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Autore: Bored94    12/06/2014    2 recensioni
John corre verso di lui, o almeno ci prova. Continua a correre, frastornato, anche dopo essere stato preso in pieno da un ciclista.
Deve farsi strada a forza tra il piccolo gruppo di persone che si è assiepato attorno al corpo dell'amico.
Sgomita fino a quando non lo raggiunge e...
Niente. Non c'è niente. Dove ci sarebbe dovuto essere il cadavere di Sherlock Holmes c'è soltanto l'asfalto e qualche foglia.
Niente sangue.
Niente corpo.
Niente Sherlock. Solo un gruppo di persone che si guardano attorno confuse e perplesse.
SuperWhoLock
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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THERE'S STILL TIME TO SAVE HIM

 

Sherlock Holmes sente il panico farsi strada dentro di lui.

Si era sparato.

Jim Moriarty si era sparato in modo che lui non avesse modo di salvare John, Lestrade e la signora Hudson... a meno che non avesse fatto come chiedeva.

A meno che non si fosse suicidato.

No. Non poteva permettersi di lasciarsi sopraffare dal nervosismo.

Doveva restare lucido, doveva trovare una soluzione... peccato non ci fosse una soluzione.

Non questa volta.

Non semplice almeno.

Non aveva altra scelta.

Sherlock sale sul cornicione del tetto del Bart's e guarda di sotto. In attesa.

Finalmente lo vede.

Inoltra la chiamata e aspetta che risponda.

- Pronto?
- John...
- Ehi, Sherlock. Tutto bene?
- Voltati e torna indietro.
- No, sto entrando.
- Fa' come ti chiedo e basta! Per favore.
- Dove?
- Fermati lì.
- Sherlock?
- Ok, guarda in alto. Sono sul tetto.
- Oddio...
- Io... io... io non posso scendere, quindi dovremo fare così.
- Cosa sta succedendo?
- Ti devo delle scuse. È tutto vero.
- Cosa?
- Tutto quello che hanno detto su di me. Ho inventato io Moriarty.
- Perché dici questo?
- Sono un impostore.
- Sherlock...
- I giornalisti avevano ragione fin dall'inizio. Voglio che tu lo dica a Lestrade... Voglio che tu lo dica alla signora Hudson e a Molly. Anzi, dillo a chiunque voglia ascoltarti. Dì loro che sono stato io a creare Moriarty per i miei scopi...
- Ok, ok, Sherlock, sta' zitto. La prima volta che ci siamo incontrati. La prima volta che ci siamo incontrati, sapevi tutto di mia sorella, no?
- Nessuno può essere così intelligente.
- Tu sì.
- Già. Ho fatto delle ricerche su di te. Prima che ci incontrassimo, ho scoperto... tutto il possibile per impressionarti. È solo un trucco. È solo un trucco di magia.
- No. Va bene, ora basta. Entro.
- No. Rimani esattamente dove sei. Non ti muovere.
- Ok.
- Tieni gli occhi fissi su di me. Puoi fare questo per me? - la voce del detective si spezza. - Ti prego.
- Fare cosa?
- Questa chiamata è il mio biglietto. È questo che si fa, no? Si lascia un biglietto?
- Quando si lascerebbe un biglietto?
- Addio, John.
- No... no...
Sherlock lascia cadere il cellulare, non gli servirà più d'ora in poi. Cerca di ignorare l'urlo dell'amico che grida il suo nome dalla strada... e si butta.

 

John corre verso di lui, o almeno ci prova. Continua a correre, frastornato, anche dopo essere stato preso in pieno da un ciclista.

Deve farsi strada a forza tra il piccolo gruppo di persone che si è assiepato attorno al corpo dell'amico.

Sgomita fino a quando non lo raggiunge e...

Niente. Non c'è niente. Dove ci sarebbe dovuto essere il cadavere di Sherlock Holmes c'è soltanto l'asfalto e qualche foglia.

Niente sangue.

Niente corpo.

