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Autore: Walpurgisnacht    25/05/2014    0 recensioni
A quanto pare le rivoluzioni cinesi non bastano mai, da queste parti.
[Raccolta contenente missing moments legati a Secret of the Heart Split in Two e Two-Part Secret Heart, di Kaos e Mana Sputachu]
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Secretception!'
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7. N for Vendetta


“...And you, you better run because I'm going to destroy you for what you've taken from me.”
 
Samantha Young - Blood Will Tell




Ranma e Akane stavano tornando a casa dopo l'ennesima, noiosa, insulsa giornata di scuola.

Camminavano affiancati. Più o meno. Nel senso che lui stava sulla solita rete mentre lei stava, come ogni persona normale, sul marciapiede. Ma fianco a fianco, eh. Nonostante qualche discussione in merito, e un paio di volte si era seriamente rischiato di scalare oltre il dovuto, i due avevano raggiunto una sorta d'accordo e Ranma era libero di camminare un po' dove cavolo gli pareva. Come contropartita, però, Akane aveva strappato una promessa fumosa, del tipo "mi darai qualcosa di pari valore più in là, mascalzone". E aveva una mezza idea di quando e come riscuotere.

Lei stava proprio ripensando a questa cosa. Non poté trattenere un brivido alla consapevolezza che questo era il tipo di discorso che di solito faceva quell'adorabile personcina di sua sorella Nabiki. Almeno lei, al contrario della parente, non stava lì a sfregarsi le mani attendendo il momento di azzannare la preda per portarsi via e mangiarsi un pezzo di intestino. Forse.

O almeno non con la stessa ferocia. Forse.

D'altronde l'idea che le frullava in testa era audace, pericolosa e potenzialmente portatrice di un maremoto. Era meglio andarci coi piedi di piombo, almeno per un po'.

"Ehi Ranma..." si trovò a dire meccanicamente ad alta voce senza un motivo preciso. Aveva solo voglia di sentirlo.

Ma non poté finire la frase perché si sentì afferrata e trascinata da qualche parte. Alzando la testa si calmò un pochino, visto che era stato proprio lui a prenderla e a portarla al riparo in un vicolo laterale.

"C-cavolo succede? C'è qualche problema?" chiese, un poco tesa.

"No, non esattamente" rispose lui cercando di calmarla "Però ho preferito nasconderci". Poi fece fare capolino alla sua testa sulla strada che sino a pochi secondi prima stavano attraversando.

"E perché?".

"Perché ho intravisto tua sorella Nabiki muoversi con circospezione per la via e il mio campanello d'allarme interno ha preso a suonare all'impazzata".

Akane rise: "Feh. Ti starai mica rammollendo, Saotome?".

Lui la guardò un po' duro: "Ti ricordi la storia sul mio mirabolante intuito?".

"Ovvio. Continui a martellarla, come un disco rotto".

"Bene. Il suddetto intuito mi dice che Nabiki ha per le mani qualcosa di grosso. A mia memoria non si è mai mossa cercando di mimetizzarsi ai muri, mi sbaglio?".

"No, devo dire di no. Non è da lei" concesse Akane.

"Ecco. E visto che io ho ancora un conto in sospeso con lei per la faccenda delle gabbie...".(*)

"Meschina vendetta, Ranma? Il tuo onore di artista di arti marziali dov'è finito? Non mi starai diventando come tuo padre, spero".

"Non osare insultarmi così" disse, più serio di quanto lei avrebbe creduto. Si rese conto di aver un poco esagerato, quindi si ammorbidì quando riprese: "E poi si tratta solo di trovare un punto debole nella corazza della Cannibale e colpire con la giusta forza".

"Va bene. Ma questo non spiega perché mi hai trascinata qui".

"Semplice. Ti va di pedinarla un po'?".

“Per quanto l’idea sia allettante, ti ricordo che abbiamo parecchi compiti da fare” rispose lei, allontanandosi di qualche passo e dando una sistemata alla gonna “e no, non guardarmi con gli occhioni da cucciolo: non te li farò copiare quando torni.”
Ranma si limitò a grugnire e mettere il broncio; Akane rise: “Quindi, se vuoi spiare Nabiki, lascio a te l’onore. In fondo sei tu che vuoi vendicarti di lei, mica io!” concluse, dando un bacetto sul naso già rosso d’imbarazzo del fidanzato, per poi trotterellare verso casa.

Ranma non le urlò di rimanere con lui o di aspettarlo, la voglia di inseguire quella sadica di Nabiki era tanta.

E poi Akane aveva ragione: non era lei che aveva un conto in sospeso con la mediana delle Tendo.

Ma c’era un’altra persona che invece aspettava questo momento.

Fischiettando, si diresse verso l’Ucchan.


“Sei in anticipo Ranchan, non ho nemmeno aperto il locale!”

Ranma ridacchiò, andando incontro ad Ukyo e Ryoga; la ragazza aveva preso l’abitudine di aspettare che l’eterno disperso finisse il suo turno al cantiere vicino al Furinkan, dove lavorava, per poi tornare a casa assieme - che per quanto romantico era solo una maniera semplice di non perdere Ryoga per strada.

“Ammetto che ingurgiterei volentieri una delle tue deliziose okonomiyaki, Ucchan, ma” rispose, piazzando una mano sulla spalla di Ryoga “stavolta sono qui per il tuo omaccione!”

Ryoga lo guardò perplesso, indicandosi con un dito.

“Eh? Io?”
“Non frequento altri porcellini neri all’infuori di te.”
“Me lo auguro, potrei rimanerci male.”
“Per favore, smettetela con la storia della vostra finta tresca” rabbrividì Ukyo, aprendo la porta del locale “è... inquietante!”
“Tranquilla, te lo riporto tutto intero il tuo maialino” trillò Ranma, “abbiamo solo una cosa di cui discutere!”
Ukyo lo osservò un attimo, dubbiosa; poi fece spallucce e si limitò a dirgli di riaccompagnarlo quando avessero finito, che tra un po’ avrebbe aperto il locale e lei non avrebbe avuto tempo di fiondarsi in strada a cercarlo. Poi entrò e si chiuse la porta alle spalle.

“Bene, ora vuoi dirmi di cosa dobbiamo parlare?”
“Nabiki.”
Ryoga si irrigidì appena sentendo quel nome: il ricordo dell’asta era ancora fin troppo vivido.

“Cos’ha fatto stavolta?”
“Non lo so ancora, ma poco fa l’ho vista aggirarsi per strada con fare circospetto.”
“E allora? Magari stava andando a riscuotere da qualche povero disgraziato.”

“Comportandosi come una fuggitiva? Nah. Credo che abbia in ballo qualcosa di grosso...”
“E...?”
“...e noi abbiamo una vendetta da mettere in atto, ricordi?”
Ryoga sorrise, mostrando i canini. Quel sorriso da iena che avrebbe fatto rabbrividire chiunque - persino Ukyo, ma per ragioni diverse.

“E chi se lo scorda.”


“Ranma, sei un idiota.”
“Taci.”
“No che non sto zitto! Avevi già perso di vista Nabiki prima di venire a cercarmi, come pretendi di ritrovarla adesso?!” ringhiò Ryoga, esasperato.

