Serie TV > Criminal Minds
Ricorda la storia  |      
Autore: AlexEinfall    20/06/2014    5 recensioni
Un grave incidente sul campo spinge Reid fuori dalla realtà. Sarà costretto ad immergersi nel buio di ricordi che non può cancellare, per ritrovare la strada verso un nuovo futuro.
Dal testo:
Chiude gli occhi e attende, finché non sente accanto a sé il calore di un corpo abituato ad essere portato al limite, di un cuore che batte per molte persone, ma che lui ha potuto ascoltare così da vicino.
Morgan.
Senza rendersene conto, si lascia cullare da quel tepore, fino a sentirsi liquido e a scivolare via.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Morgan, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Introduzione: Un grave incidente sul campo spinge Reid fuori dalla realtà. Sarà costretto ad immergersi nel buio di ricordi che non può cancellare, per ritrovare la strada verso un nuovo futuro.


Nota:
Il corsivo indica i flashback, ed è inserito per evitare confusione. Non so da dove sia uscito questo testo, forse da una notte di nostalgia. Ci sono affezionata, per ragioni che vanno oltre la mia comprensione. In ogni caso, buona lettura!






Il buio oltre noi



Le pale dell'elicottero frantumano l'aria: può quasi vedere il vento solidificarsi e, nell'impatto, disintegrarsi in schegge di folate. Può vederlo dietro le palpebre pesanti, incollate dal sangue e dallo sfinimento. Sente le braccia raffreddarsi e i piedi perdere calore; ogni parte del suo corpo sta spirando. Di colpo un lieve tepore si diffonde sul suo viso: il fiato, che non è più dell'elicottero o della morte, ma di Morgan, trasporta parole accorate che depositano sulle sue labbra il sapore del pianto.
  Spencer. Spencer. Ehi, ragazzino, su!
  Prova a contare, a ricordare, ad esercitare una qualunque facoltà mentale, ma le sinapsi faticano a lavorare. Disperatamente, cerca di ancorare la propria vita a quella voce, alle mani che caute ma decise si posano sul suo petto, alle sirene e alle urla... ma tutto si disperde nell'aria insieme al suo ultimo respiro.

  Una piccola e funzionale camera d'albergo.
  Morgan spegne le luci e tu ti racchiudi sotto le coperte, anche se fa decisamente caldo a Miami. Ti agiti perché non trovi una posizione consona, perché dovresti trovarla per la tua mente e il subbiglio delle emozioni. Non è così semplice. Riesci quasi a sentire il respiro regolare del tuo collega e, voltandoti, vedi la sua sagoma nel chiarore lunare e l'ombra che si espande deformata sulla parete. Non riesci davvero ad abituarti alla presenza di qualcuno in un momento così intimo. Hai sempre dormito da solo, da buon figlio unico e cattivo animale sociale.
  «Vuoi smetterla di fissarmi?» senti quasi la sua voce nella testa, ma lui dorme inconsapevole. Malgrado ciò, ti volti colpevole e imbarazzato, stringendo un pugno alle labbra per il timore di dire qualcosa senza accorgertene. In fondo, come fai a sapere di non parlare durante il sonno? Chi avrebbe potuto fartelo notare?
   Il ricordo della tua prima polluzione notturna si impone nella mente. Non hai provato vergogna o confusione: sapevi che sarebbe accaduto. Ti sei limitato a prendere le lenzuola e a depositarle nella lavatrice insieme a tutto il resto, mentre tua madre dormiva fino a mezzogiorno. Il sacro terrore che possa avvenire proprio questa notte ti assale in modo bizzaro.
  In fondo, nel buio tutto è possibile, nell'oscurità che acuizza tutti i sensi, compresa la vista interiore. Ti senti travolto e stringi inutilmente le palpebre, incapace di dare la schiena sia alla finestra rischiarata sia al viso addormentato di Morgan.
  Una nottata d'inferno.

