla sua posizione turbando il sonno di Lexie in quanto disse: «Non farlo, non andartene e non lasciarmi sola» supplicò lei esercitando su di lui un terribile fascino nonostante fosse semplicemente addormentata. Prese ad accarezzarle il viso, le braccia, le spalle per poi scendere fino a toccarle le mani; cosi delicate che ignorare quella piccola cicatrice sopra il polso era pressoché impossibile.
Una ferita che con il tempo si era cicatrizzata tanto da rendersi invisibile agli occhi, ma non al tatto delle dita e non appena Matthew realizzò a cosa fosse dovuta, sgranò gli occhi e si sollevò di scatto. «Ma che diavolo» tracciò con le dita quella piccola ferita ormai "vecchia".
«Non tutti sono perfetti Matthew e io sono solo uno scherzo della natura» disse Lexie con gli occhi chiusi,  ritraendo la mano con la piccola cicatrice che fino a quel istante era in contatto con quella di Matthew.
«Che cosa stai dicendo?» fece confuso Matthew e ormai stanco di tutti quei segreti di cui conosceva solo l'inizio e mai la fine.
«Solo la verità» rispose a quel punto Lexie con un sorriso finto per poi guardarsi intorno confusa: «Dov'è J.J.?»
«Ha detto di avere delle questioni da risolvere»
«Lo ucciderò, stanne tranquillo. Dov'è il mio vestito?» domandò, portandosi la coperta fin sopra le spalle, ma vedendo l'espressione confusa di Matthew aggiunse sarcastica: «Vestito Matthew, ieri avevo un vestito. Sai cos'è vero?» con movimenti lenti e provocanti, fece cadere il lenzuolo e andò ad alzarsi, mostrandosi nuda se non per l’intimo di pizzo.
«Ah» fu l’unica cosa che disse Matthew, ammagliato dalla vista che gli veniva offerta dalla diretta interessata.
«Chiudi la bocca che mi sembri un poppante alle prime armi, non hai mai visto il corpo nudo di una ragazza?» scherzò lei, beffarda e con un sorriso compiaciuto.
«Lexie, per quanto io possa detestarti, non credo che il mio amico dei piani bassi pensi la stessa cosa del tuo corpo,» lei, sorpresa da quelle parole, spostò gli occhi sui pantaloni del ragazzo e vide un leggero rigonfiamento. «Poppante!» sussurrò la ragazza vicino il viso di lui, per poi spostarsi accanto l'armadio e indossare un paio di pantaloni del suo amico.
«Dove l'avrà messa?» scavò nell'ultimo cassetto delle magliette e prese la sua maglietta, lasciata settimane addietro quando ci aveva dormito da lui. «E questa da dove salta fuori?» chiede a se stessa ammirando incantata la camicia bianca appesa contro un'anta della porta.
«Ti piacciono le camicie?» chiese Matthew osservandola divertito «No, amico, io le amo!» esclamò lei prima di far comparire un sorriso a trentadue denti sulle sue labbra e indossarla.
Matthew continuò ad osservarla con un sorriso, soffermandosi sulle sue curve finché non fu rimproverato dalla diretta interessata: «La smetti di mangiarmi con gli occhi?»
«Certo che sei una ragazzina complicata e rompipalle. Che cosa credi eh?» fece lui, leggermente offeso da quella affermazione, ma nonostante quello non riusciva a staccare gli occhi dal suo corpo ormai nascosto da strati di vestiti.
«E se questa ragazzina provasse a sedurti?» sussurro lei a un millimetro dalle sue labbra, provocandolo.
«Vuoi giocare?» domandò Matthew, pronto ad accettare quella sfida, eccitato dal gioco che Lexie gli aveva appena proposto.
«Solo un pochino, sempre se non vuoi tirarti indietro». Lentamente e sensuale si spogliò della camicia, lasciandola cadere ai suoi piedi. «Sono anche brava con certi giochetti» disse allusiva, accendendo lo stereo e facendo partire una canzone in sottofondo.
«Di certo non sarò io a tirarmi indietro» annunciò Matthew, allungando le mani e posandole sui fianchi della ragazza che gli stava di fronte.
