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Autore: Amartema    02/07/2014    1 recensioni
Dall’altra parte c’ero io, con una madre che potrei definire la versione femminile e degenerata di Buck, lei vittima di uno stupro e costretta a mantenere il frutto di quella violenza: me. Ero ormai abituata ai suoi sguardi, ogni volta che mi osservava, sapevo che in me vedeva il suo stupratore, sapevo che era costretta a rivivere all’infinito quell’evento, conoscevo ormai il suo odio, palpabile sulla mia pelle. Io che involontariamente le facevo ritornare alla mente l’inferno, un inferno che puntualmente mi ritornava addosso triplicato in potenza.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Animi inversi




« Sono tuo fratello. Fratello gemello a dir la verità. »
Non avrei mai immaginato che una semplice frase, riuscisse a farmi sentire letteralmente il cuore in gola. Ero abituata in fin dei conti al peso delle parole ma ingenuamente mi resi conto di essere immune solo a quelle pronunciate da mia madre.
Mi ritrovai immobile, incapace non solo di muovermi ma anche di parlare. Rendendomi conto di essere in grado solo di respirare: un respiro incontrollato, veloce e che si univa al battito decisamente incostante e accelerato. Scostai lo sguardo da Logan, aggrappandomi alle figure di Jeremy e Abraham, cercando una spiegazione da loro. Non trovai nulla dal primo: come me era immobile, impegnato ad osservare interrogativo ed incredulo Logan. Soffermai quindi lo sguardo supplicante su Abraham che quando si rese conto di essere protagonista anche lui per mia volontà, tese le mani verso di me, muovendole lentamente, invitandomi a calmarmi.
« Jessica, tranquilla. C'è una spiegazione a tutto. » La voce di Abraham tentava di essere rassicurante ma allo stesso tempo fui in grado di riconoscere una strana colpevolezza in quelle note.
Aggrottai la fronte, preda della confusione e di due gambe tremanti. « Devi solo stare calma e ti spiegheremo tutto. » Non bloccò le sue parole, continuava ad avvicinarsi mentre le sue mani ancora si muovevano, ammonendomi di rimanere immobile.
« Io... » Biascicai. Ero incredula. Iniziai a indietreggiare, ormai padrona del mio stesso corpo seppur vittima ancora di un respiro agitato.
« Jessica. Cerca di stare calma. » Le improvvise di parole di Jeremy furono un'intromissione che presi ulteriormente male. Sapevo che lui non era coinvolto, sapevo in cuor mio che anche lui, proprio come me, stava facendo i conti con quella verità. E sapevo che lui, per entrambi, stava tentando di tenere le redini della situazione, di fare il forte. Eppure, l'avvicinamento lento dei tre uomini mi fece sentire come un animale in trappola. L'unico desidero che avevo era proprio quello di attaccare e scappare.
« Io mi fidavo di te. » Conclusi quella frase, biascicata e bassa, rivolta ad Abraham che ancora osservavo incredula, sconvolta. Quell'uomo sapeva tutto di me, avevamo trascorso giornate al bar confidandoci ogni cosa, ogni dettaglio della nostra vita e mi sentii tradita quando mi resi conto che lui, al contrario di me, celava un segreto così enorme. « IO MI FIDAVO DI TE! » Mi ritrovai presto a gridare, mettendo da parte il vittimismo e passando alla rabbia che mi invase.
Le mie urla riuscirono ad attirare lo sguardo dei passanti, costringendo i tre uomini ad un avvicinamento decisamente più celere.
« Ora smettila di gridare. Stai attirando l'attenzione e questo è l'ultimo elemento che desideriamo. » Fu la prima volta che vidi la vera faccia di Logan, la sua preoccupazione e il suo improvviso fastidio riuscirono a scalfire quella difesa di ghiaccio, lasciando emergere, seppur malamente, le sue emozioni. Mi afferrò il braccio, la sua forza non voluta ma causata probabilmente dal suo trasporto, provocarono un lieve pizzicore ai punti di sutura che vennero tirati appena.
« Davvero credevi di essere figlia di uno stupratore? Lo credevi davvero? » Mi ritrovai presto il volto di Logan ad un soffio dal mio; lui, proprio come me, preda di un'insolita rabbia dalla quale venni involontariamente investita.
