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Autore: annasophia evans    03/06/2014    2 recensioni
The Training.
--Steve è Capitan America, ma da un po’ di tempo a questa parte è completamente solo e la sua vita è stranamente vuota. Si sente inutile e deve fare qualcosa, per se stesso e per gli altri.
--Jess ha un potere straordinario che non sa come usare. La materia che le circola al posto del sangue deve essere studiata e lo S.H.I.E.L.D. la chiama per addestrarla ad essere una futura salvatrice, magari ‘vendicatrice’. Le sue aspettative sono basse, e non sa cosa aspettarsi.
--Si troveranno e sarà come rinascere. Cambierà tutto, e loro saranno costretti a vivere i migliori e i peggiori momenti delle loro vita.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Steve Rogers
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter 2.


Jess
-Nei prossimi giorni dovrete seguire un allenamento ben preciso, cinque volte alla settimana. Alcuni di voi dovranno essere sottoposti a specifici esami, altri avranno solo lezioni in privato per sviluppare le proprie capacità- nella mia mente si sono già formati i due gruppi, e io sono dalla parte degli esami. –Una volta a settimana, invece, dovrete sottoporvi a delle sedute psicoterapeutiche.-
-Non siamo matti.- qualcuno mormora velocemente queste parole e un gruppo di ragazzi dall’altra parte della sala ridacchia cercando di non sembrare troppo inopportuni. E come se Nick Fury avesse le orecchie impiantate in ogni parete della stanza, risponde prima che tutti si rendano conto di cosa è appena accaduto.
-Non siete matti, ma siete supereroi. Se volete essere supereroi, avete bisogno di essere sani. Mentalmente e fisicamente.- un occhiolino fugace e il silenzio totale.
Quella che prima era una folla di persone, è diventata una lunghissima fila. Inizia esattamente nel punto dove Fury ha fissato il foglio dei turni con una spilla che riflette impercettibilmente la luce dalla porta fino al soffitto.
Arrivato il mio turno, alzo la testa velocemente e in pochi secondi memorizzo la sequenza per le prossime due settimane.
Lunedì: Allenamento Fisico
Martedì: Allenamento Fisico
Mercoledì: Seduta Scientifica
Giovedì: Allenamento Fisico
Venerdì: Seduta Psicoterapeutica
Cerco di ricordare la data e l’orario. È 23 Settembre, venerdì, e l’orologio attaccato alla parete mi suggerisce che mi restano solo 10 minuti per arrivare allo studio.
Cerco il più velocemente possibile di oltrepassare tutta la gente che nel corridoio ha formato dei gruppetti tra cui le chiacchiere e le risate hanno oltrepassato il volume che tollero.
Ed eccola, finalmente, la D13. Il mondo si ferma per qualche secondo, e io mi rendo finalmente conto che sto per raccontare tutta la mia confusa storia ad uno sconosciuto. Però, senza nemmeno accorgermene, colpisco troppo velocemente la porta, cercando di chiedere permesso.
Apre una splendida donna, non troppo alta, con gli occhi più verdi che io abbia mai visto, lucenti, allegri. Gli occhiali sulla punta  del naso, uno sguardo fugace alla cartellina apparentemente fredda e mi guarda sorridendo: -Jessica Barnett?-
-Si, sono io.- le sorrido anch’io, poi subito mi fa entrare nello studio. Con un gesto m’invita a sedermi sulla poltroncina di pelle, e senza indugiare un attimo mi accomodo. Lei fa altrettanto, su una poltrona completamente uguale alla mia.
-Ok, vorrei iniziare col dirti che questo non sarà un interrogatorio, voglio che tu sia a tuo agio. Quello che faccio, è solo per te.- probabilmente cerca qualche parola che le faccia capire che sono d’accordo o che mi va bene, ma non la penso come lei. Quindi accenno ad un movimento con la testa, così da far intendere di aver almeno capito.