Niente Sherlock. Solo un gruppo di persone che si guardano attorno confuse e perplesse.

 

Ok. Questo non è esattamente come me l'ero aspettato.

Sherlock esce dalla piscina e si toglie le scarpe per far uscire l'acqua. Rinuncia quasi subito: i suoi vestiti sono zuppi e gronda acqua da tutte le parti.

D'accordo. Dove mi trovo? Si guarda attorno perplesso: si trova in una stanza senza finestre, occupata solo da una piscina e qualche attaccapanni.

Non ci sono gradinate e non sembrano esserci spogliatoi quindi non è una piscina pubblica.

Ma non è questo il punto. Come sono arrivato qui? Ero sul tetto dell'ospedale e mi sono buttato. Come...

Un rumore attira la sua attenzione, vede un'ombra passare fugacemente davanti alla porta.

Qualcuno lo stava osservando.

- Chi c'è?!
Non riceve risposta.
- So che sei lì dietro, chi sei? Dove mi trovo?

La figura nascosta nell'ombra non risponde e quando vede Sherlock avvicinarsi si allontana di qualche passo, si gira e corre via.

- Ehi! Fermo!

Sherlock inizia a rincorrere lo sconosciuto ma all'ennesima svolta si rende conto di essersi perso. Mi ha seminato... è veloce.

Si guarda attorno in cerca di un qualsiasi indizio della propria posizione o di qualcosa che gli faccia ritrovare le tracce dell'uomo misterioso. Almeno di questo è certo, si tratta di un uomo, è riuscito a scorgere i suoi abiti e nessuna donna, per quanto eccentrica, si vestirebbe a quel modo.

Nemmeno un uomo normale, in verità.

Continua a camminare lungo il corridoio per una decina di minuti senza giungere realmente in nessun posto.

Dopo altri dieci minuti lo scenario non è ancora cambiato.

Non esiste un posto simile in tutta Londra, questo corridoio sembra non finire mai...

con uno scatto repentino, Sherlock gira su stesso e inizia a correre nella direzione opposta.

Si ferma di botto e agita le braccia per riuscire a mantenere l'equilibrio e non cadere giù dalle scale.

Ciò che si trova davanti lo lascia per un attimo senza parole, non riesce davvero a comprendere cosa sia successo dopo la sua caduta. Si trova in un altro luogo, ma non riesce a capire quale, né come ci sia arrivato.

Osserva lo spazio attorno a lui: si trova in una stanza al cui centro si trova una console a sei lati, piena di leve, pulsanti e maniglie. Un cilindro luminoso parte dal centro della console in entrambe le direzioni e confluisce, verso l'alto, in una struttura a cono, separata dal soffitto da tre tamburi circolari di grandezza crescente.

Sherlock scende i gradini per studiare meglio l'ambiente e dare un'occhiata ai simboli sui tamburi, sono vergati in strani caratteri circolari. Qualcosa gli suggerisce che non siano una semplice decorazione, archivia l'informazione e decide di continuare a guardarsi attorno.

La stanza della console, come ha deciso di ribattezzarla nella sua mente, è rotonda, su due piani. Il piano su cui si trova ha il pavimento in metallo e presenta altre console vicino alle pareti, decorate da quello che sembra un motivo a cella d'ape.

Al piano superiore una passerella provvista di ringhiera permette di affacciarsi sul piano della console.

Il detective si affaccia dalla balaustra del piano su cui si trova e guarda di sotto: il pavimento è distanziato dalla parete e collegato alle porte della stanza tramite delle passerelle. Al di sotto può scorgere dei macchinari, probabilmente legati ai comandi della console.

Se ci sono dei comandi allora il posto in cui si trova dovrebbe essere in grado di muoversi. Le distanze che ha percorso, a meno che non siano frutto di un qualche tipo di illusione o trucco, però, non possono essere contenute in un mezzo di trasporto.

Non in uno che possa passare facilmente inosservato, comunque.

