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Autore: AxXx    20/06/2014    3 recensioni
Sono passati molti mesi dalla guerra contro Gea. I sette eroi della profezia sono tornati tutti a casa e i due Campi sono riuniti sotto l'insegna della pace.
Tutto sembra tornato alla normalità, ma un fantasma del passato tornerà a spaventare i nostri eroi, rischiando di sconvolgere la pace appena ritrovata. L'ombra del più antico degli Dei si staglia minacciosa sui campi, scatenando una nuova guerra.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bianca di Angelo, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Bianca – Mio fratello parte per una Missione Suicida.

 

 

 

 

 

 

Dopo la riunione mi ritrovai a cena, al tavolo di Ade, insieme a Nico che, non sapevo se dire, essere tranquillo o no. Di sicuro era più rilassato, lo notavo dal fatto che teneva le spalle più morbide, come se gli avessero tolto un peso. Una parte della mia mente intuiva che fosse felice del fatto che io non mi fossi unita alla Cacciatrici, ma, allo stesso tempo, lanciava occhiate nervose al Tavolo di Artemide. Di solito vuoto, ma, in quel momento, occupato da Phoebe e le sue compagne, che mi guardavano, quasi tutte con astio. Mi sentii un po’ a disagio, così mi concentrai su altro. Poco lontano Jason e Piper erano seduti allo stesso tavolo, proprio come Percy e Annabeth. Di regola non avrebbero dovuto farlo, ma Chirone aveva dato una sorta di permesso speciale per quei quattro a rimanere insieme, anche perché tenerli separati si era rivelata, per tutti, un impresa impossibile.

Quella sera, però, l’atmosfera era molto pesante, ed io sapevo perché: il problema ero io. Tutti mi guardavano male e intuivo che nessuno credesse alla mia innocenza. Talia, a quel che avevo capito, era una persona importane per i ragazzi del Campo Mezzosangue. Saperla in pericolo aveva messo in allarme non pochi di loro. Erano in pochi ad ignorare il fatto che c’entrassi io o che, per lo meno, non mi lanciassero sguardi assassini. Iniziavo a credere che fosse un abitudine dei semidei, guardarmi male. Sospirai e guardai il mio piatto, sentendolo inutile, dato che il mio stomaco era tappato.

“Dovresti mangiare qualcosa.” Mi fece notare Nico, osservandomi attentamente.

Strinsi le spalle, indifferente: “Non ho fame.” Spiegai.

“Capisco, nemmeno io.” Sbuffò. “Tra poco c’è la Caccia alla Bandiera, siamo con i figli di Ares, Ermes e Percy.”

Annuii poco convinta. Capivo il suo tentativo di farmi cambiare discorso, ma ero ancora concentrata sul tentativo di Phoebe di riportarmi tra le cacciatrici. Intuii che si trattava di una proposta mossa, non da una reale voglia di avermi tra loro, ma per un tentativo di avermi vicina per tenermi d’occhio. Sospettavano di me e volevano avermi sotto gli occhi, in modo da potermi controllare.

La cena continuò in modo abbastanza silenzioso, a parte per i figli di Ermes che se la ridevano e scherzavano tutti insieme, al loro tavolo. Alla fine tutti iniziarono a radunarsi all’armeria, così li seguii a ruota, insieme a Nico. In quel momento, però, Chirone si avvicinò a noi e lo prese da parte, sussurrandogli qualcosa all’orecchio. Mio fratello annuì e, sorprendentemente, si avviò verso la Casa Grande, insieme al centauro.  Mi sentii stranamente in ansia.
Guardai i figli di Ares che si mettevano i pettorale e l’equipaggiamento da battaglia.

“Dovresti indossarlo anche tu.” Mi fece notare Percy, dandomi la protezione.

La soppesai con aria critica, mentre continuavo a guardare la Casa Grande- “Senti, Percy… posso chiederti un favore?” Chiesi, ridandogli l’armatura.