“Senti, io e Akane eravamo qui quando l’abbiamo vista!”
“È passata mezz’ora, si sarà spostata, ti pare?”

Ranma stava per rispondere qualcosa, quando vide Nabiki svoltare l’angolo.

"Che botta di culo" disse giocondo afferrando Ryoga per il polso e trascinandoselo dietro. Dirgli di seguirlo sarebbe normalmente stato meglio nel caso di una persona con un senso dell'orientamento un minimo decente, ma dato che si parlava della Bussola Inumana Hibiki era davvero consigliabile far finta che fosse un bimbo di due anni.

"Cosa c'è? Hai visto un ometto che vendeva acqua di Jusenkyo?" chiese l'altro, ironico.

"No. Meglio... quasi meglio. La nostra preda".

"Preda? Da quando giochi al cacciatore, Ranma?".

"Da quando devo rendere pan per focaccia a quella stronza".

"Accipigna. Hai veramente a cuore questa vendetta".

"Più di quanto ti possa immaginare, maiale. E ora buonino che altrimenti si accorge di noi. Anzi, fai una bella cosa: sali sul tetto e non perderla di vista. Io la pedino con l'Umisenken".

Ryoga lo guardò strabuzzando gli occhi. Si era rincretinito o cosa?

"Ranma, mi stai chiedendo di seguire una persona... da solo? Sai che tempo un minuto e comincerò a saltellare come una scimmietta impazzita, vero?".

"Madò Ryoga, devi solo non perderla di vista. Persino tu ce la puoi fare, dai. O sei davvero tanto impedito? Su su, vai e non farci perdere tempo che se ne sta andando".

"Va bene, va bene. Ma poi non lamentarti quando dovrai venire a recuperarmi a Sapporo. Perché verrai a recuperarmi a Sapporo, non ho intenzione di piantare in asso Ukyo a causa del tuo sgangherato piano. E fra l'altro, come vorresti vendicarti esattamente?".

"E che ne so? Dico solo che un atteggiamento tanto guardingo non è proprio tipico di Nabiki e se si comporta così l'unica spiegazione che ci trovo è che ha qualcosa da nascondere. Smamma ora, su. Se ne sta andando!".

Ryoga non gli rispose, in fondo aveva ragione nel predicare rapidità. E sotto sotto neanche lui voleva farsi scappare l'occasione di far ingoiare un po' di veleno a quella vipera mascherata da essere umano. L'asta al Furinkan era stato il suo peggior incubo per lunghe notti e non intendeva farsi sfuggire la possibilità, per quanto remota, di fargliela pagare. Pertanto si limitò a zompare sul tetto più vicino.

In quanto a Ranma celò la sua presenza. Quel nerd del vostro autore si permetterà di dire che ciò gli conferiva la capacità di nascondersi in piena vista, esattamente come l'omonimo talento di D&D. Quindi non prese precauzioni ulteriori e cominciò a seguirla, potendosi permettere addirittura di avvicinarsi un po' a lei senza timore che lo scorgesse. Ebbe un mezzo colpo quando si fermò e sembrò annusare l'aria come un segugio, come se percepisse qualcosa di strano o fuori posto.

Diavolo Nabiki, sei inumana. Per questo sarà ancora più gustoso metterti nel sacco.

La ragazza si guardò attorno ancora per qualche istante, poi fece spallucce e riprese a camminare. Ranma e Ryoga la seguirono per un pezzo, e in quel lasso di tempo tutto ciò che ottennero fu uno spaccato di vita di Nabiki Tendo: riscosse diversi pagamenti da alcuni studenti del Furinkan - e non, e col ricavato andò a sviluppare delle fotografie di Ranmachan seminuda che andò poi a rivendere ad alcuni compagni di classe - cosa che per un attimo fece quasi saltare la copertura di Ranma, tenuto a bada solo da Ryoga che a fatica calmò i (giustificati) istinti omicidi dell’amico. Finito il suo giro d’affari Nabiki si fermò in una gelateria a concedersi uno spuntino, per poi fare tappa in un negozio di biancheria intima dove... beh, i nostri eroi non osarono seguirla lì dentro. Si limitarono ad attendere che finisse i suoi acquisti, poi ripresero il pedinamento. Quando la videro entrare nel giardino di casa Kuno erano sul punto di gettare la spugna.

“Seguiamo Nabiki, hai detto! Sarà divertente, hai detto!” borbottò Ryoga, che si stava chiaramente pentendo di aver dato retta a Ranma; il quale gli diede una gomitata e sbuffò a sua volta: “Io non ho detto che sarebbe stato divertente, ma che avremmo avuto l’opportunità di vendicarci!”
“Io ho visto solo come si guadagna da vivere quell’arpia, e lasciami dire che ha un futuro roseo come capo yakuza!”

“Sì, in famiglia glielo ripetiamo spesso.”
“E comunque sarebbe il caso di andarcene, il giardino di casa Kuno mi inquieta!” pigolò l’eterno disperso, guardandosi attorno nel timore che qualche strana trappola scattasse, o che facesse la sua comparsa Verdolino - il coccodrillo domestico di Kodachi di cui Ranma gli aveva raccontato più volte...

“Se stiamo attenti e tu la smetti di urlare come una bertuccia non succederà niente!” rispose l’altro, impegnato a sbirciare attraverso le varie finestre, ma sembrava tutto tranquillo.

“Dannazione” sospirò, “forse è solo venuta a vendergli le foto che ha sviluppato prima...”

“Un po’ poco per organizzare una vendetta” rispose Ryoga, dando una pacca sulla spalla a Ranma.

Stavano per tornare sui loro passi e andarsene, quando...

“Sei proprio un bricconcello, Tatchi.”
I due si scambiarono un’occhiata stralunata.

“Quella era...”
“...Nabiki.”
“E Tatchi è...”
“...il senpai Kuno.”
No. Impossibile.

Impossibile la ceppa. Alle loro orecchie arrivarono altre frasi... inusuali, per carenza di un termine migliore. A dire il vero a Ranma qualche sostituto balenò per la testa, ma temeva di imbarazzare troppo Ryoga. Come se lui stesso non si imbarazzasse solo a pensarle, quelle cose.

Da dove veniva la sua voce?

Dobbiamo trovarla. Dobbiamo.

Si misero a perlustrare ogni centimetro cubo della dimora, aprendo ogni porta e spiando dentro ogni finestra. Chiaramente si presero un sacco di rischi fra alligatori, Kodachi e quant'altro. Più che una casa quella sembrava un gigantesco campo minato.

"Ascolta" disse a un certo punto l'uomomaialino "perché non facciamo una cosa furba e non torniamo la prossima volta, magari meglio attrezzati?".

"Prossima volta? Potrebbe non esserci una prossima volta" rispose Ranma, sussurrando furibondo. Sentiva l'occasione d'oro che gli stava pian piano scivolando fra le dita e non era disposto a permetterglielo.

"Ragiona. Se Kuno e Nabiki s-s-stanno... p-p-per..." balbettò Ryoga, sopraffatto dal rossore.

"Sì, ho capito cosa intendi, vai avanti" tagliò corto Ranma, imponendosi di ignorare le sue stesse guance che assomigliavano a due pomodori.

