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Autore: Aerius    06/06/2014    2 recensioni
"L’uomo di metallo tossì un paio di volte mentre si avvicinava, per poi rialzarsi in piedi una volta uscito dall’acqua ed avanzare lentamente, un passo dopo l’altro verso il cerchio di rocce. Le braccia erano penzoloni, apparentemente prive di forza e le bende degli arti inferiori bagnate dal mare. Un rumore di ferraglia accompagnava la sua figura, unita a piccoli rumori di scariche elettriche dalla luce sul torace, sempre più debole."
[ Piccola One-Shot su Nox, il villain più carismatico e profondo dell'intera serie! SPOILER per chi non ha visto il finale della prima serie! Buona lettura! ]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nox
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'I Volti della Follia'
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Cosa accadde a Nox una volta sconfitto nel Regno Sadida?
Scomparve.. ma dove andò? Cosa fece?
Qui cerco di ripercorrere i suoi ultimi momenti di vita dopo essere stato definitivamente sconfitto da Yugo! Adoro Wakfu ed ho adorato questo personaggio ed ho provato a.. scriverci su qualcosa!
Attenzione, personaggio leggermente OOC rispetto alla serie originale!
SPOILER per chi non ha ancora finito di vedere la Prima Serie di Wakfu!

 


Noximillien
- L'Ultima Ora -

 Nulla rompeva la quiete.
 Sulla spiaggia di sabbia chiara le onde si frangevano una dopo l’altra con un mormorio appena accennato, il vento vibrava leggero facendo stormire timidamente le foglie degli alberi che crescevano al limitare dell’inizio della costa. Pochi in verità, visto che l’isola dove si trovavano era grande a stento pochi metri quadri, un piccolissimo appezzamento di terra su una distesa di mare senza fine. A poca distanza, altri piccoli ciuffi di sabbia su cui affioravano timide piantine sospinte da una dolce brezza. Il cielo era terso con poche nuvole ad interromperlo ed un sole luminoso ma che non bruciava.
 Improvvisamente su questo piccolo paradiso naturale si sente un rumore elettrico ed improvviso, seguito da un bagliore azzurrino, malsano. Sul bagnasciuga compare una figura metallica che si accasciò sulla sabbia mentre il mare lambì i suoi stivali di ferro e le sue ginocchia quando queste ultime crollarono a terra. Un bagliore di energia, a stento una scintilla leggera, brillava in occhielli di vetro in prossimità delle ginocchia e sul petto, ed anche in quelli che dovevano essere i suoi occhi. Il volto era una maschera di metallo rovinato, un elmo di fattezze quasi scheletriche. Il resto del corpo era totalmente avvolto da bende marroncine, tanto erano sporche ed usurate, e non un lembo di pelle era visibile.
 Persino le mani erano avvolte dalle bende e sui palmi erano presenti i medesimi occhielli di vetro entro cui brillava quell’insolita energia azzurrina. Ma era in procinto di spegnersi come la sua intera figura devastata. Le mani caddero al suolo iniziando a trascinare il corpo all’asciutto verso quelle che sembravano quattro rocce che formavano un semplice semicerchio in una piccola radura ombrosa entro cui penetravano pochi raggi solari ma abbastanza per generare una tiepida ed accogliente atmosfera.
 L’uomo di metallo tossì un paio di volte mentre si avvicinava, per poi rialzarsi in piedi una volta uscito dall’acqua ed avanzare lentamente, un passo dopo l’altro verso il cerchio di rocce. Le braccia erano penzoloni, apparentemente prive di forza e le bende degli arti inferiori bagnate dal mare. Un rumore di ferraglia accompagnava la sua figura, unita a piccoli rumori di scariche elettriche dalla luce sul torace, sempre più debole.
 «Finalmente..» mormorò con voce resa metallica dalla maschera, crollando di nuovo in ginocchio ora davanti alle rocce «..papà è tornato a casa.»
 Le rocce erano coperte di edera e fogliame. Con un gesto debole della mano, l’uomo scostò via le piante rivelando delle incisioni sotto di esse che toccò con le dita coperte dalle bende. La maschera di metallo mostrò un’espressione immutata per quanto il bagliore di energia dietro le lenti degli occhi si fece notevolmente più quieto.
 Sotto le dita, sentiva le incisioni prendere forma, i solchi che lui stesso aveva tracciato su quelle pietre riacquisire significato dopo duecento anni di erosione del tempo che aveva definitivamente trasformato quelle lapidi in anonime pietre su una minuscola isola dispersa in un mare infinito.
