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Autore: xmaliksmilk    02/07/2014    3 recensioni
“E lui è…?”, domando indicando il ragazzo.
“Niall, Niall Horan”, lo presenta zio Earl. “È il mio idraulico di fiducia. L’ho chiamato per errore al posto dei pompieri.”
“Ah, capito”, dico rifiutandomi di distogliere lo sguardo dal biondo. “Piacere, Shari Hastings.”
“Il piacere è tutto mio”, esclama Niall sorridendomi e stringendomi la mano.
“Liam Payne”, si intromette il moro.
Che minchia, Liam, non rompere. Sto facendo conoscenza con un gran bel figo di idraulico.
“Piacere”, esclama cordialmente il ragazzo porgendogli la mano.
-
“Quindi se improvvisamente l’impianto idraulico a casa dello zio avesse una serie di guasti, nessuno sospetterebbe di qualcuno in particolare” rifletto ad alta voce “Giusto?”
Liam sembra spaventato. “Cos’hai in mente?”
“Niall Horan.”
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.
Prologue - Starship


 
Questo è in assoluto il giorno migliore di tutta la mia vita. Praticamente l’esatto contrario di quella volta in cui vidi zia Pearl cantare sotto la doccia Starship di Nicki Minaj. Persino io, Shari Hastings, che non mi sono mai ritenuta una persona facilmente impressionabile, rimasi schifata a quella vista. E neppure più di tanto, dato che quando rappava pareva le fosse rimasta incastrata una polpetta in gola.
“Cupcake, sei pronta?”, strilla mio padre al piano di sotto. “Non vorrai arrivare tardi anche l’ultimo giorno di scuola, spero!”
“Arrivo!”, esclamo per poi afferrare lo zaino e precipitarmi giù dalle scale di casa. “E non chiamarmi ‘cupcake’!”
“D’accordo, cupcake.” Pretendere certe cose da papà è come chiedere ad un orso di non andare in letargo, a una balena di dimagrire, al cane del nostro vicino di casa di non abbaiare alla vista di ogni singolo passante, a zio Earl di non russare. Praticamente inutile. Mi chiama con quel ridicolo nomignolo da diciassette anni e continuerà a farlo.
Una volta arrivata al piano di sotto, corro in cucina e sgranocchio qualche biscotto al cioccolato, dopodichè mi dirigo davanti all’ingresso, saluto papà con un bacio sulla guancia e mi precipito fuori di casa. Si tratta di una semplice villetta bianca a due piani con un piccolo giardino sul retro affiancata ad altre quattro abitazioni identiche. In una abita la signora Miller, una donna sulla sessantina che passa le giornate a cucire maglioni per i nipoti, in un’altra vive zio Earl, il fratello maggiore di papà che ha festeggiato qualche settimana fa il suo settantanovesimo compleanno ed è leggermente fuori di testa, un’altra ancora è occupata dal signor Collins, coetaneo della Miller e invaghito di lei da circa due anni, praticamente dal suo trasferimento alla villa. L’ultima casa, infine, è quella della famiglia di Liam Payne, il mio migliore amico dai tempi dell’asilo.
“Shari!”, mi sento chiamare alle mie spalle.
“Sì, mi chiamano così solitamente”, dico con fare altezzoso voltandomi e vedendo il volto di Liam, con cui percorro ogni giorno il viale che ci separa dalla scuola.
Il moro scoppia a ridere fragorosamente contagiando anche me poco dopo. 
“Questa era pessima”, esclama. “Andiamo?”
“E se bigiassimo?”, propongo entusiasta lanciando uno sguardo d’intesa al mio amico.
Il ragazzo scuote la testa esasperato. “Andiamo.