"Ok. Se è... quella cosa lì, o anche solo qualcosa che ci assomiglia, credi che Nabiki si accontenterebbe di una volta sola? Io non penso".

"Perché dici così?".

"Oh santo dio, ma rifletti ogni tanto. Presupponendo che... abbia ragione, secondo te dov'è che Nabiki rimedia un altro tizio tonto, ricattabile e danaroso come Kuno? Inoltre, e sia chiaro che questo è un puro giudizio estetico, non è che il vostro senpai sia un così brutto ragazzo... diciamo che io, fossi in lei, lo terrei quantomeno sott'occhio. E poi, onestamente: per quanto le piaccia passare per priva di ogni impulso... animale, anche Nabiki Tendo dovrà pur sfogarsi in qualche modo ogni tanto".

Va bene. Quand'è che il mio amico peloso è stato posseduto? O quando gli si è sostituita una persona intelligente? Perché quel che ha detto ha incredibilmente senso. Pure tanto.

Ovviamente non gli diede la soddisfazione di dirlo ad alta voce, manco morto. Si trovò, però, a chiedergli cosa suggeriva di fare se la sua intuizione fosse stata corretta.

"B-beh, potremmo... non so, potremmo seguirla in un'altra occasione dopo esserci preparati meglio. Portarci dietro una macchina fotografica, per esempio. O ancora meglio una videocamera".

"Mi stai dicendo che dovremmo combattere il fuoco con il fuoco?".

"Era un'idea...".

"Mi piace quel che dici. Si può fare, sì. Bisogna solo sperare che la tua ipotesi regga".

"Già...".

Si risolsero ad andarsene con le mani vuote, pur consapevoli che qualcosa di potenzialmente interessante era saltato fuori.

La prossima volta te lo facciamo il salasso, Nabiki. Non preoccuparti e attendici paziente vicino la riva del fiume.

“Dimenticavo: non diciamo nulla ad Ukyo e Akane, per ora” aggiunse Ranma davanti alla porta dell’Ucchan, prima di andar via.

“Uh? E perché mai?”
“Per sicurezza, sia mai che Nabiki se la prenda anche con loro, nel caso avessimo ragione” sussurrò Ranma, “e poi l’hai detto anche tu che non siamo ancora sicuri di cos’abbiamo per le mani.”

Ryoga annuì e si voltò, un piede già dentro al locale.

“Certo che... sarà difficile non spifferare niente ad Ukyo. Una notizia del genere...” aggiunse Ryoga, serio.

“Oh, non dirlo a me maialetto...”
Detto questo le due portinaie si salutarono.

A casa Ranma ebbe non poche difficoltà a rimanere impassibile, sia per la voglia di spifferare tutto ad Akane, sia perché si agitava ogni volta che incrociava Nabiki: impedire al suo cervello di formulare scene vietate ai minori che coinvolgessero la ragazza e Kuno era impossibile, e più volte aveva rischiato di farsi scoprire.

“Va tutto bene Ranma?”
Ranma sussultò.

“Tu-tutto ok Nabiki.”
“Sicuro? Non hai ancora toccato cibo... e di solito ti ingozzi da far schifo senza nemmeno masticare. Sicuro di star bene?”

Ranma ebbe un principio d’infarto.

“B-benissimo, vo-volevo solo... mangiare... con più... calma, chemalecè?” pigolò.

“Mangiare con calma?” inarcò un sopracciglio Nabiki, che chiaramente non era del tutto convinta. “Non è da te una cosa del genere... stai forse nascondendo qualcosa?”
Ranma sentì chiaramente la Morte poggiargli la mano scheletrica sulla spalla, in attesa di appropriarsi della sua anima.

“Nabiki, lascia stare Ranma-kun! Devi infastidirlo anche a cena?”
Per sua fortuna l’angelo di casa Tendo lo soccorse appena in tempo, salvandolo dalle grinfie del Tristo Mietitore.

“Che esagerata che sei, Kasumi, stavamo solo chiacchierando!”
Ranma avrebbe voluto specificare che la sua idea di chiacchierata era un pelo diversa dalla Santa Inquisizione, ma era già andato abbastanza vicino al collasso per quella sera. Si limitò a ringraziare Kasumi e finì di cenare, per poi sfogare la tensione in palestra. Lì riuscì a dribblare con maestria il secondo interrogatorio, ma trattandosi di Akane ebbe meno problemi.

Poco prima di addormentarsi prese un po’ di appunti per il giorno dopo.

Intanto, quel mancato infarto sarebbe finito nella lista della vendetta.

Secondo, l’indomani sarebbe andato a comprare una macchina fotografica: grazie alle lezioni che dava ai bambini al dojo, aveva messo abbastanza soldi da parte da potersene permettere una. Avrebbe preferito una videocamera, ma probabilmente non sarebbero bastati - e prendere quella di Nabiki era fuori discussione. Inoltre quei soldi avrebbe preferito spenderli per le vacanze, magari lui e Akane da soli...

Ecco Nabiki. Ti farò scontare anche questa.

Borbottando, si addormentò fantasticando sui suoi terribili piani di vendetta.


Passarono tre giorni, e arrivò finalmente il week-end.

E quale modo migliore di passare il fine settimana se non pedinando Nabiki Tendo?

“In realtà ce ne sarebbero molti altri...”
“Oh zitto Ryoga. Vuoi vendicarti anche tu, mi pare. Ma se vuoi fargliela passare liscia basta dirlo...”

Ryoga ringhiò, e prese la macchina fotografica dalle mani di Ranma, studiandola: “Non ho rinunciato, idiota. Non esiste che quella la passi liscia...”
“Ok ok, ma non prendertela con la mia macchinetta, che mi è costata un capitale!” rispose Ranma, riappropriandosene.

“Allora sentiamo, qual è il tuo mirabolante piano?”
“Semplice: Nabiki è uscita venti minuti fa dicendo che sarebbe stata fuori tutto il giorno, rincasando probabilmente per cena. Se la sua lista di cose da fare è simile a quella dell’altra volta noi non dobbiamo far altro che attenderla direttamente a casa Kuno e poi... aspettare.”

“E dimmi Sherlock dei poveretti, come facciamo ad aspettarla lì tranquilli, se in quel giardino ci sono più trappole mortali che aiuole?”
Ranma non rispose, mostrandogli invece un pacchetto.

“Nikuman? Proponi di passarci il tempo facendo un picnic tra coccodrilli ammaestrati e rose paralizzanti?”
“No idiota. Questi nikuman vengono dal Neko Hanten, una... ricetta speciale di Shan-Pu.”
Ryoga strabuzzò gli occhi, e capì.

“Ti sei fatto preparare apposta nikuman esplosivi?!”
“Soporiferi in realtà, quelli esplosivi ci avrebbero fatti scoprire. Sai com’è, mi doveva qualche favore dai tempi in cui andava avanti la storia delle fidanzate... ho pensato potessero tornarci utili in caso Sasuke o Verdolino, o persino Kodachi decidessero di farci compagnia in attesa dell’arrivo di Nabiki.”
“Non male Saotome, non male.”