 Strano a dirsi, il Chaos di Ogrest è stato pietoso, risparmiando per due secoli ulteriori disastri a quei luoghi. Una forma di rispetto che sfuggiva alla sua mente.
 «E’ così allora che giunge la fine, Nox?» domandò improvvisamente una voce appena più sottile.
 Con un ringhio di fastidio, lo Xelor ruotò il capo di scatto, come a voler scacciare via con quel gesto l’entità che ora lui sapeva bene essere frutto solo della sua mente. Un costrutto illusorio che è costato tanto dolore e tante vite, una follia che l’ha consumato e portato dov’è ora.
 «Silenzio, Cubo.» rispose suo malgrado «Non voglio più udirti. Questa è la fine, e voglio che giunga a me in silenzio.»
 Quello che Nox ottenne in risposta fu qualcosa che lo sbigottì: la voce rideva. Tuttavia era una risata triste, rassegnata e quasi gentile persino.
 «Tanti anni insieme, e ancora pensi davvero che io sia il Cubo?»
 «Certo. Mi hai ingannato, mi hai usato per saziare la tua fame, e ancora mi tormenti!» una mano andò a posarsi sulla visiera della maschera di metallo, mentre le luci degli occhi si facevano più fioche. Ricordava quei momenti, in cui il suo mondo era l’Elacubo, il manufatto che gli aveva permesso di fare.. tutto. Persino governare il tempo. Ma il prezzo era troppo alto.. «Ma ora basta. Ho tranciato ogni legame con te. Basta tormentarmi!»
 «Esattamente, Nox.» risposte tuttavia la voce. Sapeva di essere lui ad animarla, sapeva che stava semplicemente parlando con un tono appena più alto solo per dare voce ad una qualche sua deviazione mentale.. ma questo non la rendeva meno reale, apparentemente «Quindi.. perché sono ancora qui, secondo te?» la domanda era posta con tale innocenza che Nox non seppe semplicemente rispondere «Perché io non sono il Cubo. Io sono te. E tu l’hai sempre saputo.»
 «Ah si?» lo schernì, non davvero interessato al discorso.
 «Si. Hai preferito rifugiarti nella comoda spiegazione che il Cubo avesse una sua volontà.. ma esso è ciò che hai sempre intimamente pensato fosse: solo uno strumento.. come me.»
 «Tutto questo non ha più importanza.» emise lo Xelor, accarezzando la superficie delle pietre, mentre la luce solare pian piano si affievoliva in uno splendido tramonto marino «E’ finita. Ho fallito.»
 «Non direi.» rispose quasi subito la voce «Mi pare invece tu abbia vinto. Lo dimostra il fatto che io sia ancora qui. Noximillien Croxen.. io non sono Mai stata il Cubo. Io sono la tua Ambizione.»
 Sentì un brivido freddo salirgli lungo la schiena, la mano si bloccò sui solchi incisi nella pietra. L’aveva infine riconosciuta, quella era la tomba del suo figlio più grande. Ci è voluto un po’ prima che le sue dita, scorrendo lungo le lettere erose dal tempo, ritrovassero la parola persa nella roccia.
 «Nox.. ricordi il primo giorno in cui hai sentito la mia voce?»
 «Come adesso?»
 «Come adesso.»
 Ci pensò a lungo. A quando risaliva la sua prima memoria in assoluto di quel richiamo distante, che lo spingeva a fare e tentare cose che nessuno aveva mai neppure tentato?
 «Probabilmente.. fu quando decisi di lasciare il cubo e raggiungere la mia famiglia su queste isole.» rispose, ripensando al momento in cui, invece di lasciarsi alle spalle il diabolico artefatto e tornare dalla sua famiglia, si fece totalmente aspirare dal lavoro e.. dall’Ambizione.
 «Esattamente.» gli confermò la voce «Ciò che tu volevi.. era Potere. Era Vita. Era Fama e Gloria.»
 «No! Io volevo fare solo del bene alla mia famiglia! E per questo io li ho persi!»
 «Certo, volevi Anche questo. Perché sei un brav’uomo.. ma sei anche un inventore, uno scopritore, un pioniere. Volevi avventura, volevi brivido ed adrenalina. Volevi lasciare un segno sul mondo.»
