Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
Segui la storia  |       
Autore: MadLucy    17/06/2014    10 recensioni
Sono passati ormai otto anni dalla prematura morte di re Joffrey; ora sul Trono di Spade siede Tommen Baratheon, bello quanto ignaro, manovrato con fine astuzia dall'intraprendente moglie, Margaery Tyrell. Al Nord regna Bran Stark: il suo improvviso ritorno è avvolto in una caligine di mistero, così come il sinistro e devastante potere grazie al quale ha conquistato il comando; al suo fianco c'è la moglie Meera, ma a corte tutti sanno che il re passa le notti nel letto del suo consigliere più fidato. Quando, per vendicare i torti subiti dalla sua famiglia in passato, il principe barbaro Rickon Stark si sporca le mani di sangue Lannister e rapisce la principessa Myrcella, non si può più tornare indietro: è guerra. Che parte interpreteranno Sansa Stark, Yara Greyjoy e Gendry Waters in tutto questo? Tra amori conflittuali, alleanze strategiche e scandali a palazzo, i nuovi concorrenti possono schierare le pedine: e che il gioco del trono abbia inizio.
(Bran/Jojen; Rickon/Myrcella; Gendry/Arya)
Genere: Generale, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Bran Stark, Myrcella Baratheon, Rickon Stark, Shireen Baratheon, Tommen Baratheon
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Epilogo

Epilogo.



Sedici anni dopo.




Una figura procedeva nella neve, farinosa nella consistenza e croccante sotto il peso dei suoi stivali impellicciati. Il candore del cielo sgorgava fioccando, fino a trapuntare il suo cappuccio di piccole perle di ghiaccio. La direzione obliqua del vento la costringeva ad opporsi, puntando il capo in avanti. La tempesta turbinava, ovattata, ululante, con la fierezza e la discrezione del Nord. Mano a mano che si faceva strada nell'illusione ottica d'una distesa illimitata, una striscia scura violava l'integrità illibata della crosta superficiale del manto. Il sole era azzurro, e anzichè scaldare soffiava un alito artico. Ombre celesti ed affilate disegnavano sulla pianura innevata la rotta del suo viaggio, da oriente ad occidente. Con la maestosa lentezza e la vezzosa grazia di un'ospite a cui piace farsi attendere, indugiava ad ogni passo, seguiva i movimenti dei propri stivali con lo sguardo. Le gonne ondeggiavano accondiscendendo ai movimenti delle sue gambe. Il cappuccio di velluto turchese le celava il volto, però non riusciva a nascondere lo sfavillio biondo di qualche boccolo che sfuggiva e turbinava, danzando al fischio del vento. Con sguardo serafico, regalmente soddisfatto, la figura ispirò l'odore del Nord.
Finalmente, un grande palazzo grigio si profilò davanti a lei -Grande Inverno. La figura continuò ad avanzare, senza esitazioni. Ancora, e ancora, fino a che non giunse alle porte delle fortificazioni. Dei piantoni le vigilavano, ma fu sufficiente che la figura pronunciasse poche parole affinchè, con un'espressione attonita, i soldati si facessero da parte.
Quando giunse alla sala del trono, aveva le cosce e le ginocchia indolenzite, per via dei troppi grumi di neve ghiacciata che aveva spaccato con gli stivali, però un sorriso compiaciuto era accomodato sulle sue labbra. Proseguì, un passo per volta, come aveva sempre fatto. Con calma. Sono in cinque, aveva detto suo padre.
Mentre avanzava, all'improvviso, un viso minuto si sporse dalle file dei cortigiani per osservarla, con gli occhi sgranati. Tutti si scostarono immediatamente per fargli spazio, e la figura capì. Brandon Stark, il più giovane. Inaspettatamente, Brandon aveva le fattezze di un Tully: il sangue di Catelyn aveva avuto delle ripercussioni fin nella generazione successiva. Era un bel bambino, con occhi grigio-azzurri e capelli color dei germogli di barbabietola, chiaro di pelle e molto curioso d'indole.
-Cos'hai tanto da guardare, moccioso?- domandò. 
Il piccolo assunse allora un atteggiamento cospiratorio, parlando a bassa voce, con un misto di titubante timore e puerile eccitazione.