« Lasciala stare, adesso. » Sentii la voce di Jeremy, mossa con un istinto protettivo, rivolgersi a Logan. Non lo osservai, sin troppo attirata dal volto di quello che si era appena rivelato mio fratello. Non volutamente studiai i tratti di quel viso che per un motivo insolito risultarono sin troppo familiari. Il colore dei suoi occhi, la forma delle sue sopracciglia, i suoi lineamenti squadrati ma non eccessivamente... ogni tratto di quel volto mascolino furono improvvisamente in grado di ricordarmi il mio di viso. Smossi le labbra, investita da quella somiglianza che liberò il mio cuore da ogni dubbio, lasciandolo tuttavia alla consapevolezza che stranamente aveva un peso maggiore, più opprimente.
Mi ritrovai incapace di distogliere il mio sguardo dal suo volto anche quando lui venne strattonato via da me, grazie ad Abraham. Jeremy allungò subito la sua mano verso di me, premuroso come sempre, ma lo rifiutai con un brusco cenno della mia mano; non volevo più essere toccata, non in quel momento. Non volevo rassicurazioni, non volevo comprensione, volevo solo la verità.
« Lo credevo. Sì. Era l'unico motivo per cui mi spiegavo il comportamento di quella donna. » Risposi secca con un tono vagamente più alto di quanto in realtà avessi voluto. Le mie parole bloccarono simultaneamente i tre uomini che dovettero fare i conti con le mie parole, con i miei sentimenti.
Corsi via, abbandonandoli lì, incurante delle loro urla e il loro invito a fermarmi, era evidente che sapessero dove avevo intenzione di andare.
Mi immersi in una corsa frenetica, sforzata, che mi costrinse sin troppo presto ad avvertire un sempre più crescente dolore agli arti inferiori. Il fiato già corto si velocizzò, proprio come il mio battito cardiaco ed un lieve dolore all'altezza del petto. Non feci caso alla fatica della corsa o ai suoi dolori; come non feci caso ai vari passanti e ai vari sguardi che inevitabilmente attiravo. Mi rinchiusi nella mia mente, non per mio volere, ma il peso dei ricordi e del dolore emersero con foga, accumulandosi e lasciandomi rivivere anni e anni trascorsi al fianco di quella donna che non solo aveva scaricato su di me ogni sua infelicità ma mi aveva mentito, giustificando in tal modo ogni violenza che mi serbava giornalmente.
Quando giunsi davanti la mia vecchia casa avevo ormai il fiato realmente corto; riusciva a graffiarmi la gola ad ogni singolo respiro provocandomi un lieve fastidio, incrementato anche dal cuore che sembrava voler scoppiare da un momento all'altro. Jeremy, Logan e Abraham erano già lì, a borbottare tra loro nei pressi della loro macchina. Non risultai sorpresa, la loro intuizione giusta su dove sarei giunta tuttavia non bastò a bloccarmi dato che velocizzai la corsa, oltrepassando i tre uomini velocemente che tentarono di corrermi dietro e bloccarmi.
Aprii la porta, ritrovandomi in un luogo dalle condizioni ben conosciute.
La prima cosa ad investirmi fu il fetore provocato dalla pila di piatti sporchi e abbandonati malamente nel lavandino, dove uno sciame di mosche banchettava indisturbato. Mi bloccai, tentando di abituare la mia vista a quel disordine decisamente peggiorato: non c'erano solo abiti sparsi per il pavimento ma anche rifiuti, bottiglie di alcolici ormai vuote e chissà cos'altro. L'incuria regnava ovunque in quella casa. E non mi sorpresi nel vedere che i frammenti di vetro, che avevano rischiato di colpirmi solo qualche notte precedente, riposare ancora in un angolo.
Il mio ingresso turbolento contribuì nel farmi trovare Susan, ovvero mia madre, seduta sul suo fidato divano, intenta ad aprire un ennesima bottiglia di scadente whisky e il suo sguardo puntato proprio verso di me. Mi sorprese vederla abbigliata con una sgualcita e scadente maglia dalla triste tinta leopardata, e dei vecchi e macchiati jeans. La sigaretta accesa le penzolava dalle labbra, costringendola a mantenere gli occhi semichiusi per combattere la sottile scia di fumo.
« Arrivi tardi. Non ho la minima intenzione di darti un posto in cui dormire... a meno che tu non sia disposta a pagarmi il doppio dell'affitto per la stanza. » Le sue parole dure non erano ancora biascicanti a causa dell'alcol, ma rivelavano una mente in bilico tra la lucidità e uno stato di ebrezza.
