Bianca
– Mio fratello parte per una Missione Suicida.
Dopo
la riunione mi ritrovai a cena, al tavolo di Ade,
insieme a Nico che, non sapevo se dire, essere tranquillo o no. Di
sicuro era
più rilassato, lo notavo dal fatto che teneva le spalle
più morbide, come se gli
avessero tolto un peso. Una parte della mia mente intuiva che fosse
felice del
fatto che io non mi fossi unita alla Cacciatrici, ma, allo stesso
tempo,
lanciava occhiate nervose al Tavolo di Artemide. Di solito vuoto, ma,
in quel
momento, occupato da Phoebe e le sue compagne, che mi guardavano, quasi
tutte
con astio. Mi sentii un po’ a disagio, così mi
concentrai su altro. Poco
lontano Jason e Piper erano seduti allo stesso tavolo, proprio come
Percy e
Annabeth. Di regola non avrebbero dovuto farlo, ma Chirone aveva dato
una sorta
di permesso speciale per quei
quattro
a rimanere insieme, anche perché tenerli separati si era
rivelata, per tutti,
un impresa impossibile.
Quella
sera, però, l’atmosfera era molto pesante, ed io
sapevo perché: il problema ero io. Tutti mi guardavano male
e intuivo che
nessuno credesse alla mia innocenza. Talia, a quel che avevo capito,
era una
persona importane per i ragazzi del Campo Mezzosangue. Saperla in
pericolo
aveva messo in allarme non pochi di loro. Erano in pochi ad ignorare il
fatto
che c’entrassi io o che, per lo meno, non mi lanciassero
sguardi assassini.
Iniziavo a credere che fosse un abitudine dei semidei, guardarmi male.
Sospirai
e guardai il mio piatto, sentendolo inutile, dato che il mio stomaco
era
tappato.
“Dovresti
mangiare qualcosa.” Mi fece notare Nico,
osservandomi attentamente.
Strinsi
le spalle, indifferente: “Non ho fame.”
Spiegai.
“Capisco,
nemmeno io.” Sbuffò. “Tra poco
c’è la Caccia
alla Bandiera, siamo con i figli di Ares, Ermes e Percy.”
Annuii
poco convinta. Capivo il suo tentativo di farmi
cambiare discorso, ma ero ancora concentrata sul tentativo di Phoebe di
riportarmi tra le cacciatrici. Intuii che si trattava di una proposta
mossa,
non da una reale voglia di avermi tra loro, ma per un tentativo di
avermi
vicina per tenermi d’occhio. Sospettavano di me e volevano
avermi sotto gli
occhi, in modo da potermi controllare.
La
cena continuò in modo abbastanza silenzioso, a parte
per i figli di Ermes che se la ridevano e scherzavano tutti insieme, al
loro
tavolo. Alla fine tutti iniziarono a radunarsi all’armeria,
così li seguii a
ruota, insieme a Nico. In quel momento, però, Chirone si
avvicinò a noi e lo
prese da parte, sussurrandogli qualcosa all’orecchio. Mio
fratello annuì e,
sorprendentemente, si avviò verso la Casa Grande, insieme al
centauro. Mi sentii
stranamente in ansia.
Guardai i figli di Ares che si mettevano i pettorale e
l’equipaggiamento da
battaglia.
“Dovresti
indossarlo anche tu.” Mi fece notare Percy,
dandomi la protezione.
La
soppesai con aria critica, mentre continuavo a
guardare la Casa Grande- “Senti, Percy… posso
chiederti un favore?” Chiesi,
ridandogli l’armatura.
“Cosa?”
“Puoi
coprirmi? Sono in ansia per Nico.” Dissi,
abbassando la voce, per assicurandomi che nessuno ci sentisse.
Per
un attimo temetti che lui mi fermasse, ma poi mi
sorrise in modo affascinante. “Certo, vai pure. Non farti
scoprire.” Mi
raccomandò. Dovevo ammettere che non mi sorprendeva che
Annabeth fosse
innamorata di lui. Era un ragazzo fantastico.
