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Autore: mikyintheclouds    31/05/2014    2 recensioni
Alice è una ragazza distratta e un po' impacciata che decide di abbandonare tutto e volare a Los Angeles per lavorare un anno come ragazza alla pari. Cose le riserverà il futuro?
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se mi avessero detto che a ventidue anni suonati mi fossi trovata su un aereo in piena estate diretta a Los Angeles, avrei riso in faccia a quelle persone fino a farmi venire le lacrime.
E invece eccomi qui, seduta sul sedile più scomodo del pianeta, con una crisi di panico che aumenta di minuto in minuto.
Mi presento. Mi chiamo Alice Negri, classe 1991, un metro e cinquantasette/cinquantotto in base a chi mi misura, 54 chili di peso (sarebbero 55, ma di solito ne levo uno perché magari mi peso quando non sono andata di corpo, ho i peli e poi di sicuro i capelli peseranno almeno un chilo, no?), occhi marroni, capelli lunghi quasi fino al sedere castano chiaro, tendenti al biondo, drogata di telefilm, laureata in Produzione e Protezione delle Piante e dei Sistemi del Verde (Agraria per gli amici) con nessuna prospettiva lavorativa in Italia, futura ragazza alla pari a casa di un uomo vedovo di cui per ora conosco solo l’indirizzo e il nome –Oliver-, con un bambino piccolo –Eric-, e con una paura folle degli aerei.
Ebbene sì, volare è una delle cose che più mi terrorizza al mondo. Strano, direte voi, per una che ama viaggiare e che è stata in Francia, Inghilterra e Olanda e che ora sta tentando di farsi un futuro dall’altra parte del mondo, ma l’idea che l’uomo abbia costruito una cosa che è in grado di stare sopra al niente mi destabilizza mentalmente, perché fondamentalmente non la concepisco. Penso che se l’uomo sia nato sulla terra ferma ci sia un motivo no? Forse non gli era dato di volare, di sfrecciare a quella velocità (anche un po’ esagerata per i miei gusti) fra le nuvole!
In realtà sono in panico già da una settimana. Ho passato le notti precedenti la mia partenza a imbottirmi di tranquillanti a base di valeriana, passiflora, melissa e tutti i loro amici per riuscire a dormire tranquilla (con risultati soddisfacenti, però, devo dire) e ho evitato la televisione come se fosse la peste perché, neanche lo facessero apposta, trasmettevano soltanto film con disastri aerei.
Come se non fossi già preoccupata di mio!
Poi, a dirla tutta, la mia paura più grande è quella di un attentato terroristico. Magari non uno così disastroso come quello delle Torri Gemelle, ma qualcosa di simile, per esempio che cadiamo sopra una città, contro un edificio, qualcosa che faccia notizia, insomma.
Ma ve lo immaginate? Il mio nome su tutti i giornali e in tutti i notiziari, il volto dell’attentatore diffuso da tutti i principali media. La Farnesina che contatta i miei genitori, il mio corpo fatto a brandelli che…okay, okay, basta, meglio non pensarci.
Che poi, come si fa a capire se uno è un terrorista? Cioè potrebbe benissimo trovarsi su questo aereo dopo aver sapientemente evaso le misure di sicurezza (come si vede nei classici telefilm di spionaggio) e noi non ce ne accorgeremmo nemmeno.
Vi devo confessare che, in preda alle mie paranoie, ho provato a classificare uno dei miei compagni di viaggio come possibile terrorista, tuttavia senza nessun risultato. Mi sono concentrata principalmente su quelle persone che non ti aspetteresti mai, perché se c’è una cosa che ho imparato dai telefilm (soprattutto Desperate Housewives), è che nessuno è quello che sembrerebbe essere.
