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Autore: Amy Tennant    29/06/2014    5 recensioni
John Smith e Rose Tyler sono insieme e un altro Tardis sta crescendo nel mondo parallelo, nei laboratori di Torchwood. John però sente che qualcosa sta cambiando ed è qualcosa di cui neanche il Dottore era pienamente consapevole.
Una fine può essere l'inizio di qualcosa di totalmente inaspettato.
Anche per Rose.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Donna era letteralmente fuori di sé. Se c’era una cosa che detestava fino in fondo era non capire e quello che stava succedendo era decisamente confuso, strano. Le spiegazioni avrebbero offeso l’intelligenza di un bambino e non sembrava qualcuno avesse intenzione di darne di migliori. Tutto quel mistero la stava facendo impazzire. Le chiamate alla polizia, appena i telefoni avevano ripreso a funzionare, avevano praticamente messo in strada tutte le forze dell’ordine della città, almeno così sembrava. Avevano un bel dire che non si trattava di niente.
A Londra non si perdeva certo la testa per una stupidaggine e quel che vedeva attorno era molto nervosismo.
  • Black out un bel niente! – mormorò tra i denti. Che razza di black out aveva lasciato le luci nelle strade e nelle case ma fatto perdere i contatti telefonici e messo fuori uso radio e televisione? – tutte balle, questa cosa non mi quadra affatto!
Nonostante le insistenze della sua amica, aveva preferito fare ritorno a casa, non prima di aver chiamato sua madre per sapere come stava o se avesse notizie al proposito dell’accaduto, rimediando solo un ulteriore appunto per il suo essere fuori casa a fare chissà cosa.
  • Dalla tua amica un corno, Donna! – le aveva detto con tono acidamente rabbioso – immagino dove tu sia e a fare cosa! – era convinta che fosse con il dottore di cui Sylvia aveva già deciso fosse l’amante. Con lui. Donna scosse il capo con una smorfia al pensiero di come l’avesse apostrofata.
Era inutile parlare con sua madre. La sua vita era davvero tremenda. Ma non aveva mai avuto la percezione di quanto sarebbe potuta essere diversa se non dopo aver incontrato … lui.
Ed era a lui che il pensiero era andato subito e non certo per le parole di sua madre.
Più ragionava su quel che provava nei suoi confronti, più si rendeva conto di quanto assurdo potesse essere, ma certo non si trattava di un sentimento della natura di cui parlava sua madre. Non del tutto. Scosse il capo infastidita a quel pensiero istintivo su di lui: le piaceva.
Le piaceva molto, moltissimo. Nonostante fosse troppo esile, troppo bisbetico, troppo strambo, invadente, inopportuno, sarcastico, sottilmente offensivo, irritante …
Niente; Donna non poteva che ammetterlo: Lo adorava.
E poiché qualcosa gli diceva che quelle stranezze piombate a catena nella sua normalissima vita di precaria erano legate a quell’eccezionale individuo, Donna decise che era il caso di chiedergli spiegazioni. Non era qualcosa di logico in realtà ma nonostante il suo essere costretta ad agire in modo pragmatico, Donna non lo era di natura. Non come ostentava per proteggere sé stessa dal giudizio degli altri. La parte irrazionale spostava il suo pensiero su piani eccentrici che però considerò serenamente dopo molto tempo. In quel caos, che l’istinto le diceva essere decisamente più problematico di quanto non apparisse, Donna ammise che aveva bisogno di lui.
Le aveva detto che altre spiegazioni sul loro strano incontro e il suo sapere tanto di lei, le avrebbe avute alla festa ma non poteva attendere.
  • Dovrai anticipare un po’ la cosa, tesoro – mormorò mentre andava verso la macchina con in mano il pacco con il vestito da damigella avuto in prestito dall’amica. L’ora non era certo la più adatta ma si trattava di una serata speciale, visto l’accaduto.
Sapeva dove viveva, lo aveva accompagnato. Bellissima casa quella dei Tyler. Chissà che sontuosa festa stavano organizzando. Ma vedendo passare tutte quelle auto militari per la strada, Donna ebbe un altro forte presentimento: che tutti i programmi che aveva fatto per le settimane a venire non avrebbero avuto più molto senso.