 «Smettila! Taci una buona volta!» probabilmente voleva essere un grido, un urlo di diniego.. ma fu a stento un rantolo mentre lo Xelor alzava le mani deboli e si prendeva la testa, come a volerla proteggere da quelle parole «A causa tua ho perso tutto! La mia famiglia! Ogni persona a me cara!»
 «Tutto ha un prezzo.»
 «Non questo! Io.. avrei dovuto riportarli indietro! A qualsiasi costo! Qualsiasi!» le lacrime versate per quanto aveva fatto al Regno dei Sadida erano le ultime rimaste. Ora c’era solo rabbia e rimorso in un corpo devastato dal tempo e dalla pena. Non pianse, lì davanti alle tombe dei suoi cari, ma avrebbe voluto farlo.
 «Nox.. non comprendi ancora? Loro sono stati la tua spinta..»
 «Si, verso la follia.»
 «No, verso la grandezza.»
 «Grandezza?!?» ruggì improvvisamente lo Xelor, mentre scariche elettriche più grandi nascevano dal suo corpo, animate dalla pura furia, e gli occhi e il petto si riaccendevano di Wakfu «Grandezza?! Ho consumato foreste! Ho ucciso più vite di quante ne sono nate in duecento anni! Ho ucciso un Drago e messo in ginocchio un Regno..!»
 «Ripetilo.» lo interruppe improvvisamente brusca la voce «Avanti.»
 Nox venne preso in contropiede, la rabbia svanì sostituita dalla stanchezza del vivere e dalla confusione «Cosa..? Io.. ho ucciso un Drago e.. messo in ginocchio un Regno..»
 «E non ti sei sentito, nemmeno per un istante, felice? Non hai percepito un brivido di piacere lungo la schiena mentre ti scontravi con il Drago? Non hai provato un minimo di soddisfazione nel vedere un Regno cadere sotto la tua sola mano?»
 Di nuovo silenzio. Era vero.. quando il Drago, il potente Grougaloragran, era caduto per sua mano, anche se l’ha fatto sudare, anche se temeva in ogni momento di essere distrutto.. non negava di aver sentito, nel petto, un impeto di soddisfazione: lui, un piccolo e misero Xelor, aveva abbattuto un Drago millenario.
 E quando aveva stretto il Regno dei Sadida nella sua mano, quando infine il suo Orologio aveva infilzato il Grande Albero, aveva percepito la fierezza nel suo animo per aver messo in scacco un intero popolo con il suo solo ingegno.
 «Io.. pensavo di poter cancellare ogni mio gesto tornando indietro nel tempo..» cerca una giustificazione per quella gesta terribili. Le ha fatte solo per questo, perché era certo, in ogni fibra di sé stesso, che non sarebbero mai accadute una volta riavvolto il tempo di duecento anni. Ma solo adesso si rende conto della stoltezza delle sue azioni: il Tempo non ha padroni, non può essere controllato, né ingannato, né riavvolto..
 «..Ma tu non hai fatto nulla di tutto questo. Tu hai Forgiato il Tempo.»
 L’espressione dello Xelor si fece improvvisamente curiosa «Che intendi dire?»
 «Che hai vinto, Noximillien. Hai lasciato il tuo segno sul mondo, hai combattuto ed sei risultato vincitore su avversari immensamente più potenti di te. Sei rimasto coerente al tuo ideale fino alla fine, allo scopo che credevi giusto.»
 «Ho portato solo dolore e pena, con me.»
 «Hai fatto tutto questo per la tua famiglia. Perché volevi riabbracciarli solo un’ultima volta prima di lasciarli andare per sempre. E nel perseguire questo piccolo obiettivo, hai compiuto imprese immense. E l’hai fatto controllando il Tempo nel modo migliore possibile: vivendo.»
 E solo allora, finalmente, Noximillien comprese. E in quel momento di silenziosa e totale accettazione, la voce cessò di esistere e di parlare. Poiché aveva adempiuto al suo ruolo di Ambizione, avendo fatto comprendere al suo creatore il suo vero scopo, ora la sua presenza non era più necessaria.
 Nox rise piano, una delle sue folli risate però leggermente più adulta e triste.
 «Che ironia..» mormorò, ora da solo per la prima volta da secoli «..giungere a comprendere sé stessi e ciò che si è fatto solo adesso.»
 Una mano si alzò a toccarsi la maschera di metallo, poi scivolò sul metallo andando a toccarsi le tempie. Si senti un rumore di aria risucchiata improvvisamente mentre gli occhi della maschera si spegnevano definitivamente.
