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Autore: PhoenixQuill    26/05/2014    2 recensioni
[Parentlock] [Un accenno di Johnlock]
Dal testo:
"Dobbiamo ripetere quella lezione sui pericoli mortali, James."
Il bambino si alzò dalle gambe di Sherlock e iniziò ad elencare: "Numero cinque: ubriachi armati. Numero quattro: piromani. Numero tre: serial killer. Numero due: papà arrabbiato. Numero uno: zio Mycroft."
Sherlock nascose un sorriso soddisfatto. John si portò una mano alla fronte.
"Ripeto, John, che lasciare Mycroft con James è una pessima, pessima idea."
"Non avrei saputo esprimere il concetto con parole migliori." Completò una figura sulla soglia della porta.
Genere: Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un grazie particolare a Cissy, a cui dedico questa storia, che ha seguito fin dal principio. 
 
    

Mycroft's first time babysitting


Non appena John finì di spiegare il suo progetto a Sherlock, quello poggiò gli indici delle mani giunte sulla sua bocca e rispose, grave: "John, è l'idea peggiore che tu abbia mai avuto." 
Lui alzò gli occhi al cielo. "Sentiamo." Prese un gran sospiro, prima di continuare, chiedendo: "Perché?" 
Sherlock gettò leggermente indietro la testa, quasi impercettibilmente. "Mycroft?" Calcò ogni singola lettera del nome. 
"Certo." Ribatté John, esasperato. Aveva saputo fin da quando aveva messo piede in quella stanza e dato aria alla bocca che avrebbe incontrato difficoltà, enormi difficoltà proponendo una cosa del genere a Sherlock, ma così... Esagerava. 
"Ci sono almeno tre vie di fuga dal tuo ridicolo piano, John." Asserì ancora quello, con la sua voce profonda. 
"Non è un piano ridic-" 
Sherlock si sollevò dalla poltrona su cui era seduto, allargando le gambe. "Certo che lo è! Mycroft e James? Ci sono buone probabilità che, al nostro ritorno, troviamo il bambino mezzo morto." 
Eccolo, il suo lato teatrale, drammatico. Avrebbe dovuto capire fin da subito perché quel teschio continuava a girare per casa -pericolosamente, aggiungeva Sherlock, ogni volta che lo vedeva nelle mani di James.
"Sarà solo per un pomeriggio, dannazione!" Quasi urlò John, nel vano tentativo di non farsi sentire da James. Sherlock si voltò verso di lui, le sopracciglia leggermente sollevate, la bocca impercettibilmente più piccola. 
"No." Si limitò a dire. 
"E' tuo fratello!" Protestò John. 
"Non me lo ricordare." Masticò lui, prendendo il giornale che aveva abbandonato prima. "E' una sventura che avrei il piacere di dimenticare." 
John sbuffò, massaggiandosi le tempie. "Mi porterai all'esasperazione." Sospirò. 
"Lo faccio ogni notte." Sottolineò lui, maliziosamente, dietro le pagine del giornale. "E anche abbastanza bene, direi." 
John tentò di sopprimere un mezzo sorriso e ritornò, ancor più convinto, alla carica. "Lo sai che la signora Hudson non può." 
"James è abbastanza grande per potersela cavare da solo." 
"Non lascerò mai un bambino di otto anni da solo a casa." 
Sherlock sollevò gli occhi, come poco prima aveva fatto John. "Non ho alcuna intenzione di mandare mio figlio al patibolo." 
"Per la miseria, Sherlock!" 