Alle sue parole, mi fu naturale increspare le labbra in una smorfia disgustata, ma trovarla in uno stato ben più lucido e non quasi comatoso, mi bastò per spronarmi ad avanzare.
« Tu sei una puttana. Una gran figlia di puttana. » Fu così che risposi, incurante del fatto che lei stesse maneggiando nuovamente del vetro, indifferente nei riguardi di una probabile reazione violenta che avrebbe potuto animare la stanza. Lo biascicai a denti stretti, una semplice frase con cui scaricai tutta la rabbia che avevo represso per anni e anni: una risposta ad ogni suo trattamento ostile che mi aveva dedicato.
Fu palese che la mia frase non era ciò che si aspettava dato che il suo sguardo si serrò contro di me; abbandonò la sua preziosa bottiglia per sollevarsi e avanzare minacciosa. Non mi mossi, accogliendo il suo avvicinamento e presto anche le sue parole « Ti ho nutrita. Ti ho dato un tetto sopra la testa. Ti ho vestita. Eppure lo sai quanto la tua visione mi provocasse una certa repulsione. Ma io sono una brava madre e ho fatto il mio ruolo. Avrei potuto buttarti in mezzo alla strada o in un orfanotrofio ma non l'ho fatto, ho adempito al mio compito da madre. » Per la prima volta le sue parole mi misero dinanzi ad una consapevolezza sin troppo chiara: non potevano esserci altri motivi, mi trovavo dinanzi ad una pazza che sin da troppo tempo aveva perso il contatto con la realtà; o ciò che avevo davanti era un'esemplare piuttosto raro di una grandiosa bugiarda.
In realtà non rimasi immobile e quando fui abbastanza vicina la mia risposta giunse con un movimento non controllato: un sonoro e potente schiaffo che andò ad assestarsi contro la sua guancia sinistra. La vidi tentennare ed indietreggiare al seguito del colpo, incredula di quanto aveva ricevuto; eppure nel suo sguardo riuscii a cogliere una maledetta lucidità che diveniva quasi inquietante con la ferocia che andava a palesare.
« Credo tu abbia dimenticato di raccontarmi la verità. » Aggiunsi a bassa voce, avanzando ancora lentamente contro di lei. La vidi indietreggiare nuovamente, rendendomi conto che fra le due, per la prima volta, la vittima non ero io ma proprio lei. E oltre alla ferocia nel suo sguardo riuscii a cogliere la paura, la consapevolezza di un bugiardo di essere appena stato rivelato.
« Chi è mio padre? » Aggiunsi nuovamente.
« Se osi toccarmi ancora, sappilo ragazzina: renderò la tua vita un vero inferno. » La sua minaccia non fece l'effetto che lei sperava. Ero abituata ai suoi toni, troppo. Avanzi ancora, sperando di annullare totalmente la distanza che ci separava.
« Davvero, Jessica: osa toccarmi ed io ucciderò chiunque tu ami realmente. A partire da quel ragazzino impotente che ti sta sempre attaccato al culo. » E fu ora che scattai, lasciando emergere totalmente la mia rabbia. Persi il contatto con la ragione, al punto tale da ritrovarmi faccia a faccia con lei; le mie mani prima che me ne rendessi realmente conto, le stringevano e le strattonavano quella maglietta dal tessuto sintetico. « Osa parlare così di Jeremy e sarò io ad ucciderti, hai capito? Ora, ti ho fatto una domanda: chi diavolo è mio padre? » Le urlai contro il viso, scacciando in quelle urla non solo la rabbia ma la mia totale frustrazione che lei negli anni aveva provveduto così minuziosamente a far crescere. E quando ero ormai in procinto di urlare nuovamente, due braccia mi avvolsero per la vita, stringendomi in un abbraccio forte e saldo che andò a tirarmi indietro. Fui costretta ad abbandonare la presa su Susan per lottare contro la presa serrata che mi costringeva lontano.
« Shhh. » Un sibilo portato al mio orecchio si aggiunse alla morsa, riuscendo a calmarmi appena. Lo sguardo di mia madre improvvisamente mutò; era chiaro che ora non sapeva più come reagire.
« Logan? » Tentennò lei.
Quel nome mise fine anche al più piccolo dubbio che albergava nel mio cuore, oltre a farmi voltare e accogliere un velocissimo sguardo proprio il volto di Logan, lui che ancora mi avvolgeva il corpo. Restammo in silenzio mentre grazie al petto del ragazzo che toccava la mia schiena riuscii ad avvertire una sua insolita agitazione, trapelata anche da un suo respiro appena più accelerato.