“Cosa?”

“Puoi coprirmi? Sono in ansia per Nico.” Dissi, abbassando la voce, per assicurandomi che nessuno ci sentisse.

Per un attimo temetti che lui mi fermasse, ma poi mi sorrise in modo affascinante. “Certo, vai pure. Non farti scoprire.” Mi raccomandò. Dovevo ammettere che non mi sorprendeva che Annabeth fosse innamorata di lui. Era un ragazzo fantastico.

Corsi veloce verso la Casa Grande stando attenta a non farmi vedere da nessuno. Non volevo che pensassero che stessi facendo qualcosa di male, soprattutto, non dopo l’affare di Talia. Con molta cautela aprii la porta sul retro, dell’edificio , superai la sala relax e mi appostai dietro la porta che dava sulla Sala Riunioni, dove mi chinai ad origliare.

“… ma non possiamo lasciare che le cacciatrici si mettano contro di noi. Non puoi negare che sia sospetta.” Questo doveva essere Chirone. Stava certamente parlando di me.

“Chirone, ti prego! Non è stata lei, gliel’assicuro!” Questo, invece, era Nico.

“L’hanno vista, Nico. Non abbiamo prove contrarie. Ufficialmente, lei è colpevole.”

“E le altre cacciatrici?” Chiese mio fratello. “Non possono ignorarle.”

“Ma loro hanno riconosciuto solo lei!” Replicò il centauro. “è accaduto prima che lei apparisse, quindi potrebbe essere la colpevole. Magari sta fingendo. Non possiamo essere sicuri di nulla.”

“D’accordo.” Sbuffò Nico. “Mi lasci andare a cercare Talia… posso farlo, se la riporto indietro, lei potrebbe sapere la verità.” Sentii improvvisamente, la gola secca. Non poteva,davvero, rischiare così tanto. Non per me.

Ci fu un attimo di silenzio, poi Chirone disse, con voce un po’ troppo bassa: “D’accordo, Nico. Vai pure, ma sappi che le risposte potrebbero non piacerti.”

Mentre i due uscivano, io ne approfittai per sgattaiolare via. La battaglia era già iniziata, ma non mi interessava più. Corsi veloce verso la Casa tredici, conscia del fatto che Nico sarebbe andato lì per prepararsi per il viaggio ed io dovevo parlargli. Infatti lo trovai vicino al letto, con uno zaino che veniva riempito.

“Bianca, che ci fai qui?” Chiese, sentendomi aprire la porta. “Non dovresti essere a Caccia alla Bandiera?”

“Nico, so cos’hai in mente.” Cominciai, avvicinandomi a lui, per beccarmi un’occhiataccia.

“Hai spiato!”

“Ma non devi!” Continuai, ignorandolo. “Non sono così importante, non sappiamo nemmeno se sono davvero tua sorella. È troppo pericoloso, per te!”

 

Lui si accigliò. “Non sono un bambino, sono un figlio di Ade, so badare a me stesso!” Ribadì fermamente, con voce che aveva assunto una nota leggermente minacciosa.

“Ma non devi! Senti: lei era figlia di Zeus ed è stata sopraffatta. Se a te succedesse lo stesso? Non voglio che ti succeda qualcosa.” Dissi, appoggiandogli una mano sulla spalla.

“E a te che importa!?” Sbottò, improvvisamente furioso. I suoi occhi sembrarono accendersi di una rabbia improvvisa. “Non sono come te, io! Tu mi hai abbandonato! Credi di poter tornare e cambiare le cose!? Bene, ti informo che sono cresciuto, mentre tu non c’eri e non mi importa nulla di quello che pensi! Ho vissuto da solo per anni! Se davvero mi volevi bene, non te ne saresti andata!”

