Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Ivola    23/06/2014    7 recensioni
▪ DAL PROLOGO: « Dicono che Arres Martell sia un ragazzo molto bello » commentò la mora, recuperando una spazzola e prendendo a pettinare i capelli biondo platino – quasi bianchi, degni di una Targaryen – dell’altra, « e anche la sua promessa sposa Baratheon… com’è che si chiama? »
« Thea » rispose Baerenys, sempre con quello sguardo assente. « Sembrano una coppia ben assortita, da quanto ho sentito. »
Elvirya sorrise, accarezzando le ciocche lunghe e morbide della principessa. « Avranno sicuramente un lieto fine, come quelli delle storie che mi raccontava la mia nutrice. »
La Targaryen si irrigidì leggermente, ma non cambiò la sua espressione indifferente. « Quelle sono solo favole, Elvirya, la vita reale è molto più crudele. Dovresti saperlo. »
[...]

Benvenuti alla corte di re Daeron III Targaryen, benvenuti a Westeros e benvenuti in questa nuova, dolorosa avventura. Il Trono di Spade è da sempre il premio più ambito dei Sette Regni, e questa volta la lotta per la supremazia potrebbe essere tanto sanguinosa quanto una ferita che non è mai destinata a rimarginarsi. Intrighi, alleanze e tradimenti: è questo il vero pane della guerra.
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Violenza
Capitoli:
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A song of light and dark
{ First part 
– Sunset }



 Capitolo I 
« Ci si sveglia un mattino che è morta l'estate. »
 
 


Tutta Dorne quel giorno era gremita di persone. Carri pieni di merci di vario valore andavano e venivano per le strade principali o secondarie, le locande erano piene di forestieri e viaggiatori, i commercianti si arricchivano sempre più ogni minuto che passava – spesso truffando i clienti –, i nobili mandavano orde di servi al mercato e i bordelli erano tra i luoghi più frequentati di tutta la regione.
Lancia del Sole era però il fulcro di tutta questa frenesia.
Era il giorno del matrimonio di Arres Martell, il primogenito di Olyvar e Abetyne Martell, l’erede del principato di Dorne. Era decisamente un evento eccezionale, se si metteva in conto che il principe aveva invitato i principali esponenti di tutte le restanti otto casate più importanti a presidiarvi, per mantenere una sorta di alleanza con ciascuna di loro. La guerra era certamente un ricordo lontano, ma non si sarebbe mai estinto dalle loro menti, tanto che Olyvar in qualità di signore di Lancia del Sole aveva intenzione di mantenere la pace ancora per molto tempo. Non vi erano motivi, del resto, per scatenare un conflitto che avrebbe portato i Sette Regni in ginocchio, e in quel momento una guerra non avrebbe portato vantaggi a nessun lord dotato di senno.
La pace era uno dei motivi, inoltre, per cui Arres entro poche ore avrebbe sposato Thea, la primogenita dei Baratheon. Come da sempre, la politica matrimoniale fungeva da sigillo d’alleanza e in tempi incerti come quelli poteva significare potere e sicurezza, poteva determinare il sottile confine tra vita e morte. Tutti i figli di lord ne erano al corrente e per la maggior parte erano stati educati sin da bambini ad adempire al proprio compito: accettare la sorte che la famiglia imponeva loro. L’unica via possibile, del resto.
Allyndor lo sapeva benissimo. La sua promessa sposa era la terzogenita dei Tyrell, di cui a stento ricordava il nome, e l’avrebbe dovuta sposare a qualche mese di distanza dal matrimonio di suo fratello.
Martell e Baratheon, Martell e Tyrell.
Olyvar aveva provveduto a tutto, e i suoi due primi figli maschi avrebbero consolidato l’alleanza tra le tre casate, sebbene con i Tyrell ci fosse sempre stato un rapporto abbastanza burrascoso.
Allyndor detestava essere in mano altrui, eppure non aveva potuto fare altro che accettare in silenzio – digrignando i denti e stringendo i pugni, certo, ma pur sempre in silenzio – il suo destino. In realtà non aveva ancora imparato a convivere con l’idea di sposarsi, per cui tentava di pensarci il meno possibile. C’erano tante donne magnifiche a Dorne, dopotutto, aveva ancora tempo per sfogare le sue pulsioni prima di mettere al mondo una serie di principi e principesse in miniatura. Inoltre, aveva visto quella ragazza solo tramite un dipinto, che gli era stato spedito in regalo dai Tyrell. Una lady in tutto e per tutto, finemente abbigliata e con lo sguardo profondo; aveva soltanto quindici anni, gli avevano detto, ma si mostrava molto matura per la sua età. Era bella. Ma forse non bastava.
Allyndor era sempre stato certo di una cosa nella sua vita: non si sarebbe mai sottomesso agli altri, per cui stentava a credere che avrebbe sposato davvero quella Tyrell. Forse sarebbe fuggito il giorno prima del matrimonio, forse avrebbe avvelenato la moglie la prima notte di nozze. Di sicuro non si sarebbe comportato come quello stupido di suo fratello, che aveva obbedito agli ordini senza controbattere. Arres rappresentava il suo opposto, sotto molti aspetti, e non c’erano dubbi su chi fosse il prediletto del principe suo padre.
Guardò fuori la finestra della sua camera all’ultimo piano della torre est, appoggiandosi al davanzale di pietra con i gomiti. La pianura si estendeva verso l’orizzonte e oltre, il panorama era da togliere il fiato: il sole splendeva alto nel cielo e l’intero castello era un tripudio d’oro e profumi; più lontano si scorgeva la città con tutti i suoi palazzi, strade e dedali di viuzze e vicoli sconnessi. Un occhio più attento era anche in grado di vedere il deserto oltre le mura, dove spesso lui era scappato da ragazzino.
Per quanto non fosse un panorama nuovo, comunque, Allyndor rimase piacevolmente stupito dalla bellezza di Lancia del Sole quella mattina. Non aveva mai visto la città così in festa, non aveva mai visto tanta gente tutta insieme in vita sua. E ancora non sapeva se fosse entusiasta o meno della cosa.
Qualcuno bussò alla porta. « Allyn? » domandò una voce dolce e sottile che poteva appartenere solo ad una persona.
Allyndor si voltò e andò ad aprire, un po’ sollevato. « Nymeria » disse, salutando la sorella minore. « Sei già pronta? »
Quella sbuffò un poco e si alzò leggermente la gonna prendendone due lembi con le mani. « Fa caldo » si lamentò la diciottenne, agghindata d’oro dalla testa ai piedi. « Già sono tutta sudata. »
Il fratello le si avvicinò e le prese una ciocca di capelli tra le dita. « Perché non ti fai raccogliere i capelli da una serva? »
« No » rispose prontamente Nymeria. « Sai che odio avere i capelli legati. »
Allyndor sorrise. « Giusto. Comunque stai benissimo anche così. »
La sorella alzò gli occhi al cielo. « Non vale se me lo dici tu! »
« E chi dovrebbe? Magari un lord di qualche isola sperduta venuto a salvarti dalle grinfie di nostro padre? » la provocò lui.
« Come no » rise Nymeria. « Muoio dalla voglia di conoscere tutta quella gente noiosissima, sul serio. »
Allyndor colse l’ironia, e ribatté: « Ci serve un piano di fuga. »
Gli occhi della ragazza si illuminarono. « E mandiamo tutti ai Sette Inferi? »
 « Sì » rispose lui. « Proprio tutti. »