Poco dopo mi trovo davanti all’American School, uno tra i più prestigiosi licei di Londra. Si tratta di un enorme edificio le cui mura color sabbia, tenute in piedi da alcune strutture in metallo poste davanti allo stabile, sono tappezzate qua e là da piccole finestre. A seguito del suono della campanella, il portone semitrasparente in vetro si apre, cosicché Liam possa trascinarmi strattonandomi per un braccio all’interno della scuola.
Una volta arrivato al suo armadietto verde, il numero 221, decide finalmente di mollare la presa sul mio braccio dolorante.
“Volevi staccarmi il braccio, per caso?”, sbraito massaggiandomi il punto dolorante.
“No, tienilo pure tu.”
Ed entrambi scoppiamo a ridere fragorosamente.
“Ragazzi”, saluta a testa alta la prof Dixon, continuando a camminare per il corridoio sculettando. È una donna diversamente alta sulla sessantina, i capelli canuti sono rigorosamente raccolti in uno chignon, le lenti rotonde stile Harry Potter sono poggiate sul suo naso aquilino, gli occhi color nocciola ci scrutano severi.
“Professoressa Dixon”, risponde Liam con lo stesso tono dell’insegnante, mentre io mi limito a chinare il capo.
“In classe!”, ordina impassibile la prof dopo un attimo di silenzio.
Senza neppure rispondere, ci dirigiamo a passo svelto verso l’aula di matematica, sotto lo sguardo severo della Dixon.

Una volta terminate le lezioni, varco l’uscita dell’American School per non rimetterci piede per i prossimi tre mesi, seguita subito dopo da Liam.
Minchia guaddi?”, chiedo notando il suo sguardo fisso verso un punto alle mie spalle.
Nessun segno di vita da parte del moro.
“Liam?”
Ancora niente.
Liam! Hai la bava!”, urlo riuscendo finalmente ad ottenere qualche attenzione da parte sua.
“Eh?”
“Ti cola la bava”, ripeto.
Si passa una mano sulla bocca, pulendosi la saliva colata. “Ah.”
“Cosa guardavi?”, domando curiosa.
Il moro mi liquida con un cenno della mano. “Ehm… nulla, nulla.”
Alzo le spalle ed entrambi ci avviamo verso casa.

“Papà, sono tornata!”, annuncio aprendo la porta della villetta.
“Ciao cupcake!”, mi saluta l’uomo.
“Stai uscendo?”, domando a mio padre facendo riferimento allo smoking che indossa.
“Sì”, annuisce lui dopo un attimo di esitazione.
“Ah… e quando torni?”
Papà sussurra qualcosa che non riesco a comprendere.
“Eh?”
“Fine estate”, bisbiglia, questa volta in maniera più comprensibile.
Ci impiego un po’ ad assimilare le sue parole. “Cosa?”, strillo con gli occhi fuori dalle orbite.
“E tu…”, comincia papà con un tono che non promette nulla di buono.
“Non andrò a stare da zia Pearl.”
“No, andrai da zio Earl”, sputa lui.
Cosa?”, urlo nuovamente. “Non se ne parla.”
“Ma è solo per…”
“Tre mesi, papà! Tre mesi!”, grido scandendo bene le parole.
“Senti, Shari, mi hanno fatto un’offerta che non posso rifiutare…”, tenta di giustificarsi.
Inarco un sopracciglio. “Sei un mafioso?”
“No, no! Ma che hai capito?!”, dice gesticolando animatamente. “Si tratta di un’offerta di lavoro.”
“Papà!”, mi lamento con espressione melodrammatica. “Non puoi sbattermi da zio Earl per tutta l’estate! Mi vuoi morta, per caso?”
“Ma perché no? Che ha che non va?”
Che ha che non va?!”, strillo con gli occhi fuori dalle orbite. “L’ultima volta che abbiamo cenato da lui trovai la sua dentiera nelle lasagne; quando mi fece da babysitter a cinque anni, per poco non finivo divorata dal cane del signor Collins; quando andammo in piscina con lui, cagò nell’acqua; quando avevo cinque mesi, al posto dell’omogeneizzato mi diede da mangiare del cibo messicano sostenendo che era più nutriente; continuo?”
Mio padre sospira. “Senti, forse zio Earl in passato ha fatto qualche piccolo e insignificante errore, ma…”
“Piccolo e insignificante una beata minchia, papà!”
“Va bene, forse ha fatto qualche grosso errore, ma tutti sbagliano!”, tenta di convincermi mio padre.
“Non tutti però servono lasagne condite con dentiere, lasciano che i loro nipoti siano divorati da un cane, defecano in piscina, nutrono i neonati con del cibo messicano…”
“Shari, ti prego…”, tenta mio padre con espressione supplichevole.
No, no e ancora no!”, strillo portando le braccia conserte al petto.
L’uomo guarda l’orologio, dopodichè afferra la valigia nera posata sul divano. “Ora devo proprio andare, ti accompagno da zio Earl.”
“Ho detto di…”
“Andiamo”, mi interrompe papà, per poi strattonarmi per un braccio e trascinarmi verso la villa di mio zio, ignorando tutte le mie proteste.