“Grazie maialino” rispose Ranma mettendo via i nikuman, “e ora andiamo.”

Si avviarono, baldanzosi e carichi come molle.

Ce l'avrebbero fatta. Avrebbero scattato delle foto compromettenti di Nabiki e Kuno mentre... nel migliore dei casi mentre si sbaciucchiavano, nel peggiore... beh, sottintendiamo che questo non è un porno.

Il contenuto delle frasi che entrambi avevano sentito non dava adito al minimo dubbio: Nabiki Tendo se la spassava con Tatewaki Kuno. Qualunque fosse il modo.

Poi ti voglio vedere, faina. Voglio vedere come ti atteggerai a regina del mondo quando la tua vergogna sarà sparsa ai quattro angoli di Nerima e nessuno riuscirà più a prenderti sul serio. Voglio proprio vedere come farai.

Ranma, completamente perso in questi deliri di onnipotenza, dovette farsi scuotere da Ryoga per trovare la strada giusta. E per gradire si prese anche una sberla sulla nuca, giusto per farlo tornare con i piedi per terra.

Finalmente furono davanti al loro obiettivo: il cancello di villa Kuno.

"Sei pronto, Ryoga? Non ti tirerai indietro all'ultimo momento?" chiese Ranma in tono di sfida, tanto per provocare l'amico. Anche per assicurarsi che comunque volesse andare fino in fondo, che dato l'elemento non si sapeva mica mai.

"Pronto, Ranma. Pronto. Non vedo l'ora di far mangiare a Nabiki qualcuna delle tonnellate di foto che svilupperemo".

"Guarda che non serve".

"È un gesto simbolico, imbecille".

"Ah, vabbè...".

Salsa per gli okonomiyaki, ecco cosa aveva in testa Ranma. Tanta e densa salsa per gli okonomiyaki.

Scavalcarono con agilità e si acquattarono in un angolo subito vicino all'ingresso, attendendo. Non aveva senso rischiare di farsi beccare prima del tempo.

Si sentirono molto fortunati quando si accorsero che erano già passate due ore e non c'era stato un solo intoppo: niente ginnaste psicotiche, niente ninja in miniatura, niente animaletti troppo cresciuti. Anzi, regnava una gran pace. Ryoga rischiò persino di addormentarsi e Ranma non mancò di essere felice per potergli restituire lo scappellotto.

"Sveglia maialino, sveglia! Non mollarmi sul più bello!".

"Eh? Uh? È già mattina, Ukyo? Posso avere il solito bacio di buongiorno?".

Il codinato rischiò di mandare a monte la loro copertura scoppiando a ridere come un ossesso.

Il... bacino del buongiorno. Chettenero.

"Te lo potrei dare" bisbigliò fra le risatine "ma non credo di assomigliare abbastanza a Ucchan...".

Per fortuna qualcosa di più pressante lo distrasse e lo ricondusse sulla strada della giusta vendetta che lui e Ryoga pregustavano da tempo.

Suonò il campanello e, invece di Sasuke, fu un Kuno estremamente guardingo ad avviarsi per aprire.

Quando lo fece...

"Ciao Tatchi" miagolò Nabiki dandogli un bacio sulla guancia.

Il flash rischiò di farli beccare.

“Cos’è stato?” disse Kuno, guardandosi attorno con circospezione.

“Non preoccupartene, siamo soli” rispose Nabiki, spingendolo dentro casa, “perché non andiamo a dedicarci ai nostri... affari?”
E Ranma e Ryoga li videro sparire dentro casa.

I due si guardarono, sconvolti e su di giri al tempo stesso.

“Kami, allora è vero...”
“Nabiki Tendo se la spassa con Tatewaki Kuno. Con Kuno, capisci!”

“Ma non si odiavano, poi?”
“Chi disprezza compra, mio caro, dovresti saperne qualcosa” rispose Ranma, riferendosi a tutte le volte in cui lui e Ukyo se ne erano dette di ogni dopo essersi alleati per separare lui e Akane. “E poi l’hai detto tu stesso, Kuno non è da buttare e ha soldi a palate... immagino che per una come Nabiki sia l’uomo perfetto.”
Ryoga annuì, per quel che sapeva di quella vipera col caschetto non gli sembrava proprio capace di provare sentimenti umani.

“Comunque ora abbiamo un problema” aggiunse, facendo capolino dal cespuglio in cui si erano nascosti, “come entriamo in casa? Se hanno trappole in giardino, figurati cosa ci sarà lì dentro...”
Ranma gemette, ricordando con orrore tutte le volte che si era ritrovato tra quei corridoi per colpa di Kodachi. Si allontanò un po’ per guardare meglio le finestre.

“Immagino che la stanza di Kuno sia al secondo piano” disse, “l’unica è arrampicarsi e sperare che una delle finestre sia aperta.”
“E se finiamo in camera di sua sorella?”
“Tu e l’ottimismo andate a braccetto, vedo.”


“La prossima volta...*anf* ricordami di bocciare qualsiasi tuo *anf* geniale piano...*anf*”

“Sta zitto maiale *anf* sei tu che hai portato sfiga *anf*”

Come volevasi dimostrare, l’unica stanza che trovarono con la finestra aperta fu quella di Kodachi: la camera sembrava vuota all’apparenza, e stavano per sgattaiolare via in tutta sicurezza quando la padrona di casa spalancò la porta, quasi avesse un sesto senso per Ranma.

“Ranma! Mio amore! Sapevo saresti venuto a trovarmi, non puoi resistere al mio fascino! Vieni qui mio amore, prendimi e fammi tua!”
Il codinato cercò di sfuggire alle grinfie della squilibrata con disperazione, mentre Ryoga osservava il tutto in un misto di divertimento e inquietudine; alla fine si decise a dare una mano all’amico, e bloccò Kodachi facendole ingoiare un nikuman soporifero a forza. Kodachi cadde a terra apperentemente addormentata; per sicurezza Ranma le infilò un altro panino in bocca, nel caso si svegliasse, e la legò per bene col suo stesso nastro.

“Ok, scappiamo prima che si svegli.”
“Kami che inquietudine quella ragazza... è suonata sul serio!”
“Non parlarmene! Muoviti dai, non vorrei che le sue urla abbiano attirato l’attenzione dei piccioncini!”

Per loro fortuna nessuno sembrava essersi accorto della loro presenza, a parte Kodachi che era ormai fuorigioco. Camminarono per un po’ attraverso i vasti corridoi di casa Kuno, evitando trappole e cercando di non perdersi.

Furono alcuni strani rumori a guidarli verso la loro meta.

“Ranma, s-secondo te cosa staranno...”
“...giocano a scacchi. Cosa vuoi che stiano facendo?!”
“M-ma non credevo che Nabiki fosse c-così...”
“Feh, si vede che non la conosci abbastanza. Delle tre Tendo è di sicuro la più smaliziata.”

“M-ma fino a questo punto...”
“Che ti devo dire, è una a cui piace godersi la vita... in tanti modi. E ora silenzio, voglio sentire.”
Incollarono le orecchie alla porta, pronti a captare ogni rumore o parola.

“Tatchi, sei proprio un bambino cattivo.”
“Nabiki Tendo, ti ho detto più volte di non rivolgerti a me con quell’odioso nomignolo.”