 
James, dall'altro lato della porta, con un bicchiere vicino all'orecchio, ascoltava ciò che accadeva nella stanza adiacente. Non aveva ben capito il fatto che Sherlock portasse all'esasperazione suo padre ogni notte, ma aveva ben compreso come, invece, non fossero d'accordo su un certo progetto. 
Curioso, bussò alla porta. Nello stesso momento, si placarono le urla ridimensionate di John e le risposte secche di Sherlock, per dire: "Cosa c'è?" 
James entrò con l'aria di chi non sapesse nemmeno come fosse capitato da quelle parti. Ma, prima di avanzare scuse di alcun genere, John incrociò le braccia e rimproverò Sherlock: "Gli hai insegnato come origliare, vero?" 
"Un buon detective deve essere in grado di fare tutto." Sorrise l'altro, prima di mettersi il bambino sulle ginocchia. "Allora, James, cosa hai dedotto oggi?" 
Il bambino sbuffò, allo stesso modo di John e rispose: "E' tutto così noioso, Sherlock. La signora Hudson ha dato prova, ancora una volta, che è pazzamente innamorata di un certo... Beniamin... Beniamin Cucumber, 1 forse? Ma, cosa di poca importanza. E zio Greg-" 
Sherlock osservò John, dubbioso. "Zio Greg?" 
"Lestrade." Suggerì John, sedendosi sulla sua poltrona. 
"Zio Greg ha litigato con zia Lucy e.. Non sono gli unici." Indirizzò uno sguardo eloquente ai due. 
"Oh, sta' tranquillo. Papà non andrà via come zia Lucy ogni volta che si arrabbia. Nemmeno io, se è per questo." 
James sembrò risollevarsi. 
"Sai, James, è che ogni tanto, a papà passano certe idee bizzarre per la testa!" Ironizzò lui. 
John alzò un dito in sua difesa. "Non sono idee bizzarre. Sono ragionamenti sensati, fatti da una persona sensata e proposti ad un... Un..." John non trovava le parole per descriverlo.
"Sociopatico iperattivo. Padre di tuo figlio." 
"A me non dispiacerebbe rimanere con zio Mycroft, se papà vuole." 
Il volto di John si illuminò, mentre Sherlock chiedeva: "Chi ti dice queste cose, James? Cosa gli hai detto, John?!" Si voltò verso di lui, mentre l'altro alzava le mani, come per dire: "Non ne so assolutamente nulla." 
"Dobbiamo ripetere quella lezione sui pericoli mortali, James." 
Il bambino si alzò dalle gambe di Sherlock e iniziò ad elencare: "Numero cinque: ubriachi armati. Numero quattro: piromani. Numero tre: serial killer. Numero due: papà arrabbiato. Numero uno: zio Mycroft." 
Sherlock nascose un sorriso soddisfatto. John si portò una mano alla fronte. 
"Ripeto, John, che lasciare Mycroft con James è una pessima, pessima idea." 
"Non avrei saputo esprimere il concetto con parole migliori." Completò una figura sulla soglia della porta.

 
"Non posso credere che tu abbia lasciato Mycroft con James." Borbottò Sherlock, mentre lui e John passeggiavano per Hyde Park. 
"Ascolta." John si fermò un attimo. "Io voglio bene a James. Gliene voglio tanto quanto te, Sherlock. Ma, nonostante ciò, voglio solo che, del nostro anniversario, ci sia tu. Io e te. Soli. Da quanto tempo non eravamo da soli?" 
Sherlock ammutolì per un attimo, prima di dire: "Come sei sentimentale." 
John sorrise e suggerì: "Che ne dici di andare vicino alla riva?"
Sherlock soppresse un sorriso e ribadì: "Come sei sentimentale!" 

 
Mycroft, seduto sulla poltrona di John, osservava James. Che, a sua volta, lo analizzava a fondo. 
"Fai la stessa cosa con le mani, come Sherlock." Indicò James, osservando le mani poggiate sulle labbra dello zio. 
"Colpa di alcuni geni condivisi."
James sollevò le sopracciglia, per dire che aveva capito perfettamente ciò di cui stavano parlando. 
"Perché sei qui?" 
Mycroft prese un respiro abbastanza profondo. Sebbene quello che avesse davanti era una copia in dimensioni più piccole di suo fratello, era pur sempre un bambino. Ed era, come gli aveva ripetuto più volte al telefono John, suo nipote. 
"Potrei farti la stessa domanda." Ribatté, tagliente, lui. "Un bambino di otto anni non fa i compiti, a quest'ora del pomeriggio?"
Quello arricciò il naso e rispose: "Noiosi.", nella stessa tonalità di Sherlock. 
James tamburellò con le dita sui braccioli della poltrona. "Intendo, perché fai da baby-sitter ad un bambino, zio Mycroft?" 
Era impossibile sbagliarsi. Era, senza alcun ombra di dubbio, figlio di suo fratello. Con una calma, però, che era tipica di John, più che di Sherlock. 
"Sei un bambino abbastanza precoce. Ma questo giochetto lo conosco fin troppo bene. Come va a scuola, James?" 
Quello fece guizzare il sopracciglio in su per un momento, uno soltanto. Poi si ricompose e sospirò. 
"Sherlock mi ha chiesto di chiederti come va con la dieta." 
Mycroft arricciò gli angoli della bocca. 
Sarebbe stato un pomeriggio lungo, molto molto lungo.  

