CURA DAGLI
INCUBI
Frank
si svegliò dopo pochi istanti, sentendosi strano,
come se lo avessero pugnalato al petto. Con una certa apprensione
toccò il
pezzetto di stoffa che Leo aveva cucito per lui, e che proteggeva il
suo
legnetto. Solo nell’istante in cui constatò la sua
assenza ricordò che la sua
debolezza era svanita. Sospirò, alzandosi dal tavolo della
cucina su cui si era
addormentato. Fuori dalla finestra la luna era alta, nel cielo stellato
sopra New
York. Da qualche parte, lassù, sull’Empire State
Building, gli Dei vegliavano
su di loro. Ultimamente, però, aveva capito che molti
problemi, si dovevano
affrontare da soli.
“Gli Dei non ti aiutavano, a meno
che non
fossi tu ad aiutare te stesso, per primo”
Pensò, mentre ricordava la
battaglia contro i Giganti che si era svolta due mesi prima.
Aveva ancora gli incubi, e proprio un incubo lo aveva svegliato in quel
momento, tanto da spingerlo ad assicurarsi che la sua vita non fosse in
pericolo. Ma era tutto diverso. Suo padre aveva spezzato la maledizione
che lo
legava a quel legnetto. Era libero dalla sciocca paura di poter morire
per
quello.
Sospirò di sollievo e andò in salotto, dove
c’era Hazel. Anche lei
addormentata. Erano stanchi, quel giorno, mentre andavano a scuola,
erano stati
entrambi attaccati, poi era compersa Demetra che aveva chiesto loro un
favore
(E non si può negare un favore, ad una Dea), poi erano
dovuti correre al Campo
per aiutare a spegnere l’incendio che Leo aveva, erroneamente
scatenato durante
la Caccia alla Bandiera. (Frank elefante part-time è un
perfetto vigile del
fuoco). Insomma, erano tornati entrambi da poco ed erano crollati.
Tecnicamente
Frank avrebbe dovuto occuparsi della cena, ma il solo appoggiarsi a
qualcosa lo
aveva rilassato a tal punto che si era assopito istantaneamente.
Il Figlio di Marte sbuffò sonoramente, mentre prendeva una
coperta da un
armadio. Ai suoi occhi Hazel era ancora più bella, da
addormentata. Avrebbe
voluto carezzarle i morbidi capelli ricci, ma, temendo di svegliarla,
si limitò
a coprirla con delicatezza, poi tornò in cucina, iniziando a
tagliare il pane.
Non aveva né voglia né tempo per preparare
qualcosa di troppo elaborato, ma
qualcosa di semplice, come un panino o un hamburger poteva farlo,
soprattutto
visto che, come cuoco, non era proprio il massimo. Pensò a
Campo Giove, che
aveva abbandonato per seguire, insieme alla sua ragazza, lo stile di
vita più Greco.
Così si erano stabiliti a New
York, non lontano dall’appartamento di Percy e Annabeth. Per
loro due era stata
un’esperienza molto interessante e anche bella. Conobbero
Sally Jackson, la
madre di Percy. Fu come riavere una madre, per un attimo. Era
fantastica,
energica e cordiale. Non le interessava che fossero semidei,
regalò loro ua sensazione
unica: essere normali ragazzini che tornavano a casa. Quanto gli era
mancata
quella sensazione.
All’improvviso
un urlo attirò l’attenzione di Frank.
Era la voce di Hazel. Nonostante la stanchezza, la scarica di
adrenalina che lo
attraversò spazzò via il torpore. Prese il gladium
che portava sempre con se e si precipitò nel
salotto, pronto ad affrontare
qualsiasi mostro si fosse avvicinato alla sua ragazza.
Invece, quando arrivò, vide Hazel accoccolata sul divano, in
lacrime, che si
stringeva le gambe con le braccia.
“Hazel, che succede?” Chiese, il figlio di Marte,
appoggiando la spada al muro
e sedendosi accanto alla figlia di Plutone.
“Nulla… solo un incubo.” Rispose,
appoggiando la testa sul petto di lui che
arrossì di colpo.
Nonostante stessero insieme, ancora non ci credeva che lei,
così fantastica,
stesse insieme a lui. “Vuoi parlarne?”