Sollevò lo sguardo alle stelle.
Almeno c’erano. Erano tornate. In quel momento il pensiero di John Smith e di suo nonno si mescolarono di nuovo nella sua mente in modo irreale. Era quel sognatore cui troppo somigliava, secondo sua madre, ad averle messo dentro quell’ansia verso l’infinito. Per un periodo però aveva cercato di dimenticarsene, di cercare surrogati dell’avventura che desiderava per poi accontentarsi dell’ordinario. Smettere di guardare le stelle con curiosità e ansia, smettere.
Troppo vecchia per i sogni, si diceva trascinando sé stessa lungo le stesse strade ogni giorno. Troppo vecchia, le ripeteva sua madre.
  • Tu mi avresti detto che non è vero, nonno – disse a mezza voce. Sì, ne era sicura.
Eppure quel che guardava in quel momento somigliava incredibilmente a qualcosa che aveva avuto molto più vicino. Lui, il Dottore. Era così nella sua mente, più che “John Smith”.
Quel cielo così misterioso e profondo, così pauroso e bello insieme.
  • Somiglia così tanto ai suoi occhi… - pensò guardando l’abisso oscuro nel quale tutto sembrava sospeso miracolosamente.
 
 
 
**
 
I suoi occhi avevano gelato il sangue dei presenti.  Erano bellissimi e terribili insieme. Non umani.
Diversi da quelli che aveva prima eppure gli stessi. Sul fondo di essi, i bagliori irreali color blu cobalto, scintillavano come fiamme apparendo più o meno evidenti. Martha lo guardava con timore ma non la paura degli altri che erano in quel momento con lei.
  • Dottore… - sussurrò su quel silenzio irreale, rotto solo da qualche movimento che proveniva da sotto. Per qualche minuto tutto si era come staccato dalla realtà in cui erano, ma vi erano tornati di colpo ed in fondo dove erano sempre rimasti: in un laboratorio del Torchwood devastato da un’esplosione che però era avvenuta in un senso diverso da come avrebbero temuto.
Li aveva salvati. Li aveva salvati tutti ma non solo in quell’edificio.
La portata di quell’oggetto, decisamente peggiore rispetto a quanto aveva teorizzato Steward, era devastante in sensi che neanche avrebbero sospettato e che però erano fino troppo noti al Dottore. Il Dottore però era riuscito ad averne ragione anche per merito di quell’altra cosa cui lavorava e che credevano fosse “altro”, un’arma: il TARDIS.
Che fine aveva fatto? Che cos’era, alla fine, quell’oggetto che si era materializzato al centro del laboratorio e che non era più lì, neanche ridotto in frantumi? Era stato più che mai evidente che anche il Dottore non si aspettava quel che poi era accaduto ma tutto restava ancora misterioso, assurdo. La mente scientifica di Martha chiedeva spiegazioni, le pretendeva. Ma come non arrendersi davanti a quel che avevano visto dopo? Cosa vi era di più incredibile dal tornare indietro dalla morte?
Tutto sembrava scomparire davanti a Lui. Il suo pensiero era al centro della sua mente. Senza saperlo, Martha stava sorridendo, commossa. La sopravvivenza del Dottore era costata il sacrificio di chi conosceva più di quell’uomo, il povero Lakil; ma Lui era vivo e Martha non riusciva a non essere addirittura irrealmente felice per quello. Ancora una volta la sensazione di conoscerlo. Tutti i suoi pensieri su di lui, inopportuni e del tutto immotivati vista la situazione, erano più forti, sempre più nettamente definiti in un senso assurdo.
Poteva accadere qualcosa del genere?
Aveva salvato tutti. Lui aveva salvato tutti. Era ammirata riconoscenza, la sua? No. Non lo era.
Intanto il Dottore restava immobile e in silenzio, gli occhi fissi davanti a sé. Non batteva le ciglia, come fosse congelato. Il pallore della morte non era più sul suo viso, vi era solo stanchezza.
