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Autore: ferao    03/06/2014    5 recensioni
– Il mio piccolo – mormorò Petunia. – Il mio cucciolo. La mamma ci sarà sempre per te, ti proteggerà sempre.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dudley Dursley, Petunia Dursley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Note iniziali:

torno dopo un saaaaaaacco di tempo non per aggiornare le vecchie storie (ci sto lavorando, promesso!) ma per pubblicarne una nuova, la quale ha in realtà qualche mese. L'ho scritta intorno alla fine del 2012, quando mi era venuto in mente l'insano progetto di scrivere una fanfiction per ogni canzone dell'album "The Wall" dei Pink Floyd. Ero partita bene, buttando giù questa ff, ma poi ho capito che l'idea di scrivere TUTTE quelle ff era un po' troppo mastodontica per me e mi sono arresa, sperando sempre però di poter riprendere il lavoro più avanti. Giorni fa ho ritrovato questa ff nei meandri del pc, l'ho sottoposta a Moon e lei mi ha detto "vai", così mi sono decisa a lasciar perdere definitivamente il progetto di una raccolta sull'intero "The Wall" e a pubblicare questa ff qui.
La canzone-guida è "Mother". Andrebbe ascoltata nel contesto del concept album, ovviamente, ma credo possiate ascoltarla anche senza conoscere il resto di "The Wall". Cercatevi anche la versione del live a Berlino cantata da Sinéad O'Connor, è la bellezza.

Bon, vi ho annoiati abbastanza, quindi vi lascio alla ff. Spero vi piaccia. Critiche e segnalazioni di errori sono ben accette!
Fera








Always be a baby to me



Hush now baby, baby don't you cry
Mama's gonna check out all your girlfriends for you
Mama won't let anyone dirty get through
Mama's gonna wait up until you get in
Mama will always find out where you've been
Mama's going keep baby healthy and clean
Ooooh babe, you'll always be a baby to me.

 
 
 
– Dove vai?
Dudley voltò la testa e lanciò un’occhiata oltre la propria spalla. – Esco, ma’.
– A quest’ora? Dove devi andare?
– Da Piers, come al solito. È venerdì, no?
Petunia inspirò a fondo. Venerdì, certo. Il venerdì Diddy usciva sempre con i suoi amici. Era normale che non fosse a casa. Certo.
– Non fare tardi, mi raccomando – disse, premurosa. – Domani devi andare al lavoro, hai bisogno di dormire e…
– Sì, ma’, lo so. Ciao.
La porta di casa sbatté con forza, ma Petunia non se ne curò.
L’importante era che tornasse presto. Già le pareva di sentire la sua mancanza, eppure erano mesi che quella routine si ripeteva: il venerdì, tutti i venerdì, Dudley si vedeva coi suoi amici. Era normale, Petunia lo sapeva benissimo, tutti bravi giovani, conosceva le madri. Tutti i venerdì.
Speriamo che torni presto. Potrebbe capitargli qualcosa. Il mio bambino.
 
– Hai fatto tardi stanotte?
Dudley alzò la testa dai suoi pancake affogati nella marmellata. – No, mamma.
Petunia sorrise con indulgenza a quella che sapeva essere una bugia. Era rimasta sveglia tutta la notte, in attesa, e aveva sentito il portone aprirsi e richiudersi solo verso le quattro del mattino; aveva sperato in quel rumore con così tanta angoscia da udirlo persino al di sopra del sonoro russare di Vernon.
– Bravo il mio Diddy – replicò. Una sciocchezza, in fondo; una piccola menzogna innocente. Come innocente era il suo bambino. Quei ragazzacci che frequentava dovevano averlo trattenuto a lungo, impedendogli di obbedirle. Cattivi, sciocchi ragazzi che facevano preoccupare le loro madri.
Ma Dudley non era come loro. Non la faceva mai preoccupare, lui. Aveva ventotto anni, ma era responsabile come un uomo fatto.
– Ti ho preparato il pranzo – cinguettò la donna. – Spero sia abbastanza, ultimamente hai meno appetito… non ti sarai mica messo a dieta, vero? Lo sai che non ti serve, sei perfetto così…
– Sì, tranquilla. Ci vediamo stasera – la interruppe bruscamente Dudley. Le diede un bacio sulla guancia, prese il portapranzo e scappò fuori.
Sempre di corsa. Mai un momento per la sua mamma. Come ha fatto a crescere così in fretta?
Il mio bambino. Il mio caro bambino.
 