-Ma è vero che mangi le persone?-
Il sorriso della figura s'allargò. -Non saprei. Secondo te è vero?- rigirò la domanda, affabilmente.
A quel punto un ragazzo di qualche anno più grande, forse undicenne, prese il bambino per il polso e lo trattenne.
-Vieni qui, Brandon. Non essere impertinente.- ordinò, senza riuscire a dissimulare il proprio nervosismo. Alla figura rivolse soltanto un brevissimo sguardo, pregno d'inquietudine. Howland Stark, pensò la figura. Lui era un piccolo Stark fatto e finito, invece, scuro di occhi e capelli, cupo e serio e contegnoso come un lord in miniatura. Un'espressione torva, tra l'altero, il triste ed il preoccupato, dominava il suo volto fin dalla prima età.
La figura, finalmente, raggiunse i gradini sbreccati che conducevano al trono. Dall'alto di esso, un ragazzo la stava fissando. I suoi capelli erano castani, molto scuri, e avvolti in mille ricci che gli ammorbidivano la nuca. Gli occhi erano sempre quelli di suo padre, ma nei lineamenti, come brontolava sempre Osha, assomigliava inequivocabilmente a Meera. Quando parlò, la sua voce fu secca come una frusta. Kenned Stark.
-Benvenuta a Grande Inverno, cugina.-
-Vedo che non ci sarà bisogno di presentazioni.- esclamò la ragazza, sollevando il mento. I due fratelli più piccoli s'era schierati al fianco degli altri, quasi a formare uno squadrone compatto e invincibile, per difendersi dall'interferenza esterna. I suoi cugini erano lì per giudicarla.
Kenned non distolse lo sguardo da lei nemmeno per un istante, come tenendosi pronto ad anticipare il repentino movimento di un serpente.
-Mia sorella ti ha visto arrivare.- rispose semplicemente. La figura notò che vicino al trono del Re del Nord vi era un altro scranno, di poco più piccolo, di norma riservato alla regina. In quel momento, vi sedeva una fanciulla dall'espressione di spietata durezza. Una benda insanguinata le cingeva la fronte. Quello che di primo acchito aveva scambiato per un mantello, che la avvolgeva fino ai piedi, in realtà erano i capelli spropositatamente lunghi, spessi come velluto. Lo sguardo dei suoi occhi verdi, puntato contro di lei come una lancia, era il più ostile che la figura avesse mai percepito su di sè. L'ospite non invitata sorrise. Ma certo, poi c'era lei. Levenna Stark. Quella che morirà per prima.
-E quindi tu sei mia cugina, quella con la vista dell'oltre.- scelse invece di dire. -Gli dèi sono stati generosi con te.-
Le persone come noi invecchiano più in fretta, diceva Jojen. Scoprono cose che non dovrebbero scoprire. Sapere troppo è nocivo quanto non sapere nulla. La principessa storse un sorriso caustico. A guardare meglio, marchiata sulla benda sporca di sangue, c'era la forma dei suoi occhi. -Credi?-
Con le dita, Nesmera fece scivolare via il proprio cappuccio. La chioma aurea lampeggiò sotto la luce sinistra delle torce, e molti sguardi la esaminarono con sospetto. Il suo viso pallido era estremamente attraente, e Levenna notò con fastidio che Kenned era arrossito. Era bella, sì. Forse persino più di Elyn Tully, considerata la fanciulla più graziosa dei Sette Regni. E i suoi occhi... i suoi occhi erano cristallizzati nell'azzurro perlaceo della brina. Occhi azzurri. Gli occhi di Rickon Stark, pensò Osha con rimpianto, riguardosamente nascosta fra le file dei cortigiani. Aveva cresciuto tutti i figli di Bran, uno per uno. Li aveva estratti dal grembo della loro madre e li aveva posati sul seno di Meera. Li aveva visti compiere i primi passi e pronunciare le prime parole. Li aveva assistiti quando piangevano e li aveva curati quando s'ammalavano. Li aveva amati come fossero stati suoi. Vedere adesso Kenned così cresciuto, ormai un uomo, le provocava un moto d'orgoglio nel petto. Però... però era sempre rimasta quella nostalgia, al pensiero del ragazzino con cui aveva condiviso tanti anni di pellegrinaggi e peripezie. Si era sempre chiesta cosa il futuro avesse riservato a Rickon ed alla sua Lannister biondina. E la risposta era l'adolescente scaltra e smilza involta in quel mantello.