I suoi occhi splendevano in quella luce e lui stesso pareva avvolto da un riverbero irreale, freddissimo, qualcosa che sembrava essere dentro di lui da prima, quando lo avevano ritrovato tra i cocci, ma che era diventato molto più forte dopo quello che avevano visto accadere.
Il respiro era veloce ma regolare, stava normalizzandosi come prendesse semplicemente fiato dopo una lunga corsa. Sembrava inconsapevole di dove si trovasse.
Accanto a lui le spoglie di Lakil, irriconoscibili avanzi di un essere che si era distrutto per restituirgli la vita e il Dottore era indifferente ad ogni cosa. Martha rivolse uno sguardo a Steward che aveva ritratto la mano dal corpo del Dottore quando lui si era sollevato a sedere senza sforzo o dolore apparente.
Come tutti gli altri, lo guardava con paura. Lena continuava a piangere tra le braccia del ragazzo robusto ma senza smettere di guardare gli occhi di chi amava in quell’uomo che avevano visto morire. 
Il Dottore ad un tratto chiuse lentamente gli occhi portandosi lentamente una mano al fianco, dove era stato trafitto dalla scheggia che Lakil aveva rimosso dal suo corpo facendolo gridare.
Il suo terribile urlo. Lo aveva ancora in testa.
Martha si scosse.
  • Dottore… - lo chiamò di nuovo ma con voce più decisa e il tono di chi aspetta una risposta. Non l’ebbe ma lui aprì gli occhi e Martha si scosse indietro istintivamente quando l’uomo prese tra le mani uno dei frammenti di vetro che aveva attorno e si alzò in piedi, senza esitazione. Cosa voleva fare?
    Lo guardarono tutti, intimoriti perché sembrava affilato come una lama o uno dei cocci su cui prima giaceva e sui quali vi era ancora il suo sangue. Aveva fronteggiato Tashen così fiero, come appariva in quel momento e come lo era solo il suo stare in piedi. Ma diversamente da prima appariva gelido, distante. Il Dottore era lì? Era Lui?
    Martha allora ebbe improvvisamente il dubbio e fece cenno agli altri di mettere le mani alle armi. Prudenza. L’aveva dimenticata, smarrita da quelle strane sensazioni nei suoi confronti.
Il Dottore sembrava però non badare a nessuno di loro. Lo vide muoversi con passo lento e misurato, calmissimo, diretto vero qualcosa che aveva proprio davanti a sé. Capirono subito.
Il cadavere di Catherine Lane.
Era in condizioni orribili e ciò nonostante, e questo fece allentare la presa di Martha sull’arma, lo vide chinarsi su di lei ed avere verso quel corpo dilaniato un gesto dolce. Una carezza. Poi accadde una cosa che li fece rabbrividire. Il Dottore rivoltò la donna morta di schiena con un gesto che parve stridere terribilmente con quello avuto un secondo prima e poi lo videro conficcare con forza il coccio dentro di lei. E poi tagliare, lentamente e in profondità.
  • Mio Dio…!  - gemette Steward inorridito, vedendo le mani del Dottore sporche di sangue e lui del tutto indifferente, estrarre qualcosa da dentro il corpo e metterlo da parte.
  • Ma cosa sta facendo? – mormorò il ragazzo robusto. Lena invece fissava la scena con una calma strana, shoccata forse. Così pensavano gli altri. Nessuno poteva sapere che lei stava ascoltando qualcosa. Non delle parole ma una sensazione. Una strana sensazione e un pensiero rivolto limpidamente a lei soltanto. Il Dottore si alzò in piedi senza voltarsi verso di loro ma Lena si sciolse dalla stretta del ragazzo robusto rivolgendogli uno sguardo umido di pianto ma più calmo. Martha la fissò preoccupata.