  Le voci tornano, i sensi riemergono dall'abisso.
  «Hei, ragazzino, non mollare.»
  Spencer prova ad aprire gli occhi, ma una nebbia lattigionosa ricopre ogni cosa. Distingue a malapena il volto di Morgan, confuso, distorto. Le dita irrigidite e sbiancate si stringono debolmente intorno alla mano dell'agente, chino su di lui.
  «Quanto ci vuole ancora?» lo sente sbraitare.
  Una voce intimorita risponde: «Circa cinque minuti.»
  «Tre» intima il ragazzo, prima di tornare a rivolgergli parole di conforto. «Saremo in ospedale tra poco, sta tranquillo. Resisti.»
  Vorrebbe parlare, ma i suoi farfugliamenti vengono attutiti dalla maschera che gli comprime il viso e che lui non ha la forza di togliere. Aria artificiale gli viene pompata nei polmoni, liquidi sconosciuti nelle vene, sangue lento nel cuore. La testa gira vorticosamente, strappandolo a questa folle realtà e risucchiandolo nel buco nero dei ricordi.
 

  Un campo scuro. Tobias Henkel.
  L'erba ti fascia le gambe mentre corri a grosse falcate, cercando di tenere i nervi fermi e l'attenzione vigile. Tutt'intorno ciuffi irti come piccoli soldati che, in fila, si schierano fino all'orizzonte, divorati dall'oscurità. Quando senti lo sparo qualcosa si gela nelle tua mente, si paralizza, torna a uno stadio d'attività così primordiale da esserti irriconoscibile. Prima di riuscire a nominare il nome di JJ un'assurda speranza ti sorge dal profondo: qualcuno è giunto a prendere in mano la situazione.
  Poi il duro colpo, la consapevolezza del terrore, l'orrore della consapevolezza. Cadi a terra e, prima che tutto diventi ancora oblio, ti senti nuovamente abbandonato.
  La fine.


  Luci al neon lo strappano dalle lande della sua mente, per riportarlo in una realtà che non è certo sia tale. Lampade feroci sfrecciano sulla sua testa, mentre il corpo disteso sorvola le corsie. Sente voci concitate, altre più calme e cliniche. Qualcuno prosegue al suo fianco, mentre un'ombra continua ad emergere per la sua chiara agitazione.
  «Signore, deve allontanarsi» qualcuno dice all'ombra, che non vuole saperne e continua a chiedere di lui.
  «Morgan, basta» e l'ombra se ne va.
  Porte pesanti si aprono e i suoi colleghi vengono lasciati indietro. Confusamente Spencer comprende di essere in una sala operatoria. Vorrebbe ricordare perché, ma nelle orecchie sente solo il rumore di spari, l'eco debole di qualcosa di grave che è avvenuto.
  Non vuole che questa desolante sensazione di obnubilamento sia l'ultima della sua vita, ma non ha né forza né coraggio per credere il contrario. Chiude gli occhi mentre il faro viene puntato sul suo corpo denudato. Sente solo un freddo atroce e un terrifante alito sulla sua testa, quello di un cerbero pronto a divorarlo.
 

  Sirene in lontananza.
  Ti stringi nel cappotto, cercando calore dove non c'è. Ti sembra che le ossa sfreghino l'una con l'altra, come per accenderti dentro piccoli fuochi. Le mani si agitano nelle tasche e la lingua non si stacca più dal palato. Finalmente vedi un'ombra avanzare, schivando i raggi dei lampioni. È giovane, ricco, in un altro contesto magari anche educato; ma qui non c'è tempo e non c'è spazio.
   Il tutto è molto veloce: gli dai i soldi e ti da una busta di carta appallottolata, come quelle che si danno in panetteria. Alzi lo sguardo e lui è già scomparso, non hai avuto neanche modo di sapere di che colore avesse gli occhi. Magari neri, come i tuoi. Tutti, alla fine, li hanno neri.
   Sentendoti nudo come un serpente, strisci via, quasi correndo fino a casa, mentre le boccette di Dilaudid tintinnano nella busta del panetteriere.