« Siete bellissimi. Siete identici. » Commentò ancora mia madre. Sembrava avesse subito un'improvvisa mutazione. Non appariva più come la donna violenta e dipendente dall'alcol: il suo tono appariva amorevole, proprio come quello di una normalissima madre.
« Oh. Risparmiami, Susan. Le tue parole non mi toccano in alcun modo. Mi hanno raccontato veramente tanto di te perché io possa cadere nelle tue insulse trappole. Però devo ammettere, un'emozione me la fai emergere: il disgusto. » Rabbrividii alle parole di Logan e alla sua superiorità in quel confronto. Lui che per la prima volta vedeva sua madre non sembrava essere in alcun modo coinvolto emotivamente, o meglio non nel mondo che chiunque si aspetterebbe.
Susan sorrise appena a quelle parole, ma di un sorriso amaro, insoddisfatto e che venne seguito da un gesto arreso e stanco del capo. Non rispose, non subito, preferendo prima tornare a recuperare la sua sigaretta e la sua bottiglia di whisky: i suoi veri amori della sua vita.
« Non ho amato lei che è cresciuta per anni vicino a me... cosa ti fa credere che le parole di un ragazzino presuntuoso e sconosciuto possano realmente toccarmi? Oltretutto, già lei somiglia troppo a vostro padre, ma tu, diavolo... sei la sua copia. Oserei definirvi raccapriccianti insieme. » La risposta di mia madre suscitò in Logan una debolissima risata. Lo avvertii scuotere lentamente il capo, mentre io, incredula, non potei fare a meno di osservare la donna e a cercare una spiegazione logica a tutto quello. « La sua copia? Ho da darti una deliziosa notizia a tal proposito: LUI ha saputo tutto ciò che gli hai tenuto segreto e ammetto che è particolarmente infastidito. Talmente infastidito che ha deciso di mettersi in viaggio per venire qui. Sei anche libera di avvertire quell'insetto che si definisce essere umano: lo sceriffo. Credo che molte cose qui cambieranno d'ora in avanti, Susan. Ora, Jessica, ormai non hai più nulla da spartire con questa donna. Andiamo, non pretendo di essere io la tua famiglia ma hai altre persone fidate che ti vogliono realmente bene. I parassiti meglio lasciarli marcire. » Non riuscii a replicare, non riuscii a reagire, mi ritrovai in una battaglia alla quale non riuscivo a prendere più parte. Venni così trascinata fuori, malamente e controvoglia da Logan mentre riuscivo ancora ad avvertire le urla della donna all'interno che inveiva contro noi due.
Mi ritrovai all'esterno dove il mio sguardo andò a posarsi immediatamente su Jeremy e Abraham. Venni liberata da Logan e presto dovetti fare i conti con uno scontro nuovamente inconcludente, nuovamente insoddisfacente. Mi ritrovai con uno sguardo arreso ed una smorfia amara che avvolgeva le mie labbra: specchio di una stanchezza che risiedeva direttamente nell'animo.
« Jessica, ti diremo tutto io e Logan. » La voce di Abraham attirò il mio sguardo su di lui. Mi osservava con occhiate colpevoli e uno strano rimorso che mi parse maledettamente sincero.
Scossi lentamente il capo, iniziando a muovere lentamente i miei passi non solo lontano dall'abitazione ma da tutti loro. « Voglio stare per conto mio, ora. » Li abbandonai lì, o meglio tentai di farlo poiché a pochi metri da me, alle mie spalle ero in grado di sentire i passi di Jeremy seguire i miei.







NOTA DELL'AUTRICE: Probabilmente anche qui c'è qualche errore.
Ma diamine, preferisco postarlo o passo altri mesi per non aggiornare.
Ammetto che ho riscritto tante volte questo capitolo, credo sia giunto il momento.
Riscrivere questa storia mi ha un po' "uccisa" ma allo stesso tempo
mi ha fatto ricordare quanto ne fossi affezionata ed innamorata.
Che dire? Ringrazio voi ragazze/i che avete aspettato tanto, sperando che io continuassi,
attendendo così pazientemente il nuovo capitolo.
Cercherò di procedere più velocemente, approfittando di questo periodo pieno di ispirazione.
E per concludere, pensavo di ingrandire un po' il font, non sono più abituata a questo minuscolo.

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Altra storia in corso : Il ladro di Anime

Inoltre, la mia mente malata e quella di Malaria, ricordano che:
   
 
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