La ragazza annuì, asciugandosi gli occhi dorati.
“Ho sognato che tutto questo era un sogno.”
Iniziò, stringendo la mano di
Frank. “Che io ero ancora nella Prateria degli Asfodeli, tra
le anime dei
morti, persa in un silenzio senza fine. Frank, ho paura di tornare tra
i
morti.”
“Ma tu sei viva!” Protestò il ragazzo,
stringendola a sé, coccolandola. “Sei
viva e reale. Sei la mia ragazza, sei qui. Con me.”
“Per quanto, però?” Chiese Hazel,
tristemente. “Per quanto staremo insieme,
prima di essere reclamati nel regno di mio padre? Ancora mi riesce
difficile
credere che sono davvero viva e che posso godermi questa vita. Sono in
pochi ad
aver avuto questa possibilità, ed ora che ce l’ho
ho paura che mi venga
strappata.”
Frank la fissò per alcuni istanti, perso nelle riflessioni
che quelle parole
gli avevano dato. Ultimamente, anche lui faceva fatica a credere di
aver perso
la sua debolezza. Era il suo incubo peggiore. Scoprire di averla
ancora. Che
bastasse una fiammella, una scintilla, per estinguere la sua vita. In
cuor suo
ripensò ai suoi amici, a Leo che aveva iniziato a costruire
insieme a quella
tipa, Calipso, il suo garage, a Jason e Piper che vivevano insieme a
Nuova Roma
e a Percy e Annabeth, a qualche isolato di distanza. In cuor suo, il
figlio di
Marte sapeva che tutti avevano delle debolezze che si erano lasciati
alle
spalle e che la notte, tutti loro, sognavano di perdere quella
possibilità che
era stata loro concessa.
Era quello che lui sognava. Il suo legnetto, ormai sparito, bruciato
nel fuoco
di Estia, mentre gli Dei rompevano la sua maledizione che tornava ad
essere la
sua debolezza.
“Hazel.”Iniziò, abbassando lo sguardo su
di lei, così minuta, rispetto a lui.
“Non possiamo saperlo, per certo. Ma sono sicuro che,
qualsiasi cosa accada,
per quanto potrò, rimarrò con te, a costo di
dover rinunciare all’Elisio, per
rimanere con te, nelle Praterie degli Asfodeli.”
“No!” Urlò Hazel, fissandolo duramente.
“Non devi. Tu meriti l’Elisio, sei un
Eroe, hai sconfitto i Giganti, hai… hai salvato
me.”
La sua voce era rotta dall’emozione e continuava a torturarsi
una delle ciocche
scure che le incorniciavano il bel volto. Frank la guardò,
pensando che nemmeno
Afrodite avrebbe potuto eguagliarla (anche se si trattenne dal dirlo ad
alta
voce). La abbracciò, stringendola a sé, come per
assicurarsi che non sparisse.
“E tu, allora?” Domandò, fissandola
negli occhi aurei. “Tu hai protetto me… hai
tenuto in mano la mia vita a lungo e non ne hai mai approfittato.
Hazel, io mi
fido di te. Forse non arriveremo a domani. Ma lo vuoi sapere? A me non
importa.
Mi basta che tu sia con me.”
Per un attimo si guardarono negli occhi, poi, però, il bel
viso della figlia di
Plutone si aprì in un sorriso che al ragazzo parve luminoso
come una cascata di
puro argento. Avvicinandosi ancora di più l’uno
alla’altra si dettero un lungo
e dolcissimo bacio. Il figlio di Marte rispose come un automa, mentre i
colori
si scioglievano, lasciando che ogni suo senso si concentrasse sulla sua
ragazza,
così minuta e fragile, rispetto a lui, ormai irrobustito
dalle imprese e le
trasformazioni.
Dopo quello che parve un tempo infinito ad entrambi, i due si
separarono.
Ansimavano leggermente, ma i loro occhi scintillavano per la
felicità.
“Non mi importa dove finirò. Basta che sia al tuo
fianco, Hazel.” Sussurrò
Frank, appoggiando la sua fronte su quella di lei.
“Hai ragione.” Concordò la figlia di
Plutone. “Non importa cosa succederà.
