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Autore: paoletta76    29/05/2014    3 recensioni
Ecco. Adesso sei davvero nei casini, Darcy.
Un assassino. Hai davanti un assassino senza scrupoli, ridotto al fantasma di sé stesso. Chiunque sia stato, ieri come settant'anni fa.
E tu? Sei come lui?
Fissare a lungo entrambe le siringhe, la consapevolezza di tenere una vita letteralmente fra le mani.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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..Ed eccomi qui con l'ennesimo esperimento della serie A million Other Stories.. con un sentito GRAZIE (sì, scritto stampatello) ad Ino Chan, che con la sua bellissima "Espiazione" mi ha fatto da musa ispiratrice! Un milione di abbracci!

Se vuoi, posso portartelo io, il tuo amichetto cattivo..
 
La voce di Nat risuonava più che mai cattiva, carica di rancore. E non le importava proprio nulla, in quel momento, di offendere la sensibilità di un amico.
Quel bastardo non aveva fatto del male solo a lei.
Aveva osato sparare a Darcy. Una ragazzina, un'innocente. Una sorella.
Perché così le aveva insegnato Sara. Sorelle, fratelli. Dentro quella torre, aveva le uniche persone di cui fidarsi, in un momento di fuoco come quello. Quelle da difendere, a costo della vita.
 
Non le importava di chi quell'uomo fosse stato, ieri o un milione di anni fa. L'avesse avuto fra le mani, in questo preciso istante, ci avrebbe pensato lei, a scaraventarlo giù dal treno.
 
Lo sguardo le si spostò in automatico sulla figura dell'amica, resa un po' troppo esile dalla convalescenza.
Quattro mesi. Quattro mesi, e non riusciva ancora a camminare senza l'ausilio delle stampelle.
-..E potrei definirmi una miracolata.- aveva dichiarato, con una smorfietta e la sua ironia spiccia di serie - se non vi avessi conosciuto, starei ancora fissa su quella lì.
Dita ad indicare la sedia a rotelle, su cui era costretta a sedersi dopo un massimo di venti minuti in piedi.
- Vedrai che alla prossima sarà mezz'ora.- dichiarava, poi, rivolta a Jane ed al suo sguardo mortificato.
 
Come se questo avesse potuto alleggerire il suo senso di colpa.
Su quella macchina avrebbe dovuto esserci lei. Era lei, l'obiettivo del Soldato d'Inverno.
Quella pallottola avrebbe dovuto essere la sua.
 
-..E a quella dopo un'ora.- Lucas le era passato accanto, sganciandole una carezza ed un sorriso. In risposta, Darcy aveva piegato le labbra e sgranato gli occhi rivolta all'amica.
Un complimento dal principe dell'inganno! Tanta roba! Oh, un attimo.. dice la verità?
 
Sdrammatizzava, poi si sedeva al computer ed iniziava il proprio lavoro. Ricerche, monitoraggi, sganciare qualche bel virus ai nemici, sotto lo sguardo anche un po' invidioso di Sara.
Sono più brava anche di te, toh.
 
Almeno questo riesco ancora a farlo..
Un sospiro, sorreggendosi alle stampelle ed accendendo lo schermo, nell'ennesima notte in cui l'incubo tornava a tormentarla levandole il piacere del riposo.
Che poi non ne aveva più che un'immagine sfocata. L'auto che perdeva il controllo, un dolore fortissimo oltre il fianco sinistro. Il calore del sangue che se n'andava, il rosso del cappotto confuso col suo rosso.
Quell'uomo oltre il profilo dello sportello aperto.
 
Un uomo. L'unica cosa di cui era certa. Un uomo dal volto per metà nascosto da una maschera nera. Un corpo fasciato di nero, capelli lunghi mossi dal vento. Occhi di ghiaccio.
Poi, il buio era diventato totale.
 
Al risveglio, aveva incontrato sguardi di commiserazione, sensi di colpa e quella sedia a rotelle accanto al letto. La prima reazione, il rifiuto più completo. Della sedia, delle medicazioni, di alzarsi, di mangiare, di trovare un senso nella vita. L'unica voglia che le restava era quella di incazzarsi ed urlare.
Stark non aveva usato mezze misure, allungandole quel sonoro ceffone.
- Piccola stupida stronzetta ribelle.. hai un'opportunità, per quale motivo devi dire di no? La Fondazione..
- Ma vaffanculo te e la tua Fondazione, Stark..- aveva replicato, massaggiandosi la guancia rossa e dolente.
- Sì, vaffanculo. Anche a te e alla tua vita, Darcy Lewis.
- Che vita? Inchiodata a questa sedia? Mi dici che vita è?
- Ma perché, finora hai dato il tuo meglio sui cento metri ad ostacoli?
 