Inizialmente rimasero entrambi fermi, a osservare gli occhi uno dell'altra, affascinati e incantati finché lei non prese a muovere i fianchi e sorridere dolcemente.
«Come ti sei procurata quel taglio al polso?»
«Non ci arrivi da solo? Non serve un genio per capirlo». Portò le mani all'altezza dell'addome di Matthew per poi accarezzarlo con movimenti lenti e circolari.
«E perché di quel gesto tanto stupido?» le sussurrò all'orecchio, provocandole diversi brividi lungo tutto il corpo.
«Cose da ragazze, non credo tu possa capire» gli si avvicinò ulteriormente per baciargli il collo. Matthew rabbrividì al contatto con le labbra di lei ma cercò di controllarsi senza farsi scappare dalle labbra un gemito di piacere visto che il collo e l'orecchio destro è da sempre stato il suo punto debole.
Un sorriso radioso si disegnò sul volto di lei, mentre una dolce melodia si diffondeva in tutta la stanza. «Conosco questa melodia, di chi è?» chiese Matthew, lasciandosi cullare da quelle note.
«Non la puoi conoscere, è mia e non so nemmeno perché J.J. mi abbia registrata». Si spostò di qualche passo e portò le mani ai lembi della maglietta, «Vuoi continuare a parlare oppure vuoi giocare?» e dicendo ciò, sfilò l'indumento e lo buttò dietro di se.
Il tempo sembrò fermarsi mentre Lexie e Matthew, ormai persi nel respiro l’uno dell'altra, si scagliavano addosso per frenare quel impulso di avere le labbra dell'altro.
«Ancora» sussurrò Lexie contro la pelle di Matthew, impegnato a lasciarle un'umida scia di baci lungo il collo. «Continua» aggiunse non appena lui si fermò, incerto se proseguire quella lenta e meravigliosa tortura o fermarsi del tutto. Ma il desiderio ebbe la meglio, così, prese a baciarle lentamente la spalla per poi arrivare al seno, sorretto dal reggiseno. 
«Questo non serve più» sussurrò Matthew all'orecchio di lei, togliendole l'indumento e osservandola rapito. «Sei bellissima con questo colore». Le sorrise, accarezzandole le guance che si tingevano di un rosso intenso.
Lexie rimase in silenzio, ammaliata dal profumo intenso e buono che lui continuava ad emanare e dalle sue mani che si muovevano esperte sul corpo, per non parlare delle labbra: non avrebbe mai pensato che potessero essere cosi dolci e allo stesso tempo invitanti da farla fremere dalla voglia di continuare.
Le mani delicate e vogliose di Matthew andarono ad accarezzarle i seni liberi e le labbra, seducenti, cercavano quelle di lei per dar inizio ad un nuovo turbine di emozioni.
«Aah...» fece Matthew non appena Lexie scese a baciarlo sul collo, mordendolo e succhiandogli la pelle. Un sorriso le si disegnò in volto, sussurrando vicino il suo orecchio: «Ho appena scoperto il tuo punto debole» per poi baciarlo seducente.
Matthew non disse nulla, la prese soltanto in braccio e la adagiò sul letto, distendendosi sopra il suo corpo. Un sospiro di eccitazione uscì dalle labbra della ragazza non appena lui le fu sopra. «L’amico dei piani bassi non sa trattenersi» fece Lexie allusiva, sorridendo con le guance rosse.
«Non davanti un corpo del genere». Altri baci appassionati, altri gemiti di piacere uscirono dalle labbra di Lexie e di Matthew. «Ancora» sussurrò il ragazzo, preso dal momento e eccitato davanti il corpo della diciannovenne. «Sei il sogno proibito di diversi ragazzi».
«E il tuo?»
«Decisamente» prese a baciarle il collo, scendendo lungo la spalla e sorridendo come un bambino, prese ad assaggiarle il seno.
«Matthew no…» miagolò lei per poi gemere sotto i suoi tocchi.
«Ma che diavolo state combinando voi due?» domanda J.J., comparendo davanti a loro come se fosse un mago.
«Ma che cazzo?» chiese Matthew svegliandosi soprassalto, cosa che fece anche la piccola Lexie con gli occhi rossi e gonfi per la nottata passata a piangere.
