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Autore: AxXx    31/05/2014    2 recensioni
Asgard e Dun Scaith.
Due rifugi, il primo per Semidei l'altero per Reincarnazioni di Druidi. Apparentemente impenetrabili. Ma quando da entrambi i luoghi spariscono due oggetti sacri, rubati da uno sconosciuto, le rispettiva parti si metteranno alla ricerca.
Senza sapere che questo li porterà a incontrarsi.
E ad affrontare, non solo loro stessi, ma anche un mostro così antico e potente che persino gli Dei temono di dover affrontare.
[Crossover di Cronache di Dun Scaith e Cronache del Nord]
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Alex – Qualcuno mi rovina il Natale

 

 

 

 

Ad Asgard era il solstizio d’inverno.

Da noi come dai greci, era una festività importantissima, dato che durante quel periodo, la natura si rinnovava. Era la festa di Idunn e tutta Asgard era in festa. La città era piena di elfi, nani e giganti delle pianure che montavano banconi del mercato e appendevano festoni. Dato che il solstizio di inverno, praticamente, coincideva con il Natale, praticamente le due feste si erano fuse. La strada principale di Asgard, già sfavillante con le sue statue di divinità e gli edifici dorati, era illuminata ancora di più da festoni a forma di stella cadente e ossa con le candeline negli occhi. A quanto pare le nostre divinità trovavano molto natalizio appendere agli alberi spade, teschi e scudi dei nemici abbattuti.

Non contestavo questa scelta, seppure molto macabra che, a mio parere, sarebbe stato meglio avere ad Halloween.

Ero mano nella mano con Astrid che si guardava intorno con aria molto leggera e allegra. Dopo la fine del mondo, si tende ad essere molto felici di essere vivi.

“Sei bellissima, sta’ sera.” Le sussurrai, mentre le carezzavo i capelli scuri.

“Grazie, anche tu non sei male.” Mi rispose, dandomi un dolce bacio sulla guancia.

Arrossii osservando la stupida armatura di acciaio asgardiano che mio padre mi aveva costretto ad indossare perché ero il figlio di Odino, salvatore di Asgard, e bla bla bla bla, tutte cavolate per cui dovevo indossare quella roba che mi faceva sembrare una disco-ball ambulante. Almeno Astrid era vestita bene. Aveva un paio di jeans neri, una maglietta verde e una giacca scura, il tutto ben intonato e si era persino truccata e stava benissimo.

Incredibile, avremmo avuto una vera serata romantica senza rischio di mostri che volevano mangiarci.

“Insomma…” Borbottai. “Sembro una palla da discoteca… tutte le luci si riflettono sull’armatura. Almeno è leggera.”

“Ma smettila!” Disse lei, ridendo e dandomi una patta sulla nuca. “Sei l’Eroe di Asgard! Sei il nostro più grande eroe! Devi essere visibile.”

“Certo, visibile, non accecante.” Ribattei, con un sorriso, mentre la baciavo.

Sarei rimasto incollato per sempre alle sue labbra se non fosse che qualcuno ci piombò alle spalle, facendoci prendere un colpo.

“Piccioncini!” Urlò Einar, con un sorrisone da combina guai stampato in faccia.

“Einar, per gli Dei, dovrei strangolarti!” Ribattei furioso, mentre riprendevo fiato.

Astrid si era stretta a me per lo spavento, ma appena si era accorta che era il nostro amico, si era ricomposta subito. Non le piaceva mostrarsi debole, ma era arrossita tantissima.

“Lo so, capo… ma sono qui per ordine di Frigga. Ci stiamo radunando per il discorso di Odino che vuole ringraziarti eccetera. Sai che non puoi mancare.” Si giustificò il figlio di Loki, dandomi una gomitata. Era fatto così, lui, doveva per forza far venire infarti alla gente.

Sbuffai, mentre pensavo a tutto ciò che avevo passato. Guerre, sofferenze, morti. Non potevo, semplicemente, passare un po’ di tempo con la mia ragazza? Avevo combattuto tanto e l’unica cosa che chiedevo era un po’ di calma per me stesso e per lei.
Piccolo inconveniente: la vita di un semidio non PUO’ essere calma.