Magari potrebbe essere quella ragazza con quel naso osceno, l’acne e una ricrescita di almeno due centimetri che è seduta due file avanti a me, o quel signore alto, magro, pallido, con il riporto, la giacca che non si abbina ai pantaloni e gli occhi vicini (se guardate i telefilm, gli assassini hanno sempre gli occhi vicini) o ancora quel belloccio tutto muscoli e addominali che ho fissato spudoratamente mentre appoggiava una borsa sopra al suo sedile e che ovviamente non mi ha degnata neanche di uno sguardo.
Ma chi mi dice che non potrebbe essere quel cesso cosmico una fila davanti a me che mi ha fatto un sorrisone e l’occhiolino quando sono salita, sperando che mi sedessi accanto a lui e che adesso continua casualmente a girarsi con ogni scusa possibile e immaginabile verso di me?(grazie al cielo per una volta la sfiga non ha fatto capolino e non sono vicina a lui, anche perché mi sono un po’ stufata di essere sempre presa di mira da quelli brutti).
Oppure anche il pilota stesso. Certo! È per forza così! Stanco del suo lavoro, sottopagato e senza la garanzia che gli rinnovino il contratto. Di questi tempi sarebbe una buona scusa per fare qualche gesto estremo. Magari poi si scopre che aveva litigato anche con la moglie e preso dalla rabbia aveva deciso di fargliela pagare con un bell’omicidio di massa.
Persa nel turbinio dei miei pensieri (no, turbinio è una brutta parola in questo momento; non vorrei mai invocare una turbolenza), vengo bruscamente riportata alla realtà da un “Signorina? Signorina, mi scusi…” pronunciato da voce maschile imbarazzata e accompagnato da un irritante indice che picchietta in modo insistente sulla mia spalla.
Apro gli occhi che fino a quel momento erano chiusi per la paura e smetto per un momento di masticare freneticamente la gomma che ho in bocca da prima che decollassimo e che tra qualche minuto mi provocherà una lussazione della mascella e della mandibola, e mi rivolgo verso il signore che sta accanto a me, guardandolo tra il sorpreso e il curioso.
Cosa mai vorrà da me questo comune uomo di mezza età leggermente stempiato e con quegli occhiali dalla montatura troppo grossa per il suo naso fine e aguzzo?
Oddio, ti prego, dimmi che non ho espresso i miei pensieri ad alta voce come quella volta che in treno avevo le cuffiette, mi sono messa a canticchiare apparentemente a voce bassa e poi mi sono resa conto che stavo stordendo tutto il vagone con la mia cantilena stonata.
“Si?” Rispondo vaga, facendo una faccia che vuole essere al tempo stesso sexy, indifferente e seccata. Ovviamente non mi riesce e lui mi fissa stranito e un po’ spaventato dalla mia espressione.
“Mhh…potrebbe, ecco, gentilmente spostare la mano dal mio braccio?” Seguo il suo sguardo e mi accorgo con orrore di avere le unghie conficcate nel suo braccio all’altezza del polso.
Ecco perché questo bracciolo mi sembrava un po’ troppo morbido a differenza dell’altro. Balbettando delle scuse tolgo subito la mano, diventando immediatamente rossa. Bene, sono lontana da casa da poche ore e ho già fatto una figura di merda colossale. Tutte le gioie a me, mi dicono! Perché non c’è un avviso sonoro che indica quando stai per fare una brutta figura? Come quando sparli di una persona e poi ti accorgi di averla alle spalle? (Non fate quella faccia, a tutti capita!). Oddio, forse, ripensandoci, un oggetto che avvisa non sarebbe poi l’ideale, il mio suonerebbe di continuo.
Incrocio le braccia per evitare di fare altre figuracce, indosso le cuffiette, chiudo gli occhi e mi isolo dal mondo. In questo momento mi sento tanto Cristoforo Colombo a bordo di quelle caravelle, non aspetto altro di sentire la parola “TERRA!”.
 