-Perchè Bran il Metamorfo non è qui, ad accogliere la sua unica nipote?- chiese. Come se non lo sapesse! pensò Levenna, stizzita. 
-I miei genitori non sono a Grande Inverno, in questo momento.- rispose Kenned, freddamente. -Si trovano a Torre delle Acque Grigie, all'Incollatura, a fare visita a mio fratello Robben.-
Non c'era voluto molto, a Bran e Meera, per comprendere che Robben era in realtà un crannogman, destinato all'Incollatura e a nient'altro, e che restare al Nord avrebbe avuto il solo effetto di farlo soffrire. Era un Reed in tutto e per tutto, e nessuno aveva il coraggio di contestare questo, nemmeno Osha che vedeva i caratteri degli Stark dappertutto. Non appena aveva compiuto sette anni, Meera l'aveva spedito all'Incollatura veloce come un fulmine, affinchè crescesse nella dimora dei suoi nonni materni.
Robben Stark. E siamo a cinque.
Robben Stark, e poi il trono del Nord rimarrà senza eredi.
-Perchè sei qui?- proseguì Kenned. Levenna si augurò che suo fratello avesse il buonsenso di mantenere le difese perennemente innalzate, e di non lasciarsi distrarre. Aveva visto quella ragazza in sogno più di una volta, sapeva quanto potesse essere pericolosa. E l'insidia consisteva proprio nel fatto che non lo sembrava per niente.
Nesmera sorrise. -Non ho bisogno di un motivo. Sono una Stark, e questa è casa mia.-
-Una Snow.- precisò il principe, che evidentemente non apprezzò la sua tracotanza. -I tuoi genitori non si sono mai sposati.-
-Per quel che ne sai tu.- obiettò la ragazza, inarcando un sopracciglio. -Si sono sposati, invece. Con un rito skaagosiano.-
Kenned cercò di trattenere la propria impazienza. -I riti skaagosiani non valgono nulla, se non c'è un septon e non ci sono dei testimoni.-
Nesmera lo ignorò. -Intendi cacciarmi, allora?-
Il ragazzo fece una pausa.
-Se quella che vai cercando è una casa, sarai benvoluta ora e sempre. Ma se quello che speri di ottenere è un trono, non posso prometterti lo stesso. Comunque sia, a Grande Inverno riceverai il trattamento che meriti. Niente di più, niente di meno.-
Levenna sospirò. Erano parole altisonanti, ma, appunto, erano parole. Kenned avrebbe saputo comportarsi di conseguenza, se fosse stato necessario? Il problema era che mancava di polso. Era facilmente manipolabile da chi avesse avuto cattive intenzioni e tante belle paroline a fior di labbra... come la lì presente.
-Mio padre dice che il Trono di Spade non è di chi lo eredita, ma di chi lo conquista.- dichiarò Nesmera. -A mio parere, per il Trono del Nord vale lo stesso.-
Che sfacciataggine, pensò Levenna con disgusto. Non ha nemmeno la decenza di fare finta.
-È questo che sei giunta fin qui a chiedere? Del tempo per conquistare il trono?- La voce di Kenned era indurita di avversione.
-Mi hai forse sentita pronunciare queste parole?-
Nel momento in cui Nesmera sorrise di nuovo, con scanzonata malizia, il principe del Nord abbassò lo sguardo. Lei ragionò che aveva ancora un po' di tempo, prima che Bran Stark tornasse, per lavorarsi l'erede. Era un piano folle, un piano avventato, il suo. Brandon Stark. Howland Stark. Robben Stark. Levenna Stark. Kenned Stark. Però aveva ancora nella testa quel che suo padre le aveva detto. Chi sia di sangue Stark, può regnare sull'intero Nord. Chi sia di sangue Lannister, può regnare sull'intero Sud. Ma chi sia di sangue Stark e di sangue Lannister, può regnare su Westeros.