“Vai, eroe. Ti meriti tutte le attenzioni possibili, hai salvato Asgard, dopotutto.” Mi rimproverò Astrid, con un sorriso.

“Darei tutte queste imprese ad altri per poter passare un po’ di tempo da solo con te.” Risposi, senza esitare, dandole un bacio sulla fronte.

“Lo so, ma potremmo stare dopo, insieme.” Mi rassicurò abbracciandomi.

Alla fine dovetti cedere e, insieme ad Einar, mi diressi al Palazzo principale di Asgard, sede di mio padre, Re supremo degli Dei Norreni. Era un edificio maestoso e, in tutto dava l’idea del palazzo di un Dio abituato a vincere sempre e comunque. Le colonne erano fatte di lance, il tetto e le pareti di scudi, spesso i corredi erano fatti di spade ed asce incrociate che sostenevano torce e bracieri. Il trono di mio padre era sopraelevato, rispetto agli altri e sedeva a capotavola della Sala dei Banchetti, dove tutti gli Dei e gli eroi si radunavano per festeggiare le loro vittorie. Quest’anno era un giorno particolare, dato che Asgard era stato salvata, quindi i banchetti erano ancora più allegri e festosi.

“Padre.” Dissi, inchinandomi con reverenza, anche se mi sentivo rigido come uno stoccafisso. Il rapporto tra me e papà non era proprio il massimo.

“Figlio. Questo solstizio d’inverno tu sarai un ospite d’onore, ad Asgard. Desidero che tutto sia perfetto.” Disse, senza sprecarsi in nessun saluto formale. Ormai c’ero abituato, avevo smesso di preoccuparmene.

“Lo sarà, padre. Nulla ci minaccia più.” Replicai, con sicurezza. D’altro canto non avevo idea di chi potesse minacciare la nostra tranquillità. Loki era tranquillo ed i suoi adorabili figlioletti erano stati rimessi in catene, il che riduceva di molto i nemici che dovevamo affrontare. Grazie agli Dei.

“Lo spero bene… vai nella tua stanza a prepararti.” Mi ordinò, mentre si alzava dal suo trono dorato, per poi dirigersi verso una stanza, lasciando Gunginr appoggiata ad uno dei braccioli.

Sì, ho una stanza, ad Asgard. Ufficialmente tutti i figli di Odino ce l’hanno, preparata a posta per loro, ma non la usavo praticamente mai, soprattutto perché mi sentivo a disagio. Preferivo passare il tempo a casa di mia madre, pur essendo costantemente minacciato dai mostri. Ovviamente era una stanza molto all’antica: letto a baldacchino, poltrona, camino e altra roba che andava di moda, si e no, prima dell’anno mille.

Avevo voglia di sentirmi un po’ più libero, così, in attesa che iniziasse la cerimonia ufficiale, mi liberai dell’armatura, appoggiandola su un manichino apposito. Teoricamente per togliere una corazza ci vorrebbero trenta minuti, ma, fortunatamente, la mia era un indumento magico. Appariva come una comune felpa argentea, ma una volta che tiravo su la zip mi si applicava, addosso un’armatura completa in acciaio Asgardiano. Un dono di Vidarr per le mie ottime prestazione in battaglia.

Sospirai.

Un'altra responsabilità di cui curarsi.

“Avanti, Alex, ancora qualche ora e poi potrai stare tranquillo.” Mi dissi, massaggiandomi le tempie. Ormai tutti, al Campo e ad Asgard, mi chiedevano di tutto. Tutti si affidavano a me per sapere che fare ed io facevo del mio meglio per vincere. Ma la verità era che ero oppresso.

Io non ero onnisciente, non ero invincibile. Quanto tempo mancava prima che io commettessi un errore che avrebbe condannato tutti. Non volevo pensarci. Avrei voluto stare tutto il giorno con Astrid. L’unica persona che non si aspettava nulla, da me, a parte il mio amore. Un sentimento che io ricambiavo e non avevo problemi a dare.

Ero così perso nei miei pensieri che quasi non mi accorsi dell’urlo spacca-timpani che veniva da sotto.

“AL LADRO!!! LA MIA LANCIA!!!”