E lui non aveva notato niente prima di saltare.

- Incredibile, vero? Non è stupenda?
Sherlock si volta di scatto e si trova davanti un uomo dai capelli scuri, il ciuffo da una parte, un grande mento e sopracciglia... dove sono le sue sopracciglia?

Studia l'abbigliamento del nuovo venuto: pantaloni scuri, bretelle, giacca, farfallino e fez... singolare.

- Tu sei quello che mi stava osservando in piscina.
- Colpevole. - risponde l'altro sorridendo.
- Chi sei? Dove mi trovo? Come sono arrivato qui?
- Quante domande! Tu cosa credi che sia successo, Sherlock?
- Come conosci il mio nome?
L'uomo sorride enigmatico. - È una lunga storia.
Vuoi che indovini? D'accordo.

Capisce che quell'uomo è la chiave, una volta compresa la sua identità sarebbe stato tutto più facile.
Si avvicina e inizia a studiarlo ma presto si rende conto che l'impresa è più difficile del previsto.

- Affascinante.
- Cosa ti affascina, Sherlock?
- Tutto quanto. Sono saltato da un tetto, mi sarei dovuto sfracellare al suolo eppure mi sono ritrovato in una piscina. Ho camminato per un corridoio interminabile e mi sono ritrovato qui. Da questa stanza direi che mi trovo su un qualche mezzo di trasporto ma quale mezzo di trasporto potrebbe contenere una piscina e uno spazio così vasto e passare inosservato nel centro di Londra.
- Chi dice che è passato inosservato?
- Io non l'ho visto. - segue un momento di silenzio nel quale i due continuano a studiarsi. - E poi ci sei tu. Un individuo particolare, non c'è dubbio. Fisicamente dimostri trent'anni ma i tuoi gesti, il tuo modo di parlare e il tuo sguardo raccontano una storia diversa. Il tuo atteggiamento lascia trasparire il peso che porti con te. Hai visto molte cose, vero? Cose che ti hanno fatto invecchiare prima del tempo.
- Molto brillante, all'altezza della tua nome, Sherlock... ma ti devo correggere. Ciò che ho visto non mi ha fatto invecchiare. Sono molto più vecchio di quanto tu creda... ma questo è difficile per te da comprendere. Sei un uomo estremamente logico, tutto ciò che esula dal ragionamento e dalla pura logica ti sfugge.
- Mettimi alla prova.
- Ti trovi all'interno del TARDIS, una macchina che viaggia ovunque nel tempo e nello spazio. È dotata di un circuito camaleontico che le permette di mimetizzarsi con l'ambiente e passare inosservata, peccato che si sia rotto e ora abbia l'aspetto di una vecchia cabina blu della polizia da circa... è difficile fare una stima in anni. Dal mio punto di vista è diverso. Per quanto riguarda le dimensioni... è più grande all'interno.

- Ciò che dici non ha senso. Che significa “è più grande all'interno”?
- Tecnologia dei Signori del Tempo. All'esterno ha la dimensione di una normale cabina, ma all'interno è molto più grande, come hai potuto vedere tu stesso.

- Questo non è possibile.
- E chi lo dice? La tecnologia terrestre di questo secolo è estremamente limitata, ma questo non significa che nel resto dell'universo molte cose non siano già possibili.
- Ma non può essere più grande all'interno! Una stanza non può essere più grande di quanto appaia all'esterno!
- Sì, se l'interno è un'altra dimensione. TARDIS significa Tempo e Relativa Dimensione nello Spazio.
- Stai dicendo delle assurdità! Si può sapere chi sei?!
- Sono il Dottore, l'ultimo dei Signori del Tempo. Ho qualche migliaio di anni terresti, due cuori e vengo da un pianeta chiamato Gallifrey.
Sherlock resta un attimo a fissarlo per capire quale sia lo scopo di quello strano uomo, cosa credeva di fare raccontandogli tutte quelle assurdità su alieni e navi spaziali?