 
"Papà mi ha detto che sai fare la stessa cosa di Sherlock."
Mycroft abbassò il giornale che stava leggendo per poter chiedere: "Sarebbe?" 
"Dedurre. Sherlock mi da lezioni." 
"Sherlock ti da lezioni." Sillabò lentamente lui, osservando quel pargoletto dalla testa ai piedi. "Ho smesso molto tempo fa." 
James sorrise, prima di dire: "Ne parli come fosse una specie di... dipendenza." 
Quello che doveva essere l'adulto della situazione sollevò il giornale, per poter nascondere il ghigno comparso sul suo volto. 
Dall'altro lato della pagina sportiva, si sentì dire: "Sherlock l'aveva detto. Dedotto, se vogliamo essere più precisi."
Il volto di Mycroft comparì ancora una volta, questa volta con un sopracciglio quasi vicino all'attaccatura dei capelli. "Cosa avrebbe dedotto Sherlock?" 
"Be', quando papà me l'ha detto, lui si è alzato e ha borbottato qualcosa come "E' fuori allenamento da una vita. Da quando ha iniziato la dieta, direi." Sì, più o meno le parole erano queste." 
Mycroft, senza proferire nessun altra parola, si alzò in piedi e si avvicinò ad una dei fascicoli della scrivania. Sapeva benissimo che quelli che aveva in mano erano i casi su cui lavoravano suo fratello e suo cognato. 
"Lo Scarabeo Notturno?" Ridacchiò lui, quando vide il titolo che John gli aveva assegnato. Lesse velocemente i profili designati e asserì: "E' stato l'impresario ad uccidere l'assistente e tutte quelle persone. Bisogno di visibilità. Fa finta che tutto vada bene, ma si capisce dalla confusione delle parole che è stato lui." 
James, voltatosi all'occasione per osservarlo, sorrise e continuò: "E' stato quello che papà ha pensato, sulle prima. Ma Sherlock lo ha smentito quasi subito." 
Mycroft aggrottò la fronte, in un vano tentativo di mascherare la sorpresa. "Smentire?" 
"Mentre venivano commessi i primi due omicidi, l'impresario birbante se la spassava con l'amante. Non avrebbe potuto uccidere l'assistente, né lasciare quegli scarabei vicino al corpo."
"Avrà incaricato qualcun altro." Ridacchiò. 
"Con quali soldi?" 
Il sorriso sparì immediatamente dal volto di Mycroft. James si alzò dalla poltrona e, senza prima non aver rivolto un sorriso allo "zio Mycroft", sparì nella sua stanza. 

 
Spero per te che mio figlio respiri ancora. SH 
Sherlock premette il tasto "invio" e una busta scomparì dallo schermo, che tornò a riflettere l'immagine torturata del suo proprietario. 
"Sherlock." La voce di John lo fece risvegliare dai suoi pensieri. "Starà bene." Lo rassicurò, stringendogli una mano. 
"Non starà affatto bene. Guarda, sono già due ore e mezzo di convivenza forzata con Mycroft." Sherlock si alzò dalla sedia del pub in cui erano seduti e indossò il cappotto. 
"Che stai facendo?" Chiese John, guardando il suo compagno avvicinarsi all'uscita. 
"Torno a casa." 
John, che lo aveva osservato incredulo fino a quel momento, si passò una mano sul volto e scoppiò a ridere. L'altro, con il palmo ancora poggiato sulla maniglia della porta, lo osservò, leggermente adirato. 
"Cosa c'è?" Chiese, acido, quando ritornò al suo posto. 
John, che fino a quel momento non aveva smesso di ridere per un minuto, lo guardò ancora una volta e strizzò gli occhi, prima di continuare a farlo - convulsamente, avrebbe aggiunto lui. 
"John." Cercò di abbaiare Sherlock, digrignando i denti. 
Questi cercò di riprendere fiato e, ancora sorridente, disse: "Oh, Sherlock! Sei così sentimentale!" 
Sherlock sollevò gli occhi al cielo e incrociò le braccia, risentito. 
 