Aveva aggrottato le sopracciglia. No, era la risposta esatta. Era sempre stata una schiappa, nello sport. E la quarta di seno non era mai stata d'aiuto.
Del.suo.meglio. L'aveva sempre dato seduta ad un computer, accanto a Jane prima, e a Banner e Sara una volta entrata nel giro dei Vendicatori e delle meraviglie di quella torre.
 
Forse non era del tutto esatto. Forse era davvero lei, il bersaglio del Soldato d'Inverno..
 
Sue le cimici piazzate nell'indagine sulle fibre di titanio mascherate nei vestiti d'alta moda, suo il programma di gestione delle microcamere. Suoi gli occhi sul germogliare dell'Hydra.
Il bersaglio eri tu. Il nemico eri tu. E' ora che passiamo alla vendetta, Darcy Lewis. Hai una squadra, il materiale e pure un ostaggio prezioso da far parlare. Prossimo step, lui. Il bastardo che t'ha sparato.
Gli occhi sull'immagine fissa sullo schermo del portatile, oltre lo scorrere dei dati di scansione satellitare che aveva avviato con Sara.
 
Di nuovo quegli occhi di ghiaccio.
 
Steve giurava sul proprio onore, difendendo quello che un tempo era stato il suo migliore amico.
- Eh. Un tempo.- gli aveva rimbeccato Tony, fulminandolo con un'occhiata a tre quarti - un tempo anche Loki era uno stronzo.
- Grazie.- aveva risposto quello, incrociando le braccia sarcastico.
- Bucky non è così. Non ci credo.- il capitano scuoteva la testa, continuando a fissare l'immagine del nemico impressa sullo schermo - lui.. lui è..
- Santo cielo, Steve! Ti ha attaccato, senza farsi tante domande! E due volte! Ti ha quasi ammazzato! - sbottò Natasha.
- Mi ha salvato.- replicò lui, a mezza voce - ero in acqua, mi ha tirato fuori.
- Chi ti dice che sia stato lui?
- Ne sono certo. Lo sento.
- Ne sei certo o lo senti? Perché sarebbero due cose diverse.
- E' il mio migliore amico, Natasha. Un fratello. Come tu e Sara, come tu e.. Darcy.- il giovane continuò ad insistere, mantenendo quel tono triste, disperato - se agisce così, c'è per forza un motivo. Qualcuno lo controlla, o condiziona.. in qualche modo. Non può essere arrivato ad uccidere per libera scelta. Lo conosco.
- Sì, certo.
- E tu non credermi, sai che mi frega! - Steve si trovò ad alzare la voce - sai quanto m'importa, che mi crediate, tutti quanti! Io so quello che ho visto, so quello che sento..- pugno chiuso sul cuore, uno sguardo intorno a leggere nei loro visi - ho visto i suoi occhi, e sono ancora limpidi.. e confusi.
- Strano. A me è sembrato tutto il contrario.- la voce di Darcy lo sorprese alle spalle, mandandogli il cuore in gola. La vide appoggiare le stampelle alla scrivania, dopo aver fatto il suo ingresso con la consueta fatica, lasciare che Phil le avvicinasse la sedia ed accomodandosi, prima di tornare a guardarlo con aria di sfida.
 
- Comunque sia.- Nat arricciò appena le labbra, prima di passare in rassegna i compagni con un'occhiata - io vado a prenderlo. Chi è con me?
Sara sollevò una mano, Clint non tardò ad imitarla.
- L'avete individuato?
- Sì.- Darcy aprì lo schermo del portatile. Pochi secondi con le dita sulla tastiera, e fu pronta a snocciolarle le coordinate.
- Bene. Nel Jersey.- replicò Nat, armando la pistola contro il fianco - se siamo abbastanza veloci, possiamo prenderlo evitando che ci sia un'altra vittima. Chi guida l'elicottero?
- Io.- Maria infilò la propria arma nella fondina, allungandole un cinque col pugno. Voltarono le spalle, senza aspettare permessi e lasciando l'obiezione di Steve sospesa a mezz'aria.
 