“E io ti ho sempre risposto che, quando siamo soli e tu sei... sottomesso, ti chiamo come mi pare. E poi non mi sembrava ti dispiacesse tanto, poco fa...”
Kuno non rispose, o se lo fece aveva sussurrato o borbottato... qualcosa impossibile da udire dietro una porta.

“E inoltre, se continui a fare il bambino cattivo” continuò lei, in un tono da gatta che ricordava parecchio la Shan-Pu dei tempi andati, “non verrò più a farti visita... e non ti porterò più video della ragazza col codino.”
Ci mancò poco che Ranma buttasse giù la porta a calci.

“Datti una calmata! Vuoi forse che ci scoprano?!” ringhiò Ryoga, tappandogli la bocca con la mano.

“Video! Mi ha fatto dei video!” disse, liberandosi dalla stretta dell’altro, “Non voglio nemmeno immaginare che roba siano!”
“Mia povera ragazza col codino!” si udì dall’interno della stanza, “Che quella povera fanciulla possa perdonarmi se la sto tradendo con una donna senza cuore! Ma ti assicuro che non c’è nulla tra me e lei se non un rapporto di puro interesse, niente paragonato al candido amore che provo per te!”

Probabilmente Kuno stava piangendo su uno dei tanti poster di Ranmachan che teneva in camera.

“Ma sì, ma sì, mica voglio l’esclusiva” ridacchiò Nabiki, “a parte sui tuoi soldi, s’intende. Sono sicurissima che la ragazza col codino capirà!”

“Invece non deve sapere! Non voglio che il suo cuore si spezzi a causa della mia debolezza!”

Nel sentire quella frase, Ranma ebbe un’idea.

"Ryoga, andiamocene".

Co... co... cosa? Andarsene? Col tesoro a pochi passi e nelle sue mani il mezzo per accapararselo?

"Ranma, ti sei bevuto il cervello con la cicuta come Sosate?".

"Come chi?".

"Era un filosofo thailandese. Ma non importa, la cosa importante è che non ti permetterò di fare una scemata del genere. Non quando possiamo rovinare Nabiki in maniera totale".

"Se farai come dico io la sua fine sarà ancora peggiore".

"Cosa ti frulla per quella testa bacata, si può sapere?".

"Seguimi e capirai".

All'eterno disperso non restò che sospirare profondamente e rassegnarsi di fronte alla testardaggine del compagno. Sapeva che non avrebbe cavato un ragno dal buco insistendo e, conoscendo se stesso e lui, avrebbero finito con il litigare. Facendosi quindi beccare con le mani nella marmellata dai due piccioncini. E sancendo il loro suicidio.

Si allontanarono di soppiatto da casa Kuno, il rullino della macchina desolatamente vuoto salvo quel solitario scatto di un bacino innocente che non significava nulla e nulla rappresentava.

"Bada che la tua trovata sia geniale come sostieni, Saotome. O questa non te la faccio passare liscia".

"Fidati di me, Hibiki".

"È proprio perché mi sto fidando che ho il terrore".


Il giorno dopo, a scuola.

Akane si grattava la testa. Era perplessa.

Ranma sembrava eccitato... e no, purtroppo non nel senso che avrebbe sperato... per qualcosa. Continuava ad osservare l'orologio, sia il suo personale sia quello della classe, come se fremesse per un momento specifico.

E a lei la curiosità saliva imperterrita.

Ad un certo punto non ce la fece più e si allungò verso di lui sussurandogli: "Ranma, tutto bene?".

Lo sguardo che le restituì la mise seriamente in soggezione. Sembrava una faccia da killer: "Oh sì, mai stato meglio".

"Tu stai escogitando qualcosa, mio bel furbastro. Posso esserne fatta partecipe?".

"Oh no, mia cara. Non ancora. Aspetta solo l'intervallo e vedrai".

"Avrà mica a che fare... con Nabiki? Con quello successo l'altro giorno?".

"Sei intuitiva".

"Come se ci volesse la scienza infusa. Che cosa stai archittettando, genio del male mancato?".

"Niente anticipazioni per il gentile pubblico".

"Bene, Saotome e Tendo. Accomodatevi fuori dall'aula, così potete discutere dei fatti vostri in santa pace senza disturbare gli altri alunni" ordinò la professoressa Ninomiya, in quel momento in forma adulta e quindi in grado di pronunciare una frase del genere con il dovuto grado di autorità.

... qualcuno mi dica perché non gli ho ancora staccato la lingua, a questo qui.

“Grazie per avermi fatta buttare fuori dalla classe” borbottò Akane una volta in corridoio, in mano il solito secchio d’acqua.

“Vedila così, poteva usare l’Happo-goen-satsu contro di te ma non l’ha fatto” rispose Ranma, che stranamente sorrideva nell’osservare il suo secchio, “e in ogni caso sei stata tu a rivolgermi la parola, mica io.”
“Noto che ci siamo alzati di buon umore, stamattina” replicò lei, piccata dalle risposte saccenti del fidanzato. C’era qualcosa sotto, ma ancora non sapeva cosa.

“Oh, non immagini quanto!” fu la risposta di Ranma, che se ne andò trotterellando lungo il corridoio.

“Aspetta! Dove stai andando?”
“Ci vediamo dopo, ho da fare!”
Akane sbuffò, chiedendosi che cosa diamine stesse tramando quel cretino.


Mio caro Kuno,

aspettami dietro la palestra della scuola. Ho qualcosa di molto importante da dirti.

Tua Ragazza con il codino.


Kuno rilesse il biglietto più e più volte, combattuto tra l’ansia e l’eccitazione.

Cos’aveva mai da dirgli, la sua amata? Oh, di sicuro voleva finalmente confessargli il suo amore! Dopo tanto tempo avrebbe finalmente coronato i suoi sogni e vissuto felice con il suo dolce angelo! La loro relazione sarebbe stata magnifica e avrebbe finalmente chiuso i ponti con quel mercenario di Nabiki Tendo!
Oh Kami del cielo... e se...

No, impossibile. Era un’ipotesi che non avrebbe mai preso in considerazione, era del tutto ridicola.

“S-senpai.”
Il suo cuore saltò un battito! Il suo angelo era finalmente arrivato!
“Mia adorata ragazza col codino!” urlò, lanciandosi addosso alla minuta ragazzina e stringendola a sé. In men che non si dica si ritrovò spalmato sul prato; com’era tenero il suo amore, si imbarazzava così facilmente da respingere le sue avances in pubblico con eccessivo ardore!
“Mia amata, sono lieto che tu abbia deciso di venire a trovarmi a scuola! A cosa devo questa tua visita?”
“Kuno noi... dobbiamo parlare.”
Quella frase lo mise sull’attenti. Era un fatto noto a tutto l’universo maschile che “dobbiamo parlare”, in gergo femminile, significava guai in vista.

“D-di cosa vuoi parlarmi, mia amata?” chiese, titubante.

La ragazzina distolse lo sguardo, imbarazzata, probabilmente cercando le parole più adatte. La osservò torturarsi la punta della treccia, in attesa di una sua parola.