L’importante
è affrontarlo insieme.”
Per alcuni istanti, i due rimasero immobili a fissarsi, prima di
rendersi conto
che quel discorso aveva richiesto molto del loro tempo e che, per loro,
era
l’ora di dormire.
“Andiamo a letto.” Suggerì Hazel.
“Anche se domani non abbiamo ancora lezione,
non voglio fare tardi.”
“Hai ragione.” Rispose Frank, alzandosi e
rilassando, le gambe. “E… ecco… forse
so come evitare gli incubi.” Sussurrò a bassa
voce, arrossendo di colpo,
sperando che lei non avesse sentito quel pensiero che, erroneamente,
aveva
espresso a bassa voce.
Peccato che lei aveva sentito eccome-
“Frank! No, davvero… non… non credo che
sia… ancora il momento.” Disse la
figlia di Plutone, rossa come un pomodoro, mentre Frank sembrava molto
desideroso di trasformarsi in qualcosa di invisibile.
“Giuro, hazel, non volevo dirtelo! Hai insistito,
così ti ho detto la verità,
ma non sei costretta a farlo… e poi io ho solo detto che
potremmo dormire
insieme… non… fare… be’, hai
capito.” Si affrettò a spiegare il figlio di
Marte, indietreggiando di qualche passo. Iniziò a pensare
che trasformarsi in
una medusa non sarebbe stato affatto male. Dopotutto erano trasparenti.
Se
avesse avuto fortuna si sarebbe sciolto, prima di diventare lo zimbello
di
tutto il campo romano.
“Sì, ma… insomma. Hai idea di quanto
possa sembrare… ambiguo?” Chiese, sempre
più in fiamme.
“Hai ragionissima, scusa se te l’ho
chiesto.” Rispose, in fretta Frank. Si
dette dello stupido, Hazel veniva dal secolo scorso, aveva dei modi
molto più
riservati della maggior parte degli adolescenti moderni. “Se
non vuoi… non
importa davvero.”
Hazel lo fissò per un lungo istante, mordendosi
nervosamente, il labbro
inferiore, poi, quasi tremando, annuì:
“Se… se non… se non accade nulla. Va
bene.” Sussurrò, quasi contro la sua
volontà.
Erano entrambi così rossi da poter sembrare pomodori
giganteschi. Per un attimo
Frank accarezzò l’idea di correre nel salotto e
dormire sul divano. Avrebbe
affrontato qualsiasi cosa, persino il suo peggiore incubo, piuttosto
che far
star male Hazel, ma come dicevano i romani Alea
Iacta est. Non poteva più tirarsi indietro. Prese
un respiro profondo e
lasciò che Hazel, per prima, prendesse possesso
dell’unico bagno per cambiarsi.
Appena furono entrambi pronti per dormire, si coricarono, insieme, sul
letto di
Frank, che era il più ampio, solo che non lo era abbastanza
per farli stare
entrambi, senza che fossero, praticamente, appiccicati.
Altro problema logistico che lui aveva tralasciato.
Eppure, non appena le coperte li nascosero al mondo, fu come se tutto
l’imbarazzo sparisse in un colpo solo. Si lasciarono cullare
nei loro abbracci,
soli, insieme, uniti come non lo erano mai stati.
Sulla Argo II non c’era mai stata la possibilità
di avere un attimo di
intimità. Troppe persone, troppi rischi di essere beccati,
com’era successo a
Percy e Annabeth. Poi erano tornati al Campo Giove e la posizione di
Frank come
pretore lo aveva tenuto impegnato, finché Jason non aveva
ripreso la sua
vecchia posizione a tempo indeterminato. Solo in quel momento,
poterono,
finalmente godere della reciproca compagnia.
“Sei caldo.” Disse, ad un certo punto, Hazel,
affondando ancora di più, il viso
nel petto. “Molto più di quanto
ricordassi.”
“Sono solo le coperte.”Si schermì,
subito, il figlio di Marte, arrossendo di
colpo.
“E sei comodo.”Aggiunse, con un sorrisetto.
“Anche… anche tu.” Rispose lui,
deglutendo. “E sei morbida.” Sussurrò,
mordendosi la lingua, subito dopo. Era un disastro in tutto.