Eccolo. Ce l'ho a ore tre.
La voce dell'agente Hill riscosse cenni d'assenso nei tre compagni di missione. Mani alle armi, piedi pronti a scendere velocemente e circondare il nemico sul tetto del palazzo su cui s'era appostato.
 
Veloci. La rapidità è l'essenziale, se vuoi catturare un fantasma.
Clint imbracciò l'arco e s'affiancò alla postazione da cecchino del Soldato, arrivando in pochi secondi ad una sola manciata di passi dalle sue spalle. Tese il cavo, scoccò una freccia.
Merda!
 
Quell'essere doveva aver acquisito delle capacità sovrumane, per muoversi così. Uno scatto, meno di un batter di ciglia, e la freccia giaceva spezzata fra le sue dita.
Clint non le poteva vedere, celate com'erano dalla mascherina. Ma, poteva giurarci, quelle labbra s'erano stirate in un sorriso diabolico.
 
Ti ho fregato, povero stronzo..
 
Le dita su un'altra freccia, ma quello fu molto più veloce, a puntare l'arma verso di lui e fare fuoco, costringendolo a battere in ritirata dietro la torretta dell'ascensore.
- Sara, Nat! Dove cazzo siete?
 
- Le tue ore sei, zuccherino.- fu la risposta della compagna nell'auricolare, seguita da una grandine di proiettili che costrinsero anche il Soldato a ripararsi dove poteva.
Adesso Nat attaccava a viso aperto, attirando l'attenzione del nemico con colpi a ripetizione, costringendolo a muoversi verso di lei con la guardia tutta alzata.
Benissimo, piccolo.. vieni, vieni così..
 
Il corpo nero del nemico si sollevava in piedi, caricando rabbia e cercando di stanarla da dietro la linea dei camini e contemporaneamente parando col braccio bionico le frecce che arrivavano da Clint.
- La spalla! mira alla spalla, alla giunzione col metallo!
 
- Ci penso io.- Maria armò un dardo perforante, provò ad avvicinarsi quanto poteva e l'unico effetto fu il vederlo rivolgere tutte le sue attenzioni verso di lei.
- Stacca, Hill! Allontanati, ci servi tutta intera! - le gridò Nat nell'auricolare, scambiando contemporaneamente un cenno d'intesa con l'arciere.
- Ah, perché, ora le operazioni le comandi tu? - replicò quella, divertita, inviando un secondo dardo, che esplose ad un passo dal nemico, proprio mentre Clint scagliava un'altra freccia.
 
Percorso netto. Centro perfetto.
La freccia si conficcò nella giuntura posteriore del braccio metallico, facendogli emettere una scarica di scintille, e contorcere il proprietario per il dolore.
Ah, allora fa male anche a te..
 
La testa sollevata, il collo scoperto. Un battito di ciglia, e la lama di Sara lo tagliava di netto, costringendo il Soldato a stringervi la mano umana.
Occhi sgranati, carichi di un terrore che solo ora ricordava di aver già provato. Le dita strette attorno alla ferita che buttava sangue senza tregua, le labbra socchiuse, il respiro che mancava.
Il nemico cadde in ginocchio e riuscì solo a vedere tre coppie di piedi che lo circondavano sul cemento macchiato di rosso.
 
Riapriva gli occhi e tutto intorno era sfocato. Non ricordava di averlo mai visto, quel posto.
O forse sì, forse c'era già stato, tanto tempo fa. Provava a sollevare le mani, e quella metallica non compariva. Eppure la sentiva, da qualche parte. Sentiva il braccio, un dolore terribile a tagliargli la spalla e poi giù, fino alle dita. Ma la mano non c'era, davanti ai suoi occhi.
Il collo bruciava, in gola e fra le labbra il sapore del sangue.
 
Non ricordava di essersi mai sentito tanto piccolo, tanto fragile.
 
Fallo tu.
Jemma le aveva messo in mano quella siringa, senza neanche dirle cosa contenesse. Veleno, forse.
No, impossibile. Ogni nemico prigioniero è una risorsa, Darcy. Ricordati che siamo in guerra, e non è bastato eliminare Garrett per tagliare la testa all'Hydra. Un siero per farlo parlare, forse. Ci serve sveglio e lucido. Non puoi ucciderlo, neanche se lo vorresti proprio tanto.
 