“Kuno io... so tutto.”
“Tutto... cosa?”
“Di te e … Nabiki Tendo.”
Oh. Santissimi. Kami.

“Io non posso dividerti con un’altra donna” rispose lei, sfiorandogli la guancia con la mano “e se non posso averti... allora preferisco lasciarti!”
“Co-cosa? Ragazza col codino, non puoi-”
Ma lei era già sparita alla sua vista - usando la sua testa come trampolino di lancio.

L’urlo di dolore del Tuono Blu del liceo Furinkan risuonò in tutto l’istituto.


“Devo farti i miei complimenti, sei proprio una smorfiosetta senza pari. Nonché un’ottima attrice” disse Ryoga, porgendo a Ranmachan un thermos d’acqua calda.
“Grazie maialino, lo prendo come un complimento!” chiosò lei, facendogli l’occhiolino per poi versarsi addosso l’acqua calda.

“E ora che facciamo?”
“Si aspetta.”
“Cosa?”
“Che la notizia arrivi alle orecchie di Nabiki.”
“E come le arriverà?”
“Sarà Kuno stesso a dirglielo. Cosa vuoi che sia perdere la sua fonte di foto della ragazza col codino, dopo aver saputo che ha perso davvero il suo dolce angioletto?”
Ryoga rise, una risata sguaiata da iena. Il loro piano sgangherato prendeva forma.

“Certo che mi ha fatto quasi pena, mentre urlava...”
“Vero? Ammetto di essermi quasi sentito in colpa.”


Nabiki non credeva alle sue orecchie.

Tatewaki Kuno l'aveva accalappiata alla fine delle lezioni e l'aveva portata in un angolino riparato del cortile del Furinkan. E già qui le era montata un po' di stizza, ma vabbè. Per denaro, diretto o indiretto che fosse, si fa questo ed altro.

Poi il tomo aveva aperto bocca.

Non l'avesse mai fatto.

Ha cominciato un discorso intriso di patetismo su come la loro pseudo-relazione (che per gli smemorati è: vedersi una volta a settimana, neanche sempre, e svuotare il barattolo delle esigenze sessuali) non avesse futuro e che la Ragazza col Codino non poteva uscire dalla sua vita in quel modo. E giù lacrime e schiamazzi e invocazioni alla pietà dei kami verso la sua anima e tutta una serie di stupidaggini col botto.

La ragazza teneva una mano sulla fronte e la testa bassa, incredula al profluvio di roba senza senso che le stava arrivando addosso. Perfino troppo complicato, insensato e privo di filo logico da poter essere riassunto.

Poi un particolare la colpì virtualmente in faccia: come era saltata fuori questa magagna.

"Kuno, ti prego, ferma il bocchettone delle idiozie e stammi ad ascoltare".

"E non posso permettermi di perdere l'astro del mio cielo, il faro della mia oscurità, l'immensità del... eh?".

"Ti ho detto di stare zitto un secondo e di rispondere a una domanda".

"Ebbene?".

"Chi ti ha reso noto che la Ragazza col Codino sa di quel che io e te facciamo al sicuro della tua cameretta?".

Al kendoista non parve possibile sentire una domanda tanto stupida: chi doveva essere stato se non il suo angelo?

Balbettò nel rispondere, sconcertato da una simile cecità: "Ma... ma... naturalmente è stata lei stessa, colpita nel profondo del suo dolce cuore da tanta ingiustizia e volgarità".

A Nabiki si accesero due fiamme negli occhi. E per modo di dire fino a un certo punto.

"Ah davvero? È stata lei in persona? Sicuro sicuro?".

"Certo che ne sono sicuro".

"Bene Kuno, qui abbiamo finito. Ci si vede fra qualche giorno, alla solita ora".

"Ma... non so se le tue malvagie orecchie lo hanno capito, ma ti ho appena comunicato che...".

"Non importa. Non intendo rinunciare a una delle mie preferite valvole di sfogo".

"Ma io non posso perdere l'amore dell'ultraterrena dea della bellezza per te".

"Oh, stai pur tranquillo. Quando avrò messo la parola conclusiva su questa storia avrai perso parecchio".

Kuno rabbrividì: "Cosa... cosa intendi?".

"Altro che amore. Sarà un mezzo miracolo se quella sarà ancora viva".

Detto ciò gli diede le spalle, ignorando ogni suo possibile reclamo o minaccia.

Ranma, sei così fottuto che mi pregherai in ginocchio di porre fine alle tue sofferenze con un colpo di pistola in testa. E io te lo negherò ridendo.


I giorni successivi furono tranquilli.

Anche troppo, in realtà, ma era una sfumaturina troppo delicata perché i nostri eroi se ne accorgessero.

Erano convinti di aver fregato Nabiki, e tanto bastava loro per vivere felici e spensierati.

Fino al week-end successivo.


Il week-end all’Ucchan cominciava come tutti gli altri week-end: pulizia del locale, controllo delle provviste, eventuale giro di spese in caso di ingredienti mancanti. Ukyo stava appunto tornando dal mercato, fischiettando allegramente una canzone non altrettanto allegra della Divina Yolanda Tasico, quando notò un pacchetto poggiato davanti alla porta.

“Postino sfaticato.”

Borbottando lo raccolse da terra ed entrò nel locale, richiudendosi la porta alle spalle. Mentre sistemava la spesa sul bancone diede un’occhiata al pacco, scoprendo che non aveva mittente.

Ukyo inarcò un sopracciglio, sospettosa.

“Strano.”

Dimenticando la spesa, aprì velocemente l’involucro, tirando fuori un’altra busta. Aprì anche questa, riversando sul tavolo il contenuto.

Quando vide cos’era, il suo urlo svegliò tutti i cani del quartiere.


“Akane, sei in camera?”
“Sì, entra pure!”
Kasumi aprì la porta ed entrò in camera della sorella, sul viso un’espressione piuttosto perplessa.

“Qualcosa non va, sorellina?”
“C’è Ucchan al telefono, ti sta cercando…”
“E…?”
“Sembra… uhm. Agitata, quasi adirata direi… è successo qualcosa tra di voi?”
Akane sgranò gli occhi, cadendo totalmente dalle nuvole.

“Non che io sappia” si strinse nelle spalle, per poi scendere a rispondere.

“Pronto? Ukyo?”
“TU NE SAPEVI NIENTE?!”

“Sapere di cosa? E non urlare, diamine!” borbottò Akane, allontanando un po’ la cornetta. “Posso sapere di cosa stai parlando?”

“Stamattina hai ricevuto posta?”

“Hmm… no, non credo. Ehi, Kasumi” si voltò verso la sorella, che stava tornando in cucina “per caso è arrivata posta per me?”

“Oh sì, che sbadata! Te la stavo portando in camera, ecco qui!” disse Kasumi, porgendo alla sorella un pacchetto per poi dedicarsi alle faccende domestiche.

“Ok, a quanto pare ho ricevuto posta” parlò di nuovo al telefono, mentre apriva il pacco “ma tu come lo sai?”

“Aprila e dimmi cosa contiene.”