  • Lena… - la voce del Dottore. Lei annuì ma il ragazzo robusto la riprese per un braccio. Lei scosse il capo facendogli capire con un cenno di stare tranquillo e non preoccuparsi. Il giovane allora annuì lasciandola andare del tutto seguendola alzarsi in piedi, indecisa e andare vicino al Dottore. Quando furono vicini e lui la guardò con gli occhi che aveva avuto Lakil, Lena non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire una lacrima ma senza un singhiozzo – Lena… - ripeté il Dottore ma con un tono più gentile – cosa saresti risposta a sopportare, se io potessi restituirtelo? – la ragazza quasi gemette.
  • Tu… Puoi…?
  • Sì – disse il Dottore con tono deciso – ma cambierà e avrà bisogno di te. Quanto puoi accettare che sia la stessa persona ma non del tutto…?
  • Mi riconoscerà…? - lui annuì.
  • Quello che ha avuto da me, gli consentirà di trattenere meglio la sua memoria, le cose fondamentali. E i suoi sentimenti per te saranno intatti. Ma non sarà lo stesso, purtroppo questo non posso farlo – Lena sentì che le stava chiedendo qualcosa che in qualche modo l’aveva riguardato. Non poteva sapere in che senso e fino a che punto. Il Dottore la fissò profondamente per un lungo momento, quindi fece per avvicinarsi a lei mentre tutti stringevano più forte l’arma che si erano preparati ad usare, su cenno di Martha. Il Dottore si accorse del loro gesto e non reagì. Si chinò sulla ragazza e sussurrò all’orecchio di Lena qualcosa. Poi si allontanò da lei un passo e la guardò ancora, come fosse in attesa. Lena aveva schiuso le labbra per la sorpresa a quelle parole che non avevano sentito e l’aveva guardato incredula. Il Dottore continuava a guardarla e Martha vide che sembrava farlo in un altro modo, persino con dolcezza. E in quello sguardo rivide ancora Lakil e così fissò con pena quel che ne restava, ancora accanto a quel cumulo di cocci taglienti. Le venne in mente allora un dubbio atroce e spiazzata fissò Lena.
  • Puoi accettarlo? – il Dottore continuava ad aspettare la risposta. E così tutti videro Lena persino accennare ad un sorriso, che parve davvero assurdo in quel momento e fece loro gelare il sangue.
  • Fallo – disse la ragazza con tono deciso e poi videro sorridere anche lui. Ma a quel punto Martha Jones tolse del tutto la mano dalla sua arma. Era stato un sorriso umano, quello del Dottore.  
 
***
 
C’erano militari ovunque. Sparsi per le strade. La gente chiedeva del blackout delle comunicazioni, più preoccupata dall’interruzione dei programmi televisivi che altro. In effetti, pensò mentre camminava con in mano la busta con il vestito da damigella che le era stato prestato, Donna ricordò di aver perso l’ultima puntata di quello sceneggiato che seguiva da due mesi ormai. Con una smorfia di disappunto al pensiero, ormai con la macchina di fronte, fece per entrarvi ma qualcosa attrasse la sua attenzione. Nonostante la luce e la posizione,  si accorse che nel vicolo che aveva davanti c’era qualcosa di strano. Non capì subito poi vide meglio. Qualcuno era a terra.
Si irrigidì e si guardò attorno allarmata.
Chiaramente vi era anche troppa gente per altre strade ma non lì. E non poteva certo lasciare quel poveraccio lì. Corse verso di lui trascinandosi la busta con il vestito.
  • Ehi, lei…!  – lo chiamò a voce alta. L’uomo non ebbe reazione e Donna scosse il capo – signore…! – quasi gridò. Non ebbe risposta.
L’uomo era riverso a terra, su un fianco. Nonostante il momento, Donna non poté fare a meno di notare come fosse singolare il vestito che indossava. Pensò al fatto che potesse essere diretto ad una festa in maschera. Qualcuno le organizzava visto il periodo. Sperò che fosse ubriaco e quindi svenuto o addormentato, ma mentre lo girava verso di sé si accorse che qualcosa le aveva bagnato le mani. Sbarrò gli occhi perché comprese subito che era sangue.
