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Autore: Mitsuko_Ayzawa    15/06/2014    0 recensioni
I demoni esistono, è un dato di fatto.
Dall'Inferno dove vivono essi possono scappare nel mondo degli umani, per divorarli.
Ma in un mondo moderno come il nostro, gli uomini non si fanno sopraffare. E così nascono i Sicari, i Sicari Infernali, ragazzi e ragazze nati umani, ma mutati in mezzi demoni.
è questo che è Noel, un mezzo demone. Ma un mezzo demone estremamente particolare.
A causa della cupidigia dell'organizzazione, Noel, da Sicario numero 1, viene gettata nella rovina.
Ma lei sa che i Tutor nascondono qualcosa, e ha tutta l'intenzione di scoprirlo, per vendicare se stessa e la sua genia.
Sul fondo di una lotta tra umani e demoni che non sembra avere fine, Noel tesse la sua tela, perchè la verità su di quelli come lei sia portata alla luce.
Ma non sa che ciò che ha scatenato, sarà la scintilla di accensione per qualcosa di molto più pericoloso, che potrebbe costringerla a prendere decisioni inaspettate...
-Mitsuko
[il Rating potrebbe aumentare a rosso. potrebbe, è tutto da vedere]
Genere: Guerra, Horror, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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∙Capitolo 1∙

∙Noel∙

 
 