*

« Aspetta, vieni qui » le disse, « ti aggiusto le pieghe dell’abito. »
La ragazza si avvicinò, un po’ titubante. « Credi che gli piacerò? »
Artemys Baratheon sorrise di sbieco, accarezzando il magnifico vestito bianco perlato della sorella. « Gli piacerai. »
« Come fai a dirlo? » domandò Thea, nervosa per l’imminente matrimonio. Quello era il giorno in cui avrebbe conosciuto il suo promesso e, inoltre, il giorno in cui si sarebbero sposati. Non aveva mai avuto occasione di vederlo prima e adesso ne era quasi terrorizzata. « Insomma, e se lui preferisse tradirmi con altre donne? »
« Spero tu stia scherzando » ribatté Artemys alzando gli occhi al cielo. « Sei bella, ricca, questo matrimonio frutterà a entrambe le famiglie, sfornerai una serie di pargoli ed eredi di Dorne dalla tua- »
« D’accordo » la interruppe Thea, con le gote imporporite, « ma non voglio essere trattata da semplice strumento per sfornare figli, capisci? Io voglio essere sua moglie, nel vero senso del termine. »
Artemys sospirò. « Tu sei troppo sentimentalista. Mi domando da chi tu abbia preso… certo che sarai uno strumento per sfornare figli, Thea. »
La sorella la guardò alzando un sopracciglio. « Così non mi aiuti. »
L’altra scoppiò in una breve risata. « La tua faccia è impagabile. Certo che sarai uno strumento per sfornare figli, ma… dipende tutto da te. Ovviamente  questo Arres potrà rivelarsi anche il più brutto uomo di Westeros… in quel caso non vorrai più essere la sua mogliettina adorata e dovrai vedertela da sola. » Le prese le mani tra le proprie, rivolgendole un sorriso sornione. « E naturalmente io sono più bella. »
Thea si scostò dalla sua presa e le diede un buffetto sul braccio, voltandosi dall’altro lato, forse indispettita. Sapeva che la sorella adorava punzecchiarla, ma erano sempre state entrambe orgogliose a tal punto che nessuna delle due l’aveva mai vinta, o quasi. « Lysha mi aveva detto che è un bel ragazzo… » borbottò, incrociando le braccia. « Non avrebbe potuto mentirmi. »
Artemys ridacchiò, ancora. « Lo spero per te. »
« Tanto prima o poi nostro padre troverà uno sposo anche a te e allora sarò io a sghignazzare. » Thea fece qualche passo nella stanza in cui l’avevano alloggiata, allontanandosi di poco dalla sorella. Si era domandata spesso, in quei giorni, come avrebbe fatto senza di lei, senza la piogge estive di Capo Tempesta, senza i festini finiti male di suo fratello, senza i rimproveri di sua madre, senza le risate grasse di suo padre… Tutto sarebbe finito entro pochi istanti e lei stentava ancora a crederci. L’aspettava una nuova vita, con un marito, un nuovo castello nella zona più calda del continente occidentale, e il destino di una lady – o meglio, della moglie di un principe.
Artemys fece spallucce. « Secondo me sposerò un bruto capitato chissà come al di qua della Barriera e insieme andremo alla scoperta di nuovi continenti oppure rimarrò per sempre zitella e vivrò una vita felice. »
« Io l’avevo detto » sospirò Thea, passandosi una mano sul viso, « che non mi eri d’aiuto. » La sorella solo allora si addolcì un po’ e andò ad abbracciarla senza aggiungere altro. In fondo anche lei non riusciva ancora a capacitarsi del fatto che da quel giorno in poi avrebbe visto Thea soltanto sporadicamente. Sarebbe stato un attimo degno di commozione, comunque, se solo in quel momento non fosse entrato un ragazzo alto e un po’ allampanato con una coppa di bronzo in mano.
« Sorelle care! » esclamò quello, seguito da una serva imbarazzata che gli aveva proibito di entrare – ma ovviamente non era stata ascoltata pur trattandosi di una stanza riservata soltanto alle donne. « Chi ha ordinato del vino? »
« Rence » disse seccamente Thea, « non è il momento. »
Terrence Baratheon scrollò le spalle e bevve in un sol sorso il contenuto della coppa, senza scomporsi. « Era una domanda retorica. Quello che ordina il vino sono sempre io – al massimo Artemys, ma lei se lo versa sempre da sola, quindi… Come procedono i preparativi? » chiese, curiosando per la stanza.
« Siamo pronte » rispose la secondogenita. « Non vedi che Thea non ha nemmeno un capello fuori posto? »
Rence indugiò ancora con le labbra sulla coppa, ma il vino era già finito. Avrebbe dovuto aspettare il banchetto, era già stufo di tutti quei preamboli prematrimoniali. « Uhm, non capisco il perché di un abito bianco. Qui non nevica mica. E poi tutti questi lustrini… bah. »
« Sono stati il principe Olyvar e sua moglie Abetyne a regalare quest’abito a Thea » disse Artemys. « Valli a capire… »
« C’entra con la presenza dei Targaryen? » domandò il minore, quindi, giocherellando con le boccette di unguenti  riposte su un mobile di legno.
« Spero di no » replicò Thea, stirando le labbra. « Non avrei mai immaginato che al mio matrimonio avrebbe presenziato il re in persona con tutti i suoi figli. »
« Colpo di scena! » ammiccò il fratello, con un sorrisetto sarcastico. « Non vedo l’ora di conoscerli. »
« Mi raccomando, Rencino » ridacchiò Artemys, « non farti ricordare per la tua deliziosa insolenza. »
Il ragazzo fece una smorfia grave e teatrale. « Non potrei mai, lo giuro sul mio onore! » Le sorelle risero e quel momento si congelò nel tempo, finché un’altra serva giunse nella stanza annunciando che era giunta l’ora di andare.
 