Corsi
veloce verso la Casa Grande stando attenta a non
farmi vedere da nessuno. Non volevo che pensassero che stessi facendo
qualcosa
di male, soprattutto, non dopo l’affare di Talia. Con molta
cautela aprii la
porta sul retro, dell’edificio , superai la sala relax e mi
appostai dietro la
porta che dava sulla Sala Riunioni, dove mi chinai ad origliare.
“…
ma non possiamo lasciare che le cacciatrici si
mettano contro di noi. Non puoi negare che sia sospetta.”
Questo doveva essere
Chirone. Stava certamente parlando di me.
“Chirone,
ti prego! Non è stata lei,
gliel’assicuro!”
Questo, invece, era Nico.
“L’hanno
vista, Nico. Non abbiamo prove contrarie.
Ufficialmente, lei è colpevole.”
“E
le altre cacciatrici?” Chiese mio fratello. “Non
possono ignorarle.”
“Ma
loro hanno riconosciuto solo lei!” Replicò il
centauro. “è accaduto prima che lei apparisse,
quindi potrebbe essere la
colpevole. Magari sta fingendo. Non possiamo essere sicuri di
nulla.”
“D’accordo.”
Sbuffò Nico. “Mi lasci andare a cercare
Talia… posso farlo, se la riporto indietro, lei potrebbe
sapere la verità.”
Sentii improvvisamente, la gola secca. Non poteva,davvero, rischiare
così
tanto. Non per me.
Ci
fu un attimo di silenzio, poi Chirone disse, con
voce un po’ troppo bassa: “D’accordo,
Nico. Vai pure, ma sappi che le risposte
potrebbero non piacerti.”
Mentre
i due uscivano, io ne approfittai per
sgattaiolare via. La battaglia era già iniziata, ma non mi
interessava più. Corsi
veloce verso la Casa tredici, conscia del fatto che Nico sarebbe andato
lì per
prepararsi per il viaggio ed io dovevo parlargli. Infatti lo trovai
vicino al
letto, con uno zaino che veniva riempito.
“Bianca,
che ci fai qui?” Chiese, sentendomi aprire la
porta. “Non dovresti essere a Caccia alla
Bandiera?”
“Nico,
so cos’hai in mente.” Cominciai, avvicinandomi a
lui, per beccarmi un’occhiataccia.
“Hai
spiato!”
“Ma
non devi!” Continuai, ignorandolo. “Non sono
così
importante, non sappiamo nemmeno se sono davvero tua sorella.
È troppo
pericoloso, per te!”
Lui
si accigliò. “Non sono un bambino, sono un figlio
di Ade, so badare a me stesso!” Ribadì fermamente,
con voce che aveva assunto
una nota leggermente minacciosa.
“Ma
non devi! Senti: lei era figlia di Zeus ed è stata
sopraffatta. Se a te succedesse lo stesso? Non voglio che ti succeda
qualcosa.”
Dissi, appoggiandogli una mano sulla spalla.
“E
a te che importa!?” Sbottò, improvvisamente
furioso.
I suoi occhi sembrarono accendersi di una rabbia improvvisa.
“Non sono come te,
io! Tu mi hai abbandonato! Credi di poter tornare e cambiare le cose!?
Bene, ti
informo che sono cresciuto, mentre tu non c’eri e non mi
importa nulla di
quello che pensi! Ho vissuto da solo per anni! Se davvero mi volevi
bene, non
te ne saresti andata!”
Indietreggiai,
sentendomi ferita nell’anima. Non avevo
la forza di ribattere. Nemmeno la voglia di farlo. Sentivo il cuore
pesarmi
come un macigno nel petto, mentre tutta la rabbia di quelle parole mi
investivano. Ogni sillaba una freccia incandescente piantata nel
torace. Gli
occhi iniziarono a pizzicare, ma mi sforzai di non mostrare lacrime,
nascondendo il viso tra le mani.