-Mi chiamo Rachel, è per l’intero anno sarò la tua psicologa, ma probabilmente non t’interessa, perché sei qui per parlare di te.- l’ho mandata in tilt, forse. L’ho sicuramente mandata in tilt.
-Ehm, quindi di cosa dovrei parlare?- so cosa dire, ma più semplicemente non mi va di dirlo.
-Di te, della tua storia, di quello che sai fare.- so esattamente ciò che significa ‘quello che sai fare’. Vuole che parli dei miei poteri, e allora quale miglior storia strappa-lacrime della mia vita?
Quindi inizio, e appena inizio ad aprire la bocca mi sento morire: -Non ho mai avuto una famiglia, credo. Solo una madre che al primo cassonetto ha pensato di abbandonare i suoi due neonati gemelli: me e mio fratello.- mi fermo un secondo per riuscire a capire con quale cattiveria sto parlando della donna che mi ha dato vita, poi ci penso ancora, penso a cosa è riuscita a farmi solo abbandonandomi e o voglia di continuare a parlare, voglia di infliggermi quel dolore ancora per un pò.
-In realtà non so neanche l’identità della persona che mi ha trovata e che mi ha lasciata all’ospedale, e che quindi ha trovato mio fratello senza vita.-
Rachel chiude gli occhi lentamente, come se avesse ricevuto una pugnalata in petto. Aspetto impaziente di continuare, e quando apre gli occhi mi sento libera di farlo.
-Mi hanno tenuta nell’orfanotrofio per un po’, sei anni. E mi è andata più che bene, poi due coniugi mi hanno adottata. E la mia vita ha iniziato a fare schifo sul serio. I miei genitori adottivi iniziarono ad avere dei problemi. Mio padre aveva un negozio, non mi hanno mai voluto dire cosa vendeva, l’unica cosa che mi dicevano di continuo era ‘Tuo padre è in difficoltà, vogliono fargli del male, ma non ce lo possiamo permettere.’ Quindi un giorno mi svegliarono e mi portarono da queste persone, e in sette anni ero mi ritrovai abbandonata per l’ennesima volta. Iniziarono ad iniettarmi uno strano liquido in corpo, e ogni giorno mi dicevano ‘Fallo per tuo padre’, ‘Lo sai facendo solo per la tua famiglia’. Ma io non avevo una famiglia, non l’ho mai avuta e mai l’avrò.-
Sospiro lentamente, e mi accorgo che le lacrime sono arrivate agli occhi. Guardo Rachel quasi per dirle ‘Ti prego, voglio andarmene’, e lei sembra aver capito quanto rivivere la mia storia mi faccia soffrire.
-Mi dispiace, Jessica.-
-Grazie.- abbasso lo sguardo sulle mie mani che dall’inizio del racconto si tormentano a vicenda.
-Quindi, mancano pochi minuti, ti dispiace raccontarmi solo dei tuoi poteri?-
-Quel liquido di cui raccontavo prima ha rigenerato praticamente quasi tutto nel mio corpo. È come se avessi le ossa, il sangue e tutto il resto di acciaio, anche se non è esattamente così.-
-E quindi cosa riesci a fare, di preciso?- sembra davvero interessata, non stupita come tutte le altre persone a cui racconto cosa succede sotto la mia pelle. Continua ad annotare ogni parola che dico, e in realtà non mi dispiace troppo.
-In realtà non ho dei poteri straordinari. Sono solo molto forte, e pesante.- un cenno con la bocca per cedere la parola a lei e mi sento libera. Quello che dovevo dire, l’ho detto, e mi sento dannatamente libera.
-Sei probabilmente la persona più interessante che io abbia mai ascoltato in dieci anni di servizio.-
Mi viene da sorridere, e lo faccio. Senza pensare al seguito, senza rimorsi o niente. Non sorrido da troppo tempo, ho quasi dimenticato come si fa. Questo è il primo sorriso sincero.