*
 
Quel giorno l’aria di Dorne era particolarmente pesante ed Aeryal provò a scommettere che quello sarebbe stato il giorno più caldo di tutta l’estate. Era sempre stata abituata al clima ventilato della Valle, per cui non si sarebbe dovuta stupire di quelle temperature così elevate, eppure da quando era arrivata a Lancia del Sole non riusciva a fare a meno di farsi vento con il suo ventaglio di piume. Nel tempio della fortezza l’aria era appena più fresca, ma il sovraffollamento di persone – erano così tante che quasi non si vedeva più nemmeno uno spiraglio della stella a sette punte dipinta sul pavimento – non aiutava di certo.
Sentì una gocciolina di sudore scenderle lungo il collo e a quel punto velocizzò automaticamente il movimento della mano che reggeva il ventaglio.
« Quanto pensi che durerà la cerimonia? » chiese ad Amiel a bassa voce. Il fratello maggiore emise un leggero sbuffo di noia, pari a quella della sorella, ma continuò a guardare dritto davanti a sé.
« Spero poco » rispose, sempre a bassa voce. La cerimonia non era ancora cominciata, ma sarebbe stato scortese far ascoltare i loro commenti agli altri ospiti ancora prima che gli sposi varcassero la soglia del tempio. « Tu almeno hai un abito leggero. Io in questa casacca sto morendo. »
« Mantenetevi vivi per la cerimonia » ridacchiò Elyah, il secondo fratello, accanto a loro. « Non vorrete dare un dispiacere al lord nostro padre. »
Aeryal alzò gli occhi al cielo. « Lyah, l’unica cosa che vorrei è scappare da questo tempio, credimi, ma non abbiamo proprio scelta. »
« Vogliamo parlare di Naell che è stata costretta a viaggiare in quelle condizioni? » si lamentò la loro sorella minore, Elvet, indicando con un cenno del capo la primogenita degli Arryn – incinta – che se ne stava qualche fila più avanti accanto al marito. « Questo matrimonio è una noia, non è ancora successo nulla di entusiasmante. »
« Abbassa la voce » bisbigliò Aeryal.
« Già, o le guardie verranno a stuprarti se continui a lamentarti! » la canzonò Elyah. « Avanti, tutti stanno parlando tra di loro. »
« Abbiamo promesso a nostro padre di fare bella figura » disse Amiel.
« Già, eppure nostro padre ha preferito sedersi accanto ad Helfric Corbray e ci ha lasciati soli qui dietro » rimbeccò Elyah. « Mentre nostra madre è rimasta a Nido dell’Aquila con il nostro fratellino malaticcio. »
Aeryal scosse la testa, ormai abituata all’insolenza del fratello. « Smettila, Lyah. Tra qualche giorno sarà tutto finito e potrai tornare alle tue solite attività. »
« Oh, per quello mi va bene anche Lancia del Sole » replicò il diciassettenne. « Ho visto certe puttane qui in giro… Che dici, Amiel, dopo andiamo a sondare il territorio? »  Il maggiore, in risposta, si passò una mano sulla fronte. Lui non era decisamente tipo da entrare nei bordelli per possedere selvaggiamente tre o quattro sgualdrine.
La discussione andò scemando quando i membri della famiglia Martell cominciarono ad entrare nel tempio. Il primo fu il principe Olyvar e al suo ingresso tutti i presenti si alzarono in piedi in segno di rispetto, chinando il capo; dietro di lui seguirono la bellissima moglie – colei che aveva i tratti più dorniani di tutta la famiglia – e la loro unica figlia femmina, entrambe abbigliate d’oro. Gli ultimi erano un bambino di poco più di dieci anni e quello che aveva l’aria di essere suo fratello. Era un ragazzo alto, slanciato, con le spalle larghe e il portamento fiero, quasi misterioso.
« E’ lui Arres Martell? » chiese Aeryal ad Elvet, che praticamente conosceva i nomi e i ritratti di tutti i figli dei lord dei Sette Regni. « E’ proprio bello come dicono in giro. »
« No, Aery » rispose la rossa, con una piccola nota di superiorità nella voce, sebbene fosse la minore tra le due. « Lui è suo fratello Allyndor. Il Principe Corallo. »
« Come? »
« Sì, lo chiamano così perché alleva serpenti corallo nelle sue stanze » fece la tredicenne, « o almeno così si dice. Sai, sono una specie molto rara, ma anche molto velenosa. » Elvet accompagnò l’osservazione da ragazzina studiosa con una sorriso un po’ civettuolo e sarcastico. « Speriamo che non ci avveleni tutti. »
Aeryal tornò a volgere lo sguardo davanti a sé e si sporse un po’ di lato quando lo sposo entrò nel tempio, non meno ben vestito dei suoi familiari. Era leggermente più nervoso, lo dimostrava il suo andamento spedito e il leggero pallore in viso.
« Anche lui è un bel vedere, comunque » sussurrò Elvet alla sorella maggiore. « Questa Thea Baratheon è proprio fortunata, magari capitasse a me la stessa sorte! »
« A quanto pare anche i principi si fanno prendere dall’ansia ogni tanto… » commentò Aeryal.
Il silenzio divenne grave nel tempio dei Sette Dei e non si smorzò fin quando una dolce musica del sud si diffuse all’interno della grande sala. Il sole si trovava nel suo punto più alto e proprio in quel momento abbracciò con i propri raggi i vetri colorati della grande finestra, che li rifletterono sulle altre pareti.
Aeryal rimase stupefatta dinanzi a quello spettacolo, ma ancora di più quando Thea Baratheon entrò nel tempio e percorse la navata spargendo petali di fiori profumati sul pavimento. Camminò in direzione del proprio sposo lentamente, a passi morbidi e cadenzati, accompagnata dal lord Loryn, suo padre. Quando raggiunse Arres, Aeryal vide nel loro sguardo esattamente ciò che c’era stato in quello suo e di Seelwyn sin dal primo istante in cui si erano conosciuti. Una lacrima le solcò la guancia, solitaria.
 