“Vuoi giocare a fare la misteriosa, Kuonji? E va bene…” la assecondò Akane, scartando la busta contenuta nel pacchetto. “Ok, vediamo un po’ cosa c’è den…”

L’urlo di guerra che seguì confermò i timori di Ukyo.


“Ukyo”.

“Akane”.

“Fra tre minuti da te. Bada che Ryoga non ci sia e, se ci fosse, aspettami fuori dal locale che ce ne andiamo”.

“Ricevuto”.

“Stavolta scorrerà del sangue. E spero che tu non sia contraria all’idea”.

“Contraria? Figurati. Basta che me ne lasci un pezzetto”.

Detto ciò sbatté il telefono e si diresse a rapide falcate verso l’ingresso, non badando neanche a mettersi una giacchetta.

Qualcuno qui l’avrebbe pagata salata. Ma tanto salata.


“Benarrivata, Tendo” la accolse Ukyo non più di cento ottanta secondi dopo. Ammazza se sa essere puntuale anche quando è furibonda.

“Il tuo tomo?”.

“Disperso da qualche parte. Ti offrirei qualcosa, ma sappiamo entrambe che non c’è tempo per le smancerie. Hai portato il corpo del reato?”.

“L’ho portato. Fammi vedere il tuo”.

Prima di mostrarsi le rispettive armi del delitto Akane provvide a colmare la distanza che ancora le separava, venendo a trovarsi dal lato clienti del bancone. Poi la estrasse.

Lo stesso fece Ukyo.

Entrambe confermarono che si trattava dello stesso abominio.

Una foto in cui Ranma e Ryoga… si davano all’esplorazione delle rispettive bocche.

A vederle dall’esterno non si sarebbe colto appieno il motivo del loro tremare d’ira. O meglio, non se ne sarebbe colto il reale peso. Nel senso che al momento si limitavano a tremare, ma avrebbero voluto esplodere e andare a mangiare la faccia del rispettivo fidanzato.

“Come… come hanno osato fare una cosa del genere?” digrignò Akane fra i sussulti “Sono sempre stati due idioti da primato, ma questo…”.

“Non lo so, e non so neanche chi dobbiamo ringraziare per la dritta. Ma una cosa del genere urla vendetta, tremenda vendetta”.

Ci furono alcuni minuti di silenzio, in cui le due ragazze si visualizzarono le morti più atroci per quei due poveri disgraziati.

Poi, incredibile dictu, su quel ristorante planò lieve un minimo di razionalità.

“Akane” disse ad un tratto Ukyo “aspetta…”.

“Cosa devo aspettare prima di tirargli il collo, a quello stronzo fedifrago?”.

“Siamo davvero sicure che… tutto questo… sia vero?”.

“Cosa intendi?”.

“Voglio dire… sappiamo che i nostri ragazzi sono due deficienti e ogni tanto si divertono a farsi le fusa e a far finta di stare assieme, ma credi sul serio che abbiano una tresca alle nostre spalle… fra di loro? Penso che Ranma sarebbe a dir poco disgustato all’idea di baciare un altro maschio, e posso dire lo stesso di Ryoga. A loro piacciono le femmine”.

Fu un miracolo quello che permise ad Akane di ascoltare il ragionamento dell’amica senza frantumarle qualche suppellettile. Ma, a miracolo concluso, dovette concordare con lei. Era una situazione sin troppo surreale per essere accaduta davvero.

“Ma allora queste foto? Da dove saltano fuori? E come?” si trovò a chiedere, priva com’era di una risposta soddisfacente.

“Esiste l’arte del fotomontaggio, Akane. Ormai è possibile far apparire su una foto anche un criceto che solleva un’automobile e spacciarlo per reale, ma questo non vuol dire che lo sia”.

E tutta la vulcanica incazzatura di Akane Tendo si sciolse. O forse non proprio tutta, ma abbastanza da permetterle di non spellare vivo Ranma non appena ce l’avesse avuto sottomano.

Prese a girare come una trottola per il locale, un vortice di domande per la testa: perché? Chi? A che scopo? Perché le foto erano finite proprio a loro due?

“Akane” riprese la parola la cuoca “credo che tu e io si debba andare a scambiare due parole con tua sorella Nabiki…”.



“Kasumi!”

La maggiore delle Tendo fece capolino dalla cucina, sorridente e con una ciotola ripiena di un qualche impasto tra le mani: “Sì, Akane? Oh Ukyo, ciao! Ti fermi per cena?”
“Sorellina, sai dov’è Nabiki?”
“È rientrata da circa mezz’ora, penso sia in camera sua.”

Le due ragazze si lanciarono su per le scale, lasciando una Kasumi perplessa alla porta della cucina. Alla fine scrollò le spalle e tornò in cucina, tenendo a mente di aggiungere un posto a tavola per Ukyo.


Nabiki era impegnata a controllare i suoi conti, quando apparentemente qualcosa cercò di abbatterle la porta della stanza.

“Nabiki! Sappiamo che ci sei, esci fuori!”
“Datti una calmata Akane, non c’è bisogno di buttarmi giù la porta” disse, aprendo uno spiraglio. “Oh, ma guarda, c’è anche Ucchan!”
“Non fare la finta tonta” tuonò quest’ultima, cercando di scavalcare Akane “sai bene perché siamo qui!”

“Certo che lo so. Piaciuto il mio regalino?”

Le due ragazze si scambiarono uno sguardo perplesso, mentre Nabiki le invitava ad entrare e a sedersi sul suo letto, quasi fosse una normale visita di cortesia.

“Allora?” incalzò, accomodandosi alla sedia della scrivania.

“Co… come diamine fai ad essere così tranquilla dopo averci mandato quelle foto?!” chiese Akane, ancora una volta stupita dalla cattiveria della sorella, ma soprattutto dalla calma dimostrata nell’ammettere la sua colpevolezza.

“Era uno scherzetto, suvvia” trillò lei, giocando con una penna.

“Ma… perché?! Io e Ucchan non ti abbiamo fatto niente!”

“Infatti eravate solo pedine del mio piano” spiegò Nabiki, “quelle foto non le ho fatte perché miravo a far incavolare voi due.”
“E allora qual è il motivo?” sbottò Ukyo, esasperata.

Nabiki non rispose, limitandosi a sorridere e guardarle con lo sguardo di chi la sa lunga. Rimasero qualche istante in silenzio, quando finalmente arrivò l’illuminazione: “...Ranma e Ryoga. Era una vendetta ai loro danni?” proruppe Ukyo, scambiandosi uno sguardo con Akane.

“Ovviamente sì” ammise Nabiki “quei due me ne hanno combinata una troppo grossa stavolta… e non potevo certo lasciarli impuniti. Sono certa che lunedì riceverò parecchie offerte a scuola, per queste foto…”

“Scusa ma…” chiese Akane, perplessa “cosa ti avrebbero fatto?”

“Qualcosa che non dimenticherò facilmente.” ringhiò Nabiki.

“Wow. Stavolta devono averla fatta proprio grossa…” commentò Ukyo, sorpresa di vedere Nabiki realmente adirata.

“Anche troppo. Impicciare il naso nei miei intrallazzi sessuali è qualcosa per cui posso uccidere.”
“In effetti hai rag-ASPETTA, COSA?”