Decide di averne abbastanza e si dirige verso quella che deduce essere la porta per uscire da qualsiasi cosa quel posto sia.

- Non lo farei se fossi in te.
Il consulente investigativo ignora il consiglio del suo eccentrico interlocutore e spalanca la porta. Ciò che vede lo lascia senza fiato.

Quella è... la Terra!

- Che razza di trucco è questo?
- Nessun trucco, siamo nello spazio, appena fuori l'orbita terrestre. Non mi credi? Guarda! - prima che Sherlock possa rendersi conto di ciò che sta accadendo, il Dottore gli dà una spinta e lo fa cadere fuori dal TARDIS. Il detective si ritrova a fluttuare nello spazio.
Il Dottore lo afferra per il cappotto e lo ritrascina all'interno.

- Visto? E prima che tu lo chieda, riuscivi a respirare perché il TARDIS ha creato una specie di... scudo, di bolla di ossigeno tutto attorno a sé. Sarebbe stato sgradevole vederti morire asfissiato, specialmente dopo che ci siamo dati tutta questa pena per salvarti dallo sfracellarti al suolo.
Sherlock sente le ginocchia cedere e cade carponi, continuando a tenere gli occhi fissi sull'esterno della cabina, la porta ancora aperta. Tutto ciò che riesce a mormorare è un “non è possibile” a fior di labbra.
- Passerà. Rimangono tutti un po' sconvolti all'inizio... no, non vero, alcuni saltano semplicemente a bordo e mi chiedono di vedere tutto il possibile e immaginabile.
- Ci?
- Come hai detto?
- Hai detto “ci”. “CI siamo dati tutta questa pena”, tu e chi altri?
- È un po' complicato da spiegare.
- Hai voglia di scherzare, vero?
Il Dottore resta un attimo in silenzio. - Per te è la prima volta che ci incontriamo. Per me no. Oltre a me conosci un altro paio di persone... particolari. Le cose dovevano andare come sono andate oggi. Non posso dirti di più.
- Perché?
- Come direbbe una mia... amica, spoiler.
- ...d'accordo. D'accordo. E queste... persone, chi dovrebbero essere?
- Due fratelli. Sono americani. Un po' incasinati, ma gente a posto.
- E cosa avrebbero a che fare con me?
- Spoiler. Però te li posso presentare. Devo. Altrimenti non succederà ciò deve succedere e l'universo esploderà. Ma non c'è motivo di agitarsi.

Le porte del TARDIS si chiudono, il Dottore inizia ad armeggiare con i comandi e Sherlock si ritrova a gambe all'aria a causa della brusca partenza.
 

Chicago, Illinois. 48 ore prima.

- Sì, ho capito. Partiremo con il primo volo. Ripeto che sarebbe più facile se... sì, sì, d'accordo.

Il ragazzo dai capelli lunghi riaggancia e pensa al modo migliore per esporre il problema.

- Volo? Quale volo?! Io non ho nessuna intenzione di salire su un fottuto aereo, Sam!
Sam rotea gli occhi al cielo, esasperato. - Dobbiamo andare a Sacramento, Dean. È dall'altra parte degli Stati Uniti, non possiamo andarci con l'Impala!
- Non mi interessa! Non salirò su un aereo! Dovessi farmela a piedi da Chicago a Sacramento!
- Dean...
Il fratello lo interrompe e resta un attimo in silenzio, la mano sollevata, come in ascolto. - Hai sentito?
- Di che parli?
Dean non fa in tempo a rispondere, una cabina blu si materializza nella stanza del motel e Sam schizza in piedi. - È...