Indietreggiai, sentendomi ferita nell’anima. Non avevo la forza di ribattere. Nemmeno la voglia di farlo. Sentivo il cuore pesarmi come un macigno nel petto, mentre tutta la rabbia di quelle parole mi investivano. Ogni sillaba una freccia incandescente piantata nel torace. Gli occhi iniziarono a pizzicare, ma mi sforzai di non mostrare lacrime, nascondendo il viso tra le mani.
Nico sembrò riprendersi all’improvviso, rendendosi conto di quello che aveva detto. Si avvicinò, ma non troppo, rendendosi conto che, non poteva rimangiarsi tutto. Anche perché era la verità.

“Bianca, senti…” Iniziò, deglutendo. La voce leggermente roca. “Io… non volevo dire questo… cioè, non volevo dirtelo così, davvero. Scusa se mi sono arrabbiato.”

Mi gettai sul letto, singhiozzando. Mi sentivo una stupida ragazzina lagnona, ma non potevo farci nulla. Ero disperata, mi sentivo sporca. Sapevo che lui aveva ragione, ma ero stanca di non ricordare nulla. Se solo avessi potuto avere un motivo, per cui scusarmi, forse, lui l’avrebbe accettato. Gli avrei messo il cuore in pace. Invece ero uno stupido pupazzo di carne senza ricordi su cui scaricare rabbia e frustrazione.

“So cosa volevi dirmi.” Risposi con voce strozzata. “Lo so, ti ho abbandonato, e hai ragione ad essere  arrabbiato. Per questo ti chiedo di non andare. Non devi fare nulla, per me. Non mi devi nulla.”

Sentivo il suo sguardo su di me, ma non volevo incontrarlo. Se avessi potuto, avrei voluto sparire dalla faccia della terra. Forse avrei fatto un favore a tutti, rimanendo morta. E non ricordavo nemmeno quello. Possibile che avessi rapito, prima una ragazza e poi perso la memoria e venuta qui? Non potevo escludere che fosse successo.

“Senti, Bianca. Io… scusa. Sono certo che avevi le tue ragioni. Siamo fratelli. Voglio scoprire la verità… se vado a cercare delle risposte, forse scoprirò anche la verità su di te.” Spiegò con un tono stranamente docile.

Annuii a malavoglia. “Allora vai pure, ma stai attento, per favore.” Gli raccomandai, sospirando. Mi ero calmata, finalmente. Solo che avevo una brutta sensazione su quel viaggio. Sperai non dovesse essere qualcosa di terribile.

“Lo prometto… quando tornerò risolveremo anche il tuo problema.” Assicurò, posandomi una mano sulla schiena, facendomi correre un brivido.

Dopodiché prese il suo zaino e la sua spada, uscendo dalla porta con passo lento, mentre io stringevo il cuscino, rosa dai sensi di colpa. Sospirai, contro il cuscino che tenevo stretto, mentre lacrime amare scorrevano sulle mie guance. Ero triste per tutto, soprattutto per me stessa. Ero così meschina? Non sapevo darmi risposta. Mi sentivo smarrita, in balia di un mondo che non capivo. Ci volle molto tempo, ma alla fine, non so come, ma riuscii ad addormentarmi.

Mi svegliai con il Sole che mi friggeva gli occhi dalle finestre che non avevo chiuso. Sbuffai, mugugnando qualcosa che non capii nemmeno io, mentre mi rigiravo nel letto, ancora distrutta per il giorno prima. Avrei voluto dormire, così, magari, non avrei dovuto affrontare tutti i problemi che mi aspettavano. Poi, però, mi dissi che non potevo scappare di nuovo. Così, con un enorme sforzo di volontà, alzai la testa e mi misi seduta. Mi sistemai alla bell’e meglio, prima di uscire e andarmene. Probabilmente mi ero persa la colazione.

Ovviamente il giorno passò peggio del precedente. Le cacciatrici continuavano a lanciarmi occhiatacce, mentre tutti gli altri mi evitavano. Solo all’ora della lezione di scherma riuscii a parlare civilmente con qualcuno.  