No, a dire il vero ucciderlo non è la soluzione. La soluzione è farlo soffrire più che puoi.
-..Siero della verità? - chiese, di getto, dopo aver esaminato la siringa.
- No.- aveva risposto Jemma, mantenendosi evasiva e tornando all'elica del DNA che le campeggiava sullo schermo.
-..Quindi?
- Quindi cosa? - quella aveva aggrottato le sopracciglia, spostando per un attimo l'attenzione su di lei.
-..Quindi cos'è?
- G-786.
L'espressione a punto interrogativo -completa di labbra arricciate- di Darcy parlò da sola.
- Ok.- Jemma emise un sospiro, prima di voltarsi ed incrociare le braccia - ma non dire che te l'ho detto. Sono ordini del padrone di casa.. e del dottor Banner. Non vorrei che..
Parla.- diceva adesso il sopracciglio alzato della ragazza, dall'alto delle stampelle.
- E'.. è semplicemente la stessa roba che abbiamo dato a te.
- Che?!
- Non te lo ricordi, è impossibile che tu te lo ricordi. E' un siero che.. che serve a ricostruire le interazioni nodali del sistema neurologico, ogni volta che si presenta un'interruzione forzata.. una specie di..
-..Ricostituente?
- Più o meno. Stimolatore di rigenerazione cellulare, direi. E' un medicinale.. sperimentale. Segreto. il principio attivo..
-..E' il sangue di Sara, no?
Simmons annuì, leggera.
- L'avete usato.. anche su di me?
- Sei stata la prima. E direi che in un certo senso ha funzionato. Senza il G-786..
-..Sarei fissa sulla sedia?
- Già.
- Ok..- Darcy strinse appena le labbra, deglutendo ed osservando la siringa fra le sue dita, prima di tornare a guardare la biologa - ed intendete usarlo su di lui? Perché?
- Vieni.- per tutta risposta, Jemma si fece seguire fino a quella stanza in fondo al corridoio. La stanza accanto a quella in cui era confinato l'altro nemico.
Esitò a lungo, prima di staccare le dita dal vetro che la separava da quell'ambiente e dalla sua sottile luce blu. Jemma oltrepassò la porta, tenendole l'anta aperta ed invitandola con un cenno del viso a seguirla.
 
Un sospiro, pesante. Adesso la siringa sembrava bruciare, fra le sue dita.
Eccolo, il tuo nemico, Darcy. E' questo, il tuo momento. Te lo offrono su un piatto d'argento, fatto a pezzi. Basta che tu dica di no, che lasci cadere questa siringa e la distrugga con la punta del piede. Non avrà nessuna cura, la ferita che porta sul collo non guarirà e tu l'avrai ucciso.
 
Hai davanti agli occhi la vendetta perfetta.
 
E questa cos'è?
Sgranò gli occhi, di fronte alla mano di Jemma che le offriva una seconda siringa.
- Questo è cianuro. A te la scelta, ragazzina.
Le disse solo questo, chiudendosi nelle spalle e scomparendo oltre la linea della porta, leggera com'era entrata.
 
Ecco. Adesso sei davvero nei casini, Darcy.
Un assassino. Hai davanti un assassino senza scrupoli, ridotto al fantasma di sé stesso. Chiunque sia stato, ieri come settant'anni fa.
E tu? Sei come lui?
Fissare a lungo entrambe le siringhe, la consapevolezza di tenere una vita letteralmente fra le mani.
 
Poi, quegli occhi di ghiaccio.
Si aprirono incerti, lentamente, come feriti da quella poca luce. Un battito di ciglia, un altro. Un respiro, lento e profondo, a muovere quel petto lasciato completamente nudo.
Il braccio di metallo giaceva lontano dalla spalla in cui Clint aveva conficcato la sua freccia. Al suo posto, il fantasma di un braccio di carne ed ossa. Cicatrici, ferite a sfregiarlo, la pelle quasi macerata. Solo un flebile segno di vita nelle dita dell'altro braccio, quello che appariva sano.
Un mugolio di dolore, e quegli occhi si spostarono sui suoi.
 
Terrore.
 
Non aveva mai letto terrore, negli occhi di uno qualunque dei cattivi con cui aveva avuto a che fare.
A dire il vero, neanche in quelli dei buoni a cui scroccava un posto letto da quasi quattro mesi.
Si ritrovò di nuovo a deglutire amaro.
 