Nico sembrò riprendersi all’improvviso, rendendosi
conto di quello che aveva
detto. Si avvicinò, ma non troppo, rendendosi conto che, non
poteva rimangiarsi
tutto. Anche perché era la verità.
“Bianca,
senti…” Iniziò, deglutendo. La voce
leggermente roca. “Io… non volevo dire
questo… cioè, non volevo dirtelo così,
davvero. Scusa se mi sono arrabbiato.”
Mi
gettai sul letto, singhiozzando. Mi sentivo una
stupida ragazzina lagnona, ma non potevo farci nulla. Ero disperata, mi
sentivo
sporca. Sapevo che lui aveva ragione, ma ero stanca di non ricordare
nulla. Se
solo avessi potuto avere un motivo, per cui scusarmi, forse, lui
l’avrebbe
accettato. Gli avrei messo il cuore in pace. Invece ero uno stupido
pupazzo di
carne senza ricordi su cui scaricare rabbia e frustrazione.
“So
cosa volevi dirmi.” Risposi con voce strozzata. “Lo
so, ti ho abbandonato, e hai ragione ad essere
arrabbiato. Per questo ti chiedo di non andare. Non devi
fare nulla, per
me. Non mi devi nulla.”
Sentivo
il suo sguardo su di me, ma non volevo
incontrarlo. Se avessi potuto, avrei voluto sparire dalla faccia della
terra.
Forse avrei fatto un favore a tutti, rimanendo morta. E non ricordavo
nemmeno
quello. Possibile che avessi rapito, prima una ragazza e poi perso la
memoria e
venuta qui? Non potevo escludere che fosse successo.
“Senti,
Bianca. Io… scusa. Sono certo che avevi le tue
ragioni. Siamo fratelli. Voglio scoprire la
verità… se vado a cercare delle
risposte, forse scoprirò anche la verità su di
te.” Spiegò con un tono
stranamente docile.
Annuii
a malavoglia. “Allora vai pure, ma stai attento,
per favore.” Gli raccomandai, sospirando. Mi ero calmata,
finalmente. Solo che
avevo una brutta sensazione su quel viaggio. Sperai non dovesse essere
qualcosa
di terribile.
“Lo
prometto… quando tornerò risolveremo anche il tuo
problema.” Assicurò, posandomi una mano sulla
schiena, facendomi correre un
brivido.
Dopodiché
prese il suo zaino e la sua spada, uscendo
dalla porta con passo lento, mentre io stringevo il cuscino, rosa dai
sensi di
colpa. Sospirai, contro il cuscino che tenevo stretto, mentre lacrime
amare
scorrevano sulle mie guance. Ero triste per tutto, soprattutto per me
stessa.
Ero così meschina? Non sapevo darmi risposta. Mi sentivo
smarrita, in balia di
un mondo che non capivo. Ci volle molto tempo, ma alla fine, non so
come, ma
riuscii ad addormentarmi.
Mi
svegliai con il Sole che mi friggeva gli occhi dalle
finestre che non avevo chiuso. Sbuffai, mugugnando qualcosa che non
capii
nemmeno io, mentre mi rigiravo nel letto, ancora distrutta per il
giorno prima.
Avrei voluto dormire, così, magari, non avrei dovuto
affrontare tutti i
problemi che mi aspettavano. Poi, però, mi dissi che non
potevo scappare di nuovo.
Così, con un enorme sforzo di volontà, alzai la
testa e mi misi seduta. Mi
sistemai alla bell’e meglio, prima di uscire e andarmene.
Probabilmente mi ero
persa la colazione.
Ovviamente
il giorno passò peggio del precedente. Le
cacciatrici continuavano a lanciarmi occhiatacce, mentre tutti gli
altri mi
evitavano. Solo all’ora della lezione di scherma riuscii a
parlare civilmente
con qualcuno.
“Chirone
mi ha detto che Nico è partito, ieri serra.
Sai dov’è andato?” Chiese Percy, mentre
ci riposavamo sugli spalti dell’arena.
Annuii,
sentendomi sempre più abbattuta. “Sta andando a
cercare Talia per capire se ci sono davvero io, dietro.”