Sobbalzai finendo con il sedere per terra, mentre maledivo mio padre che urlava. Mi ci vollero, però, due secondi per capire che la situazione era grave. Non mi misi nemmeno l’armatura, afferrai Excalibur e corsi di sotto. Per poco non inciampai, mentre correvo giù, saltando i gradini, letteralmente. Scansai due servitori elfi e un paggio nano che mi bloccavano la strada e, alla fine, riuscii a raggiungere nuovamente la Sala del Trono.
Odino osservava con orrore il suo trono, insieme alla moglie Frigg e il figlio Baldr. Gugnir era sparita.

“Per gli Dei!” Esclamai, esterrefatto.

“Alex!” Mi chiamò mio padre, con il volto stravolto dalla rabbia. “Raduna tutti i tuoi guerrieri! Dai l’allarme! Il ladro non deve fuggire!”

Non mi servirono altri incoraggiamenti. Il suo sguardo inceneritore bastò. Deglutii e corsi all’esterno, mentre odino richiamava a sé gli altri Dei, dando ordini. Superai il portone principale notando che le guardie elfiche erano state abbattute. Mi avvicinai un attimo per esaminare le ferite: colpi di spada, senza dubbio. Dati da uno spadaccino molto abile e violento, inoltre. Dovevo mettere in allerta tutta l’orda.
Io corsi per le strade, radunando tutti i ragazzi che trovavo, informandoli del furto dell’arma sacra del Re degli Aesir.

“Cercate ovunque, anche sotto i sassi, se necessario! Un arma non se ne va in giro da sola, il ladro dev’essere ancora ad Asgard!” Intimai, rivolgendomi a Daniel, uno dei figli di Thor, che mi rispose chinando leggermente il capo, in segno di rispetto.

Continuai a correre, seguendo la via principale affollata, dando l’allarme a tutti coloro che incontravo. In poco tempo tutta la Città Sacra era in allerta. Proseguii ancora, ma, girando un angolo, mi trovai davanti, o meglio, investii Astrid che stava correndo nella direzione opposta, seguita da Einar.

“Ah!” Strillò, lei, finendo a terra.

“Scusa, dolcezza.” Ribattei, con un sorriso, rialzandomi e porgendole una mano per aiutarla.

“Ti ho detto mille volte che non mi piace che tu usi certi nomignoli.” Sbuffò la mia adorata figlia di Hell che, però, accettò l’aiuto.

“Capo, tu si che sai come fare colpo.” Scherzò il figlio di Loki ghignando.

“Stai zitto Einar!” Sbottammo sia io che Astrid, nello stesso tempo, finendo con l’imbarazzarci ancora di più.

“Sì, certo. Allora… ascoltate, c’è un problema.” Inizia, scuotendo la testa, per far passare il rossore.

“Abbiamo sentito il casino. Che è successo?” Chiese mi chiese la mia ragazza, leggermente in ansia.

“Qualcuno è penetrato nel palazzo principale… e ha rubato Gungnir.” Risposi, ansimando per la corsa. Ero nervoso, come al solito, quando mi davano un compito. Ma dovevo mantenere un minimo di calma e ragionare.

“Abbiamo idea di chi sia?” Chiese Einar, improvvisamente pensieroso. Lo diventava, quando la situazione si faceva importante. Poteva essere scherzoso quanto voleva, ma se le cose si facevano difficili, non le prendeva sotto gamba.

“No, nessuno l’ha visto e mentre uscivo ho visto i cadaveri delle guardie. Chi li ha uccisi dev’essere un guerriero abilissimo e uno spadaccino. Le ferite erano, senza dubbio, stati vibrati da una lama affilata.” Risposi, subito. Non avevo tempo per girarci intorno, anche se, nella mia testa, si affollavano già un sacco di domande. Chi era il colpevole? Come aveva fatto a superare il Bifrost? Perché aveva rubato la Lancia di Odino? Da dove veniva?

Una piccola parte di me disse che, forse, potevano esserci i romani, di mezzo, ma esclusi che fosse colpa loro. Ormai erano nostri alleati, anche se, ogni tanto, se la prendevano perché li battevamo in una simulazione di battaglia campale.

“Dobbiamo muovere le chiappe!” Sbottò Astrid, dandomi uno strattone.

“Dritt!” Imprecai, sentendomi un idiota. Mi ero bloccato. “Hai ragione, andiamo!”