*
 
Ne aveva già avuto abbastanza di Dorne, per quella giornata. Nivek infilzò un altro pezzettino di carne con la propria forchetta dorata, se lo portò alla bocca e masticò lentamente. Carne di capretto, disse tra sé, arrostita con… miele e limone, forse... accompagnata con funghi, cipolle e pepe. Non aveva mai mangiato nulla del genere – ovviamente, dal momento che a Nord non esistevano nemmeno piatti così speziati. Tuttavia, non riusciva a trovare conforto nemmeno nel cibo, poiché se ne stava senza far nulla sin da quella mattina. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di sfuggire a quella noia, senza contare che l’indomani sarebbe partito nuovamente con i propri familiari per Grande Inverno e tutto ciò che aveva visto di Lancia del Sole quel giorno erano state fanciulle senza pudore e cavalieri arroganti. Quella città non si era dimostrata interessante come aveva sperato, anche se non si era entusiasmato nemmeno quando sua madre Seanna gli aveva detto che sarebbero partiti per il matrimonio del primogenito dei Martell, mentre suo padre sarebbe rimasto a Nord perché “deve sempre esserci uno Stark a Grande Inverno”. L’unica nota positiva, in effetti, era stata quella: ci mancavano soltanto le discussioni con lord Rennard per completare quell’allegro quadretto.
Mentre terminava il suo pasto gettò un’occhiata al centro della grande sala della fortezza, dove ser e dame si esibivano in coppia sulle note di una tipica melodia dorniana. Gli era sembrato di scorgere sua sorella Dacey a braccetto con il suo promesso sposo e sperava di essersi sbagliato. Non solo, infatti, considerava quella musica pietosa, ma non riusciva nemmeno a credere che sua sorella stesse ballando felicemente tra le braccia del suo cavaliere.
Scosse la testa e decise finalmente di alzarsi da quella scomoda sedia; doveva smetterla di preoccuparsi per Dacey e, soprattutto, doveva rassegnarsi all’idea che prima o poi si sarebbe sposata e trasferita a Delta delle Acque dai Tully. Non era più una bambina, non c’era più tempo per le corse sulla neve e i giochi con Fiocco – ancora non ricordava come le aveva permesso di dare quello stupido nome al loro unico metalupo di casa –, entro poco non ci sarebbe stato più tempo nemmeno per una risata insieme.
Si avvicinò al banchetto dei dolci e recuperò un paio di pasticcini alla crema; forse se avesse corrotto Nérée Tully lui avrebbe lasciato sua sorella da sola. Sorrise sarcasticamente al pensiero, quando notò qualcuno avvicinarsi lentamente. Alta, abito di seta costoso, portamento fiero e rigido, capelli argentei intrecciati in un’acconciatura complicata: era una Targaryen e, per la precisione, la terzogenita.
 « Vostra altezza » le disse, chinando leggermente il capo, quando quella fu abbastanza vicina.
Baerenys ricambiò il saluto con un freddo inchino. « Non ho il piacere di conoscervi, ser. »
« Nivek Stark, altezza » rispose il ragazzo. « Non dovreste essere al vostro tavolo, se permettete? »
La principessa lo fissò senza remore, forse cogliendo in quella frase più insolenza di quanta ce ne fosse. « Ero soltanto venuta a prendere dei pasticcini alla crema per me e mia sorella » ribatté senza scomporsi.
Nivek si soffermò giusto un istante sui suoi occhi: non erano viola come quelli del resto della sua famiglia, ma azzurri come il ghiaccio – no, più del ghiaccio. Sembravano cristallini, quasi, se solo non lasciassero trasparire nemmeno un’emozione. Nivek avrebbe tanto voluto gli stessi occhi soltanto per mettere la gente in soggezione proprio come stava facendo lei in quel momento. Si domandò da chi li avesse presi, ma chiaramente non riuscì a trovare una risposta. « Non ci sono servi pronti a portarvi tutto ciò che desiderate? »
Baerenys recuperò un paio di pasticcini e, prima di andarsene, si voltò verso di lui un’ultima volta. « Certo » disse semplicemente, senza aggiungere altro in merito. « Godetevi pure la festa, Nivek Stark. Vogliate scusarmi. »
Nivek chinò il capo una seconda volta in segno di riverenza e la osservò allontanarsi con un fruscìo della gonna, silenziosa com’era giunta.
Che principessa inutile, si disse, sembra che le abbiano infilato un bastone nel culo per quanto è rigida.
La guardò da lontano mentre si metteva a parlare con suo fratello, l’erede al trono dei Sette Regni. Sì, decisamente… e le piacciono i pasticcini alla crema, buono a sapersi.
Nivek addentò uno dei suoi pasticcini ridacchiando e se ne tornò al proprio posto, forse soddisfatto di quella nuova conoscenza.
 