Risposi, facendo
oscillare la spada. Ultimamente ci stavo davvero prendendo la mano,
anche se
ero ancora una principiante.
“Oh…
lo immaginavo.” Disse il figlio di Poseidone,
corrugando la fronte. “Ero certo che ci avrebbe provato. Lui
ci tiene molto a
te.”
“Non
credo.” Ribattei, sospirando tristemente.
“Perché?”
All’inizio,
non me la sentii, poi pensai che, comunque,
Percy sembrava essere il miglior amico di Nico. Magari poteva capire la
situazione meglio di me. Così presi un respiro profondo ed
iniziai a
raccontargli tutto, anche del litigio improvviso, che era scoppiato
quella
sera. Gli dissi tutto, anche delle mie paure e timori. Alla fine lui
aveva un
aria concentrata e anche un po’ malinconica, forse?
“Nico
ne ha passate tante.” Disse,
alla fine. “Credo si senta confuso.
Vuole essere sicuro che tu sia tu, proprio ora che tu sei
tornata.”
“Lo
so, solo… mi sento in colpa.” Sussurrai, sentendo,
di nuovo, le lacrime pizzicarmi gli occhi. “Non so nemmeno
chi sono, e le
uniche persone a cui mi sento vicina mi odiano.”
“Questo
non è vero.”
Alzai gli occhi, asciugandomi le lacrime, mentre Percy mi regalava un
sorriso
amichevole.
“Lui ti vuole bene. È solo confuso. Ha paura di
perderti.” Spiegò, dandomi una
pacca sulla spalla.
“Grazie,
Percy. Solo che vorrei davvero ricordare
qualcosa. Poi questa storia di Talia Grace… se fossi stata
davvero io? Se poi
mi avessero cancellato la memoria?” Chiesi, improvvisamente
allarmata. Non era
da escludere che io avessi volontariamente abbandonato Nico per
collaborare con
la strana voce che nei sogni mi sussurrava parole inquietanti dal cielo
nero su
cui dominava.
“Io
non ci credo. Senti, prima non ti sarai comportata
benissimo, ma volevi bene a Nico ed eri una brava persona. Una volta mi
dissi
che avevi lasciato Nico al campo proprio perché
c’erano persone come me. Mi
dispiace non aver mantenuto quella promessa. Ma sono certo che tu
volessi bene
a tuo fratello.”
“Ma
non so nemmeno sequella sono io.” Gli ricordai.
“Secondo
me lo sei, insomma, sei uguale.” Ribatté il
ragazzo, osservandomi.
Accidenti,
per lui sembrava tutto semplice e,
sinceramente, quella sua dote di vedere sempre il meglio di tutto, mi
piaceva.
Sembrava volermi dire: non serve a nulla
farsi dei problemi che non puoi risolvere. Fai quello che puoi. Voleva
che
fosse lui quello con i problemi e liberare gli altri dai loro.
Però, per me,
era troppo personale. Volevo scoprire cosa nascondesse il mio passato.
“Grazie,
Percy. Sei un amico. Se devo dire, sono felice
di sapere che ci siamo conosciuti e sei stato mio amico.”
Risposi, con un
sorriso, forse un po’ tirato, ma sincero.
Ci
allenammo ancora un po’, poi decisi di fare un giro
nella foresta, per poter respirare un po’ d’aria
fresca. Ero stanca di trovarmi
sempre sotto gli occhi di qualcuno che mi guardava male. Vicino al
campo di
fragole vidi Leo che aiutava Calipso a curare le piante e i fiori,
mentre si
scambiavano sguardi complici e occhiatine che, intuivo, fossero molto
romantiche. Poco lontano Jason e Piper erano stretti l’uno
all’altra in riva al
mare. Ultimamente stavo spiando un po’ troppe coppiette, cosa
che trovai
preoccupante. Mi misi a camminare tra gli alberi.