All’aeroporto impiego un’eternità a recuperare il bagaglio, come di consueto, ma almeno l’ho trovato ed è integro. Non come quella volta a Heathrow quando mi sono ritrovata la valigia con un taglio da un lato, un reggiseno zebrato alquanto imbarazzante che penzolava fuori indisturbato e senza nemmeno più un paio di calze che ovviamente erano tutte da quel lato ed erano cadute fuori.
Devo essermi addormentata ad un certo punto, perché ho una faccia oscena, le occhiaie che toccano terra, i capelli appiattiti nel punto in cui la mia testa appoggiava al sedile e pieni di nodi altrove, un alito che ha un impellente bisogno di una rinfrescata (anche le gomme si sono arrese) e una macchia di non-so-quale-schifezza su una gamba dei pantaloni che tento in tutti i modi di coprire con la borsa. Non ho idea di dove mi trovo, né tanto meno di che ora sia, ma di una cosa sono certa: non c’è stato nessun attentato e sono atterrata sana e salva e già questo è un buon motivo per gioire, considerata la mia eterna sfiga.
Seguendo i cartelli mi porto verso la stazione dei taxi per andare in quella che per il prossimo anno sarà casa mia.
Faccio un po’ la camminata da modella (giusto per far vedere che anni di danza e le lezioni di zumba mi hanno dato un’eleganza che spaccio per naturale, oltre che pancia piatta, addominali e chiappe sode), anche se ho tutto meno che il portamento da modella; inizio comunque a guardare fisse davanti a me, come se già sapessi dove devo andare, petto in fuori e pancia in dentro, un piede davanti all’altro, mentre con la mano libera dai bagagli m’infilo con nonchalance un paio di occhiali da sole (comprati apposta per venire qui) e nel frattempo agito la mia folta chioma biondo dorata come si vede fare dalle rappresentanti di capelli nelle pubblicità.
Risultato: sto per schiantarmi bruscamente contro un uomo, o per meglio dire un armadio, carico di zaini e borse che procede di corsa perpendicolarmente a me, mi fermo di colpo e inciampo in una delle valigie, rischiando di trovarmi con il sedere per terra e per poco non mi cavo un occhio con la bacchetta degli occhiali.
Arrossendo mi guardo intorno, sperando che la gente sia occupata a fare altro e che non abbia visto l’intera scena. Grazie al cielo nessuno sembra aver notato la mia potenziale figura di merda cosmica. Anche il signore mi domanda scusa rapidamente senza nemmeno fermarsi o guardarmi in faccia e si allontana correndo. Ogni tanto essere alta quanto un gambo di asparago dà i suoi frutti.
Raggiungo le porte scorrevoli e mi fermo un attimo, come fanno nei film, ad osservare il panorama.
Okay, non è per niente come in un film quando guardano fuori e vedono il mondo che li aspetta desideroso delle loro avventure; noto, infatti, una strada normale, un taxi anonimo e un tassista appoggiato ad esso che si da una registrata ai gioielli di famiglia. Benvenuta in America!
Appena si aprono le porte di vetro, vengo investita da un vento fortissimo e se prima i miei capelli erano un orrore, ora vagano impazziti ovunque, frustandomi le guance e gli occhi e, siccome ne ho veramente tanti, fatico davvero a trattenerli e tento invano di legarli in una coda, cercando nel frattempo di tenere in mano le mie due valigie e la borsa.
Risultato: mi cade tutto di mano, mi chino per raccogliere il più in fretta possibile le mie cose e levarmi da quella sgradevole, nonché imbarazzante situazione, quando mi cadono gli occhiali che per un soffio non vengono schiacciati dal belloccio che stava con me in aereo e che ora si bacia appassionatamente con una bionda tutto culo, tette, extension, tacchi, minigonna e botulino che mi guarda come se fossi la povera sfigata che in effetti sono.
Fantastico! Sono in America da cinque minuti e già mi viene da piangere!
Mi rialzo a fatica, respiro profondamente e mi avvio verso il primo taxi disponibile che abbia un tassista con un viso per lo meno amichevole.
Scelgo un biondino, magro e minuto, con in testa un cappellino di una squadra di baseball che, con una forza che non gli attribuiresti, solleva senza alcuna fatica le mie due valigie e le depone facilmente nel porta-bagagli.
“Dove?” Mi chiede con il tipico accento americano.
Gli do un fogliettino con la mia meta, per non rischiare di sbagliare la pronuncia e ritrovarmi poi a casa del Signore, mi accomodo meglio che posso sul sedile –evitando quella macchia dal colore poco raccomandabile- e mi perdo a guardare il paesaggio che si apre dinanzi ai miei occhi.
Cielo azzurro senza nuvole, strade enormi, per una come me abituata alle viuzze di paese dell’Italia, e file di palme che si perdono a vista d’occhio in quello che sembra un viale senza fine, siccome qui non ci sono le montagne a cui sono abituata (ho scordato di dire che sono di Lecco).
Ed eccomi qui, nonostante tutto non posso fare a meno di sorridere, la mia avventura sta per cominciare!
 
 
 
 
 
Ciao! È la prima volta che scrivo una storia originale fino ad ora mi sono dedicata a fanfiction, ma mi è venuta l’ispirazione e l’ho afferrata al volo. Se vi va ditemi che ne pensate. Accette volentieri anche le critiche. Alla prossima, spero =) 
  
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