*
 
« Pip » disse il giovane, sfiorandole un braccio. La ragazza non si mosse e continuò a mordere la propria mela senza dare ascolto al fratello. « Pip! »
« Che vuoi? » sbottò Piper.
« La stai fissando decisamente troppo » fece Gwylhelm Lannister alzando gli occhi al cielo. « Siamo a un matrimonio. »
« E quindi? » domandò la sorella con tono acido. « Faccio ciò che mi pare. »
Il fratello scosse la testa. « Possibile che la vista di Dacey con quel ragazzo ti faccia diventare ancora più insopportabile del solito? » L’altra rispose con uno sguardo che voleva sembrare offeso, ma forse gli stava dando semplicemente ragione. Più insopportabile del solito… non era un caso che Piper Lannister fosse conosciuta proprio per il suo caratterino niente male. Oltre che per i suoi gusti sessuali. « Ci sono donne bellissime qui a Dorne, se non l’hai notato, dovresti lasciar perdere quella Stark per qualcun’altra. »
Piper gettò malamente la mela nel piatto davanti a sé e quasi subito una serva giunse per portarlo via. La ragazza sbuffò ancora e incrociò le braccia. « Odio questo posto… e odio te. »
« No che non mi odi » ribatté Gwylhelm con un sorriso sornione. « Non hai notato che più fa caldo, più le donne tendono a scoprirsi? Eccetto te ovviamente. »
Piper diede uno schiaffo sul braccio di Will, eppure pensò che non aveva tutti i torti: Lancia del Sole pullulava di donne bellissime, che fossero serve, sgualdrine o nobili non faceva alcuna differenza. Nonostante ciò, comunque, Piper continuava a volere soltanto una ragazza.
Aveva incontrato Dacey Stark quando entrambe erano soltanto bambine, ma da quel giorno non era riuscita a fare a meno di pensare alla Giovane Lupa, al suo viso dolce, ancora un po’ infantile, al suo sorriso, ai suoi occhi luminosi…
Che stupida, si diceva sempre. I Lannister non sono mai stati in buoni rapporti con gli Stark e guarda un po’ in che situazione mi ritrovo… Piper sapeva benissimo che non sarebbe mai stata ricambiata, sebbene continuasse a sperarci in fondo al suo cuore un po’ raggrinzito.
« Non riesco a smettere di fissarli » confessò al fratello, allora. « Guardali, ballano felici, un giorno saranno sposati e avranno tanti bei bambini con gli occhi di lei. » Lo disse con un tono talmente duro che sembrò un’accusa, ma in realtà dimostrava soltanto quanto Piper si biasimasse per non esser nata uomo.
Will sulle prime non seppe cosa rispondere, ma poi disse: « E chi te lo dice che tu non possa avere un futuro più felice del loro? »
« Beh » replicò lei, acida, « il fatto che nostro padre » – e qui lo indicò con un cenno del capo, visto che lord Tybolt si trovava a qualche metro di distanza da loro – « dopo questo matrimonio avrà già adocchiato un mini lord da farmi sposare; quando torneremo a Castel Granito avrà già firmato un fantastico contratto matrimoniale e tanti saluti alla felicità. »
Il ragazzo sospirò ma non aggiunse altro, perché purtroppo quello era il destino riservato a tutti loro. Non c’era spazio per l’amore, solo per il dovere e per il potere. Lui e Piper erano già molto più fortunati di altri figli di lord perché entrambi non erano ancora stati promessi a qualcuno – in realtà erano i Lannister ad aspettare proposte, dal momento che per una questione d’orgoglio non si abbassavano loro stessi a chiedere.
La conversazione andò scemando finché una sconosciuta non si avvicinò al loro tavolo. « Perdonatemi » disse, tuttavia con un sorriso velatamente malizioso che celava le sue intenzioni, « ma mio padre ha notato che da un po’ di tempo la vostra attenzione si è concentrata in modo particolare su mio fratello. Potrei domandarvi perché? »
Le guance di Piper avvamparono a vista d’occhio – un po’ per la rabbia e un po’ per la questione Dacey. Non poteva di certo raccontarle che era innamorata di lei. Anche se forse…
Gwylhelm le diede una leggera gomitata e rispose al posto suo. « Chi siete, di grazia? »
« Avete ragione, sono proprio una maleducata » si schernì la ragazza, pur continuando a sorridere maliziosamente. « Il mio nome è Haeleen Tully, figlia di Harwin. »
« Bene, Haeleen » riprese lui, squadrandola, « io e mia sorella non volevamo essere indiscreti. »
« Tuo fratello è un bel ragazzo » borbottò la bionda, sotto muta intesa con Will. « Tutto qui. »
Haeleen rise piano. « Lo riconosco, è il gene della famiglia. »
L’altra quasi stentò a credere alle proprie orecchie. Quella specie di lady si stava vantando davanti a lei, una Lannister? Per quanto potesse essere bella – e lo era, purtroppo – non li avrebbe mai eguagliati in prestigio. Will ridacchiò: anche lui aveva colto l’allusione, ma l’aveva presa molto meglio di lei. « Allora siamo in due a provenire da famiglie meravigliose » commentò il ragazzo, infatti, passandosi una mano tra i capelli ribelli – in molti dicevano che quella chioma somigliasse a tutti gli effetti alla criniera di un leone.
Haeleen gli scoccò un’occhiata provocatoria. « Sicuramente, ser. » Detto ciò si prese un lembo della gonna con la mano e ammiccò nella loro direzione. « Mi dispiace di avervi disturbato. »
« Non ti preoccupare » ribatté Piper schiettamente, che odiava rivolgersi a un suo pari con un tono di riverenza. « E’ stato un piacere, Haeleen Tully. »
« Il piacere è mio » concluse la mora, che si allontanò ancheggiando. Sia Piper che Will, seppur con risentimento, dovettero ammettere che i fianchi di quella ragazza lasciavano non poco spazio all’immaginazione.
« Visto che se ne fanno lo stesso, di incontri interessanti? » chiese retoricamente lui, prima di beccarsi uno sguardo seccato della sorella.
 