«Svegliatevi! Non potete poltrire lì fino all'infinito» annunciò J.J. come se non fosse accaduto nulla.
I diretti interessati si guardarono a vicenda, ancora mezzi addormentati e confusi, ma quando i loro occhi si incontrarono, arrossirono entrambi come se fossero due adolescenti in calore alle prime armi che si svegliano nello stesso letto.
«Sono le quattro passate! Avete saltato le lezioni e la zia Kate vi ha convocati nel suo ufficio per la nuova punizione, ha detto anche che questa volta sarà esemplare e vi farà passare la voglia di saltare altre lezioni» comunicò l'amico guardando i due ragazzi che si osservavano a vicenda, rapiti dallo sguardo di uno dell'altro.
«Io non ho nessunissima intenzione di uscire da qui. Anzi, facciamo che non esco mai più da qui» annunciò Lexie, riportandosi le coperte fin sopra la testa per poi buttarsi nel letto. «Ora uscite dalla mia stanza e non rompetemi i coglioni» sbuffò Lexie, nascosta dalle coperte.
«Biondina, mettiamo in chiaro una cosa: la stanza è del sottoscritto quindi vedi di moderare i termini. Seconda cosa, dov'è finita la tua finezza e la voce da angioletto?» Tirò via le coperte e la scoprì del tutto.
«Tira giù il vestito che se no questo qui» indicò Matthew con la mano «si eccita troppo alla vista delle tue mutandine» e prese a ridere mentre Matthew diventava rosso e Lexie si affrettava a coprirsi. 
«Certo, perché tu no?» fu la domanda di Matthew a far ridere a crepapelle la piccola Lexie che si dimenava nel letto. «Forza J.J. sputa il rospo!»
«Traditrice!»
«Ti sei andato da solo a cacciare in questo guaio!» fu la risposta di Lexie mentre cercava di inventare qualche  storia immaginaria.
«Prima che questa qui se ne inventa una storia di sana pianta, te lo dico io!» si avvicinò al suo orecchio e gli sussurrò qualcosa di incomprensibile alle orecchie di Lexie.
«Tu invece non puoi rimanere qui dentro ed è il punto uno, il secondo punto è che le gemelle stanno arrivando e io non voglio avere niente a che fare con quella vipera di Alyx!» si sfogò J.J. guardando Lexie negli occhi.
«Chiedi a Matthew, lui è bravo a trattenerla» fece allusiva e cercò di riprendere la coperta che J.J. aveva buttato in fondo alla stanza. «Non voglio andare lì fuori, ho paura...» fece lei con voce tenera e gli occhi a cuoricino nel vano tentativo di convincere il suo migliore amico a lasciarla in pace.
«Anche io ho paura, ti tengo compagnia» fece Matthew sorridendo per poi abbracciarla e ributtarsi sul letto.
«Matthew! Non pensarci nemmeno e non allungare le mani!» ribadì J.J. guardandolo truce.
«Se riesci a persuaderlo a lasciarci in pace, mi lascio coccolare» fece Lexie con un sorriso rivolto a Matthew. «E in più non ti sfotterò per il rigonfiamento nei piani bassi. Promesso!» le scappò un sorriso malizioso.
Il suono del campanello distrasse i pensieri dei tre ragazzi mentre J.J. sbuffava e incrociava letteralmente le dita sperando che non fosse Alyx ad attenderlo fuori. Odiava quella ragazza e non comprendeva ancora il motivo di tanta amicizia con Lexie.
«Muovi quel culo, testa di cazzo! Non sono qui per te quindi apri questa dannata porta, Jackson!» la voce di Alyx riecheggiò per tutto il corridoio, facendo affacciare alcuni ragazzi degli altri dormitori. Nonostante il linguaggio scurrile, la ragazza era famosa per essere una delle Bunnies, ma la cosa che J.J. non riusciva a comprendere era come riuscisse ad essere attraente agli occhi degli altri maschi.