C’era
un venticello fresco che spirava da nord rendeva
la giornata estiva più sopportabile, portando, di tanto in
tanto, qualche
nuvola dalla forma strana che copriva il sole, dando un po’
di sollievo dalla
calura. Ad un certo punto vidi, seduto sotto un albero, un ragazzo.
Inizialmente non lo riconobbi, dato che teneva davanti al viso, un
grosso
blocco da disegno. Era Jack. Le ali erano rilassate e piegate dietro la
schiena.
Stringeva una matita da disegno facendo quello che, per quel che potevo
capire,
era lo schizzi di un disegno più complesso. Ogni tanto si
fermava, fissava il
suo lavoro e tornava a disegnare, migliorando il lavoro iniziale. Era
talmente
preso che non si era accorto di me.
“Ciao,
Jack!” Lo salutai, chiamandolo. “Cosa
disegni?”
Lui
sembrò sorpreso di vedermi lì, infatti
sobbalzò di
colpo e mi fissò come se fossi un fantasma. “Ciao,
Bianca. Scusa… non ti
aspettavo.” Disse con voce stranamente tremula.
“Non
sapevo disegnassi.” Dissi, sedendomi accanto a
luim, mentre rimetteva a posto il blocco da disegno.
“Infatti
non lo sono. Non sono nulla di speciale, solo
che mi piace disegnare.” Si schermì, arrossendo un
po’. “A te invece? Che cosa
ti piace?”
“Magari
lo sapessi.” Sospirai mestamente, mentre
fissavo il cielo. “Non ricordo nulla, di ciò che
mi piace.”
“Ognuno
ama fare qualcosa.” Replicò il figlio di Borea,
rigirandosi la matita tra le dita. “Io adoro disegnare, anche
se molti dicono
che è una cosa da figli di Apollo. Anche tu ricorderai cosa
ti piace fare.”
“Lo
spero.”
Per
alcuni istanti un imbarazzante silenzio dominò
nella piccola valle in cui stavamo. Per qualche ragione mi chiesi come
sarebbe
stato toccare i ricci capelli di Jack. Sembrava stranamente attraente
tanto che
dovetti darmi una botta in testa per ricordarmi di non fare
stupidaggini. Cola
dei dannati ormoni di una stupida da poco resuscitata. Sì,
doveva essere
sicuramente quello, il motivo.
“Mio
fratello è partito.” Dissi, così, a
caso, pur di
rompere quel maledetto silenzio.
“Oh,
capisco. Immagino.. che sia per scoprire cosa ti
sia successo.” Ipotizzò Jack, fissando il cielo.
Per un attimo il vento si fece
leggermente più fresco e intenso, ma non fastidioso.
“Anche.”
Risposi elusiva. Non avevo voglia di
riraccontare tutto. “Sono preoccupata per lui.”
“Non
mi sorprende.” Ammise. “Solo che lui è
uno dei
Semidei migliori che io conosca.”
“Me
lo dicono tutti.”
“Proprio
per questo non sarei così in ansia,
Probabilmente in questo momento, è più
preoccupato lui per te. Qualsiasi cosa
stia facendo, spero che la faccia in fretta, così ti
potrà tornare la memoria.”
“Lo
spero anche io.” Conclusi, lasciandomi i jeans che
si erano riempiti di foglie e fili d’erba. “Io
torno al campo, tu che fai?”
“Io
rimango un po’ da solo.” Rispose il figlio di
Borea. “Ma tornerò presto alla mia casa, ho un
paio di cose da fare.”
“Rimani
ad ascoltare il vento?” Chiesi, rimettendomi in
piedi. Stare con lui mi tranquillizzava ed era un tipo piacevole.
“Potresti chiedergli
se ha notizie di mio fratello?”
“Non
lo so, i venti sono strani, ma se mi dovessero
dire qualcosa, ti farò un fischio, contaci.” Mi
assicurò, annuendo. Sembrava
stranamente serio.