“Fortunatamente quello scemo di Kuno è facile da raggirare, e non ci metterò molto a farlo tornare da me.”
“Nabiki COSA STAI-”
“Ma quei due non possono passarla liscia.”
“NABIKI!”
“Che c’è?” chiese Nabiki, che non capiva lo stupore della sorella e di Ukyo. “Anche io mi diverto, cosa credete? Solo che non ne faccio una questione di stato.”
Nabiki e Kuno. Kuno e Nabiki.

Impossibile.

“Tu stai dicendo che… hai una relazione con Kuno Tatewaki? Il Tuono Blu del liceo Furinkan?!”
“Oh, per cortesia, Ukyo… relazione è un parolone. Semplicemente ci divertiamo. È un passatempo, nient’altro.”
“Un… passatempo?” chiese Akane, allibita.

“Sì. Non a tutti interessano le relazioni serie e durature, e io sono una di queste persone.” rispose pacata la ragazza. “Ma per favore, non parlarne con Kasumi… sai meglio di me che reagirebbe in maniera terribilmente drammatica.”
Tutte e due annuirono, concordando con Nabiki.

“Scusa se insisto con le domande” riprese Akane, “ma perché ti avrebbero fatto una cosa del genere? Ranma e Ryoga non sono così stupidi da farti incavolare senza un motivo.”
“Oh, il motivo ce l’avevano eccome. Credo non avessero ancora digerito la storia dell’asta…”
Akane e Ukyo rimasero in silenzio, per poi lasciarsi andare un lungo sospiro.

Ovviamente quei due se l’erano legata al dito, in attesa dell’occasione migliore per vendicarsi e, a senso loro, passarla liscia.

“Come se non sapessero con chi hanno a che fare…” borbottò Nabiki, quasi avesse letto loro nel pensiero.

“In effetti…” constatò Ukyo sovrappensiero. Non che non lo avrebbe potuto fare coscientemente.

“E quindi, ragazze? Mi avete quasi sfasciato la porta per così poco?” disse la proprietaria della stanza.

“A dire il vero… ecco, noi…” balbettò sua sorella, completamente svuotata di qualsiasi impeto distruttivo da quando aveva sentito la notizia dei funambolismi sotto le coperte di Nabiki.

“Beh, se la vostra visita era limitata all’appurare che quelle foto provengono da me… direi di avervi già soddisfatte. Potete sloggiare”.

“No no, senza fretta. Mi è appena venuta un’idea”. E su Ukyo si spostarono gli sguardi di entrambe le Tendo, quello interrogativo di Akane e quello incuriosito di Nabiki.

“Stai architettando qualcosa, Kuonji?”.

“Può darsi, Cannibale. Vero che hai a disposizione la tua fida macchina fotografica?”.

“Ovvio. Non esco mai dal letto senza”.

“Eccellente. Vieni un po’ qui, Akane, che ti espongo il mio piano e mi dici cosa ne pensi”.

L’interpellata porse l’orecchio e, man mano che l’altra parlava, i suoi occhi e la sua espressione mutavano. Prima perplessi, poi stupiti e infine maleficamente contenti.

“Sai che mi piace un sacco?”.

“Com’è che lo sospettavo?”.

“Mi conosci. E hai la mia approvazione”.

“Oh, benissimo. Nabiki, preparati. Hai davanti a te parecchie ore di lavoro”.

La mezzana Tendo non disse nulla, ma dentro di sé provò una punta di piacere nell’appurare che sua sorella un pochino le assomigliava, se si sforzava.


Lunedì mattina.

Ranma, affiancato immancabilmente dalla fidanzata, entrò sbadigliando al Furinkan.

Riuscì a fare dieci metri prima che una frotta di persone, di tutte le classi, gli si avventasse addosso. Akane sarebbe stata coinvolta dalla furia dell’orda se non fosse che sapeva benissimo cosa sarebbe successo e aveva furbescamente provveduto a scostarsi per tempo.

“Ranma! Hai una relazione omosessuale con Ryoga?”.

“Chi sta sopra e chi sta sotto?”.

“Vergognatevi, pervertiti!”.

Il poveretto venne travolto, figurativamente e non, da quella bolgia. Venne strattonato, spinto, ci mancava poco che qualcuno di particolarmente intrepido cercasse di calpestarlo. E in tutto quel casino fece fatica ad accorgersi di una cosa: assieme alla foto della sua presunta liaison con l’uomomaialino, ne girava un’altra.

Un’altra che, se non fosse stato troppo impegnato a cercare di sopravvivere alla calca, lo avrebbe mandato su tutte le furie.

Una foto di Akane e Ukyo che si baciavano.

No beh, diciamo le cose come effettivamente stavano: si incazzò. E di brutto. Aveva altre priorità in quel momento, tipo cercare di respirare, ma non significa che la cosa non gli fece effetto.

Tutt’altro.

E più passavano i secondi, più la combo “gente suicida & cosa ho appena visto?” ebbe la meglio e lo portò ad allontanare i più invadenti.

“Allora, vi volete levare dalle palle o no? Sparite!” ruggì, riuscendo finalmente a scrollarsi di dosso la maggior parte della gente. Poi, quasi avesse la bava alla bocca, strappò di mano la foto incriminata per chiedere spiegazioni alla fidanzata. Che, molto saggiamente, si era dileguata ridendo e in quel momento lo osservava a debita distanza, da una finestra, sbracciarsi a destra e a manca.

“Ah Ranma, non cambiare mai. Sei così amorevolmente divertente…” disse a se stessa, concedendosi un sorriso soddisfatto. Avrebbe avuto delle conseguenze per questa bravata, ne era consapevole, ma la vista di Ranma Saotome che diventava idrofobo nel cercarla la ripagava di tutto.

E poi, quando Ukyo la raggiunse e si mise a ghignare con lei, il quadro fu completo.

Un paio di metri più indietro Nabiki le osservava, seminascosta dall’angolo del muro. E per una volta fu quasi contenta di vedere qualcuno che, come lei, traeva godimento dalla disgrazia altrui. Ancora di più perché una delle due persone era sua sorella.

Forse, dopotutto, c’era speranza anche per lei. Non ci contava troppo ma in quel momento le faceva piacere pensarlo.

D’altronde nessuno può permettersi di prendere in giro Nabiki Tendo e sperare di uscirne indenne. Aveva una reputazione da difendere e un feudo da governare, i colpi di testa dei paesani non erano ammessi.

Se ne andò fischiettando, conscia che quella sarebbe stata una giornata molto bella.



(*): È successo nell'ultimo capitolo di Two-part Secret Heart!




*** E spuntiamo dal nulla, come gli Unni-margherite di Mulan, dopo... boh? Un anno?
Dopo esserci dedicati ad altro abbiamo finalmente ripreso in mano Mysterious Secrets per portarla a termine, e in parallelo proseguire questa raccolta - che è legata a tutto il Secretverse. Questo episodio nello specifico getterà una luce diversa su un commento di Nabiki fatto nel capitolo 9 di Mysterious Secrets... :p
Come sempre speriamo vi diverta almeno la metà di quanto ha divertito noi :)
Alla prossima!
La premiata ditta Mana Sputachu e Subutai Khan.


   
 
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