  Bip.
  Bip.
  Il rumore familiare si insinua nella mente e l'afferra con forza, strappandolo via dal buio. Deve fare più di un tentativo per sollevare finalmente le palpebre e trovarsi costretto a stringerle: c'è troppa luce, troppa nitidezza. Qualcuno accosta le tendine e una dolce ombra si deposita sul suo viso.
  Occhi neri lo scrutano, apprensivi. Vorrebbe sorridere, ma non è certo che il corpo gli risponda. Dopo diversi tentativi vede il viso di Morgan illuminarsi.
  «Ehi, ragazzino, ce l'hai fatta!» gli dice chino su di lui.
  La bocca è impastata, sembra piena di miele e zucchero, eppure ha in gola un sapore amaro che teme non andrà più via.
«Tranquillo, andrà tutto bene. Ti hanno sparato, ora sei in ospedale. Ti hanno operato e...»
   Morgan parla incessantemente, medici vengono a controllare le sue funzioni vitali, i monitor continuano a cinguettare come uccelli metallici...tutto scorre, ma confondendosi in un alone di sfondo. Chiude gli occhi e attende, finché non sente accanto a sé il calore di un corpo abituato ad essere portato al limite, di un cuore che batte per molte persone, ma che lui ha potuto ascoltare così da vicino.
   Morgan.
  Senza rendersene conto, si lascia cullare da quel tepore, fino a sentirsi liquido e a scivolare via.


La tua prima crisi d'astinenza.
Tremi con forza. Non avresti mai creduto di poter racchiudere nella tua cassa toracica un tale terremoto. Tutto, di te, sembra sconquassato. Vorresti piangere, ma le lacrime si sono fossilizzate negli occhi. Nel buio, ti sembra tutto infinito, senza limite. L'assenza di distrazioni ti costringe a concentrarti completamente sul tuo corpo e sulla sua sofferenza. Speri che questo basti come redenzione e come deterrente. Ti scopri a chiederti se lui lo creda.
  «Va tutto bene.»
  È quello che continua a ripeterti, stringendoti con braccia che ora sembrano poterti uccidere, ma che vogliono solo racchiudere il tuo dolore. Ti posa un bacio sulla nuca bagnata dal sudore e ti scosta un ciuffo dalla fronte. Il suo respiro è caldo.
Oh, Morgan...
  Non credevi di riuscire ancora a produrre lacrime, perciò ti chiedi da dove venga l'umidità che bagna la tua guancia.
  Solo quando senti le sue ciglia sulla pelle, ti rendi conto che è lui a piangere.


  «Mi dispiace» farfuglia Spencer, ad occhi chiusi. Una lacrima scivola placidamente fino a tuffarsi tra le lenzuola.
  Derek gli stringe una mano e sorride appena.
  «Va tutto bene, ragazzo.»
  Quando finalmente Spencer riapre gli occhi, sono rossi come due soli su una terra arida. Derek gli carezza i capelli, scostandoglieli dalla fronte.
  Le labbra del dottore si muovono, ma non esce alcuna parola.
  «Ti riprenderai in fretta. Non sentirai dolore, per ora, ma ci sono io» gli dice, ma Spencer non lo sta davvero ascoltando.
  Lui deve dirlo.
  «Non lasciarmi al buio» mormora prima di sprofondare nel sonno.
  Derek sorride e sa che il dottore negherà quelle ultime parole, non appena tornerà in sé, ma ora non gli importa. Tutto sembra troppo piccolo, perfino i problemi fondamentali, ora che il suo mondo ha ripreso a girare.
  Gli viene quasi da ridere, guardando il suo dottore riprendere colore. Gli sembra che nessun dramma, neanche il buio più assoluto, possa realmente uccidere quella piccola, incredibile e luminosa mente.





  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Criminal Minds / Vai alla pagina dell'autore: AlexEinfall