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Autore: JeyCholties    25/06/2014    6 recensioni
Raccolta di quattro one-shot, una per ogni malandrino, intenerenti al loro ritorno ad Hogwarts dopo la fine della scuola.
Dalla prima one-shot:
Quando varcò la soglia, James rimase ancora una volta senza fiato.
Ogni granello di polvere sembrava essersi cristallizzato nel tempo, aspettando una sua visita.
James si ricordava il suo ultimo giorno di scuola.
Aveva passato due ore intere a vagabondare per il castello, cercando di memorizzare ogni singolo dettaglio.
«Potter» una voce familiare lo accolse, una nota stranamente divertita.
James si voltò di scatto.
«Professoressa McGranitt!» ruggì James, lanciandosi su di lei e abbracciandola calorosamente.
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Dalla seconda one-shot:
La Signora Grassa urlò e cercò di spostarsi verso la cornice.
« Fammi entrare » gli occhi di Sirius erano pieni di lacrime.
Stava deturpando la sua casa, stava rovinando un ricordo.
Era entrato lì come un criminale, e si stava comportando come tale.
Sirius si lasciò sfuggire un sospiro rauco.
« Ti prego, Shannon » sussurrò.
« No » gridò la Signora Grassa prima di uscire da quadro.
Quella risposta, secca e netta, lo mandò su tutte le furie.
Affondò nuovamente il coltello nella tela, ancora e ancora.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Peter Minus, Remus Lupin, Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Note dell'autrice: Questa è la prima one-shot di quattro. James torna a Hogwarts e rivive qualche ricordo inerente ai Malandrini.

Solo su James mi sono presa certe libertà, perché come sapete il ritorno a Hogwarts degli altri malandrini è accennato!

(Sirius entra nella scuola di nascosto per eliminare Minus, Remus torna a Hogwarts per fare l'insegnante e Peter, beh, lui era l'animaletto di Ron.)

Quindi i prossimi tre capitoli saranno incentrati su quello che la Rowling ha già scritto.

 

 

 

I'm coming home

 

JAMES

 

 

 

James Potter era diviso in due.

Da un lato, il fatto di dover prestare il proprio mantello a Silente lo infastidiva un po'

Quel mantello celava i ricordi più nascosti.

Il primo scherzo a Gazza, il primo bacio a Lily, la prima escursione notturna, la prima avventura con Remus, la prima punizione, la prima ora marinata.

Quel mantello era un sacco di 'prime cose'.

'Prime cose' che James custodiva gelosamente.

E ora, al pensiero di non averlo più nel secondo cassetto della scrivania lo metteva a disagio.

Dall'altro lato, era assolutamente e indiscutibilmente pazzo di gioia al pensiero di dover tornar a Hogwarts per consegnare il mantello a Silente.

Sapere che avrebbe rimesso i piedi sul pavimento consumato del castello lo faceva andare fuori di testa.

Sarebbe andato a visitare il campo di quidditch, avrebbe fatto un salto a Hogsmeade, sarebbe tornato dentro la Stamberga Strillante, avrebbe fatto incazzare il Platano Picchiatore.

James gonfiò i polmoni, emozionato.

Aveva chiesto a Sirius di accompagnarlo, ma sfortunatamente Moody gli aveva assegnato un turno impegnativo al Ministero, per conto dell'Ordine.

 

Con uno sonoro schiocco, James si smaterializzò sul confine di Hogwarts, il mantello sotto braccio.

Era una calda domenica di Settembre, James varcò i cancelli della scuola e con passo spedito intraprese il sentiero che lo avrebbe portato al castello.

L'aria era frizzante, carica di energia.

James percorse i boschi circostanti con uno sguardo trepidante.

Si ricordava ogni luna piena con Remus.

Ogni corsa notturna, ogni lotta con Felpato, ogni trasformazione incontrollata.

James si accorse di aver trattenuto il fiato, come in attesa di qualcosa.

Come in attesa di qualcuno.

Si impose di camminare più velocemente, finché non cominciò a correre, diretto verso i prati di Hogwarts.

Quando oltrepassò gli ultimi alberi confinanti, restò senza fiato.

Ogni centimetro quadrato di erba era rimasto tale, non era cambiato niente.

Tranne per il fatto che sparsi qua e là sul prato, studenti assonati si godevano il sole.

Studenti che James non conosceva.

Aggrottò la fronte, ai suoi tempi lui conosceva la maggior parte degli studenti della scuola, o perlomeno ogni studente della scuola conosceva il suo, di nome.

James si arruffò i capelli, come tendeva fare quando c'era una leggera brezza.

Il suo sguardo scivolò sui prati, finché non si fermò su un faggio.

Quel fottuto faggio.

Una stretta dolorosa al cuore.

Aveva di nuovo diciassette anni.

Sorrise e si voltò nuovamente verso il castello.

Percorse una stretta scalinata e arrivò davanti al portone principale.

Fece un respiro profondo e lo aprì, con un sinistro cigolio.

Quando varcò la soglia, James rimase ancora una volta senza fiato.

Ogni granello di polvere sembrava essersi cristallizzato nel tempo, aspettando una sua visita.