“Chirone mi ha detto che Nico è partito, ieri serra. Sai dov’è andato?” Chiese Percy, mentre ci riposavamo sugli spalti dell’arena.

Annuii, sentendomi sempre più abbattuta. “Sta andando a cercare Talia per capire se ci sono davvero io, dietro.” Risposi, facendo oscillare la spada. Ultimamente ci stavo davvero prendendo la mano, anche se ero ancora una principiante.

“Oh… lo immaginavo.” Disse il figlio di Poseidone, corrugando la fronte. “Ero certo che ci avrebbe provato. Lui ci tiene molto a te.”

“Non credo.” Ribattei, sospirando tristemente.

“Perché?”

All’inizio, non me la sentii, poi pensai che, comunque, Percy sembrava essere il miglior amico di Nico. Magari poteva capire la situazione meglio di me. Così presi un respiro profondo ed iniziai a raccontargli tutto, anche del litigio improvviso, che era scoppiato quella sera. Gli dissi tutto, anche delle mie paure e timori. Alla fine lui aveva un aria concentrata e anche un po’ malinconica, forse?

“Nico ne ha passate tante.”  Disse, alla fine. “Credo si senta confuso. Vuole essere sicuro che tu sia tu, proprio ora che tu sei tornata.”

“Lo so, solo… mi sento in colpa.” Sussurrai, sentendo, di nuovo, le lacrime pizzicarmi gli occhi. “Non so nemmeno chi sono, e le uniche persone a cui mi sento vicina mi odiano.”

“Questo non è vero.”
Alzai gli occhi, asciugandomi le lacrime, mentre Percy mi regalava un sorriso amichevole.
“Lui ti vuole bene. È solo confuso. Ha paura di perderti.” Spiegò, dandomi una pacca sulla spalla.

“Grazie, Percy. Solo che vorrei davvero ricordare qualcosa. Poi questa storia di Talia Grace… se fossi stata davvero io? Se poi mi avessero cancellato la memoria?” Chiesi, improvvisamente allarmata. Non era da escludere che io avessi volontariamente abbandonato Nico per collaborare con la strana voce che nei sogni mi sussurrava parole inquietanti dal cielo nero su cui dominava.

“Io non ci credo. Senti, prima non ti sarai comportata benissimo, ma volevi bene a Nico ed eri una brava persona. Una volta mi dissi che avevi lasciato Nico al campo proprio perché c’erano persone come me. Mi dispiace non aver mantenuto quella promessa. Ma sono certo che tu volessi bene a tuo fratello.”

“Ma non so nemmeno sequella sono io.” Gli ricordai.

“Secondo me lo sei, insomma, sei uguale.” Ribatté il ragazzo, osservandomi.

Accidenti, per lui sembrava tutto semplice e, sinceramente, quella sua dote di vedere sempre il meglio di tutto, mi piaceva. Sembrava volermi dire: non serve a nulla farsi dei problemi che non puoi risolvere. Fai quello che puoi. Voleva che fosse lui quello con i problemi e liberare gli altri dai loro. Però, per me, era troppo personale. Volevo scoprire cosa nascondesse il mio passato.

“Grazie, Percy. Sei un amico. Se devo dire, sono felice di sapere che ci siamo conosciuti e sei stato mio amico.” Risposi, con un sorriso, forse un po’ tirato, ma sincero.

Ci allenammo ancora un po’, poi decisi di fare un giro nella foresta, per poter respirare un po’ d’aria fresca. Ero stanca di trovarmi sempre sotto gli occhi di qualcuno che mi guardava male. Vicino al campo di fragole vidi Leo che aiutava Calipso a curare le piante e i fiori, mentre si scambiavano sguardi complici e occhiatine che, intuivo, fossero molto romantiche. Poco lontano Jason e Piper erano stretti l’uno all’altra in riva al mare. Ultimamente stavo spiando un po’ troppe coppiette, cosa che trovai preoccupante. Mi misi a camminare tra gli alberi.