*
 
Nérée fece volteggiare la fanciulla, prima di attirarla nuovamente a sé, anche se un po’ impacciato. « Non sono un granché nel ballo » disse, stringendole piano una mano.
Dacey stirò le labbra e spostò lo sguardo altrove. Perché aveva accettato di danzare con il suo promesso sposo? Forse perché sua madre l’aveva fissata intensamente quando il ragazzo era venuto a chiederle di ballare con lui all’apertura delle danze, o forse perché non aveva di meglio da fare.
« Forse dovreste prendere qualche lezione prima del nostro matrimonio » si lasciò sfuggire la giovane Stark con una nota velata d’ironia nella voce.
Nérée si mordicchiò nervosamente le labbra per non rispondere a tono. Già non la sopportava, e pensare che sarebbe diventata sua moglie! L’aveva invitata a ballare solo perché suo padre l’aveva praticamente minacciato dicendogli che l’avrebbe fatto tornare a Delta delle Acque a piedi in fondo alla carovana – forse stava scherzando, ma dopo l’ultimo litigio non ci teneva a contrastarlo. L’ultima cosa al mondo che voleva era deluderlo. Così aveva stretto i denti e aveva fatto il cavaliere galante, anche se persino lui stesso ammetteva di non saperci fare con le donne; non era nemmeno colpa sua, visto che da quando era stato promesso in sposo alla ragazza degli Stark gli era stato proibito di avvicinarsi a qualsiasi altro essere di sesso femminile al di fuori di sua sorella Haeleen – se fosse stato un Targaryen quello non sarebbe stato di certo un problema.
« Sarò preparato per allora, ve lo giuro » disse, stringendo la sua mano leggermente più forte. Dacey ricambiò la stretta e non si scompose, seguendo la melodia con i passi, molto più a tempo del ragazzo.
« Ditemi soltanto che sarà una festa migliore di questa » fece la sedicenne con un sorriso forzato. « Il cibo è buono, ma c’è veramente troppa gente per i miei gusti. »
« Concordo » ribatté Nérée. « Forse non siamo abituati allo stile di vita di Dorne. »
Dacey fece un’altra giravolta. « Decisamente no. Noi del Nord festeggiamo i matrimoni in tutt’altro modo… sono stata alle nozze del figlio di un nostro alfiere e, anche se il padre della sposa si è sentito male durante la cerimonia, è stato tutto sommato divertente. »
« Anche io sono stato ad un matrimonio un po’ inusuale » raccontò Nérée, sforzandosi di essere più cordiale del solito. « Forse quello di un mio cugino di secondo grado… se non sbaglio una donna che non conoscevo cadde dalle scale e batté la testa. »
« Peccato che questo matrimonio sia così tranquillo » disse allora l’altra con un sospiro. Nérée per poco non la prese sul serio, perciò la ragazza si affrettò a specificare: « Ovviamente sto scherzando. »
Il maggiore la fissò con sguardo interdetto. « L’unica cosa che vorrei al momento è andarmene, ma casa mia dista leghe e leghe da qui. »
« La mia più leghe della vostra » mormorò Dacey. « Ma a me piace viaggiare » ammise. « Da bambina sono stata anche ad Essos con mio padre. »
« Oh, e cosa vi ha colpito di più del continente orientale? » chiese lui, interessato.
« Tutto » rispose stringendosi nelle spalle. « Se potessi nascere in un altro luogo, sarebbe lì, a patto che non sia vicino al mare perché… beh… »
« Non sapete nuotare? » concluse Nérée, provando ad indovinare.
Dacey annuì, rassegnata – anche se non fino in fondo – all’idea che prima o poi avrebbe dovuto sposare quel ragazzo.
« Un giorno vi insegnerò io » sorrise poi, di un sorriso che sembrava molto più sincero rispetto agli altri. « Delta delle Acque è piena di fiumi, qualche volta potremmo fare un bagno… » Avrebbe voluto continuare, ma si rese conto che quella frase suonava troppo intima per i suoi canoni, così arrossì di botto. « Cioè… volevo dire… »
« Ma se siete stato voi a spingermi in un laghetto quando ci siamo incontrati per la prima volta a Grande Inverno, da bambini! » protestò Dacey, anche se con un sorrisetto divertito. « Sappiate che me lo ricorderò per sempre. »
« E’-è stato un-un errore! » balbettò Nérée. Dacey trovò quella scena assurda: il suo promesso era un bel ragazzo, alto e con il fisico da combattente, eppure in quel momento sembrava spiazzato.
« Lo spero per voi » ribatté con uno sguardo scherzosamente altezzoso. Tuttavia si ricompose immediatamente quando la musica si spense e fece un piccolo inchino per segnare la fine del ballo, come tutte le altre dame in sala.
« Quindi… » azzardò Nérée, continuando a tenere la mano della ragazza nonostante il ballo fosse finito, « accettate questa danza come richiesta di perdono per quell’episodio? »
Dacey lo guardò per qualche istante di troppo. Entrambi si morsero le labbra, ma lei fece finta di pensarci più del previsto. « No » disse infine semplicemente, voltandosi con un piccolo sorriso di trionfo e lasciandolo solo in mezzo alla sala.
 
*
 
« Io non capisco » mormorò la ragazza, intrecciando le mani guantate in grembo. Nessuno aveva mai compreso perché non si togliesse mai i guanti.
« Nyte, ascoltami » disse Trystane, sfiorandole una spalla. « Qual è il problema? Non dà fastidio a nessuno, men che meno a te. »
La sorella minore non rispose, guardando i genitori che danzavano al centro della sala. Perché riuscivano a fingere benissimo davanti a tutti quando in realtà avrebbero fatto di tutto pur di uccidersi a vicenda?
« Perché la odi così tanto? » chiese il maggiore. « Non è colpa sua se è la figlia bastarda di nostro padre. »
« Una dei tanti » sibilò Nyte – come la chiamavano sempre in famiglia – invece di rispondere alla domanda. « Piuttosto, dimmi, perché l’hai portata con noi di nascosto? »