"Ce l'ho!" Urlò Mycroft, entrando nella stanza del nipote. "Il fratello dell'impresario!" 
James sollevò lo sguardo dai quaderni. "Complimenti, zio Mycroft." Osservò l'orologio della sua stanza e dichiarò: "Solo un secondo in più rispetto a Sherlock."
Lui, soddisfatto e orgoglioso di sé stesso, gonfiò leggermente il petto e ammise: "Non era niente di così difficile, poi." 
"Sì, però ora non darti arie." Gli disse James, con un ghigno. 
"Io non mi sto affatto dando arie."
L'altro lo osservò come a dire: "Chi vuoi prendere in giro?" prima di rivolgere lo sguardo al suo precedente impegno. 
"Fai i compiti." Osservò lui. 
"Questa, sì, che è una deduzione brillante." Ironizzò il bambino. 
Mycroft, incuriosito, si avvicinò a lui e si sedette sulla seggiola lì vicino. La mano di James tracciava le parole con una grafia quasi pulita -era mancino- e un po' sbilenca. 
"No, no." Lo ammonì Mycroft, mentre scriveva. "Delitto si scrive con due t." 
James gli rivolse un'occhiata indagatrice e, capovolgendo la penna dalla parte della gomma, corresse l'errore. Passarono un po' di tempo così, con i piedi di James che non raggiungevano terra e la schiena di Mycroft piegata verso di lui. 
Quello, nel frangente in cui James si apprestava a chiudere i libri, lo osservò meglio. Era così simile a Sherlock. In un modo che nessuno avrebbe mai potuto immaginare. Glielo ricordava, in più di qualche modo. Il piccolo Sherlock che voleva giocare alle "deduzioni" nelle frizzanti giornate estive. Che lo aspettava alzato la notte, quando prendeva il treno per tornare a casa dal college. Il piccolo Sherlock che Mycroft non aveva mai visto crescere e che gli era sfuggito via, come aria tra le mani. Gli era sfuggito nel fiume in piena della Londra cittadina, dello smog, della droga. 
Non questa volta, pensò Mycroft. 
I suoi pensieri vennero interrotti da una mano che sfiorava la sua spalla. "Sherlock è impossibile con questo gioco." Borbottò James, agitando nelle mani la scatola del 'Cluedo'. 
"Oh." Mycroft osservò il piccolo quadretto che aveva di fronte. "Me lo immagino. Scommetto che dice che la vittima si è suicidata." 
James sorrise, osservandolo ancora una volta -con gli occhi di Sherlock, ovvio- e iniziò ad ordinare tutto sul tavolo della sua stanza. 
Non questa volta.

 
Sherlock, appena entrato nel 221B, salì gli scalini che lo portavano al suo appartamento due alla volta. Con malcelata foga, spalancò la porta e, pochi secondi dopo, la richiuse. 
"Oh, John." Gli occhi, dilatati e il pallore che aveva invaso il suo volto fece seriamente preoccupare John. 
"Cosa?" Chiese lui, trattenendo per un attimo il respiro. 
Sherlock spalancò la porta della loro casa, per far constatare a John "l'orrore". John fece un passo in avanti, incapace di pensare a qualcosa di razionale. Cosa era successo? Avrebbe trovato casa loro vuota? Qualcuno aveva rapito James? Cosa, cosa? 
No, niente di tutto questo rendeva Sherlock così agitato. Mycroft, seduto sulla sua poltrona, stava sonnecchiando, mentre James, sulle sue gambe e con il capo poggiato sulla sua giacca, dormiva profondamente. Avevano in mano un libro, "I 100 modi per riconoscere un assassino". 
John osservò Sherlock con le braccia ritte vicino al busto, con un sorriso che la diceva lunga su come la pensava. Sapeva che quel suo piccolo esperimento sarebbe andato a buon fine. 
"Ricordami di lavare la poltrona con del disinfettante. Un forte disinfettante." 


1 - Sì, Beniamin Cucumber è Benedict Cumberbatch. Ce la vedo, la signora Hudson a fangirlare su uomini più giovani di lei xD

-SPAZIO AUTRICE- 
Premettendo che è la prima volta che scrivo nel fandom, per cui se ho fatto un pasticcio, perdonatemi. 
Per la storia, ho preso ispirazione da qui: 
http://doomslock.tumblr.com/post/25676644348
Che dire? Spero vi piaccia! 
Un abbraccio!
PhoenixQuill

 
   
 
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