«Abbassa la voce mezza femmina! Qui è il mio territorio e vedi di…!» non fece in tempo a finire la frase ed aprire la porta, che Alyx lo prese per l'orecchio e lo trascinò fino al letto dove Lexie era ancora abbracciata a Matthew. Sembravano cosi intimi, quasi come se fossero fidanzati e innamorati uno dell'altro cosa che non passò inosservata agli occhi di Alyx. «E voi che diavolo state facendo?»
«Alyx chiudi il becco e lascia l'orecchio di J.J. prima che glielo stacchi» bofonchiò Lexie per poi alzarsi e sedersi accanto a Matthew, che era rimasto in silenzio fino a quel momento: «Mi sento peggio di quando sono ubriaco marcio. Posso avere qualche spiegazione adesso?»
«Ancora non te l'ha detto?» fece Alyx sorpresa da tutta quella indifferenza verso quel ragazzo dagli occhi meravigliosi. «In poche parole, Amy al secondo anno stava per essere violentata, ma Lexie e questo brutto finocchio» indicò il ragazzo accanto a se e poi riprese: «l'hanno salvata e hanno testimoniato, diciamo non il vero. Quel depravato è andato in prigione ma ora, non so per quale motivo è uscito. Quindi penso che la qui presente ragazza abbia paura di uscire per questo motivo» spiegò la rossa, lasciando in pace l'orecchio di J.J. e buttandosi addosso a Matthew senza preoccuparsi minimamente di Lexie che stava al suo fianco.
«Alyx alza il culo dal letto e chiudi la bocca. Chi t'ha detto che potevi parlare di questa cosa?» chiese Lexie severa, riservandogli un occhiataccia.
«Siamo permalose oggi?»
«Alyx stai zitta per una buona volta! La Ruthford vi ha richiamato e se non siete da lei entro dieci minuti sarete immediatamente espulsi. Ha già preparato le carte» annunciò Amy entrando nella stanza. A piccoli passi si avvicinò a Lexie e la abbracciò stretta a sé, quasi fossero state separate per diversi anni.
«Pensare che io sono la sorella e non mi ha mai abbracciato in quel modo!» sbuffò Alyx, mettendo il broncio.
«Risolveremo tutto anche questa volta» sussurrò Amy all’orecchio di Lexie.
 
 
Le stelle popolavano il cielo, manifestando la loro bellezza agli occhi di chi si fermava a contemplarlo.
La moto di Matthew emetteva il medesimo rumore, la potenza del motore e l'abilità del guidatore era la soluzione perfetta per essere un campione e quella sera, per la quarta volta consecutiva, lui sarebbe stato il vincitore, e lo sarebbe stato fino alla fine o almeno era quello che lui continuava a credere.
«L'Angioletto con le corna che fine ha fatto? L'ultima volta l'ho vista in tua compagnia fuori città» fece Scott, avvicinandosi ulteriormente alla moto di Matthew.
Scott era sempre stato un ragazzo sveglio: non correva per la paura di morire, ma questo non significava che non guadagnava dalle scommesse che venivano fatte. Affermava spesso che il colore dei suoi capelli, verde fosforescente, attirava l'attenzione e la simpatia, di conseguenza soldi per le scommesse. «Sono giorni che non la vedo, l'incidente con la moto le deve essere costato un occhio della testa» continuò lui, l'unico che non sarebbe mai passato inosservato nel cuore della notte.
«Costato? Non sei stato tu a dirmi che vinceva spesso prima del mio arrivo? Che cosa ne fa di tutto quel denaro?» chiese a quel punto Matthew, curioso e sorpreso dall’affermazione di Scott. Non né poteva più di tutti quei segreti; sempre all'oscuro di tutti quelli che lo circondano.
«Ecco io-io» balbettò Scott, diventando rosso in viso e incapace di pensare ad una sicura via di fuga che gli avrebbe concesso la libertà senza rivelare i segreti dell'Angioletto.
«Quando imparerai a tirarti fuori dai guai in cui ti cacci?» chiese una voce femminile conosciuta ad entrambi; un suono delicato che era in grado di conquistare chiunque lo udisse.
«Avevo detto io: se parli del diavolo questo poi compare» esclamò Scott sbuffando, scocciato ma al contempo felice di essere stato salvato dalla domanda di Matthew.