“Chi è?”, una voce stridula risponde al suono del campanello di casa.
“Ehi, Earl, sono io!”, annuncia mio padre.
Una testa piccola, rotonda, lucida e pelata sbuca dalla porta d’ingresso semichiusa. “Oh, c’è anche la piccola Shari!”, esclama per poi scompigliarmi i capelli castani.
“Shari, saluta!”, sussurra papà tirandomi una gomitata.
Sbuffo sonoramente. “Ciao zio.”
“Senti, io sarò via per tutta l’estate e avrei pensato che tu, magari, potresti…”, comincia mio padre gesticolando animatamente.
“Tenerla con me?”, lo precede lo zio. “Ecco, io…”
Prego Dio, tutti i santi e gli dei dell’Olimpo che lo zio dica che non può tenermi con sé.
“Mi piacerebbe molto…”, continua zio Earl.
“Ma hai altro da fare, quindi ciao”, dico per poi voltarmi pronta ad allontanarmi.
“Torna qui!”, mormora minaccioso mio padre, per poi afferrarmi per la felpa e trascinarmi accanto a lui.
“Certo che te la tengo, Antony!”, annuncia gioioso lo zio per poi tirare una pacca sulla spalla a mio padre.
“Grazie mille!”, esclama prima di schioccarmi un bacio sulla guancia. “Statemi bene!”, dice, dopodichè corre verso la sua auto.

“Shari! Le chiavi della macchina!”, sbraita poco dopo, mentre io rido fragorosamente.


“Prego, Shari, accomodati!”, esclama gioioso zio Earl.
Con la voglia di un opossum in letargo, varco l’ingresso di casa sua trascinando dietro di me la mia valigia.
La radio spara a tutto volume una canzone, che rimbomba in tutta la casa.
Baby I (ooh baby, baby I)
All I’m tryna say is you’re my everything baby
But everytime I try to say it
Words they only complicate it

“La conosco”, esclamo per poi mettermi a canticchiare Baby I di Ariana Grande accompagnandomi con qualche schiocco di dita.
“Grande, sorella!”, esclama zio Earl ridendo e tirandomi una pacca sulla spalla che riesce a sbilanciarmi leggermente. Poco dopo entrambi ci scateniamo utilizzando il salotto dello zio come una pista da ballo.
Forse, e dico forse, quest’estate non sarà poi così terribile.










 

CUPCAKE.
Salute, oh popolo.(?)
Rieccomi qui con una nuova Long, che avrà più o meno quindici capitoli.
Sul prologo non ho molto da dire, i giudizi spettano a voi (:
Qui sono comparsi alcuni dei principali personaggi della storia, tranne Niall, che comparirà più avanti.
Vi mostro come li immagino (per vederli, cliccate sulla frase).
Se ho dimenticato qualcuno, ditemelo e provvederò.


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Baci,
Marty.
   
 
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