La Città Sacra, ormai, era in allarme. Elfi guardiani, semidei e nani giravano ovunque, alla ricerca del colpevole, ma non sembravano esserci risultati. Feci del mio meglio per organizzare una ricerca a tappeto. Detti ordini e direzioni, organizzando squadre, ma ancora nulla.

“Gente, non stiamo facendo progressi…” Fece notare Einar, dopo l’ennesimo quartiere battuto a tappeto, senza successo.

“Hai ragione… ma dove potrebbe essere il ladro?” Chiesi, esasperato. Impossibile che avesse già lasciato Asgard. Non poteva essere così veloce e sapevo che, come procedura di emergenza, in questi casi, Heimdallr chiudeva il Bifrost.

Fu allora che Hugin mi sorvolò, stridendo furiosamente, come impazzito. Ad altri risultava incomprensibile, il suo linguaggio, ma io, in quanto figlio di Odino, riuscii a capire queste parole: “Il Bifrost! Il Bifrost non si chiude! Sabotaggio! Il Ladro! In Fuga! Fermatelo, ordine del Re, Fermatelo!!!”

“Dritt! Einar, abbiamo già controllato le porte di Asgard?” Chiesi, mentre una gelida consapevolezza si faceva strada nella mia testa.

Lui si accigliò e rispose: “No, non abbiamo ancora mandato nessuno, lì.”

“Dannazione!” Urlai, richiamando Vesa con un fischio. Dovevo raggiungere la porta, sperando che il ladro non fosse giù uscito.

“Ehi, capo! Che succede!?” Chiese il figlio di Loki, stupito.

“Hanno sabotato il Bifrost! Il ladro starà sicuramente fuggendo, dobbiamo intercettarlo!” Strillai in risposta, per farmi sentire sopra il battito d’ali della mia viverna, pregando che avesse sentito e che mi avrebbe raggiunto.

Una cosa era certa, però: dovevo assicurarmi che nessuno fosse uscito.

Sorvolai rapidamente tutti i quartieri di Asgard, ancora sfavillanti per le luci e la festa, degenerata, ormai, in una gigantesca perquisizione a cielo aperto. Le alte mura erano intere, ma i cancelli erano aperti: dovevo assolutamente chiuderle ed impedire il controllo manuale del Ponte Arcobaleno, prima che fosse usato.

Atterrai proprio quando un ragazzo incappucciato, con un lungo involucro legato alla schiena usciva da un vicolo laterale, dove vedevo Astrid, stesa a terra, con una ferita al braccio.

“Astrid!” La chiamai spaventato. Il suo sangue mi fece sentire male: non potevo permettere che le succedesse qualcosa.

“Sto bene, occupati di quell’idiota!” Mi urlò, indicando il guerriero che scappava verso il Bifrost aperto. 

Mi bloccai ed osservarlo. Era poco più basso di me, tarchiato, robusto e indossava jeans e una maglietta rossa che sporgeva da sotto la felpa. Da sotto il cappuccio vidi che il volto era ricoperto di lentiggini e a fianco aveva una spada. Non sembrava sorpreso di vedermi, ma manteneva un volto impassibile, quasi fosse una statua mobile.

“Fermo, bastardo!” Urlai, per poi darmi dell’idiota. Era ovvio che, dopo un avvertimento del genere, non si sarebbe mai fermato.

Infatti quello, mantenendo un espressione stranamente indifferente, si mise a correre ancor più veloce verso i Cancelli di Asgard, con io che lo inseguivo alla massima velocità. Vesa era volata in alto, ma non osava attaccare, nel timore di danneggiare Gungnir.
Avevo poco tempo per agire e quel tipo era troppo lontano da me, per poterlo placcare. Avevo una sola possibilità: concentrai l’energia magica, di cui mio padre era custode e la canalizzai nelle mie braccia da cui uscirono cinque sfere violette che crepitarono di energia, dirigendosi a tutta velocità verso l’intruso.

I proiettili sfrigolarono fino a colpirlo alla schiena. Non era una magia letale, ma provocava bruciature e lesioni minori. Utile per distrarre o rendere inermi degli avversari. Eppure quello barcollò, ma non cadde. Si voltò ed estrasse la spada, pronto ad affrontarmi.