Nel silenzio  quasi spettrale, si udiva solo un soffocato rumore di passi e di stoffa che strusciava sulla pelle.
L’uomo percorse la navata del salone avvolto nell’oscurità, giungendo davanti ad una pedana con alcuni scranni in semicerchio, tutti occupati eccetto uno. Si accomodò con tranquillità, incrociando le gambe e appoggiando il mento sulle dita intrecciate.
Solo allora si concentrò sulla figura inginocchiata davanti alla pedana, i polsi, le caviglie e il collo avvolti da ceppi d’acciaio nero. Piegata su se stessa, la figura giaceva immobile, un mantello di quello che in origine doveva essere bianco posato malamente sulle spalle. Le braccia, spalancate, tese dalla cortezza delle catene che le impedivano di avvicinarle al corpo. Il volto era chinato in avanti, nel gesto di chi è stato miseramente sconfitto e porta un peso troppo grande sulle spalle.
Trascorse un attimo di silenzio mentre gli occhi glaciali dell’uomo scrutavano l’ambiente e tutti i Referenti riuniti.
«E adesso che ne facciamo di te?» chiese uno dei Referenti, scandendo bene le parole. La figura inginocchiata sollevò lentamente il volto, come se il minimo movimento le costasse una fatica enorme. E a ragione. Se il suo corpo era messo anche solo la metà di come il volto era tumefatto, allora la figura era già fortunata a trovarsi in vita. E quando la figura si erse l’uomo poté constatare la condizione fisica in cui la creatura vessava, osservandola attraverso gli strappi dei vestiti, che forse lasciavo intravedere più di quanto fosse opportuno.
La figura aveva gli occhi chiusi. Poi, uno si spalancò di scatto. Vigile, gelido e tagliente, osservò intorno. Dall’altro, nero e pesto, colava un rivolo di sangue violaceo. Rimase chiuso.
 La figura non disse nulla.
«Non dici nulla? Siamo curiosi di sentire la tua versione dei fatti.» di nuovo silenzio.
«Ci avete dato una bella gatta da pelare, tu e la tua compagna, non è vero? Ora dovrai pagarne le conseguenze.» la figura era inquieta adesso, ma mantenne il suo ferreo mutismo e lo sguardo fisso negli occhi del suo interlocutore. Il Referente fece una smorfia e si alzò in piedi di scatto. In pochi passi giunse dalla figura e le tirò un violento schiaffo sul volto. Lei cadde a terra con un tonfo metallico e un flebile lamento.
«Quando ti pongo una domanda devi rispondere, mostro!» l’essere puntò i suoi occhi gialli sull’uomo e in risposta gli sputò addosso. Il Referente si ritrasse disgustato, facendo un gesto ad alcune guardie, che intervennero immediatamente.
Dopo pochi secondi la figura non era che un fagotto rannicchiato al suolo, scosso dal dolore per i calci ricevuti.
«Hai imparato la lezione, adesso?» di nuovo nessuna risposta, se non uno sguardo gelido e dolorante. Un altro Referente, una donna, intervenne.
«Non esagerare! È già stato tutto deciso. Il suo silenzio vale più di ogni parola e le testimonianze lo dimostrano. Questo essere è uno sporco demone, e come tale va eliminato. Diamolo in pasto alle nuove reclute!»
«No!» a parlare era stato l’ultimo arrivato.
«No? Per quale motivo ti opponi? Sei forse in combutta con questo mostro?» sbottò il primo Referente.
«No, non lo sono. Ma sii ragionevole, e guardiamo ai fatti. È impossibile che questa cosa sia un demone.»
«E cosa te lo fa pensare?» intervenne un terzo uomo.
«I suoi occhi.» rispose il Tutor. Si alzò in piedi e si avvicinò alla creatura, la prese per i capelli e la sollevo a forza, perché tutti potessero vederne il volto. «Lo vedete bene quanto me. Sono gialli, non rossi.»
«Ma le testimonianze riferiscono di aver visto questo Sicario mutarsi in demone, più volte!»
«Lo so, ero presente anche io agli interrogatori. Ma un demone non è in grado di cambiare il colore dei suoi occhi e ciò sembrerebbe quasi dimostrare l’innocenza di questa persona.»
«Credi nella sua innocenza?!» il Tutor fece un sorriso crudele, mentre sbatteva la testa della ragazza sul pavimento.
«Per niente. Sono fermamente convinto che questa ragazza sia colpevole. Ma non so spiegarmi come mai non abbia assunto i connotati demoniaci. Niente occhi rossi, e il segno dei Sicari c’è ancora. Senza contare che i suoi capelli non hanno ripreso il colore originario. Fisicamente è ancora un Sicario, ma nell’anima potrebbe essere già un demone.» le sue parole causarono un mormorio nel salone, amplificato dall’eco. Una nuova voce emerse.
«Ciò è impossibile! Se nell’anima questa creatura fosse già diventata un demone, l’avremmo già uccisa da tempo!»
«E invece non l’abbiamo fatto, perché? Cosa ci ha impedito di capire cosa lei stesse diventando?» la figura rimase immobile, mantenendo il suo silenzio.
«Che cosa proponi di fare, quindi.» il Tutor li guardò tutti, uno a uno, con aria di sufficienza.
«È ovvio. Studiarla. Voglio capire tutto di lei.»
«E a cosa potrebbe servire?» il Tutor scoppiò a ridere.
«Ma ci pensate? Un Sicario in grado di trasformarsi in demone ma poi ritornare umano? È grandioso! Se scoprissimo come fa, potremmo trasmettere la sua capacità a tutte le nuove reclute! Potremmo forgiare l’armata più potente che il mondo abbia mai visto. E una volta sconfitti i demoni, grazie a loro potremmo avere il nostro posto di rilevo nel mondo.» altri bisbigli si diffusero nella sala. Ma, contrariamente a prima, questi erano molto più favorevoli alle parole dell’uomo.
«La tua idea non è male, potremmo pensare di metterla in atto.» concordò uno di loro. «Però è comunque rischioso, e se si ribellasse?»
«Non lo farà, la terremo strettamente d’occhio.»
«Ottimo, allora. Resta solo da decidere chi di noi si occuperà delle ricerche.» il silenzio aleggiò sulla platea.
«Io credo che sarebbe meglio affidarla alla sezione ricerche.»
«E lasciare che tutti i segreti di questa creatura si diffondano? Neanche per sogno.»
«Ma bisognerà pure trovare…» il Tutor sogghignò: andava tutto secondo il piano.
«Me ne occuperò io stesso.» si intromise il Tutor. Il Referente annuì.
«Allora è deciso, Hugo. La affidiamo a te.»
 