 «E’ giunta l’ora..» la voce si fece sempre più arrocchita mentre la mano afferrava la maschera da Xelor.. e la rimuoveva dal viso «..di tornare a respirare vera aria.»
 Con un tonfo ovattato, la maschera di metallo cadde a terra, sulla sabbia.
 Un volto anziano come il tempo stesso ed occhi ormai non più buoni provarono a guardare le rocce davanti a sé.. e forse proprio grazie a quel difetto della vista dovuto a due secoli di anzianità, egli riusciva a vederle com’erano all’inizio, semplicemente immaginandole.
 «Galanthe, mia cara..» la voce arrocchita fu presa da singulti di emozione, mentre si rialzava da terra e svolgeva le bende delle mani. Una lunga benda marrone cadde accanto alla maschera metallica.
 Tremante, come la mano di un vecchio dovrebbe essere, essa si posò sulla fredda pietra e sentì lacrime salire ai suoi occhi stanchi e vecchi. Ma non uscì niente, già da tempo aveva pianto ogni sua lacrima.. ma questo non gli impedì di sorridere tristemente «..piccoli miei..» lenta, la mano strisciò sulla pietra delle altre tre tombe, nuove e splendide sotto l’inganno dei suoi occhi stanchi.
 Poteva vedere i loro visi, sentire le loro voci..
 «Dio Xelor.. dunque è così che si muore?» esalò, con la voce ridotta ad un sussurro a stento udibile «Sentire le voci dei propri cari.. vedere i volti di coloro che sono andati via prima di te lasciandoti indietro?»
 Sorrise, forse ancora più ampiamente e in modo quasi ingenuo come fanno certi vecchi che vedono i giovani pieni di vita correre e ridere «Che grande inganno che è il tuo, Dio Xelor. Insegni ad ingannare tutti, persino il Tempo, persino la Morte.. ma alla fine essa è tanto più dolce quanto il tempo passato ad evitarla. »
 Lente, come se fossero esse a svolgere il tempo che ha tenuto legato lo Xelor a quel mondo, le bende si svolsero cadendo dal corpo del vecchio orologiaio il cui corpo iniziò a.. creparsi, come carta in procinto di essere bruciata dal fuoco.
 «Solo adesso l’ho compreso. Non mi pento di nulla, non..» poggia le dita dell’altra mano sul volto, come a volerlo nascondere. Un respiro più pesante degli altri. «Non.. devo.. pentirmi di nulla, perché farlo vorrebbe dire vanificare ogni vita che ho tolto, ogni dolore che ho inflitto. Invece, finché li porterò con me, finché mi accollerò il peso e l’orgoglio delle mie azioni, essi avranno sempre un significato, nella Vita.. e nella Morte. E attraverso essi, anche nel Tempo che ho vissuto.»
 Ricorda un guerriero, in particolare, che gli si oppose fino alla fine, uno Yop coraggioso che perì contro il suo Rasoio Temporale: fino all’ultimo ha combattuto e, ne è sicuro, è morto conscio che il suo gesto sia servito a qualcosa, fiero delle sue azioni fino alla fine.. anche della morte. Qualcosa che solo adesso ha compreso.
 «Alla fine ci sono riuscito, Dio Xelor. Semplicemente vivendo e forgiando il Tempo come ho desiderato, perseguendo un obiettivo attraverso di esso..» alzò il viso e gli occhi scuri al cielo ormai notturno «..ti ho raggiunto. E superato.»
 Con queste ultime parole, il vecchio alzò le braccia al cielo mentre la sua figura si crepava sempre più, mentre la pelle diveniva grigia e marrone.. poi, divenne polvere che il vento disperse sulle tombe della sua famiglia.
 Noximillien Croxen, l’Orologiaio, lo Xelor che aveva messo in ginocchio un Regno, morì in pace con sé stesso, definitivamente, e così facendo sorpassò il Dio a cui aveva giurato vendetta duecento anni prima.
 Poiché non ha importanza controllare il Tempo, è sufficiente viverlo e non avere mai rimpianti. Il Tempo con la sua famiglia non sarebbe mai tornato.. ma ha significato qualcosa per lui e per il mondo che lo ha generato.
 Era questa l’unica cosa importante. Che alla fine il Tempo avesse un valore, nel bene e nel male.
 Forse è questo l’insegnamento supremo di Xelor.
 Forse è qualcosa a cui nemmeno Xelor giungerà mai.
  
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