Non era una ragazza, era lei.
Lei, la ragazza col cappottino rosso, quella a cui aveva sparato in un giorno di pioggia. Quella di cui ricordava i lineamenti e pure il profumo.
L'unica vittima per cui aveva provato un'inspiegabile fitta di dolore. Lì, nel petto. A sinistra.
 
Provò ad articolare qualche parola, e il risultato fu un solo mugolio sommesso.
La ragazza fissava lui, e nel verde dei suoi occhi c'era rancore. Spostava i propri passi verso il letto, verso il polso che gli avevano legato alla sbarra metallica. Spostava i propri passi ed a sostenerla c'erano un paio di stampelle. Entrava totalmente nel suo campo visivo, e fra le dita aveva due siringhe.
 
Un mugolio, più forte. Adesso era il turno dell'iniezione, poi sarebbe arrivato l'elettrochock.
L'unica cosa che non riusciva a capire era perché, al posto del piccoletto con gli occhiali e dei suoi assistenti, ci fosse quella ragazza. Forse la stava sognando. Forse era un'immagine creata dalla sua mente per alleviare la sofferenza.
Forse..
 
Chiuse gli occhi, raccolse il respiro ed attese.
Se non sei un'illusione, ti prego, uccidimi..
 
Un brivido le percorse la spina dorsale.
Il mostro, il killer spietato, stendeva il collo e le spalle e raccoglieva il respiro. Si stava arrendendo, scopriva la pelle nuda alle sue mani.
La tua occasione, Darcy. Uccidilo.- recitò quella voce, nera, in un angolo della sua testa. Gli occhi sulla siringa piena di liquido ambrato, le dita ad armare l'ago, puntandolo contro il braccio legato alla sbarra metallica del letto.
 
Quegli occhi. Si riaprivano, lentamente, liberando il loro azzurro.
L'azzurro del cielo.
 
Steve. Lo stesso azzurro dei suoi, di occhi. La sua voce che difendeva a spada tratta un amico.
Un fratello.
 
Non uccide di sua volontà.. non è possibile! Lo stanno controllando, plagiando.. lui.. lui è..
 
Un sospiro, pesante. Il tappo trasparente di nuovo sull'ago, spostarsi appena ed appoggiare quella siringa sul carrello lasciato dai medici.
 
Bruciore. Dolore.
Il liquido che entrava sotto la pelle sembrava fuoco. Dal braccio, giù lungo il corpo, fino in gola e poi dentro il petto. Il dolore che cresceva, piegandolo ad urlare.
La voce che si rompeva contro le labbra, trasformandosi in un altro fioco mugolio. Il fuoco che andava ad invadere il braccio che non c'era più.
Voltò il viso, trovò la protesi metallica lontana da sé, e il grido si fece appena più forte. Il respiro a crescere, il cuore in gola.
 
La voce della ragazza oltrepassava il letto, ed ora quell'immagine leggera dotata di stampelle era accanto al fantasma del suo braccio sinistro, lo osservava con una smorfia indecifrabile.
- Stà buono.- le dita tese contro il suo petto, il suo calore addosso. Un calore dolce, un ricordo troppo lontano, sbiadito.
Piegò la fronte verso di lei, quasi a chiederne ancora. Quelle dita esitarono un istante, prima di concedergli una carezza, spostandogli i capelli dalla fronte e ricomponendoli oltre il suo collo.
Si arrese, concendendosi a quel tepore. Il respiro si fece più rilassato, regolare, mentre il dolore diventava sempre più fioco. La mano continuava ad accarezzargli i capelli, poi esitava sul collo, per scendere sulla spalla ferita e lungo il braccio, trasmettendogli un leggero pizzicore.
O forse no, non era quella carezza, ma solo l'effetto del medicinale che gli aveva appena invaso il corpo.
 
Un impulso.
Un impulso a quelle dita che non credeva di avere più. Uno, un altro. Le labbra della ragazza che si aprivano appena, di fronte a quella piccola meraviglia.
Il braccio fantasma del Soldato d'Inverno si muoveva. Le dita si aprivano e chiudevano, prima esitanti e poi più sicure.
- Oh.- adesso l'espressione della ragazza appariva di pura sorpresa - funziona sul serio..
Saresti inchiodata ad una sedia a rotelle, senza questa roba, Darcy. Pensa un po'. Logico, che funzioni.
 