- Sì. È tornato. Sai cosa significa?
- Guai.
Per qualche istante non succede nulla, quando le porte si aprono un uomo stranamente abbigliato esce dalla cabina e inizia a parlare a ruota libera. - I Winchester! Da quanto tempo! Ucciso nessuno di recente? No? Spero di non essere arrivato in un momento delicato, ma che dico? Per voi è sempre un momento delicato. Ma ora dovete accantonare tutto e venire con me! È arrivato il momento di...
- Ehi, ehi! Amico, frena. Si può sapere chi diavolo dovresti essere?
- Come sarebbe a dire? Ho forse sbagliato coordinate temporali? Non è possibile, ho ricontrollato due volte. Perché non fa mai come le dico!
- No, aspetta. Noi conosciamo qualcuno che possiede la stessa cabina ma non sappiamo chi sei tu - puntualizza Sam, vedendo che il loro strano ospite aveva ricominciato a straparlare.
L'uomo li guarda un attimo perplesso, poi si colpisce la fronte con il palmo. - Ma certo! Ero diverso! Sono io, il Dottore!
- Il Dottore? Sarai logorroico quanto lui ma è impossibile che tu sia lui, il Dottore ha capelli castani corti, completo, cravatta e cappotto. Tu... chi diamine dovresti essere?
- Sono. Il. Dottore. Quella versione di me è morta. Quando un Signore del Tempo muore, si rigenera. Cambia aspetto e inizia una nuova vita.
- Si... si rigenera?
- Sì, è possibile rigenerarsi dodici volte.
- Quindi vivete 13 vite?
- Sì, ma ora stiamo divagando! Mi serve il vostro aiuto. Ricordate Sherlock?
- Alto, magro, saccente, estremamente irritante. Certo. Cos'è successo?
- Tra due giorni è il giorno.
- Che giorno?
- IL giorno! Il giorno in cui Sherlock salterà dal tetto! Il giorno dal quale tutto avrà inizio! Quel giorno!
- Ok. D'accordo, abbiamo capito. QUEL giorno! - sbotta Sam, non lo ricordava così frenetico... ma era passato molto tempo dalla prima volta che si erano visti. - Ancora mi sembra assurdo pensare che quello che succederà a causa del salto da quel tetto deve ancora succedere ma per noi è già successo.
- Oh, non preoccupatevi di questo. Se dovessi spiegarvi davvero come funziona il tempo resteremmo qui per giorni.
- Cosa intendi dire con “come funziona davvero il tempo”?
Chiedono i fratelli simultaneamente. Il Dottore ha un moto di impazienza, singolare per qualcuno che possiede una macchina del tempo e ha tutto il tempo del mondo a disposizione.
Fa una pausa nella quale sembra cercare le parole giuste. - Le persone pensano che il tempo sia una rigida progressione di causa ed effetto, ma in realtà, da un punto di vista non lineare e non soggettivo, è più come una grossa palla un po' vacillante che va e viene... fluttuante.
- Eri partito bene. - commenta Sam.
- Sì, lo so, è successo anche la prima volta che ho provato a spiegarlo. Pazienza, non importa. Dobbiamo andare, entrate nel TARDIS. Londra ci aspetta.
- Non ci hai detto cosa vuoi che facciamo!
- Ve lo spiegherò durante il viaggio. Muoversi!

Un B&B di Londra. 48 ore dopo.

- Vacci piano!
- Ok, scusa. Se tu stessi fermo sarebbe molto più semplice! - Sam riafferra l'ago sfuggitogli di mano a causa dello scatto di Dean e ricomincia a ricucirgli la ferita.
- Quel tipo era un armadio.
- Siete abituati a qualcosa di peggio, se non ricordo male.
Dice una voce spuntata dal nulla.
- E io ti ricordavo più “pace e amore”, Dottore. - bofonchia Sam.
- Non vi ho detto di ucciderli, solo di fermarli e evitare che facessero del male a qualcuno.
- Prova a fermarlo tu un tizio grosso il doppio di te che carica come un toro senza ucciderlo! Ormai è finita, abbiamo fatto quello che dovevamo come era nei patti.