James si ricordava il suo ultimo giorno di scuola.

Aveva passato due ore intere a vagabondare per il castello, cercando di memorizzare ogni singolo dettaglio.

«Potter» una voce familiare lo accolse, una nota stranamente divertita.

James si voltò di scatto.

«Professoressa McGranitt!» ruggì James, lanciandosi su di lei e abbracciandola calorosamente.

«Non mi aspettavo tanto affetto, Potter. Considerato che passavo ogni istante della tua carriera scolastica a rimproverarti!» disse Minerva, quando James sciolse quel impulsivo e inadeguato abbraccio.

«Professoressa, lei mi ha reso un uomo!» esclamò James, divertito.

«Calma i tuoi spiriti bollenti, giovinotto. Non è la prima volta che ci vediamo» sussurrò Minerva, alludendo a qualche sfuggente visita all'Ordine della Fenice.

«Non è la stessa cosa vederla in questi panni, professoressa» disse James, assumendo un atteggiamento più rispettoso.

Minerva sorrise.

«Ricordo ogni punizione che ho assegnato a te e a quell'altro scapestrato di Black» disse, la voce leggermente malinconica.

«Lei, Potter, se le ricorda?»

«Tutte quante» rise James «Ma suvvia, professoressa, mi dia del tu»

«Le abitudini sono dure a morire, Potter»

La McGranitt si congedò e James rimase a fissare il corridoio, raggiante.

 

Si diresse verso la Sala Grande, incrociando qualche gruppetto di studenti.

La prima cosa che fece quando entrò nella stanza fu alzare gli occhi al soffitto.

Un cielo limpido e terso illuminava i quattro tavoli.

James si avvicinò al tavolo dei Grifondoro e sfiorò il legno consunto.

Fece il giro di tutti tavoli, sorridendo beatamente.

Poi fu la volta del campo di Quidditch, James si diresse verso gli spalti che davano un'ampia visione sul campo.

Inspirò profondamente e chiuse gli occhi.

Se si concentrava riusciva a sentire il vento sferzargli il viso.

Sorrise assaporando vittoria dopo vittoria.

Fra le dita riusciva ad avvertire il peso familiare del boccino.

E fu allora che cominciò a sentirlo.

Un dolore sordo che si propagava nel petto.

James ricominciò a sentire i rumori della guerra, che aveva oscurato con tanta fatica, ma che erano sempre stati lì.

Si alzò di scatto, non voleva rovinare quel posto con quei pensieri.

Così, lanciando un'ultima occhiata al campo da Quidditch, tornò verso il castello.

 

I suoi passi risuonarono chiari e netti lungo il corridoio che stava percorrendo.

Era diretto verso un vecchio passaggio segreto, quello che portava alla cantina di Mielandia.

Aveva oltrepassato il quadro della Signora Grassa, non se la sentiva di entrare nella Sala Comune dei Grifondoro.

Non perché non potesse, ma perché voleva ricordarla come se lo era imposto l'ultimo giorno di scuola.

Quando raggiunse la Strega Orba, estrasse la bacchetta e la colpì la statua.

Dissendium.

Osservò il passaggio che si era creato nella gobba della Strega, ma non entrò.

Voleva solo ripercorrere qualche tappa da Malandrino.

Visitò altri cinque passaggi segreti, rivelandone casualmente alcuni al primo ragazzino che passava.

 

Stava salendo verso la torre di Astronomia, dove di solito lui e Sirius venivano a fumare, quando un pensiero lo colpì talmente forte da farlo vacillare.

La mappa.

La loro fottuta mappa, su cui avevano sprecato un anno intero.

Gazza gliel'aveva sequestrata la penultime settimana di scuola.

Sirius aveva detto talmente tante parolacce che Remus ne aveva imparate quattro totalmente nuove.

Cambiò direzione e lasciò perdere la Torre, si lanciò con passo spedito verso lo stanzino di Gazza.

Fece per aprire la porta, ma si fermò di colpo.

La mano a mezz'aria.

Avrebbe potuto lasciarla lì.

Assaporò quel pensiero.

Se era ancora lì, significava che l'avrebbe trovata solamente chi sarebbe stato messo in punizione.

Valeva a dire, un vero malandrino.

James sorrise, convinto di quel pensiero.

Abbassò la mano e controllò l'orologio.

Era arrivato il momento di incontrare Silente.

 

Qualche ora più tardi... In Casa Potter.

 

«STAI DICENDO CHE POTEVI RIPRENDERTI LA MAPPA E NON L'HAI FATTO?» urlò Sirius.

James scrollò le spalle.

«Avanti Sir, la troveranno dei mascalzoni come noi!» si difese.

«HOGWARTS TI HA FUSO IL CERVELLO? RAZZA DI CERVIDE CORNUTO! AVRESTI DOVUTO LASCIARLA AD HARRY!» ringhiò Sirius, storcendo la bocca.

«Oh... Non ci avevo pensato» sussurrò James, passandosi una mano fra i capelli.

Sirius si stampò una manata in fronte.

 

 

 

 

  
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