-Questa è Grande Inverno, cugina.- le rammentò Kenned, aspramente, quasi rimproverandosi della debolezza cui aveva ceduto poco prima. -Territorio di caccia di un branco. Non la si può invadere così facilmente.-
La fanciulla rispose con l'amabilità che sua madre le aveva insegnato. -Non ho dubbi.-
Il metalupo ai piedi di Levenna, di piccole dimensioni, dalla pelliccia completamente nera come la notte, aveva cominciato a ringhiare sommessamente, i canini bianchi scoperti. La mano della ragazza corse a carezzarle il naso umido e blandirla, ma il suo viso non infranse la propria rigida, intransigente impassibilità.
-Sta' buona, Kendra.-
La metalupa riposò il muso in mezzo alle zampe, ancora un'espressione di guardingo sospetto negli occhi diafani come la neve. Quando Nymeria aveva partorito una cucciolata, di cui Kendra era l'unica superstite, Bran -per evitare noiosi litigi fra i figli- aveva decretato che fosse il piccolo metalupo appena nato a scegliere il proprio protetto: non appena aveva visto Levenna, Kendra non aveva esitato un attimo ad accoccolarsi nel suo grembo, con indolente, spontanea e quasi noncurante naturalezza, come se quello fosse stato il suo posto da sempre.
Nesmera l'osservò, indolente. Le piacevano, i metalupi. Quando era molto piccola, suo padre si divertiva a caricarla in groppa a Cagnaccio e spedirli a fare una passeggiata, fra gli urli atterriti di Myrcella.
-Sembra che la bestia senta la tua paura, e quindi cerchi di proteggerti. Davvero leale da parte sua.- La velata insinuazione era stata scoccata con molta maestria, ma Levenna aveva sempre detestato i giochi di parole.
-Non ho paura di te, Nesmera Snow.- proferì con voce arida e solenne. -Si teme soltanto ciò che non si conosce. Ti ho vista nascere e crescere e piangere e morire: io ti conosco.-
Lei è la mia vera avversaria, qui dentro, pensò Nesmera. Con gli altri sarà una passeggiata, ma Levenna si dimostrerà un ostacolo. Per questo devo toglierla di mezzo subito.
-Chi lo sa, che il futuro non ti riservi ancora qualche segreto.- replicò, pungente. -D'altronde, come vi piace dire spesso, l'inverno sta arrivando.-
Le ragazze si fissarono negli occhi per diversi istanti, sfidandosi a vicenda ad abbassare lo sguardo, ma entrambe lo sostennero. Era evidente che a Grande Inverno non c'era abbastanza spazio per due principesse.
Fu Kenned a spezzare quell'incantesimo.
-Se vuoi rimanere qui, lo dovrai fare secondo le nostre regole. Noi non mangiamo le persone, per esempio. Prova a fare una cosa simile e ti faccio decapitare, chiaro? Non permetterò simili depravazioni in casa nostra.-
Nesmera sbadigliò, forse per deridere gli avvertimenti del cugino, forse per reale stanchezza.
-Penso che andrò a riposare. Il viaggio è stato lungo e faticoso, anche se nessuno si è premurato di chiederlo. Ragazzo, portami nelle mie stanze. Ho bisogno di dormire.-
Fece un cenno a Howland. Lui lanciò un'occhiata interrogativa a Kenned, che annuì, così il fratello minore fece segno a Nesmera di seguirlo. Prima di scivolare fuori dalla sala del trono, la fanciulla rivolse un ultimo sguardo intenso al principe ereditario.
Il tonfo delle porte che restituivano alla sala la sua quiete strappò a Kenned uno sbuffo sollevato.
-Maledizione. È appena arrivata, e già la vorrei fuori di qui il più in fretta possibile.- confessò, inquieto. -Saperla nel castello, insieme ai nostri fratelli... non mi farà dormire di notte.-
Levenna non rispose. -L'unico modo per vivere in pace è tagliarle la gola mentre dorme, fratello.-
Ma lui non era affatto d'accordo: subito s'incupì.