Un minuscolo morso fra le labbra, prima di allontanarsi e cercare un punto d'appoggio. Tastare la sedia di plastica alle proprie spalle, lasciarcisi cadere non propriamente con grazia. Un sospiro di sollievo.
- Eh, sì. Cominciavo a vedere le stelle.- si rivolse all'uomo steso nel letto, malcelando ironia - mi hanno detto che è un bene. Se senti male, le tue gambe sono vive. Mah. A me fa male e basta.- un'occhiata veloce all'orologio che portava al polso - beh, nuovo record, ventisei minuti.- lasciò cadere il braccio sulle gambe, e stavolta il suo sospiro fu più pesante - ma che diavolo ci faccio, qui.. dovrei stare nella lounge a farmi coccolare, o in piscina a rilassarmi. E invece.. toh, seduta in una stanza da pseudo-clinica di lusso, a guardia dello stronzo che m'ha ridotto in questa maniera..
 
Un battito.
Quella voce perdeva tutto il suo velo d'ironia e s'incrinava, e il suo cuore perdeva un battito.
Ed è stata colpa mia..
 
Chiuse gli occhi, si forzò per un istante a tenerli così. Non voleva vederla.
Non voleva vederla, la sua vittima, l'unica per cui avesse provato dolore. Come se il proiettile avesse attraversato il suo petto, oltre quel corpo esile e leggero.
- Bene, s'è addormentato.- sbuffò Darcy, sollevandosi a fatica e riprendendo il proprio assetto sulle stampelle - piscina, arrivoo..
 
Il tempo di muovere una manciata di passi in direzione uscita, e quella voce ebbe il potere di congelarla.
- Perché..?
Si voltò, aggrottando le sopracciglia. Ha parlato? E' lui, che ha parlato?
 
Silenzio. Una minuscola smorfia, riprendere i passi.
 
- Perché..?
Quella voce, di nuovo. Un velo, quasi impercettibile. Ruotò di centottanta gradi e tornò accanto al letto, senza nascondere la fatica e il dolore che ricominciava ad invaderle la schiena.
- Ce l'hai con me?
 
Quegli occhi di ghiaccio avevano ripreso a fissarla, silenziosi. Il respiro a muovere lentamente quel petto nudo. Le dita di quella mano a tendersi verso di lei.
- Oh, no. Ti ho già toccato abbastanza. Non sono venuta per tenerti compagnia, tantomeno per farti le coccole. Sei un assassino. Uno stronzo, e un assassino. E sì, l'idea era quella di vendicarmi. Questo è cianuro.- raccolse la siringa che aveva abbandonato sul carrello e gliela mostrò, facendosi cupa -..ma io non sono come te. Se fossi come te, non avrei avuto bisogno neanche di Simmons e di questa siringa. L'avrei semplicemente calcata un po' di più, la lama. E ci avrei goduto, nel vederti cadere in ginocchio e spruzzare sangue. Fino all'ultima goccia. Boccheggiare. Chissà, forse mi avresti chiesto pietà. Ti avrei calciato schiena a terra, per guardarti in faccia mentre crepavi. Ma io non sono come te. Non sono te.
 
Il cuore in gola. Non ricordava di aver mai sentito nessuno pronunciare quelle parole, sputando fuori tutto quel veleno. Ricordava l'uomo del ponte, le parole con cui s'era arreso sotto i suoi pugni.
Sei il mio migliore amico. Sarò con te fino alla fine.
 
Ricordava l'abbraccio ed il sorriso di una ragazza, sotto luci da luna park. Un fucile tra le mani, e poi la neve. Gelida, sul viso. Poi tutto si confondeva ed andava in pezzi, come minuscole schegge di vetro, e faceva male.
 
Ma non c'era il piccoletto con gli occhiali, a scuotergli la testa con lo chock.
Chiuse di nuovo gli occhi, una, due volte. Un'orribile sensazione di nausea a chiudergli la gola, a rubargli il respiro. Piegò la fronte verso il lenzuolo, socchiuse le labbra cercando ossigeno.
 
Una lacrima sfuggì al suo controllo.
 
Non sono come te..
 
Quando ebbe la forza di riaprire gli occhi, la ragazza era sparita.

 
  
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