Non si perse d’animo e girò supino l’uomo. Vide che aveva una brutta ferita ad un fianco che aveva inzuppato totalmente la giacca ottocentesca che indossava. Era un uomo giovane, capelli lunghi, bei lineamenti e grandi occhi chiari aperti nel vuoto. Donna ebbe un tremito davanti a lui.
  • E’ morto… - gemette a voce alta e guardandosi attorno, senza però trovare ancora nessuno. Ebbe paura. E se per caso l’avessero scambiata per la responsabile dell’omicidio? Era poi un omicidio? Era ferito ma non aveva idea di cosa potesse essere successo. Lo fissò con pena, sebbene fosse agitata. Non aveva mai visto un uomo morto. Solo suo nonno.
Era stato investito da un’auto in corsa che aveva svoltato dalla parte sbagliata, a destra e non a sinistra e così, in modo banale, suo nonno le era morto davanti. Non aveva fatto in tempo a trattenerlo accanto a sé, si era voltata altrove e neanche ricordava per quale motivo. Un attimo dopo, era tutto finito.
Gli occhi di Donna si fecero più lucidi. Sperò che l’uomo che aveva di fronte fosse morto in fretta.
Si alzò in piedi cercando di controllare il panico che si stava nuovamente affacciando in lei. Non poteva lasciarlo a quel modo, c’erano tanti poliziotti in giro, l’esercito persino. Doveva solo trovare qualcuno, incontrare qualcuno…
Lasciò il vicolo con un’ultima occhiata all’uomo e con ancora la busta con il vestito dietro, ripercorse la strada indietro, correndo. Fortunatamente, anche per provare il vestito, aveva deciso di tenere le scarpe da ginnastica. Era una cosa che faceva spesso, notò. Come dovesse tenersi pronta a... Correre. Un pensiero che l'accompagnava sempre più spesso. Nonostante il passo veloce, le parve di fare una strada più lunga della medesima in senso opposto ma finalmente, sul fondo della strada, vide un’auto e due poliziotti circondati da alcune persone che stavano ancora chiedendo del black out. Donna ebbe un gesto di stizza ma la donna in divisa notò il suo atteggiamento.
-  Signora, ha qualche problema? – Donna pensò che non fosse il momento di precisare che non era affatto una signora.
-  Sì, sì! – disse con urgenza – vi prego, dovete venire con me. Andavo in fondo alla strada, dove ho parcheggiato l’auto e in un vicolo di fronte ho trovato un uomo morto.
- Che cosa? – la poliziotta intanto cercò di attirare l’attenzione del collega che era impegnato in una discussione con una signora alquanto insistente – Adam….! – lo chiamò con urgenza e poi gli fece cenno di avvicinarsi. L’uomo si scusò con la signora e subito fu loro accanto.
Donna quindi raccontò che cosa era accaduto cercando di mantenere la calma e le parve persino irreale il tutto, la situazione, il fatto di non avere voglia di urlare come al solito. Aveva invece una terribile angoscia addosso ma di tipo differente; qualunque altro sentimento stava provando prima, si stava trasformando in altro. Una cosa molto strana.
Mentre Donna quasi stava per chiedersi, incredibilmente, perché fosse tornata indietro a cercare qualcuno, invece di mettersi in macchina e andare rapidamente a casa del “Dottore”, i due poliziotti convennero che era il caso di seguirla dove aveva visto la persona che aveva definito “ferita a morte”. Li guidò allora, persino seccata dalla cosa, guardando l’orologio e sbuffando con impazienza che turbò molto uno dei due che per il breve tragitto la osservò con scoperto disappunto. Quando giunsero nel vicolo, Donna fece un gesto indicandolo. I due si guardarono ed addentrarono per la via fino in fondo. Qualche minuto dopo uscirono entrambi con espressione indefinibile sul viso.
  • E allora? – chiese Donna con tono petulante.
  • Non c’è nessuno.
  • Ma nessuno chi? – chiese Donna meravigliata e li guardò arrabbiata. Perché l’avevano seguita, cosa era successo? Che volevano da lei?
  • Signora, lei ci ha detto che c’era un uomo morto in quel vicolo – disse la donna in divisa.