– Cos’è questa storia?
Petunia sobbalzò, la tazza di tè nella sua mano tremolò appena. – Dudley, cosa…?
Ma quello non era Dudley. Dudley era educato e gentile nei suoi confronti. Dudley non si sarebbe mai permesso di guardarla in quel modo. Dudley non avrebbe mai sbattuto la borsa a terra e il pugno sul tavolo proprio di fronte a lei con quella veemenza, con quella rabbia.
– Ho visto Cynthia, poco fa – ruggì l’uomo. – Come ti sei… come hai potuto…?
Le narici di Petunia fremettero. Ah, era per quello. Già, certo; aveva immaginato che suo figlio non l’avrebbe presa proprio bene.
Alzò un sopracciglio, sdegnosa. – Diddy, non urlare in casa. Sai che non lo sopporto.
Me ne fotto. Perché le hai detto quelle cose? Con che diritto?
– Dud, smettila.
– No che non la smetto! Tu hai…
– Ti ho detto di smetterla.
Dudley tacque, colpito dalla perentorietà di quella frase. Non succedeva spesso che Petunia fosse dura con lui – non succedeva mai – e quella fermezza gli provocò un piccolo shock.
Petunia serrò la mascella, poi si alzò in piedi e fronteggiò suo figlio. – Ho fatto quello che qualunque madre con un briciolo di senno avrebbe ritenuto giusto, Dud – rispose con calma. – Quella… ragazza non era adatta a te, troppo volgare, troppo…
– Le hai dato della puttana, mamma! Che cazzo ti è saltato in mente?
Quante brutte parole. Dove le hai imparate, Diddy? Te le ha insegnate lei, non è vero? Quella pescivendola da due soldi?
– Sciocchezze. Piuttosto, è stata lei a insultare me. Avresti dovuto vedere il modo in cui mi ha aggredita non appena mi ha vista, è stata davvero maleducata.
– Le sei piombata in casa! Cosa doveva fare, invitarti a bere il tè?
Il viso di Dudley era gonfio d'ira, quasi violaceo. – Si può sapere perché l’hai fatto? – gridò ancora.
– Se avevi un problema con lei, perché non l’hai detto a me? Sei ammattita, per caso?
Petunia arrossì e strinse le labbra. – Non ti ho detto nulla perché sapevo che non l’avresti presa bene, perciò…
Presa bene?! Ma ti rendi conto di quello che hai fatto? Cynthia mi ha lasciato, cazzo!
Gli occhi della donna si spalancarono di stupore, mentre apprendeva la notizia: l’aveva lasciato. Oh Dio, grazie. L’aveva lasciato. Quella sgualdrina era uscita dalla vita di Dudley, non l’avrebbe più perseguitato. L’aveva lasciato.
Tutto per merito suo.
– Mi ha lasciato! – seguitò a strepitare Dudley. – Mi ha lasciato perché ho… una madre pazza, ecco perché!
– Oh, Diddy, – mormorò Petunia, commossa. – Mi dispiace. Mi dispiace tanto.
Alzò una mano e l’avvicinò al testone di suo figlio. Lui si ritrasse, ma la madre insistette finché non riuscì ad accarezzargli i capelli. – Ti ha spezzato il cuore, non è vero? Quella smorfiosa non teneva abbastanza a te, ecco la verità.
– Mamma, hai sentito almeno una parola di ciò che ti ho detto?
Ma Petunia lo ignorò. – Una stupida, ecco cos’era. Non sarebbe mai stata in grado di occuparsi di te, tu hai bisogno di una persona migliore, più seria, più…
– Io ho bisogno di lei. Di lei, capisci? – Dudley non stava più urlando, la sua voce era rotta. – Lei… io le piacevo per come sono, era l’unica che mi volesse. E ora non tornerà mai più, mai più.
Si divincolò dalla carezza di sua madre e fece un passo indietro. – Era l’unica a volermi e adesso non mi vuole più. Tutto per colpa tua.
L’unica? Ma cosa andava dicendo Dudley? – Tesoro, proprio non ci arrivi? Ho fatto tutto questo per te. Solo per te.
Si avvicinò di nuovo a suo figlio e lo guardò negli occhi, piena d’orgoglio. – Sei il mio capolavoro, Diddy. Sei la mia soddisfazione. Sei il mio bambino. E devi avere solo il meglio dalla vita.
– Io non voglio il meglio, io voglio Cynthia.
– Ma lei non è adatta a te. Se davvero ti avesse voluto bene, non ti avrebbe lasciato tanto facilmente.
Invece l’ha fatto. Mentre io non ti lascerò mai. Io ti vorrò sempre bene, piccolo mio.
Dudley scosse la testa. – No, no, non è giusto, t-tu…
– Quella ragazza non era l’unica ad amarti per come sei. Io ti amo per come sei. E lo farò per tutta la vita. Vieni qui.
Lo prese per le spalle e l’attirò a sé, stringendolo in un abbraccio cui, lì per lì, Dudley non riuscì a rispondere.
– Il mio piccolo – mormorò Petunia. – Il mio cucciolo. La mamma ci sarà sempre per te, ti proteggerà sempre.
Continuò a stringerlo, finché anche Dudley non la circondò goffamente con le braccia.
 