C’era un venticello fresco che spirava da nord rendeva la giornata estiva più sopportabile, portando, di tanto in tanto, qualche nuvola dalla forma strana che copriva il sole, dando un po’ di sollievo dalla calura. Ad un certo punto vidi, seduto sotto un albero, un ragazzo. Inizialmente non lo riconobbi, dato che teneva davanti al viso, un grosso blocco da disegno. Era Jack. Le ali erano rilassate e piegate dietro la schiena. Stringeva una matita da disegno facendo quello che, per quel che potevo capire, era lo schizzi di un disegno più complesso. Ogni tanto si fermava, fissava il suo lavoro e tornava a disegnare, migliorando il lavoro iniziale. Era talmente preso che non si era accorto di me.

“Ciao, Jack!” Lo salutai, chiamandolo. “Cosa disegni?”

Lui sembrò sorpreso di vedermi lì, infatti sobbalzò di colpo e mi fissò come se fossi un fantasma. “Ciao, Bianca. Scusa… non ti aspettavo.” Disse con voce stranamente tremula.

“Non sapevo disegnassi.” Dissi, sedendomi accanto a luim, mentre rimetteva a posto il blocco da disegno.

“Infatti non lo sono. Non sono nulla di speciale, solo che mi piace disegnare.” Si schermì, arrossendo un po’. “A te invece? Che cosa ti piace?”

“Magari lo sapessi.” Sospirai mestamente, mentre fissavo il cielo. “Non ricordo nulla, di ciò che mi piace.”

“Ognuno ama fare qualcosa.” Replicò il figlio di Borea, rigirandosi la matita tra le dita. “Io adoro disegnare, anche se molti dicono che è una cosa da figli di Apollo. Anche tu ricorderai cosa ti piace fare.”

“Lo spero.”

Per alcuni istanti un imbarazzante silenzio dominò nella piccola valle in cui stavamo. Per qualche ragione mi chiesi come sarebbe stato toccare i ricci capelli di Jack. Sembrava stranamente attraente tanto che dovetti darmi una botta in testa per ricordarmi di non fare stupidaggini. Cola dei dannati ormoni di una stupida da poco resuscitata. Sì, doveva essere sicuramente quello, il motivo.

“Mio fratello è partito.” Dissi, così, a caso, pur di rompere quel maledetto silenzio.

“Oh, capisco. Immagino.. che sia per scoprire cosa ti sia successo.” Ipotizzò Jack, fissando il cielo. Per un attimo il vento si fece leggermente più fresco e intenso, ma non fastidioso.

“Anche.” Risposi elusiva. Non avevo voglia di riraccontare tutto. “Sono preoccupata per lui.”

“Non mi sorprende.” Ammise. “Solo che lui è uno dei Semidei migliori che io conosca.”

“Me lo dicono tutti.”

“Proprio per questo non sarei così in ansia, Probabilmente in questo momento, è più preoccupato lui per te. Qualsiasi cosa stia facendo, spero che la faccia in fretta, così ti potrà tornare la memoria.”

“Lo spero anche io.” Conclusi, lasciandomi i jeans che si erano riempiti di foglie e fili d’erba. “Io torno al campo, tu che fai?”

“Io rimango un po’ da solo.” Rispose il figlio di Borea. “Ma tornerò presto alla mia casa, ho un paio di cose da fare.”

“Rimani ad ascoltare il vento?” Chiesi, rimettendomi in piedi. Stare con lui mi tranquillizzava ed era un tipo piacevole. “Potresti chiedergli se ha notizie di mio fratello?”

“Non lo so, i venti sono strani, ma se mi dovessero dire qualcosa, ti farò un fischio, contaci.” Mi assicurò, annuendo. Sembrava stranamente serio.