Passarono alcuni istanti, di silenzio, in cui gli unici rumori che si
sentivano
erano i loro respiri che si fondevano.
“Frank?”
“Mh?”
“Non lasciarmi… mai.” Mormorò
la figlia di Plutone, accoccolata tra le sue
braccia, con la voce impastata dal sonno.
“Lo prometto.” Giurò Frank, dandole un
bacio sulla fronte, mentre Morfeo donava
loro la benedizione del sonno.
Quando Hazel si svegliò erano le otto e mezza del mattino.
La luce del sole
filtrava dalla finestra, mostrando Manhattan in tutta la sua frenesia
del
lunedì mattina. La ragazza si ravviò i capelli,
sentendosi tranquilla e
riposata come poche volte le era capitato, in quel periodo. Nessun
incubo aveva
tormentato il suo sonno, nessuna paura l’aveva sfiorata. Solo
la consapevolezza
di essere tra le braccia del suo ragazzo.
Sorrise al pensiero della sera prima, di come le era sembrato
impossibile
accettare la proposta di Frank. Poi aveva preso coraggio e si era
lasciata
andare.
In quel momento, lui dormiva ancora. Sembrava molto rilassato e
tranquilla, al
contrario della sera prima, che aveva l’aria scossa e
agitata. Hazel gli
carezzò il viso, stando attenta a non svegliarlo,
sorridendo. Se solo ne avesse
avuto la possibilità sarebbe rimasta lì per
sempre, ma, ovviamente, non poteva
rimanere a letto per sempre, così, stando attenta a non
svegliare Frank,
scivolò giù dal letto.
Stiracchiandosi, andò in bagno, lavandosi la faccia per poi
andare in cucina,
notando dei resti di pane sul tavolo.
Ridacchiò, ricordando che Frank era uscito dalla cucina. A
quanto pare voleva
fare la cena, ma se l’era dimenticato. Anche se era un tipo
fantastico era pur
sempre un ragazzo e, pensando a lei, si era dimenticato del cibo.
Si mise a recuperare il possibile per preparare, almeno, una colazione
degna di
questo nome. Recuperò della marmellata e del latte dal frigo
e preparò tutto il
necessario.
Mentre finiva di versare il tè nella tazza di Frank, il
ragazzo aprì la porta.
Aveva ancora gli occhi pesanti dal sonno, ma sorrise:
“Buongiorno, Hazel. Come mai non mi hai svegliata? Potevo
aiutarti con la
colazione.” Disse, prima di coprirsi la bocca per uno
sbadiglio.
“Dopo quello che hai fatto alla cena, non volevo che anche la
colazione si
sentisse abbandonata.” Lo prese in giro lei, sedendosi.
Mentre facevano colazione, cullati dalla sensazione di
intimità e calore che li
circondava, Frank chiese: “Hai avuto incubi?”
“No.” La figlia di Plutone scosse la testa.
“Il tuo metodo, a quanto pare,
funziona.”
Il figlio di Marte sorrise e le prese la mano. “Grazie per
essere con me.”
Disse, mentre si avvicinava a lei, dandole un bacio sulle labbra
morbide.
Gli incubi potevano venire quando volevano, ma che sapessero che,
finché erano
insieme, Frank e Hazel non avrebbero mai avuto paura, di loro.
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[Angolo dell’Autore]
Salve, semidei!
Felici di vedermi? Ultimamente sono un po’ assente, per mia
personale
stanchezza post esami. Io sono AxXx, un pazzoide a caso che scrive su
EFP.
Allora, come vedete questa è una Frazel.
“Perché proprio loro?” si chiederebbe
qualcuno.
Be’, ovvio: perché sono i meno considerati di
tutti. Non so perché, essendo una
bellissima coppia che trovo fantastici. Senza nulla togliere alle
altre, ma io
trovo molto più simpatico Frank di Jason e anche Hazel
è fantastica. (Lo è
anche Piper, non fraintendetemi ;) )
Ad ogni modo, spero che questa storia vi piaccia. È la prima
di una serie di
one-shot di coppie greche e romane. :3
Spero che vi piaccia.
A presto <3
AxXx