Ci
salutammo poco dopo, mentre chiacchieravamo del più
e del meno, lui diretto alla Casa di Borea, il alla mia, che,
improvvisamente,
sentivo troppo grande per essere solo mia. Osservai il letto di Nico,
sentendomi colta da una punta di nostalgia. Non volevo pensarci. Ci
eravamo
salutati in malo modo. Se solo avessi moderato le parole, forse non
sarebbe
partito. O almeno si sarebbero salutati in modo normale. Invece si
erano messi
ad urlare, come due idioti. Sospirai, mettendomi a cercare qualcosa da
fare.
Decisi di dare una pulita, giusto per non perdere tempo.
Iniziai a spolverare, togliere sporcizia dagli angoli, rendendomi, per
la prima
volta conto, che non si era mai davvero sforzato di pulire. Si era
limitato a
spostare lo sporco negli angoli. Mentre toglievo la polvere da uno
scaffale
notai che, su di esso, erano posti, in modo ordinato, degli strani
soldatini in
miniatura con, accanto, un mazzo di carte.
“Cosa
sono?” Mi chiesi, da sola, afferrandole.
“Mitomagia.”
Lessi, mentre sfogliavo le immagini degli
Dei, che combattevano. Strano che esistesse un gioco del genere,
proprio con
gli Dei dell’Olimpo esistenti. Mi venne da ridere al solo
pensiero.
Stavo per rimettere tutto a posto, quando vidi una strana miniatura che
mi
sembrava vagamente familiare: Ade, c’era scritto sul
piedistallo. Nostro padre?
La afferrai e mi chiesi perché mi sembrava di averla
già vista.
“Che
hai preso!?” Urlò la voce di Percy.
“Non ho preso nulla!” Ribattei, sentendomi
mortalmente colpevole. Insomma, cosa
poteva fare una miniatura buttata via?
“Hai preso l’arco? Te lo sei tenuto? Ricordi
cos’ha detto Zoe? Prendere
qualcosa da qui è pericoloso!”
“No io…” Mentre le lacrime iniziavano a
scorrere mostrai ciò che tenevo in
mano. Una miniatura, con so scritto ‘Ade’
“Manca solo questa, a Nico…. È solo
una miniatura!”
Sobbalzai,
riaprendo gli occhi, mentre quelle immagini, riaffioravano nella mia
mente,
facendomi venire l’angoscia. Che fossero miei ricordi? Non ne
ero certa, ma
avevo riconosciuto la voce di Percy e quella statuina. La misi al suo
posto,
con attenzione, mentre cercavo di ragionare su ciò che era
successo. Forse la
mia memoria stava tornando. Non sapevo se essere spaventata o no.
Decisi di
rimandare qualsiasi riflessione ad un momento meno pressante.
Quella
sera, mentre ero a cena, cercai di non pensare
al fatto di essere sola, a quel tavolo, ripetendomi che Nico sarebbe
tornato
presto. Mio fratello aveva affrontato la Crono e Gea. Cosa ci poteva
essere di
peggio? Ormai era un esperto, sicuramente avrebbe saputo gestire
qualsiasi cosa
gli si parasse davanti. Forse le mie preoccupazioni erano infondate.
Cercai di
convincermi di questo, mentre il sole calava, illudendomi che tutto
andasse
bene, quando era palese, che mi sbagliavo di grosso. Il peggio doveva
ancora
arrivare.
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[Angolo Autore]
Salve,
gente, cosa vi aspettavate? Che vi foste liberati di
me? Davvero?
Invece no!, AxXx è tornato per rompervi le scatole, ancora,
con questa bruttissima
storia. Allora, che ve ne pare?
Spero che vi stia piacendo e che vi facciate tanti filmini mentali per
quello
che è successo. D’altra parte, Nico vuole bene
alla sorella, però, notare che
è anche
arrabbiato (e noi sappiamo
perché) indovinate cosa succederà?
Sì, ho piani malvagissimi. *Sorriso malvagio*
Ad ogni modo, ringrazio:
Silvia_Fangirl,
con cui mi scuso per aver fatto così tardi.
_Littles_ , che ringrazio sempre tantissimo. J
_Heartland_ Spero che continuerà a recensire. J