  • Cosa?  - esclamò lei con espressione incredula - Io? Ma non dica sciocchezze!  - i due si guardarono un istante.
  • Signora, è la sua macchina?
  • Certo che è la mia macchina! L’ho appena aperta con le chiavi, vede? – mostrò il mazzo con il portachiavi quasi agitandolo davanti agli occhi del poliziotto che fece un sorrisetto.
  • Strano oggetto. Non ne vedevo da quando ero bambino. Un portachiavi a forma di vecchia cabina della polizia!
  • Una cosa che mi ha regalato mio nonno, anni fa… - disse Donna che intanto aveva gettato la busta con il vestito sul sedile e stava per entrare in macchina. Il poliziotto la fermò scuotendo il capo.
  • No, no – lei lo guardò stupita - temo che prima di salire debba dimostrarci il suo stato fisico.
  • Ossia?
  • Se è sobria – Donna gli rivolse un’occhiata furente.
  • Ma come si permette…?
  • Signora, o lei è ubriaca oppure il suo è procurato allarme consapevole ed è un reato. Spero per lei che sia in uno stato alterato altrimenti… - una chiamata sulla radio della collega interruppe il discorso del poliziotto. La donna fece capire al collega l’urgenza e quindi l’uomo staccò la mano dalla portiera della macchina di Donna con un gesto quasi di stizza. Lei lo fissò perplessa.
  • È una serata particolare è molto fortunata.
  • Oh, buono a sapersi! – disse Donna sarcasticamente ma si accorse che doveva trattarsi di qualcosa di molto preoccupante a giudicare dall’espressione della donna che aveva risposto alla chiamata – che cosa è accaduto?
  • Un incidente grave al Torchwood… sembra vi sia stata un’esplosione – Donna impallidì. Era dove aveva detto di lavorare lui. Ebbe la limpida e irrazionale certezza che avesse a che fare con John Smith e lo stomaco le si strinse. Fu in quel momento che di colpo ricordò.
L’uomo morto. Come le era passato di mente? Come era possibile? Rivolse lo sguardo alla via dove si erano addentrati i due poliziotti. Non avevano trovato niente. Era impossibile. Donna ricordò anche che lo aveva toccato e doveva avere la mano bagnata di sangue. La guardò e per sicurezza anche l’altra. Nulla. Niente. Ma era accaduto. O non era accaduto?
  • Pare che ci sia un morto – aggiunse la donna e fece cenno al collega di lasciarla andare.
  • Chi?
  • Un dottore, qualcuno che lavorava nei laboratori dove si è verificato l’incidente ma… insomma, non è affar suo!
  • Sono una cittadina e lo è! – protestò Donna. Entrambi, scuotendo il capo, si allontanarono velocemente da lei forse intuendo che una discussione sarebbe stata lunga e difficile da gestire, con quella donna. In fondo che importanza poteva avere? Nessuna: era una comunissima squilibrata e quella sera c’era ben altro da gestire.
Donna, al volante della sua macchina, indecisa per un attimo se mettere in moto, ebbe per un istante lo stesso pensiero. Stava impazzendo? Il ricordo di quel viso era tornato limpidamente davanti ai suoi occhi, come presente. Ma non c’era più.
Cosa poteva portare qualcuno a vedere qualcosa che non c’era e persino dimenticarsi di averlo visto, per poi ricordarsene di colpo?
Una luce che si accendeva e spegneva. Ecco cosa sembrava.
Le parole del poliziotto però risuonavano nelle sue orecchie e quel presentimento la stava facendo soffrire, come quel dolore poco prima a casa della sua amica.
Forse era sintomo di qualcosa di grave. Forse era qualcosa al cervello. Pensò ad una battuta ironica di sua madre al proposito. Ormai se le faceva da sola, recitandole con la sua voce. Fece un sospiro spazientito.
Sì, aveva bisogno di un dottore ed era una cosa urgente.
Non si sarebbe però recata al pronto soccorso più vicino ma dove intendeva andare prima che le accadesse anche quella stranezza. Il Dottore che le occorreva non lavorava in ospedale e sperava che stesse bene. 
  
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