-No, Levenna. Noi non siamo assassini, tantomeno di consanguinei. E poi, vuoi davvero scatenare una guerra fratricida da nostro padre e nostro zio? Attualmente, non abbiamo nessuna vera prova che lei è un pericolo per noi.-
-I miei sogni non sono nessuna prova!- sbottò Levenna, infervorandosi. -Tu non hai idea di quello che le visto fare. Se lo sapessi, sguaineresti la spada e la andresti a cercare.-
Kenned tacque. Conosceva il temperamento di sua sorella, e allo stesso tempo sapeva quanto di lei gli fosse precluso di conoscere. Abitava una realtà molto diversa dalla loro. Tutti avevano finito per considerarla una strana creatura, alcuni la chiamavano pazza. Altri si limitavano a detestarla, come il suo stesso padre.
-Fra Nesmera Snow e il potere ci sono cinque eredi legittimi.- mormorò, tentando di far suonare la propria voce autoritaria quanto quella di Bran Stark. La voce di chi è assolutamente sicuro di ciò che dice. Levenna aveva lo sguardo vacuo, perso nel vuoto, e colmo di risentimento.
-Fra Nesmera Snow e il potere c'è un tappeto di velluto rosso.-
Kenned avvertì l'angoscia serrargli lo stomaco. Si augurò con tutto il cuore che sua sorella si sbagliasse. Ad ogni modo, presto suo padre sarebbe tornato ed avrebbe risolto tutto quanto. Se noi saremo ancora vivi, per allora, gli giunse in mente. I gemelli Lannister spaccano il Sud a metà per farsi guerra, re Gendry fa finta di niente, e adesso lei... cosa sta succedendo ai Sette Regni?
Levenna si alzò dal suo scranno. Le vennero in mente le parole di una conversazione ormai lontana, quando Jojen le aveva stretto le mani nelle proprie e le aveva parlato con la sua tipica pacatezza. Io appartengo ad un'altra vita... e sono morto. Invece tu sei giovane, Levenna, così giovane. Io ti ho insegnato quello che sapevo, e non è molto. Il resto, lo devi imparare da te. Non hai più bisogno di me, anche se adesso credi il contrario. Tu hai un ruolo da interpretare, io un passato a cui tornare. Le nostre strade si separano.
Il panico l'aveva sopraffatta: lui non poteva abbandonarla così. Jojen era l'unica persona che la capiva. Se se ne fosse andato per sempre, l'avrebbe lasciata completamente sola, in balia di un mondo che detestava. Levenna aveva negato, gridato e supplicato. Levenna si era aggrappata al suo mantello e si era gettata in ginocchio. Levenna aveva pianto stretta a lui per l'ultima volta. Jojen le aveva detto questo, in sogno, più di sette mesi prima. Da allora, non l'aveva più visto.
-Che cosa dovrei fare, secondo te?-
Levenna avanzò fino alla porta. Posò una mano sulla maniglia. Kendra procedeva al suo fianco, e lei percepiva la pelliccia strusciare contro i polpacci.
Si voltò a guardare il fratello.
-Quando il caso ti coinvolge nel gioco del trono, Kenned... l'unica cosa che si può fare è iniziare a giocare.-
Sorrise. Kenned non lo fece. Forse l'inverno stava tornando.













Fine.














Note dell'Autrice: Ebbene sì. Fine. u.u
E qui scatta il cambio generazionale XD Non credo che ve l'aspettaste, ma spero che sia risultato di vostro gradimento. Visto che ho praticamente nella testa ogni singolo figlio di ogni singola casata, mi sarebbe tanto piaciuto dilungarmi, ma sarebbe stato inutile e noioso. E comunque, no, non scriverò nessuna continuazione. Lascio alla vostra immaginazione ciò che verrà dopo. Nesmera riuscirà ad ammazzare tutti e cinque i cugini, oppure Levenna riuscirà a mandare in fumo i suoi piani? XD Se amassi trollare quanto Martin, vi direi che muoiono entrambe trafiggendosi a vicenda con due spade. XD Ma non lo sono, fortunatamente.
Grazie per aver letto questa fanfiction fin qui. ^-^ Grazie soprattutto a quelli che hanno messo questa storia fra le seguite/ricordate/preferite, e in special modo ai recensori.
È tutto! Grazie ancora e buone vacanze!
Lucy
  
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones / Vai alla pagina dell'autore: MadLucy