Il silenzio cala per un momento nella stanza.
- Questi sarebbero i fratelli di cui mi hai parlato?
Il Dottore fa qualche passo di lato per liberare la visuale e alza un braccio per indicarli. - Dean e Sam Winchester. Sono cacciatori.
- Cacciatori? - Sherlock li scruta, un sopracciglio alzato. - Voi siete umani?
- L'hai un po' sconvolto Dottore? Sì, siamo umani.
- Cosa cacciate?
- Siamo cacciatori di mostri. E di demoni.
Sherlock li studia. - Avete un legame molto stretto. Dovuto a ripetuti eventi traumatici nelle vostre vite, avete perso qualcuno di importante per voi... no, non qualcuno. Più di qualcuno.
- Dì pure chiunque abbia avuto la sfortuna di avere a che fare con noi. - brontola Dean.
Il consulente investigativo solleva un sopracciglio. - Tu sei il fratello maggiore. Sei abituato a prendere decisioni difficili e credi che molte cose siano accadute a causa tua. Siete abituati a uccidere ma non siete assassini. Non siete nemmeno militari. - fa una pausa. - Siete stati addestrati da vostro padre ed è stato per vendicarvi di qualcosa, ma se fosse stato un addestramento normale una volta raggiunto il vostro scopo avreste smesso. No. È qualcosa di importante. Vostra madre.
Dean gli lancia un'occhiataccia ma non si lascia intimidire.
- Qualcosa ha ucciso vostra madre quando eravate bambini, vostro padre vi ha addestrati per trovare quel qualcosa e ucciderlo, nel frattempo vi siete imbattuti in altri esseri e li avete eliminati. È diventato uno stile di vita. Una volta uccisa la cosa responsabile della morte di vostra madre avete continuato perché non conoscete altro modo di vivere. Sono sicuro abbiate avuto degli scontri in passato e che uno dei due abbia più volte deluso l'altro o abbandonato l'attività... o entrambi, ma avete sempre ricominciato. Avete perso molto e il vostro legame è andato consolidandosi, è quasi... morboso. Si vede dal modo in cui vi parlate e vi muovete, siete abituati a capirvi senza parlarvi. In più di un momento avete dovuto pensare che l'altro non sarebbe tornato, una volta lasciata la “squadra” e questo vi ha resi ancora più co-dipendenti, mi sbaglio?
Sherlock non riceve nessuna risposta per qualche minuto, è Sam a rispondere per primo, questa volta. - Hai ragione, sono cose che succedono quando vedi tuo fratello morirti davanti più di una volta.
- Come dici?
- Hai capito benissimo.
- Uno di voi due è morto?
- Entrambi, più di una volta.
Sherlock li osserva senza capire. Dean fa un sorriso storto. - A questo non avevi pensato, eh cervellone?
- Com'è possibile?
- Angeli, portali, demoni... non hai idea delle alleanze che si possono stringere in certi momenti. Ovviamente non è sempre così semplice. - Dean fa una pausa. - A volte sembra che non ci sia via di scampo. Una volta abbiamo scomodato Morte stessa.
- Morte?
- Sì, Morte, il Cupo Mietitore, l'Uomo con la Falce, l'Angelo della Morte. Morte.
Fino al giorno precedente Sherlock Holmes avrebbe liquidato quella storia come vaneggiamento di un paio di folli ma dopo gli avvenimenti di quella giornata non era più così sicuro che i limiti della sua realtà, potessero essere definiti i limiti della realtà vera e propria.

Probabilmente il mondo, l'universo, era un posto molto più oscuro e misterioso di quanto avesse creduto.

- Non mi avete detto a cosa è dovuto tutto questo.
I tre uomini si guardano.
- Prego, Dottore, a te l'onore. Sei tu l'esperto.