-Bene, direi che per oggi abbiamo finito, o vuoi dirmi qualcosa tu?-
Non ho più ragione di parlare ancora, quindi mi raddrizzo sulla poltrona che al mio più insignificante rumore produce un suono diverso e accenno semplicemente ad un ‘no’.
Mi alzo, mi dirigo verso la porta, saluto velocemente ed esco. Appena la porta si chiude sento le gambe cedere, la testa volare e la pancia brontolare.
Non è dolore, è nostalgia. È disprezzo. È malinconia.
È la mia vita.
 

Steve.
Mi guardo allo specchio cercando di capire in quale punto non mi sia ancora rasato per bene.
Nick mi ha convocato, vuole vedermi, e non posso presentarmi in questo stato.
La depressione di questi ultimi mesi mi ha completamente divorato, ma da quando è arrivato Settembre sento le strade affollarsi, le persone ritornare alla loro vita. Come se tutte l’estate fosse stata un bel sogno da cui poi bisogna risvegliarsi. E così è stato, ma non per me.
Quest’estate è stata solo un incubo, e sembra che la puzza nel mio appartamento voglia ricordarmelo ogni secondo. Devo fare qualcosa, non posso restare così per il resto dei miei giorni, che sembrano troppo infiniti per essere vissuti.
Sono stato settanta lunghissimi anni senza Bucky, posso continuare a starci per altri settanta. O almeno, voglio convincermene.
Indosso la maglietta che sembra più pulita e il jeans più freddo, le scarpe e cerco di evitare lo specchio. Mi fa troppo male vedermi così cambiato e distrutto.
Prendo il telefono di casa, cerco il biglietto da visita che una volta una donna mi offrì, e la chiamo. Voglio ripulire questo appartamento da ogni brutto ricordo, o ci potrei impazzire rinchiuso dentro.
Apro la porta, esco e la richiudo e mi sento debole. Ho appena chiuso la porta di quella gabbia e non voglio entrarci mai più. Voglio entrarci come lo Steve allegro e ambizioso di una volta, il vero Steve Rogers.
Anche a piedi raggiungo la base in pochissimo. L’aria che mi attraversa il corpo ad ogni curva del marciapiede mi fa sentire vivo come non ero da un pò.
Appena entro dal cancello principale mi sento osservato: lo sanno tutti. Faccio finta che non m’interessi, ma non è affatto vero. Mi sento male solo al pensiero.
Arrivo al piano più alto del grattacielo centrale e mi accorgo di non voler davvero incontrare Nick. Non ce la posso fare. Non sono pronto a sentirmi richiamare per l’assoluto nulla prodotto in questi ultimi mesi. Ma devo. È il mio lavoro.
Quindi apro la porta senza bussare, perché so perfettamente che lui mi aspetta impaziente.
-Nick.- gira la poltrona fino a potermi guardare dritto negli occhi.
-Steve.- sorride amaramente e vedo che una lacrima sta per scendergli sul volto imbronciato.
Mi avvicino e senza accennare nemmeno ad una parola mi abbraccia, e in quel momento capisco che vorrei sprofondare nei miei stessi pensieri.
-Bentornato, Capitano.-




-Angolo   ""scrittrice""
Allorasssss. Ehm, cantate l'alluluja, perchè ce l'ho finalmente fatta.
Volevate sapere di più di Jess, ed eccovi TUUUUUUUUUUTTA la sua storia.
Volevate un capitolo più lungo, ed eccovi il capitolo MOOOOOOLTO più lungo.
Ok,
tra esame di terza media e questa robbbbbba che oso chiamare 'storia' il mio povero word sta per impazzire, ma vbb, che ve frega?! boh.
In tutto questa storia ha rucevuto *rulloditamburi*... 5 misere recensioni. cchecchifo.
Non so, fatevi sentre, perchè poi mi passa la voglia.
Ah, mo me scordavo. QUANT'E' FAVOLOSA LA MIA RACHEL? Okay? Okay.
Addio. A PRESTO
(speriamo).
  
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