***
 
I due ragazzi scesero dall’automobile azzurro cielo di Marianne. Logan andò subito ad aprire il portabagagli, tirando fuori le valige, una a una.
Ruby invece percorse il vialetto che separava il parcheggio dal cancelletto della sua nuova casa. La guardò estasiata.
 «Mamma, è bellissima! Sono contentissima di vivere qui!»
«Invece di startene lì a fantasticare, perché non vieni ad aiutarmi con le valige?» intervenne il fratello.
«Logan, sei davvero irritante. Potrò essere felice senza che tu venga a rompermi le scatole, una buona volta?»
«Certamente, dopo che ci avrai dato una mano qui, ti lascerò in pace finché vuoi.» il ragazzo si avvicinò e lanciò una borsa alla sorella, che mancò la presa facendola cadere a terra.
«Stai più attento! Ci sono delle cose fragili lì dentro.» i due fratelli iniziarono irrimediabilmente a bisticciare. La madre li guardò con un sorriso sconsolato. “Vi auguro di poter avere sempre questa allegria, ragazzi.” Pensò mentre chiudeva lo sportello del guidatore. Senza dare nell’occhio si guardò intorno, per osservare i pochi vicini che stavano assistendo alla scenetta. Poteva quasi sentire i loro pensieri, mentre nascondevano dietro di loro i figli.
“Mi raccomando, non avvicinarti a quella casa! In quella famiglia c’è un Tutor.”
“Non parlare mai con loro e non inimicarteli, figliolo! Che poi loro si vendicano.”
“Stai lontana da loro, che i Tutor portano sfortuna e guai!”
Beh, in fin dei conti Marianne ci era abituata. Trasferirsi spesso, andare a vivere in città lontane da quella dove stavano i suoi vecchi genitori, sempre con l’ansia per sé e per i figli. Ma Marianne Wright era un donna forte. Se non lo fosse stata, Hugo Wright non l’avrebbe sposata, ventidue anni prima.
«Su ragazzi, smettetela di litigare, dobbiamo fare buona impressione! Vostro padre ha lavorato tanto per poterci permettere di vivere in questa casa, siatene grati e comportatevi a modo.» in quel momento Ruby parve riscuotersi.
«A proposito di papà, tu sai quando arriva? Aveva detto che sarebbe arrivato dopo di noi con la ragazza.»
Ruby era eccitatissima. Quando Hugo aveva comunicato alla famiglia che una delle ragazze di cui lui era Tutor sarebbe andata a vivere con loro per un po’ di tempo, Ruby aveva fatto salti di gioia. Nella sua ottica, una ragazza poteva essere una potenziale alleata contro il fratello maggiore Logan. Peccato che Hugo non avesse voluto rivelarle nulla sul suo conto, né nome, né età.
«Mamma, per caso papà ti ha rivelato il suo nome? Vorrei tanto saperlo.»
«No cara, non me lo ha detto.» mentì abilmente Marianne. Aveva promesso al marito che non avrebbe rivelato nulla su di lei, fino al suo arrivo.
«Potrai chiederglielo quando arriverà. Comunque ora chiamo tuo padre e gli chiedo dov’è.» mentre i due fratelli ricominciavano a bisticciare per sapere chi dovesse portare in casa le valige più pesanti, la donna ne approfittò per telefonare al marito, che ripose al secondo squillo.
«Hugo, caro, sono io.»
«Ciao Marianne, siete già arrivati?»
«Proprio adesso, voi dove siete?»
«Sono al ponte, cinque minuti e sono da voi.»
«Ottimo, a dopo.» Hugo chiuse la chiamata ma la donna riuscì per un secondo a sentire una voce femminile, anche se non ne colse le parole.
“Sta arrivando.” Pensò. Un brivido le percorse la spina dorsale, mentre guardava i figli. “Chissà come la prenderanno” si chiese la donna “quando scopriranno che lei è un Sicario”.
«Allora? Dove sono?» la voce di Ruby interruppe i pensieri della donna, riportandola bruscamente alla realtà.
«Cinque minuti e sono qui. Su, ora pensiamo alle valige! E smettetela di litigare!»
 