 
– Dove vai?
Dudley non sprecò fatica a voltarsi. – Esco, ma’.
– Ma non è venerdì. Con chi ti vedi?
– Cazzi miei, ma’ – borbottò l’uomo in risposta, a bassa voce. La porta sbatté, e Petunia si preparò a un’altra notte di veglia agitata.
Perché Dudley non voleva dirle dove andava o con chi si vedeva? Che gli era successo? Da quando, sei mesi prima, Cynthia lo aveva lasciato – stupida, stupida ragazza, far del male in quel modo al suo bambino – non era più lo stesso, non mangiava più, non le parlava più… ed era sempre fuori casa, con chissà chi, chissà dove.
Non andava bene. Non andava bene per niente.
 
La notte di veglia fu vana. Dudley non tornò quel mattino, né si fece vivo fino a pomeriggio inoltrato. Si presentò solo alle cinque passate, poco prima del tramonto e del ritorno di Vernon.
– Ma’? – chiamò mentre apriva la porta, ma non era necessario: Petunia era appostata nell’ingresso, in attesa.
– Ti sembra questa l’ora di tornare?! – fece con voce stridula. – Nemmeno una chiamata, un messaggio, un qualsiasi cosa! Stavo morendo di pena! Dov’eri?! Adesso mi dici dov’eri!
– Rilassati, ma’ – rispose Dudley con uno strano sorriso. – Ero con la mia fidanzata.
Fidanzata. Diddy non diceva mai “fidanzata”, diceva sempre “ragazza”. Mai “fidanzata”. Perché aveva detto “fidanzata”?
– Le ho chiesto di sposarmi ieri sera – aggiunse l’uomo, come se avesse intuito la domanda inespressa di sua madre.
– T-tu… – balbettò Petunia. – T-tu hai… come… perché?!
– Perché l’amo, e lei mi ama. Avevi ragione, mamma: Cynthia non era adatta a me. Cho è quella giusta.
Le pareti del cuore di Petunia collassarono mentre Dudley sorrideva di gioia. Allora era… vero? Suo figlio aveva trovato un’altra donna con cui sostituirla? Un’altra donna che gli avrebbe mangiato l’anima per poi respingerlo?
Perché, perché non capiva che la sola al mondo a poterlo amare come meritava era sua madre?
Petunia aprì la bocca per parlare, ma Dudley la precedette. – Non mi fermo a cena, inizio a fare i bagagli. Vado a vivere con lei, sai, per non perdere altro tempo.
Si avvicinò a sua madre, le diede un bacio sulla guancia e poi corse in camera sua, salendo due gradini alla volta. Petunia non l’aveva mai visto così felice.
E non si era mai sentita così affranta.



 
   
 
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