Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: alpha_omega    23/05/2014    1 recensioni
Spinoff sulla battaglia di Trost dal punto di vista di Annie.
Come credo che sia entrata in possesso dell'attrezzatura di Marco
ATTENZIONE spoiler per chi ha visto soltanto l'anime o non ha ancora letto il volume dieci
Genere: Drammatico, Guerra, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Annie Leonhardt, Marco Bodt
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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Annie era nella confusione più totale: non poteva credere che anche Eren avesse i suoi stessi poteri; eppure era là, a poche centinaia di metri da lei, mentre sollevava l’enorme masso tra fumo e polvere e gli incitamenti dei soldati, un passo alla volta per chiudere ciò che  loro tre avevano guadagnato con estrema fatica.
Scosse la testa, confusa: l’intero piano andava cambiato drasticamente, ne avrebbe dovuto parlare con Reiner e Berthorldt, in futuro. Magari nella confusione generale avrebbe potuto provare ad avvicinarli.
Si guardò intorno, il distretto di Trost, era ridotto praticamente in macerie, non c’era un angolo che non era stato vittima della ferocia dei Titani, persino l’edificio in cui si trovava lei era ridotto a poco meno di uno scheletro che si reggeva a stento sulle fondamenta.
Un urlo alla sua destra. Il suo caposquadra era stato colpito da un tre metri, sbucato dal nulla.
-No!-
Una sua compagna correva all’impazzata verso il titano, la lama sguainata dove il sangue non era ancora evaporato del tutto, era palese che avevano perso l’affilatura.
Non ha altre lame. Riflettè. Non ce la farà mai a ucciderlo.
In un altro contesto avrebbe lasciato che quella pazza andasse al macero da sola, insieme al suo caro capitano, ma c’erano testimoni, fin troppi.
-Al diavolo!- bisbigliò. Prese una nuova lama dall’attrezzatura, era l’ultima in buono stato che le era rimasta, e sganciò il cavo del movimento tridimensionale, che andò a conficcarsi a pochi centimetri dall’obbiettivo. Spiccò un salto e si preparò a colpire; già sentiva la sensazione della carne che si squarciava sotto la lama.
Come in un incubo a rallentatore vide il gigante girarsi verso di lei. Un sorriso ebete sul volto sporco di sangue.
Sentì il proprio sangue gelare, il proprio cuore battere a mille.
Non era per il corpo ormai maciullato del capitano che pendeva a brandelli dalla sua bocca, né tanto per la ragazza in lacrime che tentava di trapassare la carne del mostro con  un’arma ormai inutile.
Fissava la mano.
Aveva afferrato il cavo.
No. Fu tutto quello che riuscì a pensare prima di cadere a terra, intontita. Aveva sbattuto forte la testa. Non sentiva nient’altro che il pulsare della tempia e una sensazione di bagnato sul collo.
La sensazione di venire trascinata durò quelli che le sembrarono instanti. Poi il dolore, il terrore di essere finita dentro una pressa enorme. Urlò con tutto il fiato che aveva in gola mentre sentiva la propria gamba venire tranciata di netto.
Ma oltre alla paura c’era un altro sentimento che lottava disperatamente per emergere.
Non voglio che finisca così.
Con una forza che non sospettava di avere afferrò la spada con due mani e tagliò in due il cavo. Poi con le ultime forze rimaste sganciò l’altro, che si conficcò a parecchi metri da loro.
Premette il tasto per il riavvolgimento proprio nel momento in cui le portava via anche l’altra gamba.
E poi si tirò via, lontano dal pericolo, mentre sentiva tutto il suo corpo urlare. Sfondò la finestra di un’abitazione e piombò a peso morto sul pavimento, tra i cocci di vetro e il proprio sangue che già iniziava a evaporare.
Sentì il formicolio che precedeva la guarigione farsi strada nei moncherini che avevano preso il posto delle gambe. E si trascinò nell’angolo più nascosto che riuscì a trovare.
Poi, semplicemente si addormentò.
Fu svegliata qualche ora dopo dal cigolio della porta al piano di sotto: provò a rialzarsi, ma  le gambe erano ricresciute solo per metà.
Merda.
Arrancò sulle ginocchia verso la finestra; ma dove poteva andare? Fuori c’erano ancora i Titani, e lei non era minimamente in grado di affrontarli in quelle condizioni.
Ti prego non salire, ti prego, non…
I passi dello sconosciuto si fecero più vicini –C’è nessuno?- la voce di un ragazzo. Lo conosceva.
Stava salendo le scale –ho visto la finestra rotta e sono venuto a controllare- altri passi che salivano le scale. Poi il volto di Marco Bodt le apparve davanti, sembrava pallido e smagrito mentre la guardava sconvolto.
-Annie, le tue gambe…mi dispiace, io-
Poi notò il vapore, la carne che millimetro per millimetro ricresceva inesorabilmente.
Sulla faccia del ragazzo passarono varie emozioni, prima di diventare di puro terrore. Portò una mano al fodero delle armi: -Chi sei veramente, Annie?- sussurrò.
Impiegò le proprie energie mentali per completare la guarigione, mentre parava un fendente del ragazzo, la lasciarono spossata, ma almeno poteva reggersi in piedi.
Con una mossa fulminea disarmò il soldato e lo fece cadere a terra con uno sgambetto.
Si guardarono negli occhi, la paura di lui si era mutata in rabbia, mentre capiva tutto –Come hai potuto? Annie come hai potuto…
Gli puntò la lama alla gola, preparandosi a colpire.
Mi dispiace Marco.
 

 
  
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