***
 
«Manca ancora molto?» chiese la ragazza con voce atona.
«Sembri davvero entusiasta di venire a vivere con noi.» Hugo sbirciò nello specchietto retrovisore, guardando la giovane che fissava il vuoto oltre il vetro fumé della macchina. Con un sorriso cercò di mascherare l’ironia e il sarcasmo della frase.
«No, voglio solo porre fine a questo supplizio. Tutto ciò è inutile.» lo sguardo che la giovane rivolse all’uomo era di gelido odio. «Non otterrai la mia obbedienza così, Hugo. Non otterrai nulla.»
«Beh, mia cara, con te ho ottenuto risultati già più che soddisfacenti. La tua obbedienza è superflua.» la ragazza emise un verso di stizza e tornò a guardare fuori.
«Tzè. Risultati davvero soddisfacenti.» strinse con forza le mani, conficcandosi le unghie nella carne. Sollevò una mano e se la portò al petto, premendo sul taschino della camicia, sentendo il famigliare scricchiolio della carta. «Proprio grandiosi.»
Hugo si limitò a guardarla di sbieco, con un sorrisetto sulle labbra baffute.
 
Marianne si trovava sulla veranda, quando Hugo arrivò. La donna si affacciò in casa chiamando i figli, poi si diresse verso la BMW nera del marito. Beh, non proprio sua. Era la macchia da lavoro.
«Ciao cara.» la salutò Hugo con un bacio sulla guancia.
«Papà!» si intromise Ruby. La famiglia si salutò allegramente e nessuno fece caso alla giovane che scese dall’auto, fino a che lei non chiuse sbattendo lo sportello del mezzo.
Ruby si voltò di scatto, curiosa di conoscere la sua nuova compagna. Ma ciò che vide la lasciò senza fiato.
La ragazza dimostrava fisicamente diciannove o vent’anni, ma lo sguardo era quello di chi invece ne aveva vissuti molti di più. Un volto lungo era incorniciato da una massa di capelli neri come l’ebano, talmente scuri da sembrare quasi che stessero assorbendo la luce circostante. Una frangia quasi le copriva gli occhi, mentre ciocche lunghe fino al mento le coprivano le guancie. Il resto, ricadeva scomposto lungo la schiena. Un fisico alto e nervoso era fasciato da un completo con camicia, pantaloni in pelle nera e una giacca cremisi, lunga fino alle ginocchia.
Ma ciò che raggelò di più il sangue nelle vene a Ruby, furono gli occhi. Furono essi a rivelarle che in realtà la ragazza era un mezzo demone. Occhi gialli, di un giallo luminoso. L’iride sembrava quasi mascherare la pupilla, rendendo lo sguardo del Sicario penetrante. Con un colpetto delle dita la ragazza si scostò appena la frangia e Ruby poté vedere anche il suo simbolo. Era sull’ occhio destro e lo tagliava a metà verticalmente, assieme al sopracciglio. Nella parte superiore poi c’erano altri due segni neri. La ragazza fissò i Wright come se in realtà non li vedesse. Con calma estrasse dall’auto un borsone ed un involto di stoffa molto lungo, che avvolgeva alcune delle sue armi, le poche che le era stato permesso di portare con sé. Si avvicinò a loro quasi con cautela, i tacchi degli stivali che battevano sui ciottoli del vialetto. Hugo colse l’occasione al volo.
«Ottimo, è ora delle presentazioni! Lei è la ragazza di cui vi ho parlato, si chiama Noel. Verrà a vivere con noi per un po’, dato che abbiamo deciso di tenerla a riposo per colpa di un incidente. Siate gentili e fatela sentire a casa.» la ragazza non reagì in alcun modo, si limitò a restare immobile. Un unico movimento fu quello delle labbra che si stirarono in una lieve smorfia beffarda. “Su provaci, Hugo. Vediamo fino a dove spingerai il tuo raggiro.”
Se Hugo risultò infastidito dalla mancanza di partecipazione di Noel, non lo diede a vedere.
«Forza Ruby, perché non mostri a Noel la sua stanza? Potresti darle una mano a sistemare i bagagli.» posò una mano sulla spalla della figlia e una su quella di Noel. «Sono certo che diventerete grandi amiche.» Ruby ne fu entusiasta.
«D’accordo, forza, vieni con me!» Noel si limitò a seguirla, in silenzio. “Un’amica? Oh Hugo, sono proprio commossa. Un’amica era esattamente quello di cui aveva bisogno, ora che la povera Noel è finita così male.” Prima di entrare in casa la mezzo demone si voltò e piantò i suoi occhi dorati in quelli di Hugo, con un’espressione carica di odio e disgusto.
 