Trystane sospirò, concedendosi un sorso di vino prima di rispondere. « Tu non parli mai con Cattleya, Nyte, non sai quanto la faccia soffrire il fatto di essere una bastarda. Vive con noi, ma praticamente non conosce nulla della vita di corte. Ho pensato che cambiare aria le avrebbe fatto bene. »
« Che fratello premuroso » sbuffò la quindicenne, incrociando le braccia. « Se il fatto di essere una bastarda la fa soffrire così tanto avrebbe fatto meglio a non nascere affatto. »
Il fratello alzò un sopracciglio. « Non starai dicendo sul serio. »
« Invece sì » rispose la minore, alzandosi con un’occhiata gelida. « Vado a cercare Willem » aggiunse soltanto, congedandosi e riferendosi all’altro fratello che era scomparso da un bel po’.
Trystane sospirò una seconda volta per accantonare quella questione. Si trovavano ad un matrimonio, per di più a Dorne, la patria della trasgressione. Si sarebbero dovuti divertire e invece tutta la famiglia Tyrell non faceva altro che discutere sin da quella mattina: prima lord Hodd e lady Ilyane si erano urlati contro una serie di insulti, poi avevano mantenuto la facciata per i Martell, con cui speravano di parlare dopo il matrimonio per decidere la data di nozze tra Allyndor e Prenhyte; poi si era aggiunto anche suo fratello Willem, che da sempre considerava i litigi il suo passatempo preferito, e infine sua sorella, che si era offesa quando aveva scoperto la presenza della sorellastra in fondo alla carovana proveniente da Alto Giardino.
Bevve un altro sorso di vino e riempì ancora la coppa: era in pensiero per Cattleya e pensava che forse qualcosa da bere non le sarebbe dispiaciuta. L’ultima volta che l’aveva vista era stata nel cortile della fortezza, dove prima del banchetto alcuni giocolieri avevano fatto uno spettacolo con il fuoco in onore dei Targaryen.
Era il tramonto: i raggi rossi del sole incendiavano le mura del castello, mandando bagliori colorati nel cortile. Sembrava che nel cielo ci fosse dipinto proprio lo stemma dei Martell.
Prese una boccata d’aria e poi andò a cercare Cattleya; tuttavia non gli ci volle molto tempo. La sorellastra era poco lontano di lì e parlava con dei suoi coetanei. Trystane si domandò che fine avesse fatto la parte timida di lei, ma poi cominciò a capire che qualcosa non andava. Erano in quattro e ridevano a dir poco sguaiatamente alle battute di quello che sembrava il maggiore e ad ogni pausa mandavano giù un lungo sorso di vino, bevendo direttamente da un otre riempito in precedenza.
« Catt? » disse, avvicinandosi a lei.
Alla sua voce tutti e quattro i ragazzi si voltarono verso di lui e il maggiore gli chiese, con un tono un po’ brillo: « Vuoi unirti a noi, ser? Sono andato personalmente a prelevarlo dalle cucine. E’ quello che hanno riservato per il brindisi, un’ottima annata. »
Trystane sorrise di sbieco, ma poi prese Cattleya per un polso. « No, grazie » rispose, per poi rivolgersi alla sorellastra a bassa voce. « Che stai combinando? »
Cattleya barcollò un po’ ma poi gli mostrò un grande sorriso. « Mi sto divertendo » disse, con la voce leggermente alterata dall’ubriachezza. « Questi sono due Greyjoy » – e qui indicò il ragazzo e la ragazza biondi accanto a lei, probabilmente gemelli – « e lui è Terrence Baratheon. Siamo diventati amici. »
Trystane inarcò le sopracciglia. « Terrence Baratheon? Il fratello della sposa? »  mormorò.
Il diretto interessato fece un inchino impacciato e decisamente troppo ossequioso. « In persona, ser. Il Nato-dal-Vino, il Sempre-Sobrio, il Distruttore-di-Otri, il Re-oltre-la-Sbornia, il- »
« Ho capito » lo interruppe il maggiore. « Perché siete qui fuori? »
« Perché la festa fa schifo! » esclamò la ragazza Greyjoy, spuntando da dietro la spalla del gemello. « Non ci divertivamo e allora abbiamo incontrato… questo qui… come si chiama… » Fece un singhiozzo e si coprì la bocca con la mano, mascherandone un altro.
« Terrons! » disse per lei il fratello. « O era Terruns? »
Terrence non sembrò offeso dalla storpiatura del suo nome, anzi, scoppiò a ridere insieme agli altri tre, mentre un perplesso Trystane li fissava allibito.
« Sarà meglio che non entriate dentro fino alla fine della festa » fece, scuotendo la testa, divertito e contrariato al contempo.
« Non puoi dare ordini ad Orwheyus Greyjoy, figlio di Dagon ed erede di Pyke! » protestò il biondo, anche se il suo tono ilare tradiva l’ironia. « Ti farò tagliare la testa! »
« Ma no, Orw, non essere così cattivo! » lo rimproverò la gemella, dandogli un buffetto al braccio. « Lui è nostro amico! »
Trystane sospirò – era la terza volta in quella giornata? – e trascinò la sorella a qualche metro di distanza. « Mi raccomando » le disse, « non… esagerare. »
Cattleya gli saltò al collo e gli diede un bacio sulla guancia. « Dì a Kai che lo amo, quando lo vedi! »
Trystane le accarezzò i capelli lievemente e annuì, anche se Cattleya non aveva idea di quel che stava dicendo ed entrambi non avrebbero visto Kai ancora per molto; poi si voltò per tornare nella fortezza. Non le accadrà nulla di male, pensò ridacchiando tra sé, il primo vino non si scorda mai… soprattutto se con combriccole così bene assortite.                 
Rientrò nella sala del banchetto e venne nuovamente investito dal profumo di cibo speziato, tuttavia prima di raggiungere il tavolo dei Tyrell si scontrò per sbaglio con una serva con i capelli coperti da un panno che si apprestava ad uscire in cortile. « Scusate, mio signore » disse lei, sinceramente costernata, anche se sembrava piuttosto di fretta. Si allontanò ancora prima di ricevere una replica, ma Trystane non vi badò e tornò dai propri familiari.
 