Ci salutammo poco dopo, mentre chiacchieravamo del più e del meno, lui diretto alla Casa di Borea, il alla mia, che, improvvisamente, sentivo troppo grande per essere solo mia. Osservai il letto di Nico, sentendomi colta da una punta di nostalgia. Non volevo pensarci. Ci eravamo salutati in malo modo. Se solo avessi moderato le parole, forse non sarebbe partito. O almeno si sarebbero salutati in modo normale. Invece si erano messi ad urlare, come due idioti. Sospirai, mettendomi a cercare qualcosa da fare. Decisi di dare una pulita, giusto per non perdere tempo.
Iniziai a spolverare, togliere sporcizia dagli angoli, rendendomi, per la prima volta conto, che non si era mai davvero sforzato di pulire. Si era limitato a spostare lo sporco negli angoli. Mentre toglievo la polvere da uno scaffale notai che, su di esso, erano posti, in modo ordinato, degli strani soldatini in miniatura con, accanto, un mazzo di carte.

“Cosa sono?” Mi chiesi, da sola, afferrandole.

“Mitomagia.” Lessi, mentre sfogliavo le immagini degli Dei, che combattevano. Strano che esistesse un gioco del genere, proprio con gli Dei dell’Olimpo esistenti. Mi venne da ridere al solo pensiero.
Stavo per rimettere tutto a posto, quando vidi una strana miniatura che mi sembrava vagamente familiare: Ade, c’era scritto sul piedistallo. Nostro padre? La afferrai e mi chiesi perché mi sembrava di averla già vista.

 

 

“Che hai preso!?” Urlò la voce di Percy.
“Non ho preso nulla!” Ribattei, sentendomi mortalmente colpevole. Insomma, cosa poteva fare una miniatura buttata via?
“Hai preso l’arco? Te lo sei tenuto? Ricordi cos’ha detto Zoe? Prendere qualcosa da qui è pericoloso!”
“No io…” Mentre le lacrime iniziavano a scorrere mostrai ciò che tenevo in mano. Una miniatura, con so scritto ‘Ade’ “Manca solo questa, a Nico…. È solo una miniatura!”

 

 

 Sobbalzai, riaprendo gli occhi, mentre quelle immagini, riaffioravano nella mia mente, facendomi venire l’angoscia. Che fossero miei ricordi? Non ne ero certa, ma avevo riconosciuto la voce di Percy e quella statuina. La misi al suo posto, con attenzione, mentre cercavo di ragionare su ciò che era successo. Forse la mia memoria stava tornando. Non sapevo se essere spaventata o no. Decisi di rimandare qualsiasi riflessione ad un momento meno pressante.

Quella sera, mentre ero a cena, cercai di non pensare al fatto di essere sola, a quel tavolo, ripetendomi che Nico sarebbe tornato presto. Mio fratello aveva affrontato la Crono e Gea. Cosa ci poteva essere di peggio? Ormai era un esperto, sicuramente avrebbe saputo gestire qualsiasi cosa gli si parasse davanti. Forse le mie preoccupazioni erano infondate. Cercai di convincermi di questo, mentre il sole calava, illudendomi che tutto andasse bene, quando era palese, che mi sbagliavo di grosso. Il peggio doveva ancora arrivare.

 

 

 

 

 

 

 

 

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[Angolo Autore]

Salve, gente, cosa vi aspettavate? Che vi foste liberati di me? Davvero?
Invece no!, AxXx è tornato per rompervi le scatole, ancora, con questa bruttissima storia. Allora, che ve ne pare?
Spero che vi stia piacendo e che vi facciate tanti filmini mentali per quello che è successo. D’altra parte, Nico vuole bene alla sorella, però, notare che è  anche arrabbiato (e noi sappiamo perché) indovinate cosa succederà?
Sì, ho piani malvagissimi. *Sorriso malvagio*
Ad ogni modo, ringrazio:

Silvia_Fangirl, con cui mi scuso per aver fatto così tardi.
_Littles_ , che ringrazio sempre tantissimo.
J
_Heartland_ Spero che continuerà a recensire.
J

 

 

  
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