Ruby spalancò la porta della stanza, permettendo a Noel di entrare. La giovane si guardò in giro, osservando i mobili in legno. “Legno, grazie al cielo. Avrei ucciso qualcuno se mi avessero fatto una camera rosa.”
La osservò distrattamente. Muri bianchi, un soppalco con il letto, mobilia in legno scuro, una grande finestra con delle tende rosse. Noel strinse i denti. Lei odiava il rosso. Le faceva pensare agli occhi dei demoni. Agli occhi che prima o poi anche lei avrebbe avuto.
«Bene!» esclamò Ruby. «Se vuoi posso darti una mano con le valige, io ho finito con le mie.» si avvicinò cercando di prendere il borsone di Noel ma lei si allontanò di scatto.
«Stammi lontana.» disse seccamente.
«Ma io…» provò Ruby.
«Io niente. Non sono incapace, so sistemarmi da sola i miei vestiti. Puoi andare.» girò sui tacchi e si avvicinò a dei ganci sulla parete. Con mosse abili estrasse le sue armi e le appese con cura. Tra tutte spiccava un grande spadone a due mani con l’elsa rossa, poi venivano un paio di pugnali e altre due spade, gemelle, più sottili e corte dello spadone. Erano armi che andavano usate insieme, una in una mano e una nell’altra. Poteva colpire molti più avversari, ma Noel continuava a preferire la prima spada, appesa al centro tra le altre. «Ho detto che puoi andare.» Ruby non dava segnali di volersi muovere.
«Ma papà ha detto…» il movimento di Noel fu così fulmineo che Ruby non riuscì a vederlo. Un attimo prima era in piedi davanti alle armi, l’attimo dopo era di fronte a Ruby e la teneva premuta contro il muro. La distanza tra le due era minima, accentuando ancora di più la differenza d’altezza, esagerata dai tacchi degli stivali di Noel.
«Ascoltami bene, ragazzina, perché non lo ripeterò. Questo non è il mio posto. Mi trovo qui in via del tutto eccezionale e contro la mia volontà. Non ho la minima intenzione di diventare l’amichetta di una mocciosetta impertinente come te, né tantomeno assecondare i capricci di tuo padre.» si fece più vicina, parlandole all’orecchio. «Hugo non avrà la mia obbedienza come tu non avrai la mia amicizia. Puoi andare a dirglielo tu stessa. Ora vattene e lasciami in pace.»
Ruby non se lo fece ripetere, e Noel rimase sola. La mezzo demone guardò fuori dalla finestra. Il cielo si stava annuvolando. Mentre l’ultimo raggio di sole svaniva dietro le nuvole la ragazza si portò una mano al cuore, che batteva lento e apatico.
“Ma che ci faccio io, qui?”
 
 





 
 
Lounge dell’autrice
Salve a tutti e grazie per essere arrivati alla fine del primo capitolo della mia storia “Hell’s Hired Killers” o meglio ancora “I Sicari dell’Inferno”
Questa non è la mia prima long originale quindi dovrei avere già acquisito un po’ di esperienza, ma qualsiasi consiglio e/o critica sarà ben accetto ;)
Bene, spero tanto che il primo capitolo vi sia piaciuto, anche se è più corto della mia solita media, ma dato che è di introduzione posso permettermelo (?)
Sì, lo so… sono masochista a iniziare una nuova long quando ne ho già una molto importante in corso… ma avevo bisogno di farlo.
Sono arrivata a un punto critico con “Stones’War” e sto facendo fatica ad andare avanti, nonostante lo desideri molto… alla fine ho deciso di cambiare aria e distrarmi un po’ con qualcos’altro XD
Ecco il perché di questa storia, il cui primo capitolo è dedicato alla mia nuova editor, che cura HHK :D
Bhe, per ora non dico altro, mi rimetto ai prossimi capitoli!
e in fondo vi lascio due link di disegni fatti da me >3<
Au Revoir,
Mitsuko



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