“Come vuoi.” Lo minaccia, prendendo Excalibur, parando il primo fendente.

Iniziammo a duellare vicino alle porte e, dovevo ammetterlo, era molto abile, non riuscivo a prendere il sopravvento, nonostante lo stessi mettendo in difficoltà. Lanciavo fendenti e affondi, ma il ladro, nonostante fosse appesantito dalla lancia, riusciva a reggere i miei assalti.

“Arrenditi. Restituisci Gungnir e ti lascerò andare.” Gli promisi, mentre eravamo in stallo.

“Ordine… rubare… l’arma di Odino.” Rispose il ragazzo, con voce atona.

Mi accigliai: qualcosa non andava. Quel tipo sembrava un robot privo di volontà. Mi separai da lui, pronto ad attaccarlo di nuovo. Ci slanciammo di nuovo l’uno contro l’altro. La sua spada mancò, di pochi centimetri, la mia gamba, ma Excalibur volò contro il suo viso.
Avrei potuto ucciderlo, ma la mia coscienza, ancora una volta, mi bloccò. Deviai la traiettoria della lama che finì con il tagliare in due il cappuccio del ragazzo, permettendomi di vederlo bene in faccia, questa volta. Aveva gli occhi scuri, i capelli castani ed era pieno di brufoli, come avevo intuito. I suoi occhi erano vitrei e inespressivi. Capii subito che era controllato. Agiva al di fuori della sua volontà.
Ma chi era?
Non l’avevo mai visto al campo, eppure, data la sua abilità, doveva essere per forza un semidio, o qualcosa del genere.

“Ehi, tu, ascoltami.” Provai a richiamarlo, abbassando la spada.

Prima che potessi fare qualcos’altro, però, il tipo brufoloso, mi scagliò contro la spada. Era una mossa disperata, di solito, un modo idiota per distrarre i propri avversari e avere il tempo di scappare. Ma molto efficace.
Infatti, nel tentativo di evitare la letale arma, fui costretto a gettarmi a terra. Questo diete il ladro il tempo di scappare e di guadagnare il Bifrost.

“Non ci provare, fermo!” Gli intimai, rialzandomi, pronto a seguirlo.

Troppo tardi.
Quello afferrò i comandi manuali del ponte dell’arcobaleno e lo attivò. Le porte si illuminarono e il suo corpo fu avvolto da quella che sembrava una spirale di colori, fino a sparire del tutto.

“Dritt!” Imprecai, furibondo. Avevo fallito.

“Alex…” Mi chiamò Astrid, ancora ferita, nel vicolo. “Non è colpa tua.”

Sospirai e mi avvicinai a lei: “Per gli Dei, mi sono fatto fregare da una mossa del genere.”

“Dai, lascia stare.” Mi rassicurò la mia ragazza, tenendosi la ferita. La esaminai: non era molto grave, ma per un paio di giorni non avrebbe potuto combattere.

“Chiunque tu sia, ti troverò, ragazzo… scoprirò cos’è successo e se scoprissi che non eri comandato, non ti darò mai pace.” Pensai, stringendo i denti, furioso. Potevano farmi di tutto, ma nessuno poteva toccare Astrid.  

 

 

 

 

 

 

 

 

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[Angolo Autore.]

Salve gente. Ecco a voi l’ennesimo spin-off (Questa volta approvata da Water_Wolf) di Cronache del Nord. Questa volta il crossover non è con un libro di Rick Riordan, ma con un'altra Fanfiction: Cronache di Dun Scaith (Mamma mia, che nomi folli, questi celti).
Ad ogni modo, ecco a voi il primo capitolo in cui vediamo Alex alle prese con Astrid, suo padre ed un tizio che, per poco, gli uccide la ragazza. Direi che ci sono tutti i presupposti per voler odiare i Celti. :3
Ad ogni modo, se non lo sapete, il tizio che ha rubato la Gungnir è un celto, sì, ma non è così semplice. Il problema è far capire ai Norreni la verità, perché, probabilmente, Alex massacrerà di botte il poveretto che gli ha ferito Astrid.
Ad ogni modo, spero che la storia vi sia piaciuta.
J
Un saluto da me e da Fan of the Doors.
Mi raccomando, dite cosa ne pensate.
AxXx

 

 

 

 

  
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