*
 
Il sole era tramontato su Lancia del Sole e il matrimonio stava per concludersi definitivamente. Era stato un bacchetto lungo e pieno e in quel momento tutti gli invitati erano seduti ai propri tavoli, mentre il principe Olyvar aveva richiamato la loro attenzione alzandosi in piedi dal posto d’onore in cui si trovava, ad una lunga tavolata con moglie, figli, nuora e famiglia Targaryen al completo. Picchiettò un cucchiaio su una coppa di bronzo e a quel suono calò il silenzio nell’intera sala.
« Lord e lady dei Sette Regni » disse, lasciando vagare i suoi occhi scuri su tutti i presenti, « volevo ringraziarvi tutti per la vostra presenza. Spero vivamente che il banchetto sia stato di vostro gradimento e che la città sia stata accogliente come aspettavate. Le nozze di mio figlio hanno dimostrato come il continente occidentale possa ancora godere di una pace serena e che le casate, maggiori e minori, possano evitare il conflitto. » Nessuno osò controbattere a quelle parole, perché probabilmente tutti speravano che la pace durasse ancora a lungo. « Adesso cedo la parola ad Arres, che vuole ringraziarvi personalmente. »
Gli invitati applaudirono, prima che lo sposo si alzasse al posto del padre e che prendesse la parola. « Miei cari ospiti » cominciò, « sono davvero lieto di avervi ricevuto quest’oggi nella mia casa. Anche io, come mio padre, vi ringrazio per la vostra partecipazione, ma voglio ringraziare soprattutto la famiglia Baratheon per avermi concesso la mano di questa splendida donna e ora splendida moglie. » Prese la mano di Thea e lei, anche se con un sorriso leggermente imbarazzato, si mise in piedi accanto a lui.
Loryn Baratheon si alzò dal proprio tavolo e chinò il capo in segno di rispetto. « La mia famiglia è onorata, principe Arres » rispose, per poi tornarsi a sedere – di certo Loryn non era un uomo conosciuto per la propria loquacità.
Arres sembrò soddisfatto e baciò la mano di Thea, guardandola direttamente negli occhi. « Non avrei potuto desiderare giornata migliore, quindi ringrazio anche te, mia bellissima sposa, per aver reso queste nozze perfette, degne dell’erede di Dorne. »
Gli invitati applaudirono una seconda volta, ancora più calorosamente quando Arres baciò la moglie davanti agli occhi di tutti, dal momento che in quella regione non era considerato un gesto senza pudore.
« Adesso » si affrettò a concludere lo sposo, « è giunta l’ora di brindare. » A quelle parole una serie di servi giunse in sala con ampi e pesanti vassoi dorati che trasportavano una grande quantità di coppe dello stesso materiale già piene di un vino prelibato riservato unicamente al brindisi.
« Vorrei, però » aggiunse Arres, guardando in direzione dei Targaryen, « che la prima a brindare con noi sia la famiglia reale, nostra ospite speciale. »
Re Daeron acconsentì con un cenno del capo e un gruppo di servi, tra cui si trovava anche un’ancella dei Targaryen che viaggiava sempre con loro, si avvicinò al tavolo d’onore con il primo vassoio. Fu quell’ancella stessa, Elvirya, a servire le coppe alla famiglia reale, un membro alla volta, mentre un servo dei Martell portò due coppe ad Arres e Thea.
« Brindo alla pace » disse il giovane principe con un sorriso, alzando la propria coppa insieme alla moglie.
La più giovane dei Targaryen sembrava l’unica a non essere interessata al brindisi, perché fissava attentamente il vino con le sue iridi rosse. Emirys Targaryen, accanto a lei, la guardava in attesa perché aveva notato qualcosa di strano nel suo sguardo. « Cosa c’è? » sussurrò all’orecchio della sorella, mentre lei avvicinava piano la coppa al naso per saggiarne l’odore.
« E alla salute delle nostre famiglie » continuò Arres. « Possano esse governare a lungo! »
« Fermi! » urlò Eylla in quel momento, lasciando cadere la coppa di vino sul tavolo. « Non bevete! »
Sia Martell che Targaryen si bloccarono immediatamente al grido della principessa, che fece saettare il proprio sguardo verso l’unica persona che aveva già vuotato la coppa. « Layn… » mormorò Eylla con voce tremula.
Fu questione di un istante: ancora prima di riuscire a capire, Layndon Targaryen cominciò a tossire violentemente, indietreggiando e facendo cadere la propria sedia sul pavimento.
« No! » gridò la sorella minore, scansando gli altri per avvicinarsi, ma il principe cadde a terra e il suo corpo divenne immobile nel giro di pochi secondi.
Qualcuno nella sala lanciò un urlo spaventato.
« Chiamate il Gran Maestro! » strillò la regina Ayraes, precipitandosi sul corpo del figlio.
Baerenys, accanto alla madre, si abbassò sul corpo del fratello e gli accarezzò piano il viso con i polpastrelli. « E’ morto » disse flebilmente con uno sguardo vuoto, abbassandogli le palpebre.
A quelle parole la regina scoppiò a piangere. « No… no… il mio Layndon… »
« E’ stata lei! » proruppe Emirys a quel punto, indicando Elvirya che piangeva quasi al pari della madre di lui a pochi metri di distanza. Il secondogenito buttò a terra una sedia che gli intralciava il percorso con un calcio, furioso, e sguainò la spada che portava sempre al fianco. La serva indietreggiò, ma il ragazzo la raggiunse con poche e veloci falcate. « Ci hai traditi, puttana! » urlò, trapassandola da parte a parte con la lama. Elvirya spalancò gli occhi ed emise un sottile sibilo, prima di cadere al suolo esattamente com’era caduto il suo amato, priva di vita, con ancora le lacrime a rigarle le guance. Il pavimento si colorò di rosso sotto il suo corpo ed Emirys estrasse di nuovo la spada dal suo costato con un ringhio che deformò il suo viso aristocratico dalla rabbia, accentuando ancora di più la cicatrice verticale che gli attraversava l'occhio sinistro.
« Che nessuno esca da questa sala! » gridò a quel punto re Daeron in tono grave, soppesando con il suo sguardo duro la famiglia Martell. « Bloccate tutte le porte! »
Ci fu, allora, un momento di frenesia generale. Tutte le porte vennero chiuse come ordinato dal re, molti ospiti si alzarono per protestare e alcuni si erano fatti prendere dal panico. Seguì poi, curiosamente, un breve e fugace momento di silenzio, in cui si udì chiaramente una fine voce femminile intonare una canzone.
« E ci si sveglia un mattino che è morta l’estateno, non si muore d’estate… »
Alcuni si voltarono verso la fonte di quella voce.
Baerenys Targaryen, a terra accanto al fratello, stava cantando una ninnananna al Giovane Drago che non avrebbe mai più solcato i loro cieli. 


















 

Note di Ivols:
E finalmente, dopo secoli di attesa, ecco qua il primo - sudatissimo - capitolo! Avrei voluto postarlo quando ho ricevuto le informazioni su tutti i personaggi, ma la scuola mi ha tenuto occupata più del previsto. Come potete vedere, questo è un capitolo bello pieno perché ho cercato di inserire tutti; forse ad alcuni ho dato meno spazio di altri, ma ho fatto il possibile, sul serio. Proprio per questo motivo, infatti, nei prossimi non ci saranno sempre tutti, ma i personaggi si alterneranno di capitolo in capitolo, così da poter dedicare maggior spazio ad ognuno di loro e così da poter sviluppare le loro storie.
Spero che questo White Wedding non vi abbia deluso, eheh. Innanzitutto verrà ricordato così perché Thea indossava un abito bianco (cosa inusuale per i costumi di Westeros, lo so, ma mi piaceva l'idea) e soprattutto perché è stato ucciso un Targaryen (capelli bianchi, you know). Ebbene, è da qui che parte tutta la storia, anche se è soltanto il primo capitolo e ho già distrutto una delle mie OTP, Layndon/Elvirya... a volte mi domando proprio come faccia Martin a uccidere tanta gente. But, anyway, i matrimoni sono i matrimoni, no? ;)
Qualche appunto:
  • come avrete notato, alcuni usano dare del "voi" alle persone, mentre altri il "tu". In inglese non esiste questa differenza, ma ho cercato di far parlare i personaggi a seconda del loro carattere - alcuni sono più schietti di altri.
  • i dettagli fisici dei personaggi verranno rivelati a dosi. Semplicemente, non mi andava di fare una descrizione fisica completa di tutti al primo capitolo.
  • i Baratheon amano il vino - ma questo si sapeva. Piuttosto, mi sono molto divertita a descrivere la scena con Trystane, Cattleya, Terrence, Orwheyus e Ayralì. Una nota divertente(?) ci voleva, però mi scuso per averli fatti ubriacare :')
  • ho trasformato una delle mie poesie preferite di Cesare Pavese (QUI) in una ninnananna - quella che canta Baerenys al corpo di Layndon alla fine, esatto -, da cui viene anche il titolo del capitolo. In ogni caso, leggetela perché è veramente bellissima.
Eh, nient'altro, credo. Solo che vi siete affidati alle mie mani e non è un bene perché ne vedremo delle belle. La risposta è nel titolo e nel sottotitolo ♥  Quindi, ricapitolando: chi ha avvelenato Layndon? E perché?
Lo scopriremo nelle prossime puntate 8D
Grazie per aver letto, comunque ♥ Se mi lasciate un parere sarò ancora più felice.
A presto!




 
   
 
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