- Prima di tutto lascia che ti spieghi una cosa: tutto ciò è accaduto perché tu avresti dovuto fingere il tuo suicidio oggi. John avrebbe visto il tuo cadavere, o almeno avrebbe creduto di vedere il tuo cadavere, saresti scomparso per due anni, saresti tornato e avresti ricominciato la tua vita dopo aver eliminato la rete criminale di Moriarty. In un certo momento del tempo, nel futuro, più o meno qualche anno dopo la morte di... no, questo non te lo posso dire. Lo capirai. Non si tratta di John, non ti preoccupare. Dicevo, a un certo punto nel futuro si aprirà un portale e farà entrare delle... cose in questo universo.
- Che tipo di cose?
- Le vedrai, non posso dirti troppo. A un certo punto tu mi chiamerai, quella che incontrerai però sarà una nuova versione di me, più giovane. Avrò un altro aspetto dovuto alla mia natura di Signore del Tempo. Quella versione di me sarà precedente a questa e per lui non vi sarete mai incontrati, per lui tutto questo non è ancora successo. Raccontami di questo incontro, del giorno in cui mi intrometterò nel tuo finto suicidio. Questo ci porterà a oggi. Una serie di eventi catastrofici dovuti alla mia intromissione porterà poi a quella situazione, futura per te, passata per me.
- Non sarebbe stato più semplice non intrometterti così la tua versione passata nel mio futuro non comparirà e quelle cose non succederanno?
- No, ormai si è messa in moto una reazione a catena per cui gli eventi devono proseguire in questo modo. Il mio intervento è diventato un punto fisso nel tempo, le cose devono andare così.
- Quindi ora cosa dovrei fare? Tornare a Baker Street?
- No. Ora torneremo indietro al momento in cui ti ho fatto cadere nella piscina, sistemeremo le cose come sarebbero dovute andare, tu sparirai per il tempo previsto e proseguirai con i tuoi piani.
- A che pro tutto questo?
- Dovevi sapere. In più c'è uno scarto sensibile nel tempo della tua caduta... il paradosso non riguarda ciò che hanno percepito gli altri ma l'interruzione e interferenza nella corretta linea temporale degli eventi.
I quattro uomini risalgono sul TARDIS, riportano Sherlock al Bart's, fanno in modo che tutto vada come stabilito e scompaiono.

Londra. Marciapiede davanti al St Bart's.

John corre verso di lui, o almeno ci prova. Continua a correre, frastornato, anche dopo essere stato preso in pieno da un ciclista.

Deve farsi strada a forza tra il piccolo gruppo di persone che si è assiepato attorno al corpo dell'amico.

Sgomita fino a quando non lo raggiunge e gli tasta il polso.
Non c'è battito.

È morto.

Il suo amico, Sherlock Holmes, è morto.

 

- Tu... una volta mi hai detto che non eri un eroe. Ci sono stati momenti in cui ho pensato che non fossi nemmeno umano, ma lascia che ti dica una cosa... eri l'uomo migliore... l'essere umano più... umano che io abbia mai conosciuto e nessuno mi convincerà che tu mi abbia mentito. Ecco... l'ho detto. Ero davvero molto solo e ti devo davvero tanto. Ma ti prego, c'è ancora una cosa. Un'ultima cosa, un ultimo miracolo, Sherlock, per me. Non essere morto. Potresti farlo... per me? Smettila. Smettila!
Da lontano, Sherlock osserva il suo amico piangere sulla sua tomba e deve combattere contro l'impulso di andare da lui e dirgli che sì, può farlo. È ancora lì. È ancora vivo. Ma non può.
Una mano si appoggia sulla sua spalla.
Sam resta un attimo in quella posizione. - Andiamo, Sherlock. Mi dispiace, ma è ora di andare.
- È ora di sistemare le cose, geniaccio. Prima partiamo, prima li troviamo, prima prendiamo quegli stronzi della rete criminale di non so chi a calci nel culo e prima potrai tornare alla tua vecchia vita.
Sherlock Holmes annuisce in silenzio, dà le spalle al cimitero e si allontana con i due fratelli Winchester, sicuro che non avrebbe potuto scegliere meglio le persone a cui rivolgersi per la caccia che stavano per iniziare.






Nota: l'ispirazione per questa storia è venuta da questo video https://www.youtube.com/watch?v=p3HGb1_bQis
  
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