Angey si guardò intorno, osservando il panorama che la circondava, spaventata da qualcosa che si nascondeva nel buio, qualcosa di invisibile. Il vento che tirava per le vie oscure si innalzava e con esso anche i capelli rossi di Angey.
«Matthew» sussurrò lei, arricciando le labbra e sorridendo seducente. «Quanto tempo» si morse il labbro inferiore mostrando una ragazza seducente e sicura di sé.
Matthew rimase senza parole davanti a lei, soprattutto per il suo abbigliamento che consisteva in un paio di pantaloni neri, attillati e strappati in diversi punti, accompagnati da un bianco e un giubbetto che a malapena le arrivava all'ombelico, ai piedi invece, calzava dei tacchi che rendeva la sua figura più alta e slanciata. I capelli rossi erano raccolti in una treccia e le labbra, seducenti e provocanti, erano dipinte con il rossetto rosso.
«Dove sei stata in tutti questi giorni?» chiese Matthew, ancora ammaliato dal potere che Angey riusciva a scaturire.
«In giro» fece lei vaga con un alzata di spalle. Spense il motore del suo veicolo e scese silenziosamente. Da una busta tirò fuori delle converse e sorridendo le indossò, nascondendo i tacchi in una borsa.
«Questa è la quota per la partecipazione, sempre la stessa no?» gli mise nelle mani un rotolo di soldi e sorrise.
«Si, ma da dove arriva questa meraviglia?» chiese Scott stupito, riferendosi alla moto bianca parcheggiata dietro di lei. Angey si guardò intorno e poi di nuovo osservò il panorama che la circondava. L'ennesima domanda di Scott non ebbe nessuna risposta se non un'alzata di spalle.
«Chi ti sta seguendo?» fu Matthew ad attirare l'attenzione di Angey che lo guardò smarrita. «Continui a guardarti intorno. Hai paura di qualcosa?»
«Non ho paura. Scott, questa busta dovrebbe essere ricapitolata ad Amelia. Te ne puoi occupare tu, per favore?» gli passò una busta bianca e sorrise dolce, consapevole che lui avrebbe accettato.
«Non ci pensare minimamente! Questo mese non hai mai partecipato a nessuna gara» disse lui non appena esaminò il contenuto di quella busta e fece per restituirla. «Conosci Amelia e sono sicuro che anche lei è informata delle tue corse. Lei non li accetterà mai e poi mai».
Angey fece roteare gli occhi e sbuffò scocciata:  «Perché dovete sempre protestare e fare tutte queste storie? Dille di controllare la targa che trova scritta su una delle banconote in fondo alla busta» e annunciando ciò si rimise seduta in sella alla moto e andò a posizionarsi sulla linea di partenza che alla fine avrebbe stabilito il vincitore di quella sera.
 
L’alba arrivò in fretta così come la sua prima sconfitta.
Matthew White aveva perso quella sera, ma non aveva nulla da ridire quella mattinata. Voleva soltanto entrare nella sua stanza e chiudere gli occhi prima che la sveglia cominciasse a suonare e la sua punizione iniziasse.
Aveva quasi raggiunto la sua stanza quando una voce a lui conosciuta lo distrasse dai suoi pensieri. Lexie era seduta in un angolo, nascosta agli occhi indiscreti e piangeva in silenzio, o almeno era quello che cercava di fare.
Matthew rimase lì impalato per almeno una ventina di minuti, in silenzio, ad ascoltare il pianto della ragazza che continuava ad essere un mistero per lui. Non la comprendeva, ma cercava di conoscerla meglio con ogni nuova occasione che gli si presentasse.
«Si, buongiorno. Vorrei parlare con Sebastian Blackett. Gli dica che sono sua figlia, Angel Blackett» disse Lexie sottovoce, quasi avesse paura di farsi sentire. «Padre, sì sono io» un piccolo singhiozzo le scappò dalle labbra. «No, non è nulla, ma volevo chiederti se potevo iniziare quel progetto che mi hai assegnato. Non voglio più restare chiusa qui dentro» diede voce ai suoi pensieri.
«Cosa? No!» fece Matthew uscendo allo scoperto dal suo nascondiglio, ma quando posò gli occhi sulla ragazza che gli stava di fronte, rimase sconvolto.

   
 
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